Cultura & Gossip
SPETTACOLI - Agenda settimanale dal 27 marzo al 2 aprile 2017 in Campania, programmata dal Circuito Teatro Pubblico Campano
24.03.2017 11:49 di Napoli Magazine

Teatro Carlo Gesualdo di Avellino

info 0825771620

Martedì 28 marzo, ore 21.00

 

Teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere

Info 0823799612

Mercoledì 29 marzo, ore 21.00

 

Fabbrica

in coproduzione con RomaEuropa Festival 2015 e Teatro Stabile dell’Umbria

presenta

 

Laika

uno spettacolo di Ascanio Celestini

 

con Ascanio Celestini

e Gianluca Casadei alla fisarmonica

e la voce fuori campo di Alba Rohrwacher

 

portavo a spasso un cieco dalla nascita

e raccontando ad un cieco tutto quello che vedevo

io riuscivo a vedere tutto meglio

Luigi Di Ruscio

 

 

Un Gesù improbabile si confronta coi propri dubbi e le proprie paure. Vive chiuso in un appartamento di qualche periferia. Dalla sua finestra si vede il parcheggio di un supermercato e il barbone che di giorno chiede l’elemosina e di notte dorme tra i cartoni. Con Cristo c’è Pietro che passa gran parte del tempo fuori di casa ad operare concretamente nel mondo: fa la spesa, compra pezzi di ricambio per riparare lo scaldabagno, si arrangia a fare piccoli lavori saltuari per guadagnare qualcosa.

Questa volta Cristo non si è incarnato per redimere l’umanità, ma solo per osservarla e gli ha messo accanto uno dei dodici apostoli come sostegno. Il vero nome di Pietro è Simone. La radice ebraica shama significa ascoltare. Dunque Simon Pietro è colui che ascolta.

È anche un uomo del popolo che non capisce bene ciò che gli sta accadendo, è spesso affrettato nelle reazioni. I Vangeli ce lo mostrano quando corre verso Cristo che cammina sulle acque per poi finire tra le onde.

Ma è anche il più materiale, per ciò è chiamato Kefa che in aramaico significa pietra: è lui che paga il tributo, lui che rinnega tre volte, lui che darà vita alla Chiesa.

Nell’appartamento questo Cristo contemporaneo non vuole che entri nessun altro, ma è interessato a ciò che accade fuori. Soprattutto vuole sapere del barbone, non per salvarlo dalla sua povertà, ma per fargliela vivere allegramente.

Come se il mondo fosse il parcheggio davanti alla sua finestra. Il mondo in mille metri quadrati di asfalto osservati da un paradiso-monolocale pochi metri al di sopra. Il barbone è un nordafricano scappato dal proprio paese.

Anche la scena è scarna e senza gli oggetti che siamo abituati a vedere in un appartamento. La cecità del personaggio è una cecità psichica che secondo William James “consiste non tanto nell’insensibilità alle impressioni ottiche, quanto nell’incapacità di comprenderle”.

Insomma non il Cristo che è vero Dio e vero uomo, ma un essere umanissimo fatto di carne, sangue e parole. Non sappiamo se si tratta davvero del figlio di Dio o di uno schizofrenico che crede di esserlo, ma se il creatore si incarnasse per redimere gli uomini condividendo la loro umanità (e dunque anche il dolore), questa incarnazione moderna non potrebbe non includere anche le paure e i dubbi del tempo presente.

Con la crisi delle ideologie nate dall’illuminismo e concretizzatesi soprattutto nel „900 anche le religioni (in quanto visioni totalizzanti e dunque ideologiche) hanno subito un contraccolpo.

L’ebraismo ha trovato una patria mescolando le incertezze religiose alle certezze nazionaliste, anche l’islamismo è diventata una religione di lotta e di governo, mentre il cristianesimo si trova a vivere la sua fase più contraddittoria con due Papi viventi uno accanto all’altro, ma con due volti contrastanti: il rigido teologo e il prete di strada.

A distanza di un paio di millenni ci troviamo ora a rivivere le incertezze del cristianesimo delle origini, frutto dell’ebraismo e seme dell’islam. Queste incertezze vorrei che passassero in maniera obbligatoriamente grottesca e ironica nel personaggio che porterò in scena: un povero Cristo che può agire nel mondo solo come essere umano tra gli esseri umani.

Uno che sente la responsabilità, ma anche il peso di essere solo sul cuor della terra: vuoi vedere che la trinità è una balla e alla fine salterà fuori che Dio sono soltanto io?

