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G-FACTOR - Lucariello, gli ululati a Kalidou e le bandiere neoborboniche: "Scusate, ce lo volete spiegare?"
05.02.2016 15:05 di Napoli Magazine

NAPOLI - Ove mai fosse possibile - in un confronto sano e civile che per la verità appare del tutto irrealizzabile - verrebbe voglia di chiedere alle controparti così accanite - le motivazioni che spingono le tifoserie al di sopra del Garigliano ad insultare con cori ostili e striscioni volgari Napoli, i calciatori del Napoli ed i napoletani: insulti, cori razzisti e striscioni che costituiscono le componenti di quella che appare un’autentica campagna di odio che sinceramente va al di là della sia pure più sentita rivalità sportiva e di appartenenza a bastioni contrari. Già, perché tutto ciò, perché i ripetuti ululati nei confronti di Koulibaly che hanno indotto l’arbitro del match tra la Lazio e il Napoli a sospendere la partita? Nessuno lo ha spiegato ancora, tanto meno le istituzioni sportive che hanno derubricato e trasformati tali reati a livello sportivo, accogliendo le pressioni dei presidenti dei diversi club i quali se la cavano con semplici e inconsistenti multe. E solo in determinati e reiterati casi – come quest’ultimo episodio - si arriva alla punizione della chiusura delle curve. Sull’ultimo misfatto – quello dell’Olimpico dell’altra sera – sono intervenuti tantissimi personaggi, calciatori e trainer compresi, ognuno con un proprio punto di vista: ha sorpreso però soprattutto ciò che ha detto l’allenatore della Lazio Pioli ed anche qualche calciatore del team di Lotito. Per loro alla fin fine non c’era addirittura nessun motivo plausibile per interrompere la gara. E già, siamo figli di nessuno. E’ da un bel po’ di tempo che andiamo in giro nel Bel Paese a raccogliere  – ci si perdoni il termine – le schifezze  che ci riversano addosso le poco amabili tifoserie delle squadre avversarie. E la cosa va avanti senza che una qualsiasi autorità istituzionale si possa preoccupare sul da farsi, affinchè venga interrotta una pericolosissima contagiosa catena che continua a fomentare divisioni ed odio. Scavando scavando, per risalire all’origine di questa irrisolta problematica, si arriva agli ululati razzisti, ci si riallaccia agli anni di Diego Armando Maradona, ferocemente insultato a Brescia con cori ostili e volgari in un’amichevole post-ritiro precampionato, al punto da far puntare i piedi al bresciano Ottavio Bianchi che a sua volta attaccò la tifoseria locale con un fermo proposito: “Finchè ci sarò io a guidare il Napoli, non verremo mai più qui a giocare una partita”, riferendosi per l’appunto a match nient’affatto impegnativi e senza particolari assilli per il risultato, come nel caso di un’amichevole. A macchia d’olio si sparse però la tendenza: dopo Brescia, ecco Verona, Bergamo e poi Udine e poi Milano. Napoli e il Napoli perennemente nel mirino. Da allora un micidiale crescendo esploso in maniera dirompente con il ritorno della nuova squadra del cuore in serie A e con l’arrampicata nell’alta classifica, fino agli ululati nei confronti di Koulibaly. Tutto l’insieme ha fatto esplodere già da tempo sul fronte  partenopeo l’orgoglio dell’appartenenza, un sentimento che si è consolidato ancora di più dopo il sequestro persino ai bambini delle bandiere e delle sciarpe con lo stemma dei Borbone portate al San Paolo. Nessuna autorità istituzionale ha ancora spiegato il perché. D’altra parte la vera storia ci sta restituendo le nostre radici, quelle dei nostri antenati e delle grandi bugie che ci sono state imposte da 150 anni a questa parte. Qualcosa è cambiato, però. Adesso non possono più pretendere che continuiamo a credere in Garibaldi eroe dei due mondi, o in  Vittorio Emanuele re galantuomo e in Umberto I il re buono. Ma se non è questo il problema, mentre altrove sventolano liberamente e non soltanto negli stadi di calcio i drappi di Venezia e di altri stati preunitari, perché sequestrare al San Paolo le bandiere che rappresentano i simboli esclusivamente storici di Napoli e del Sud: già, perchè. Ce lo volete spiegare?

