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SUPER NAPOLI - Adolfo Mollichelli: "Si confesso, ho visto i ciucci che volano all'Olimpico"
21.09.2017 17:44 di Napoli Magazine Fonte: Adolfo Mollichelli per IlNapoletano.org

Cantami o Eupalla del Ciuccio divino che infiniti addusse lutti ai romani di sponda laziale che hanno come simbolo l’aquila. Inno: vola un’aquila nel cielo e via di seguito. Volava.

La sindaca Virginia ha chiesto alle oche del Campidoglio dei cinque minuti che sconvolsero l’Olimpico. Manca l’acqua negli spogliatoi, c’è guano sul campo, si sono spenti i riflettori? No no è che c’è stata una cavalcata asinina all’Olimpico. Come? delle valchirie vorrete dire. No, abbiamo visto davvero i ciucci che volano. E l’aquila non poteva scendere in picchiata ed artigliarli? L’ha fatto ma poi è stata sopraffatta. Troppi i ciucci. Capisco, ne so qualcosa.

Trasferta insidiosa, la prima. Superata in tromba (d’aria). Tre sigilli in cinque minuti, il quarto su rigore allo spirare del match. Prima era spirata la Lazio che aveva perduto De Vrij detto Aiace e aggiungeteci Telamonio se vi aggrada e Bastos e Basta e basta così senza più difesa e con un uomo in meno nel finale. Una iattura che nulla toglie, un segnale che potrebbe essere considerato segno del destino. Perché Januarius ha detto sì in sveltezza e si sa che porta bene. E pare che si sia pentito ma solo per un attimo quando un giovin politico malato di congiuntivite (capitemi) ha baciato l’ampolla e Sepe – non il portiere – ha avvertito un tremito tra le mani.

Il gol di Dries detto Ciro, va bene. Bellissimo, ma quello di Diego alla stessa Lazio – oltre un trentennio fa – fu ancor più poesia, più difficile, più da lontano. Un gesto tecnico che chi ha talento effettua con naturalezza.

La rete di Callejon: stupenda per la rapidità dell’esecuzione e per come è stata concepita. Avvio di Jorginho, che siglerà il rigore del poker, e tocco felpato di Hamsikper lo spagnolo che ha tutto del matador: il capello imbrillantato e l’inchino solenne.

Oltre alla stoccata finale, naturalmente. Ma il primo gol è quello che più mi ha colpito, quello del pari che poi ha segnato la svolta della partita.

Perché? Semplice, perché frutto di uno studio da drone tanto amato da Sarri il tuttotuta, angolo a favore e a centro area quelli che gli avversari non riescono ad inquadrare: la coppia di centrali difensivi, uno tira (Albiol), l’altro (Koulibaly) mette dentro la respinta del portiere che si chiama Strakosha ma Sylva Koscina era un’altra cosa. Tutto molto bello avrebbe detto il mio amico Pizzul. E studiato. Altro che ciucci ‘sti guagliuni ‘e zio Maurizio.

La Vecchia Signora aveva di fronte la viola, ragazza fiorentina di belle speranze un po’ smarrita nei boschi della valle. Una faticaccia incredibile. Risolve Mandzukic il croato di ferro che nel tuffo alla Riva Rombo di Tuono rischia l’osso del collo. E qui finì la calzetta della Vecchia che tremerà nel finale pur essendo in superiorità numerica.

Allegri detto il conte Max ha smoccolato in livornese infilando come una furia la via degli spogliatoi del tempio Allianz. Anche Ambra gliel’ha detto: sei fuori di testa, non è possibile cambiare tanto, Sturaro terzino e tiri fuori Dybala e lasci in campo il Gonzalo perduto e concedi una manciata di minuti a Bernardeschi che a Firenze era la cupola del Brunelleschi e neppure un affaccio per Douglas Costa che altroché se è costato. Lo stato confusionale in cui versa Max è lampante sempre più aspirato e sempre meno ispirato. Ecco una ragione di più per far sperare Sarri. In che cosa non ve lo dico. E capirete il perché.

Alle spalle del tandem di testa, Napoli e Juve come Maspes eGaiardoni o Bianchetto Beghetto c’è acquattata l’Inter che nell’anticipo a Bologna ha visto i sorci Verdi e se l’è cavata per il rotto della cuffia grazie ad un rigore anomalo, nel senso della dinamica, che però è stato giusto decretare.

Donadoni personaggio donchisciottesco dalla triste figura ha dato lezione di gioco a Spalletti che stavolta di linguacce non ne ha fatto.

