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L'APPUNTO - N. Marciano: "Il cuore di Mertens è il cuore di un'intera città"
16.01.2017 19:10 di Napoli Magazine

NAPOLI - Correva l'anno 2009 quando a Barak Obama, allora presidente degli Stati Uniti d'America, a torto o a ragione, fu consegnato il premio Nobel per la Pace, praticamente sulla fiducia, per le azioni future, insomma. Otto anni dopo varrebbe lo stesso principio: la cittadinanza onoraria di Napoli a Lorenzo Tonelli sulla fiducia, sui buoni propositi, sulle gioie già regalate per uno che dalla retrovia corre tutto il campo e segna. Due volte in due partite, in pratica nel 100% delle sue presenze. Chiariamo: ad attendere, suo malgrado, si è fatto attendere tanto che c'era già chi lo dava come una meteora. Ma il difensore ha saputo dimostrare che la stoffa c'è, la qualità pure, i gol anche. E se chi ben comincia, è a metà dell'opera, verrebbe da pensare che Tonelli a Napoli farà la Cappella Sistina e già che c'è, finirà pure la metropolitana, che anche è importante. In un ancor gelido San Paolo della domenica alle 3, il Napoli di mister Sarri 3 gol li rifila al Pescara, quello del 2-2 di inizio stagione, dove a salvare fu il diavulillo belga Mertens. Lo stesso che non fa mancare il suo gol, seguito a quello mediano di capitan Marek, che recupera un quasi gol dello sfortunato Jose'. Dries, dicevamo. Lui che ci mette piedi, grinta e cuore e quel cuore lo disegna sulla telecamera di Sky per dedicarlo a sua moglie, certo, ma che rappresenta il suo di cuore, quello dei tifosi e quello di Napoli. Il cuore che batte azzurro, per capirci. Un Napoli da forward direttamente sul secondo tempo, laddove nei primi 45' era stato fantasma di se stesso, poco partecipativo, con più palle perse che recuperate. Non che il Pescara abbia mai troppo chiamato in causa Reina nella prima metà, ma di certo neppure Bizzarri si era preoccupato più di tanto. 15' minuti di time out per cambiare il volto di una squadra e di conseguenza di una partita: ora, che cosa si celi nello spogliatoio azzurro non è dato a sapere ma di certo qualcosa c'è, non foss'altro che le docce da cui viene fuori l'acqua di Lourdes: il Napoli della ripresa infatti, ne rifila subito due, poi arriva anche il 3 prima di un amaro rigore messo a segno dagli avversari sul fischio finale di un arbitro decente che ad un certo punto inizia pure a tirar fuori i gialli che si pensava avesse scordato a casa, per distrazione. Gli 11 leoni, bravi tutti, cambi compresi, scalano la classifica e riscaldano gli animi di uno stadio e di una tribuna stampa ancora tagliata dove però dalla prossima si dovrebbe tornare ognuno al suo posto, sullo stadio, appunto, che a vederla sul divano non si rinuncia al calduccio e al ragù, certo, ma all'adrenalina però sì. Un San Paolo pieno dove però mancava Dio. Non quello celeste, per carità, ma quello terreno del calcio. Quello che contro la Roma alzò la mano de Dios al cielo prevedendo il numero di reti poi messe a segno dal Napoli. Nessuno se ne stupì più di tanto: per un Dios è una bazzecola, in fondo. Maradona a Napoli ci torna per far spettacolo seppur tra mille polemiche ma ci sta. In fondo, quando si parla di lui, le parole non bastano mai e a volte è solo il silenzio rotto dal tocco del suo piede ad un pallone che dovrebbe sentirsi. Diego era a Napoli, l'amore incondizionato dei napoletani non si è fatto attendere né si è risparmiato. Lui batte il pugno sul cuore, Napoli si riscalda e ricorda il suo uomo, il suo figlio nato lontano ma di certo figlio autentico, attraverso cui un'intera città ha riscattato se stessa e il suo soccombere ai potenti di storica memoria. Come a dire: "Potete toglierci tutto, ma non Maradona. No, lui è di Napoli". E così sia.