 

Ascanio Celestini

 

 

Cinema Teatro Modernissimo di Telese

Info 0824976106

Martedì 28 marzo, ore 20.30

 

Compagnia Molière e T.T.R. Il Teatro di Tato Russo

presentano

 

Gianfranco Jannuzzo e Debora Caprioglio

in

 

Alla faccia vostra

di Pierre Chesnot

traduzione, adattamento e regia Patrick Rossi Gastaldi

 

con

Antonella Piccolo

 

e con

Roberto D’Alessandro, Antonio Rampino, Erika Puddu, Antonio Fulfaro

 

scenografie Andrea Bianchi

light designer Mirko Oteri

costumi Valentina De Merulis

 

 

Dall’autore de ”L’inquilina del piano di sopra” un vero e proprio meccanismo ad orologeria fatto di tempi perfetti, di entrate ed uscite a ripetizione e di continui colpi di scena.

Intrighi, sotterfugi, equivoci, ipocrisia, per una vicenda che mette a nudo la parte più meschina e cinica dell’animo umano, che dovrebbe scandalizzare, ma che invece cattura lo spettatore, coinvolgendolo in un vortice di comicità e regalandogli due ore di divertimento e risate.

 

Note di regia

Roma ai giorni nostri, la commedia si apre su Luisa che piange la morte del suo padrone Stefano Crespi, scrittore di grande successo, settantenne morto d'infarto.

A poco a poco i conoscenti stretti cominciano ad arrivare nell'appartamento. Il vicino Michele Garrone è il primo, professore di medicina è lui che decreta il decesso. Poi raggiungono il luogo Luca Sesto e sua moglie Lucia, rispettivamente genero e figlia dello scrittore. Per ultima Viviana, seconda moglie del defunto, molto più giovane di suo marito, 40 anni , fa la sua entrata agitata nello studio di Stefano Crespi.

Molto velocemente il lutto che riunisce i personaggi si trasforma in una "transizione finanziaria" nella quale tutti vogliono avere parte e guadagnarci: la coppia Sesto cerca di coprire un enorme debito con un prestito della banca garantito dall'eredità di Lucia, la figlia.

Viviana progetta una nuova vita con tanti soldi e il suo nuovo amante francese. Il professor Garrone vuole comprare l'appartamento per farne finalmente il suo studio , il banchiere Marmotta che acconsente al prestito vorrebbe intascare una grossa percentuale sui futuri soldi di Lucia.

Solo Luisa, fedele governante, vive per ricordare il genio dello scrittore. Ma ecco che tutto si capovolge e succedono fatti esilaranti che faranno tremare e crollare questi progetti. Ne nascono situazioni comiche dove una risata cinica e infantile è garantita.

Ovviamente è il personaggio di Gianfranco Jannuzzo, il genero Luca Sesto, che conduce le avide danze che lo porteranno a crisi di nervi esileranti diventando simpatico per le sue incapacità e disavventure. Molto comico è anche il personaggio di Debora Caprioglio donna che soddisfa tutti i piaceri di sesso senile dello scrittore per ottenere soldi soldi e ancora soldi.

L'adattamento è trasferito in Italia ai giorni d'oggi per vivificare di più la corsa al denaro e

l'isterismo della nostra contemporaneità.

 

Patrick Rossi Gastaldi

 

 

 

Teatro Barone di Melito di Napoli

Info 0817113455

Martedì 28 marzo, ore 20.45

 

Engage

presenta

 

Serena Autieri in

 

La Sciantosa

Ho scelto un nome eccentrico

scritto da Vincenzo Incenzo

 

lighting design Valerio Tiberi, costumi Monica Celeste

 

in scena Alessandro Urso

 

con il Quintetto Eccentrico Italiano

Sull’ onda dello straordinario successo con cui è stata accolta da critica e pubblico nelle prime tappe italiane, Serena Autieri parte in tour con il suo One Woman Show “La Sciantosa - ho scelto un nome eccentrico”, spettacolo scritto da Vincenzo Incenzo e diretto da Gino Landi.

“Ho voluto rileggere in chiave nuova ed attuale il caffe chantant – racconta Serena - con un lavoro di ricerca e rivalutazione nel repertorio dei primi del ‘900, da brani più conosciuti e coinvolgenti, quali ‘A tazz’ e cafè e Come facette mammeta sino a perle nascoste come Serenata napulitana e Chiove, oggi ascoltabili solo con il grammofono a tromba.

Tra una rima recitata e una lacrima intendo riportare al pubblico quelle radici poetiche e melodiche ottocentesche e quei profumi arabi, saraceni e americani che Napoli ha ruminato e restituito al mondo nella sua inconfondibile cifra. Ho voluto fortemente mantenere il clima provocatorio e sensuale di quei Caffè, e ricreare in teatro quel rapporto senza rete con il pubblico, improvvisando, battibeccando, fino a coinvolgerlo spudoratamente nella ‘mossa’, asso nella manica di tutte le sciantose”.