 

 

Gianfranco Lucariello

 

Napoli Magazine

 

Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte:www.napolimagazine.com

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05/02/2024 - 15:05

NAPOLI - Ove mai fosse possibile - in un confronto sano e civile che per la verità appare del tutto irrealizzabile - verrebbe voglia di chiedere alle controparti così accanite - le motivazioni che spingono le tifoserie al di sopra del Garigliano ad insultare con cori ostili e striscioni volgari Napoli, i calciatori del Napoli ed i napoletani: insulti, cori razzisti e striscioni che costituiscono le componenti di quella che appare un’autentica campagna di odio che sinceramente va al di là della sia pure più sentita rivalità sportiva e di appartenenza a bastioni contrari. Già, perché tutto ciò, perché i ripetuti ululati nei confronti di Koulibaly che hanno indotto l’arbitro del match tra la Lazio e il Napoli a sospendere la partita? Nessuno lo ha spiegato ancora, tanto meno le istituzioni sportive che hanno derubricato e trasformati tali reati a livello sportivo, accogliendo le pressioni dei presidenti dei diversi club i quali se la cavano con semplici e inconsistenti multe. E solo in determinati e reiterati casi – come quest’ultimo episodio - si arriva alla punizione della chiusura delle curve. Sull’ultimo misfatto – quello dell’Olimpico dell’altra sera – sono intervenuti tantissimi personaggi, calciatori e trainer compresi, ognuno con un proprio punto di vista: ha sorpreso però soprattutto ciò che ha detto l’allenatore della Lazio Pioli ed anche qualche calciatore del team di Lotito. Per loro alla fin fine non c’era addirittura nessun motivo plausibile per interrompere la gara. E già, siamo figli di nessuno. E’ da un bel po’ di tempo che andiamo in giro nel Bel Paese a raccogliere  – ci si perdoni il termine – le schifezze  che ci riversano addosso le poco amabili tifoserie delle squadre avversarie. E la cosa va avanti senza che una qualsiasi autorità istituzionale si possa preoccupare sul da farsi, affinchè venga interrotta una pericolosissima contagiosa catena che continua a fomentare divisioni ed odio. Scavando scavando, per risalire all’origine di questa irrisolta problematica, si arriva agli ululati razzisti, ci si riallaccia agli anni di Diego Armando Maradona, ferocemente insultato a Brescia con cori ostili e volgari in un’amichevole post-ritiro precampionato, al punto da far puntare i piedi al bresciano Ottavio Bianchi che a sua volta attaccò la tifoseria locale con un fermo proposito: “Finchè ci sarò io a guidare il Napoli, non verremo mai più qui a giocare una partita”, riferendosi per l’appunto a match nient’affatto impegnativi e senza particolari assilli per il risultato, come nel caso di un’amichevole. A macchia d’olio si sparse però la tendenza: dopo Brescia, ecco Verona, Bergamo e poi Udine e poi Milano. Napoli e il Napoli perennemente nel mirino. Da allora un micidiale crescendo esploso in maniera dirompente con il ritorno della nuova squadra del cuore in serie A e con l’arrampicata nell’alta classifica, fino agli ululati nei confronti di Koulibaly. Tutto l’insieme ha fatto esplodere già da tempo sul fronte  partenopeo l’orgoglio dell’appartenenza, un sentimento che si è consolidato ancora di più dopo il sequestro persino ai bambini delle bandiere e delle sciarpe con lo stemma dei Borbone portate al San Paolo. Nessuna autorità istituzionale ha ancora spiegato il perché. D’altra parte la vera storia ci sta restituendo le nostre radici, quelle dei nostri antenati e delle grandi bugie che ci sono state imposte da 150 anni a questa parte. Qualcosa è cambiato, però. Adesso non possono più pretendere che continuiamo a credere in Garibaldi eroe dei due mondi, o in  Vittorio Emanuele re galantuomo e in Umberto I il re buono. Ma se non è questo il problema, mentre altrove sventolano liberamente e non soltanto negli stadi di calcio i drappi di Venezia e di altri stati preunitari, perché sequestrare al San Paolo le bandiere che rappresentano i simboli esclusivamente storici di Napoli e del Sud: già, perchè. Ce lo volete spiegare?

 

 

Gianfranco Lucariello

 

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