Se il Bologna avesse vinto con due gol di scarto non ci sarebbe stato alcunché di strano. Spalletti, Joao Mario, Miranda, Borja Valero, Icardi quanti crani rasati a zero tant’è che mi hanno ricordato l’essere o non essere di Amleto lungo la merlatura del castello di Elsinore. To be or not to be questo è il dilemma che si porta dietro il filosofo di Certaldo: è una squadra da scudetto questa mia Inter o no?

Da osservatore ritengo che sarà difficile salire fin sull’ultimo gradino finché gli esterni bassi (i terzini insomma) saranno D’Ambrosio da una parte e Nagatomo che un amico interista chiama “cagatopo” dall’altra e finché Icardi tra una tintura e un taglio di capelli illustrerà con monotonia la solitudine del centravanti

E’ una cineseria il Milan di Montella l’aeroplanino. Due rigori due per battere la Spal e per avvicinarsi ai cugini naturalmente cinesi che vestono il nerazzurro. Ancora indecifrabile questo Diavolo dalle tante punte e dai tanti punti interrogativi.  Tra color che son sospesi (una partita da recuperare) la creatura americana di mister Pallotta che ha spezzato le reni al sempre più ultimo e solo Benevento che andrebbe ribattezzato Maleventum: doppietta di Dzeko il bosniaco e due autoreti. Come a dire quando una cosa deve andare male stai sicuro che andrà peggio.

 

Sale il Toro dell’imbufalito Mihajlovic, sempre ruminanti sono, vincendo ad Udine si carica per il derby prossimo e se…e il Napoli dovesse fare risultato pieno anche nella città degli Estensi…stop.

Sempre più bella ed arcigna l’Atalanta chiamata Dea, una realtà oramai del campionato una volta più bello del mondo ed ora dimezzato come il visconte di Calvino. Diviso in tre tronconi. Con le indiziate alla retrocessione probabilmente già spacciate. Ultima considerazione.  Gasperini è tra i migliori tecnici in circolazione. Il suo Genoa era un’insidia per tutti. La sua Atalanta, uomo contro uomo e triangolazioni velocissime e una messe di babies lanciati, è uno spettacolo. Roba da Bergamo Alta. Dove abita Ottaviuccio Bianchi che saluto con affetto.

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SUPER NAPOLI - Adolfo Mollichelli: "Si confesso, ho visto i ciucci che volano all'Olimpico"

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21/09/2024 - 17:44

Cantami o Eupalla del Ciuccio divino che infiniti addusse lutti ai romani di sponda laziale che hanno come simbolo l’aquila. Inno: vola un’aquila nel cielo e via di seguito. Volava.

La sindaca Virginia ha chiesto alle oche del Campidoglio dei cinque minuti che sconvolsero l’Olimpico. Manca l’acqua negli spogliatoi, c’è guano sul campo, si sono spenti i riflettori? No no è che c’è stata una cavalcata asinina all’Olimpico. Come? delle valchirie vorrete dire. No, abbiamo visto davvero i ciucci che volano. E l’aquila non poteva scendere in picchiata ed artigliarli? L’ha fatto ma poi è stata sopraffatta. Troppi i ciucci. Capisco, ne so qualcosa.

Trasferta insidiosa, la prima. Superata in tromba (d’aria). Tre sigilli in cinque minuti, il quarto su rigore allo spirare del match. Prima era spirata la Lazio che aveva perduto De Vrij detto Aiace e aggiungeteci Telamonio se vi aggrada e Bastos e Basta e basta così senza più difesa e con un uomo in meno nel finale. Una iattura che nulla toglie, un segnale che potrebbe essere considerato segno del destino. Perché Januarius ha detto sì in sveltezza e si sa che porta bene. E pare che si sia pentito ma solo per un attimo quando un giovin politico malato di congiuntivite (capitemi) ha baciato l’ampolla e Sepe – non il portiere – ha avvertito un tremito tra le mani.

Il gol di Dries detto Ciro, va bene. Bellissimo, ma quello di Diego alla stessa Lazio – oltre un trentennio fa – fu ancor più poesia, più difficile, più da lontano. Un gesto tecnico che chi ha talento effettua con naturalezza.

La rete di Callejon: stupenda per la rapidità dell’esecuzione e per come è stata concepita. Avvio di Jorginho, che siglerà il rigore del poker, e tocco felpato di Hamsikper lo spagnolo che ha tutto del matador: il capello imbrillantato e l’inchino solenne.