Nasce così ogni sera uno spettacolo nuovo e allo stesso tempo eterno. In fondo, dai tabarin ai talent show nulla è cambiato; la storia de “La Sciantosa” è una storia che non finirà mai.

 

Nota dell’autore

Incontrare la sciantosa e il suo “nome eccentrico” vuole dire aprire un baule magico con un immenso tesoro dentro. Vuole dire tuffarsi anima e corpo nell’oceano della tradizione classica e allo stesso tempo abbracciare le radici della modernità.

‘A tazz’ e cafè, Come facette mammeta, I’ te vurria vasà, prima di essere meravigliose canzoni sono testimoni e sentinelle di un mondo e di un’epoca da proteggere, di un tempo e di uno spazio in cui germogliano i princìpi tutti della cultura dello spettacolo che verrà.

Serena Autieri entra a schiaffo, con i panni di Pulcinella nei luoghi e nei codici del Caffè concerto e del varietà, ed è subito Napoli, arte di arrangiarsi, gioia e disperazione, mare romantico e vulcano incandescente. E’ guerra, colera, miseria ma è anche resurrezione, sorriso, amore.

Poi via la maschera e d’incanto Napoli è femmina. Una “mossa”, una rima recitata, una lacrima, ed eccole, quelle radici poetiche e melodiche ottocentesche e quei profumi arabi, saraceni, americani che ‘o paese d’’o sole, crocicchio di riferimenti locali e stimoli provenienti da ogni latitudine, ha ruminato e restituito al mondo nella sua inconfondibile cifra.

Il pretesto dello spettacolo è la prima grande protagonista di quel mondo, Elvira Donnarumma, “a capinera napoletana”, colei che sovvertì le regole dell’apparire; bassina,

tarchiata, ma con una voce che toccava le corde dell’anima.

Colei che raccolse i fiori sul palco di Eleonora Duse e Matilde Serao, che rifiutò per spirito patriottico il contratto in Germania, che sfidò la sua malattia ogni sera fino alla morte pur di non abbandonare il pubblico; lei che avvolta dalla bandiera italiana, in precario equilibrio e con gli occhi pieni di lacrime, cantò “Addio” davanti a tutta Napoli che la acclamava.

Serena Autieri legge Donnarumma in controluce, sdoganandone la fisicità, recuperata attraverso il gesto e la parola, in un’ora e mezza di spettacolo senza rete, sola sulla scena, attraversata dalla cometa elegante di un mimo ogni tanto a cadenzare il flusso narrativo. Fuori e dentro, dentro e fuori,

Serena gioca con il suo personaggio, lo presenta, lo incarna, lo lascia, lo riprende. La realtà feconda la finzione e viceversa in un gioco delle parti vertiginoso ed esilarante

La scena fa il resto. Una finestra che s’illumina nella notte, lo sciabordìo di onde in lontananza, una nave in partenza, valige sul molo.

Oggetti e proiezioni evocano i momenti. Tutto viene restituito a una lettura contemporanea mentre batte un cuore antico. C’è il vicolo, la scalinatella, ma c’è anche il futurismo, le camice nere, il Ballo Excelsior, l’avvento della radio.

Quadri come suggestioni, tagliati da un disegno luci che evoca più che dichiarare e musicisti che riportano nostalgie e profumi del tempo.

Ma il palco non basta, e allora Serena scende tra il pubblico, e lo spettacolo da qui in poi ogni sera è a soggetto. Il muro di Diderot cade (una lezione valida dai tempi di Plauto), e con il muro la sospensione del dubbio esistente tra finzione e realtà.

Gli spettatori diventano parte attiva e memoria di quello che fu, allo stesso tempo. Una sorta di non-sequitur visuale, dove la rottura della convenzione scatena la comicità. Risate, lacrime, riflessioni. Il pubblico è preso a schiaffi e carezze, come quel Pulcinella in incontinenza verbale magistralmente interpretato da Serena a inizio spettacolo, metafora vivente e straordinariamente attuale dell’accavallarsi folle di parole del nostro tempo.

E’ cafè chantant ma è anche talent show di oggi, perché cambiano i codici ma non il messaggio. E’ sguardo critico al presente, allo strapotere dell’immagine tritatutto, alla mai troppo considerata meritocrazia, ai valori al tramonto di patria e di famiglia. Ma è soprattutto amore, identità, rivendicazione. E passato che guarda al futuro.