 

 

Nunzia Marciano

 

Napoli Magazine

 

Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com

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L'APPUNTO - N. Marciano: "Il cuore di Mertens è il cuore di un'intera città"

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16/01/2024 - 19:10

NAPOLI - Correva l'anno 2009 quando a Barak Obama, allora presidente degli Stati Uniti d'America, a torto o a ragione, fu consegnato il premio Nobel per la Pace, praticamente sulla fiducia, per le azioni future, insomma. Otto anni dopo varrebbe lo stesso principio: la cittadinanza onoraria di Napoli a Lorenzo Tonelli sulla fiducia, sui buoni propositi, sulle gioie già regalate per uno che dalla retrovia corre tutto il campo e segna. Due volte in due partite, in pratica nel 100% delle sue presenze. Chiariamo: ad attendere, suo malgrado, si è fatto attendere tanto che c'era già chi lo dava come una meteora. Ma il difensore ha saputo dimostrare che la stoffa c'è, la qualità pure, i gol anche. E se chi ben comincia, è a metà dell'opera, verrebbe da pensare che Tonelli a Napoli farà la Cappella Sistina e già che c'è, finirà pure la metropolitana, che anche è importante. In un ancor gelido San Paolo della domenica alle 3, il Napoli di mister Sarri 3 gol li rifila al Pescara, quello del 2-2 di inizio stagione, dove a salvare fu il diavulillo belga Mertens. Lo stesso che non fa mancare il suo gol, seguito a quello mediano di capitan Marek, che recupera un quasi gol dello sfortunato Jose'. Dries, dicevamo. Lui che ci mette piedi, grinta e cuore e quel cuore lo disegna sulla telecamera di Sky per dedicarlo a sua moglie, certo, ma che rappresenta il suo di cuore, quello dei tifosi e quello di Napoli. Il cuore che batte azzurro, per capirci. Un Napoli da forward direttamente sul secondo tempo, laddove nei primi 45' era stato fantasma di se stesso, poco partecipativo, con più palle perse che recuperate. Non che il Pescara abbia mai troppo chiamato in causa Reina nella prima metà, ma di certo neppure Bizzarri si era preoccupato più di tanto. 15' minuti di time out per cambiare il volto di una squadra e di conseguenza di una partita: ora, che cosa si celi nello spogliatoio azzurro non è dato a sapere ma di certo qualcosa c'è, non foss'altro che le docce da cui viene fuori l'acqua di Lourdes: il Napoli della ripresa infatti, ne rifila subito due, poi arriva anche il 3 prima di un amaro rigore messo a segno dagli avversari sul fischio finale di un arbitro decente che ad un certo punto inizia pure a tirar fuori i gialli che si pensava avesse scordato a casa, per distrazione. Gli 11 leoni, bravi tutti, cambi compresi, scalano la classifica e riscaldano gli animi di uno stadio e di una tribuna stampa ancora tagliata dove però dalla prossima si dovrebbe tornare ognuno al suo posto, sullo stadio, appunto, che a vederla sul divano non si rinuncia al calduccio e al ragù, certo, ma all'adrenalina però sì. Un San Paolo pieno dove però mancava Dio. Non quello celeste, per carità, ma quello terreno del calcio. Quello che contro la Roma alzò la mano de Dios al cielo prevedendo il numero di reti poi messe a segno dal Napoli. Nessuno se ne stupì più di tanto: per un Dios è una bazzecola, in fondo. Maradona a Napoli ci torna per far spettacolo seppur tra mille polemiche ma ci sta. In fondo, quando si parla di lui, le parole non bastano mai e a volte è solo il silenzio rotto dal tocco del suo piede ad un pallone che dovrebbe sentirsi. Diego era a Napoli, l'amore incondizionato dei napoletani non si è fatto attendere né si è risparmiato. Lui batte il pugno sul cuore, Napoli si riscalda e ricorda il suo uomo, il suo figlio nato lontano ma di certo figlio autentico, attraverso cui un'intera città ha riscattato se stessa e il suo soccombere ai potenti di storica memoria. Come a dire: "Potete toglierci tutto, ma non Maradona. No, lui è di Napoli". E così sia.

 

 

Nunzia Marciano

 

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