Oltre alla stoccata finale, naturalmente. Ma il primo gol è quello che più mi ha colpito, quello del pari che poi ha segnato la svolta della partita.

Perché? Semplice, perché frutto di uno studio da drone tanto amato da Sarri il tuttotuta, angolo a favore e a centro area quelli che gli avversari non riescono ad inquadrare: la coppia di centrali difensivi, uno tira (Albiol), l’altro (Koulibaly) mette dentro la respinta del portiere che si chiama Strakosha ma Sylva Koscina era un’altra cosa. Tutto molto bello avrebbe detto il mio amico Pizzul. E studiato. Altro che ciucci ‘sti guagliuni ‘e zio Maurizio.

La Vecchia Signora aveva di fronte la viola, ragazza fiorentina di belle speranze un po’ smarrita nei boschi della valle. Una faticaccia incredibile. Risolve Mandzukic il croato di ferro che nel tuffo alla Riva Rombo di Tuono rischia l’osso del collo. E qui finì la calzetta della Vecchia che tremerà nel finale pur essendo in superiorità numerica.

Allegri detto il conte Max ha smoccolato in livornese infilando come una furia la via degli spogliatoi del tempio Allianz. Anche Ambra gliel’ha detto: sei fuori di testa, non è possibile cambiare tanto, Sturaro terzino e tiri fuori Dybala e lasci in campo il Gonzalo perduto e concedi una manciata di minuti a Bernardeschi che a Firenze era la cupola del Brunelleschi e neppure un affaccio per Douglas Costa che altroché se è costato. Lo stato confusionale in cui versa Max è lampante sempre più aspirato e sempre meno ispirato. Ecco una ragione di più per far sperare Sarri. In che cosa non ve lo dico. E capirete il perché.

Alle spalle del tandem di testa, Napoli e Juve come Maspes eGaiardoni o Bianchetto Beghetto c’è acquattata l’Inter che nell’anticipo a Bologna ha visto i sorci Verdi e se l’è cavata per il rotto della cuffia grazie ad un rigore anomalo, nel senso della dinamica, che però è stato giusto decretare.

Donadoni personaggio donchisciottesco dalla triste figura ha dato lezione di gioco a Spalletti che stavolta di linguacce non ne ha fatto.

Se il Bologna avesse vinto con due gol di scarto non ci sarebbe stato alcunché di strano. Spalletti, Joao Mario, Miranda, Borja Valero, Icardi quanti crani rasati a zero tant’è che mi hanno ricordato l’essere o non essere di Amleto lungo la merlatura del castello di Elsinore. To be or not to be questo è il dilemma che si porta dietro il filosofo di Certaldo: è una squadra da scudetto questa mia Inter o no?

Da osservatore ritengo che sarà difficile salire fin sull’ultimo gradino finché gli esterni bassi (i terzini insomma) saranno D’Ambrosio da una parte e Nagatomo che un amico interista chiama “cagatopo” dall’altra e finché Icardi tra una tintura e un taglio di capelli illustrerà con monotonia la solitudine del centravanti

E’ una cineseria il Milan di Montella l’aeroplanino. Due rigori due per battere la Spal e per avvicinarsi ai cugini naturalmente cinesi che vestono il nerazzurro. Ancora indecifrabile questo Diavolo dalle tante punte e dai tanti punti interrogativi.  Tra color che son sospesi (una partita da recuperare) la creatura americana di mister Pallotta che ha spezzato le reni al sempre più ultimo e solo Benevento che andrebbe ribattezzato Maleventum: doppietta di Dzeko il bosniaco e due autoreti. Come a dire quando una cosa deve andare male stai sicuro che andrà peggio.

 

Sale il Toro dell’imbufalito Mihajlovic, sempre ruminanti sono, vincendo ad Udine si carica per il derby prossimo e se…e il Napoli dovesse fare risultato pieno anche nella città degli Estensi…stop.

Sempre più bella ed arcigna l’Atalanta chiamata Dea, una realtà oramai del campionato una volta più bello del mondo ed ora dimezzato come il visconte di Calvino. Diviso in tre tronconi. Con le indiziate alla retrocessione probabilmente già spacciate. Ultima considerazione.  Gasperini è tra i migliori tecnici in circolazione. Il suo Genoa era un’insidia per tutti. La sua Atalanta, uomo contro uomo e triangolazioni velocissime e una messe di babies lanciati, è uno spettacolo. Roba da Bergamo Alta. Dove abita Ottaviuccio Bianchi che saluto con affetto.

Fonte: Adolfo Mollichelli per IlNapoletano.org