 

Vincenzo Incenzo

 

 

Teatro Di Costanzo Mattiello di Pompei

Info 0818577725 – 3337361628

Da venerdì 31 marzo a domenica 2 aprile

(feriali ore 20.30, festivi ore 18.15)

 

Diana Or.I.S.

presenta

 

Una festa esagerata!

una nuova commedia scritta, diretta e interpretata da Vincenzo Salemme

 

con

Nicola Acunzo, Vincenzo Borrino, Antonella Cioli, Sergio D'auria
Teresa Del Vecchio, Antonio Guerriero, Giovanni Ribo', Mirea Flavia Stellato

 

scene Alessandro Chiti, costumi Francesca Romana Scudiero,

Musiche Antonio Boccia, disegno luci Francesco Adinolfi

 

"Una festa esagerata!" nasce da un'idea che avevo in mente da tempo, uno spunto che mi permettesse di raccontare in chiave realistica e divertente il lato oscuro e grottesco dell'animo umano. Non dell'umanità intera ovviamente, ma di quella grande melassa/massa dalla quale provengo, quel blocco sociale che in Italia viene definito "piccola borghesia".

Volevo parlare delle cosiddette persone normali, di coloro che vivono nascondendosi dietro lo scudo delle convenzioni, coloro che vivono le relazioni sociali usando il codice dell'ipocrisia come unica strada per la sopravvivenza. Sopravvivenza alle "chiacchiere", alle "voci", ai sussurri pettegoli e sospettosi dei vicini.

E sì, perché io vedo la nostra enorme piccola borghesia come un grande condominio, fatto di vicini che si prestano lo zucchero, il termometro e si scambiano i saluti ma che, al contempo, sono pronti a tradirsi, abbandonarsi e, in qualche caso estremo, anche a condannarsi a vicenda.

Non è la prima volta che questo ventre antico del nostro paese viene messo in commedia ma l'idea dalla quale parto mi sembra molto efficace in questo momento storico fatto di conflitti internazionali, guerre di religione e odi razziali. La barbarie, temo, nasconda sempre dietro un alibi. Ognuno trova sempre una buona ragione per odiare l'altro.

Ma quel che temo ancora di più é l'odio che si nasconde dietro il velo sorridente della nostra educazione. Temo il buio del nostro animo spaventato.

Temo la viltà dettata dalla paura. Temo il sonno della ragione. Spero che questa commedia strappi risate e sproni al dialogo. Un dialogo tra persone. Che si rispettano e, seppure con qualche sforzo, provino a volersi bene.

Vincenzo Salemme

 

Teatro Comunale Costantino Parravano di Caserta

info 0823444051

Da venerdì 31 marzo a domenica 2 aprile

(feriali ore 20.45, domenica ore 18.00)

 

Bananas

presenta

 

Giuseppe Zeno in

 

Il Sorpasso

Per la prima volta a teatro la trasposizione di uno dei capolavori

della commedia italiana, il celebre film di Dino Risi

 

con

Luca Di Giovanni

e la partecipazione di Margareth Madè

 

regia Guglielmo Ferro

 

Il Sorpasso di Dino Risi è uno dei grandi capolavori della commedia italiana.

A più di cinquant’anni dall’uscita del film, per la prima volta la celebre sceneggiatura  scritta dallo stesso Risi insieme con Ettore Scola e Ruggero Maccari –, approda a teatro con la regia di Guglielmo Ferro e l’adattamento di Micaela Miano.

Nei panni di Bruno (magistralmente interpretato sul grande schermo da Vittorio Gassman) l’attore Giuseppe Zeno, mentre a vestire i panni del suo contraltare, Roberto, la giovane promessa Luca Di Giovanni.

La pièce vede anche la partecipazione di Margareth Madè al suo debutto teatrale, nel doppio ruolo della moglie di Bruno e della zia di Roberto.

Manifesto dell’Italia del ‘boom’ economico, Il Sorpasso è, al tempo stesso, un grande road movie psicologico, il che lo rende un testo senza tempo. Spogliato della connotazione storico-sociale, il film è costruito su una drammaturgia destrutturata, scatola aperta ideale per una riscrittura teatrale focalizzata sui personaggi.

In questa dinamica la trasposizione teatrale mette al centro della vicenda i due protagonisti, e il loro incontro/scontro come puro conflitto caratteriale e psicologico.

Tra Bruno e Roberto si stabilisce sin dalle prime scene un giocoforza di prevaricazione, rivendicazione, ambizioni, fughe, rinascite, silenzi e violenza.

Il loro sarà un viaggio jarmuschano all’interno delle bolle conflittuali che ognuno ha provato a cancellare a nascondere, allontanandosene fisicamente il più possibile e che solo in compagnia dell’altro, estraneo e non giudicante, pensa di poter affrontare e risolvere.

Le musiche originali sono di Massimiliano Pace.

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SPETTACOLI - Agenda settimanale dal 27 marzo al 2 aprile 2017 in Campania, programmata dal Circuito Teatro Pubblico Campano

di Napoli Magazine

24/03/2024 - 11:49

Teatro Carlo Gesualdo di Avellino

info 0825771620

Martedì 28 marzo, ore 21.00

 

Teatro Garibaldi di Santa Maria Capua Vetere

Info 0823799612

Mercoledì 29 marzo, ore 21.00

 

Fabbrica

in coproduzione con RomaEuropa Festival 2015 e Teatro Stabile dell’Umbria

presenta

 

Laika

uno spettacolo di Ascanio Celestini

 

con Ascanio Celestini

e Gianluca Casadei alla fisarmonica

e la voce fuori campo di Alba Rohrwacher

 

portavo a spasso un cieco dalla nascita

e raccontando ad un cieco tutto quello che vedevo

io riuscivo a vedere tutto meglio

Luigi Di Ruscio

 

 

Un Gesù improbabile si confronta coi propri dubbi e le proprie paure. Vive chiuso in un appartamento di qualche periferia. Dalla sua finestra si vede il parcheggio di un supermercato e il barbone che di giorno chiede l’elemosina e di notte dorme tra i cartoni. Con Cristo c’è Pietro che passa gran parte del tempo fuori di casa ad operare concretamente nel mondo: fa la spesa, compra pezzi di ricambio per riparare lo scaldabagno, si arrangia a fare piccoli lavori saltuari per guadagnare qualcosa.

Questa volta Cristo non si è incarnato per redimere l’umanità, ma solo per osservarla e gli ha messo accanto uno dei dodici apostoli come sostegno. Il vero nome di Pietro è Simone. La radice ebraica shama significa ascoltare. Dunque Simon Pietro è colui che ascolta.

È anche un uomo del popolo che non capisce bene ciò che gli sta accadendo, è spesso affrettato nelle reazioni. I Vangeli ce lo mostrano quando corre verso Cristo che cammina sulle acque per poi finire tra le onde.

Ma è anche il più materiale, per ciò è chiamato Kefa che in aramaico significa pietra: è lui che paga il tributo, lui che rinnega tre volte, lui che darà vita alla Chiesa.

Nell’appartamento questo Cristo contemporaneo non vuole che entri nessun altro, ma è interessato a ciò che accade fuori. Soprattutto vuole sapere del barbone, non per salvarlo dalla sua povertà, ma per fargliela vivere allegramente.

Come se il mondo fosse il parcheggio davanti alla sua finestra. Il mondo in mille metri quadrati di asfalto osservati da un paradiso-monolocale pochi metri al di sopra. Il barbone è un nordafricano scappato dal proprio paese.

Anche la scena è scarna e senza gli oggetti che siamo abituati a vedere in un appartamento. La cecità del personaggio è una cecità psichica che secondo William James “consiste non tanto nell’insensibilità alle impressioni ottiche, quanto nell’incapacità di comprenderle”.

Insomma non il Cristo che è vero Dio e vero uomo, ma un essere umanissimo fatto di carne, sangue e parole. Non sappiamo se si tratta davvero del figlio di Dio o di uno schizofrenico che crede di esserlo, ma se il creatore si incarnasse per redimere gli uomini condividendo la loro umanità (e dunque anche il dolore), questa incarnazione moderna non potrebbe non includere anche le paure e i dubbi del tempo presente.

Con la crisi delle ideologie nate dall’illuminismo e concretizzatesi soprattutto nel „900 anche le religioni (in quanto visioni totalizzanti e dunque ideologiche) hanno subito un contraccolpo.

L’ebraismo ha trovato una patria mescolando le incertezze religiose alle certezze nazionaliste, anche l’islamismo è diventata una religione di lotta e di governo, mentre il cristianesimo si trova a vivere la sua fase più contraddittoria con due Papi viventi uno accanto all’altro, ma con due volti contrastanti: il rigido teologo e il prete di strada.

A distanza di un paio di millenni ci troviamo ora a rivivere le incertezze del cristianesimo delle origini, frutto dell’ebraismo e seme dell’islam. Queste incertezze vorrei che passassero in maniera obbligatoriamente grottesca e ironica nel personaggio che porterò in scena: un povero Cristo che può agire nel mondo solo come essere umano tra gli esseri umani.

Uno che sente la responsabilità, ma anche il peso di essere solo sul cuor della terra: vuoi vedere che la trinità è una balla e alla fine salterà fuori che Dio sono soltanto io?

 

Ascanio Celestini

 

 

Cinema Teatro Modernissimo di Telese

Info 0824976106

Martedì 28 marzo, ore 20.30

 

Compagnia Molière e T.T.R. Il Teatro di Tato Russo

presentano

 

Gianfranco Jannuzzo e Debora Caprioglio

in

 

Alla faccia vostra

di Pierre Chesnot

traduzione, adattamento e regia Patrick Rossi Gastaldi

 

con

Antonella Piccolo

 

e con

Roberto D’Alessandro, Antonio Rampino, Erika Puddu, Antonio Fulfaro

 

scenografie Andrea Bianchi

light designer Mirko Oteri

costumi Valentina De Merulis

 

 

Dall’autore de ”L’inquilina del piano di sopra” un vero e proprio meccanismo ad orologeria fatto di tempi perfetti, di entrate ed uscite a ripetizione e di continui colpi di scena.

Intrighi, sotterfugi, equivoci, ipocrisia, per una vicenda che mette a nudo la parte più meschina e cinica dell’animo umano, che dovrebbe scandalizzare, ma che invece cattura lo spettatore, coinvolgendolo in un vortice di comicità e regalandogli due ore di divertimento e risate.

 

Note di regia

Roma ai giorni nostri, la commedia si apre su Luisa che piange la morte del suo padrone Stefano Crespi, scrittore di grande successo, settantenne morto d'infarto.

A poco a poco i conoscenti stretti cominciano ad arrivare nell'appartamento. Il vicino Michele Garrone è il primo, professore di medicina è lui che decreta il decesso. Poi raggiungono il luogo Luca Sesto e sua moglie Lucia, rispettivamente genero e figlia dello scrittore. Per ultima Viviana, seconda moglie del defunto, molto più giovane di suo marito, 40 anni , fa la sua entrata agitata nello studio di Stefano Crespi.

Molto velocemente il lutto che riunisce i personaggi si trasforma in una "transizione finanziaria" nella quale tutti vogliono avere parte e guadagnarci: la coppia Sesto cerca di coprire un enorme debito con un prestito della banca garantito dall'eredità di Lucia, la figlia.

Viviana progetta una nuova vita con tanti soldi e il suo nuovo amante francese. Il professor Garrone vuole comprare l'appartamento per farne finalmente il suo studio , il banchiere Marmotta che acconsente al prestito vorrebbe intascare una grossa percentuale sui futuri soldi di Lucia.

Solo Luisa, fedele governante, vive per ricordare il genio dello scrittore. Ma ecco che tutto si capovolge e succedono fatti esilaranti che faranno tremare e crollare questi progetti. Ne nascono situazioni comiche dove una risata cinica e infantile è garantita.

Ovviamente è il personaggio di Gianfranco Jannuzzo, il genero Luca Sesto, che conduce le avide danze che lo porteranno a crisi di nervi esileranti diventando simpatico per le sue incapacità e disavventure. Molto comico è anche il personaggio di Debora Caprioglio donna che soddisfa tutti i piaceri di sesso senile dello scrittore per ottenere soldi soldi e ancora soldi.

L'adattamento è trasferito in Italia ai giorni d'oggi per vivificare di più la corsa al denaro e

l'isterismo della nostra contemporaneità.

 

Patrick Rossi Gastaldi

 

 

 

Teatro Barone di Melito di Napoli

Info 0817113455

Martedì 28 marzo, ore 20.45

 

Engage

presenta

 

Serena Autieri in

 

La Sciantosa

Ho scelto un nome eccentrico

scritto da Vincenzo Incenzo

 

lighting design Valerio Tiberi, costumi Monica Celeste

 

in scena Alessandro Urso

 

con il Quintetto Eccentrico Italiano

Sull’ onda dello straordinario successo con cui è stata accolta da critica e pubblico nelle prime tappe italiane, Serena Autieri parte in tour con il suo One Woman Show “La Sciantosa - ho scelto un nome eccentrico”, spettacolo scritto da Vincenzo Incenzo e diretto da Gino Landi.

“Ho voluto rileggere in chiave nuova ed attuale il caffe chantant – racconta Serena - con un lavoro di ricerca e rivalutazione nel repertorio dei primi del ‘900, da brani più conosciuti e coinvolgenti, quali ‘A tazz’ e cafè e Come facette mammeta sino a perle nascoste come Serenata napulitana e Chiove, oggi ascoltabili solo con il grammofono a tromba.

Tra una rima recitata e una lacrima intendo riportare al pubblico quelle radici poetiche e melodiche ottocentesche e quei profumi arabi, saraceni e americani che Napoli ha ruminato e restituito al mondo nella sua inconfondibile cifra. Ho voluto fortemente mantenere il clima provocatorio e sensuale di quei Caffè, e ricreare in teatro quel rapporto senza rete con il pubblico, improvvisando, battibeccando, fino a coinvolgerlo spudoratamente nella ‘mossa’, asso nella manica di tutte le sciantose”.

Nasce così ogni sera uno spettacolo nuovo e allo stesso tempo eterno. In fondo, dai tabarin ai talent show nulla è cambiato; la storia de “La Sciantosa” è una storia che non finirà mai.

 

Nota dell’autore

Incontrare la sciantosa e il suo “nome eccentrico” vuole dire aprire un baule magico con un immenso tesoro dentro. Vuole dire tuffarsi anima e corpo nell’oceano della tradizione classica e allo stesso tempo abbracciare le radici della modernità.

‘A tazz’ e cafè, Come facette mammeta, I’ te vurria vasà, prima di essere meravigliose canzoni sono testimoni e sentinelle di un mondo e di un’epoca da proteggere, di un tempo e di uno spazio in cui germogliano i princìpi tutti della cultura dello spettacolo che verrà.

Serena Autieri entra a schiaffo, con i panni di Pulcinella nei luoghi e nei codici del Caffè concerto e del varietà, ed è subito Napoli, arte di arrangiarsi, gioia e disperazione, mare romantico e vulcano incandescente. E’ guerra, colera, miseria ma è anche resurrezione, sorriso, amore.

Poi via la maschera e d’incanto Napoli è femmina. Una “mossa”, una rima recitata, una lacrima, ed eccole, quelle radici poetiche e melodiche ottocentesche e quei profumi arabi, saraceni, americani che ‘o paese d’’o sole, crocicchio di riferimenti locali e stimoli provenienti da ogni latitudine, ha ruminato e restituito al mondo nella sua inconfondibile cifra.

Il pretesto dello spettacolo è la prima grande protagonista di quel mondo, Elvira Donnarumma, “a capinera napoletana”, colei che sovvertì le regole dell’apparire; bassina,

tarchiata, ma con una voce che toccava le corde dell’anima.

Colei che raccolse i fiori sul palco di Eleonora Duse e Matilde Serao, che rifiutò per spirito patriottico il contratto in Germania, che sfidò la sua malattia ogni sera fino alla morte pur di non abbandonare il pubblico; lei che avvolta dalla bandiera italiana, in precario equilibrio e con gli occhi pieni di lacrime, cantò “Addio” davanti a tutta Napoli che la acclamava.

Serena Autieri legge Donnarumma in controluce, sdoganandone la fisicità, recuperata attraverso il gesto e la parola, in un’ora e mezza di spettacolo senza rete, sola sulla scena, attraversata dalla cometa elegante di un mimo ogni tanto a cadenzare il flusso narrativo. Fuori e dentro, dentro e fuori,

Serena gioca con il suo personaggio, lo presenta, lo incarna, lo lascia, lo riprende. La realtà feconda la finzione e viceversa in un gioco delle parti vertiginoso ed esilarante

La scena fa il resto. Una finestra che s’illumina nella notte, lo sciabordìo di onde in lontananza, una nave in partenza, valige sul molo.

Oggetti e proiezioni evocano i momenti. Tutto viene restituito a una lettura contemporanea mentre batte un cuore antico. C’è il vicolo, la scalinatella, ma c’è anche il futurismo, le camice nere, il Ballo Excelsior, l’avvento della radio.

Quadri come suggestioni, tagliati da un disegno luci che evoca più che dichiarare e musicisti che riportano nostalgie e profumi del tempo.

Ma il palco non basta, e allora Serena scende tra il pubblico, e lo spettacolo da qui in poi ogni sera è a soggetto. Il muro di Diderot cade (una lezione valida dai tempi di Plauto), e con il muro la sospensione del dubbio esistente tra finzione e realtà.

Gli spettatori diventano parte attiva e memoria di quello che fu, allo stesso tempo. Una sorta di non-sequitur visuale, dove la rottura della convenzione scatena la comicità. Risate, lacrime, riflessioni. Il pubblico è preso a schiaffi e carezze, come quel Pulcinella in incontinenza verbale magistralmente interpretato da Serena a inizio spettacolo, metafora vivente e straordinariamente attuale dell’accavallarsi folle di parole del nostro tempo.

E’ cafè chantant ma è anche talent show di oggi, perché cambiano i codici ma non il messaggio. E’ sguardo critico al presente, allo strapotere dell’immagine tritatutto, alla mai troppo considerata meritocrazia, ai valori al tramonto di patria e di famiglia. Ma è soprattutto amore, identità, rivendicazione. E passato che guarda al futuro.

 

Vincenzo Incenzo

 

 

Teatro Di Costanzo Mattiello di Pompei

Info 0818577725 – 3337361628

Da venerdì 31 marzo a domenica 2 aprile

(feriali ore 20.30, festivi ore 18.15)

 

Diana Or.I.S.

presenta

 

Una festa esagerata!

una nuova commedia scritta, diretta e interpretata da Vincenzo Salemme

 

con

Nicola Acunzo, Vincenzo Borrino, Antonella Cioli, Sergio D'auria
Teresa Del Vecchio, Antonio Guerriero, Giovanni Ribo', Mirea Flavia Stellato

 

scene Alessandro Chiti, costumi Francesca Romana Scudiero,

Musiche Antonio Boccia, disegno luci Francesco Adinolfi

 

"Una festa esagerata!" nasce da un'idea che avevo in mente da tempo, uno spunto che mi permettesse di raccontare in chiave realistica e divertente il lato oscuro e grottesco dell'animo umano. Non dell'umanità intera ovviamente, ma di quella grande melassa/massa dalla quale provengo, quel blocco sociale che in Italia viene definito "piccola borghesia".

Volevo parlare delle cosiddette persone normali, di coloro che vivono nascondendosi dietro lo scudo delle convenzioni, coloro che vivono le relazioni sociali usando il codice dell'ipocrisia come unica strada per la sopravvivenza. Sopravvivenza alle "chiacchiere", alle "voci", ai sussurri pettegoli e sospettosi dei vicini.

E sì, perché io vedo la nostra enorme piccola borghesia come un grande condominio, fatto di vicini che si prestano lo zucchero, il termometro e si scambiano i saluti ma che, al contempo, sono pronti a tradirsi, abbandonarsi e, in qualche caso estremo, anche a condannarsi a vicenda.

Non è la prima volta che questo ventre antico del nostro paese viene messo in commedia ma l'idea dalla quale parto mi sembra molto efficace in questo momento storico fatto di conflitti internazionali, guerre di religione e odi razziali. La barbarie, temo, nasconda sempre dietro un alibi. Ognuno trova sempre una buona ragione per odiare l'altro.

Ma quel che temo ancora di più é l'odio che si nasconde dietro il velo sorridente della nostra educazione. Temo il buio del nostro animo spaventato.

Temo la viltà dettata dalla paura. Temo il sonno della ragione. Spero che questa commedia strappi risate e sproni al dialogo. Un dialogo tra persone. Che si rispettano e, seppure con qualche sforzo, provino a volersi bene.

Vincenzo Salemme

 

Teatro Comunale Costantino Parravano di Caserta

info 0823444051

Da venerdì 31 marzo a domenica 2 aprile

(feriali ore 20.45, domenica ore 18.00)

 

Bananas

presenta

 

Giuseppe Zeno in

 

Il Sorpasso

Per la prima volta a teatro la trasposizione di uno dei capolavori

della commedia italiana, il celebre film di Dino Risi

 

con

Luca Di Giovanni

e la partecipazione di Margareth Madè

 

regia Guglielmo Ferro

 

Il Sorpasso di Dino Risi è uno dei grandi capolavori della commedia italiana.

A più di cinquant’anni dall’uscita del film, per la prima volta la celebre sceneggiatura  scritta dallo stesso Risi insieme con Ettore Scola e Ruggero Maccari –, approda a teatro con la regia di Guglielmo Ferro e l’adattamento di Micaela Miano.

Nei panni di Bruno (magistralmente interpretato sul grande schermo da Vittorio Gassman) l’attore Giuseppe Zeno, mentre a vestire i panni del suo contraltare, Roberto, la giovane promessa Luca Di Giovanni.

La pièce vede anche la partecipazione di Margareth Madè al suo debutto teatrale, nel doppio ruolo della moglie di Bruno e della zia di Roberto.

Manifesto dell’Italia del ‘boom’ economico, Il Sorpasso è, al tempo stesso, un grande road movie psicologico, il che lo rende un testo senza tempo. Spogliato della connotazione storico-sociale, il film è costruito su una drammaturgia destrutturata, scatola aperta ideale per una riscrittura teatrale focalizzata sui personaggi.

In questa dinamica la trasposizione teatrale mette al centro della vicenda i due protagonisti, e il loro incontro/scontro come puro conflitto caratteriale e psicologico.

Tra Bruno e Roberto si stabilisce sin dalle prime scene un giocoforza di prevaricazione, rivendicazione, ambizioni, fughe, rinascite, silenzi e violenza.

Il loro sarà un viaggio jarmuschano all’interno delle bolle conflittuali che ognuno ha provato a cancellare a nascondere, allontanandosene fisicamente il più possibile e che solo in compagnia dell’altro, estraneo e non giudicante, pensa di poter affrontare e risolvere.

Le musiche originali sono di Massimiliano Pace.