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L'APPUNTO - N. Marciano su "NM": "Napoli, una favola che aspetta solo il lieto fine"
02.10.2017 23:29 di Napoli Magazine

NAPOLI - C’era una volta un regno, nemmeno troppo lontano. Si chiamava “Stadio San Paolo” e sorgeva tra le terre del Vesuvio e il mare di un golfo meraviglioso. Lì si viveva nel verde, pregnando di sentimenti un giuoco antico. Il Re di quel regno era un toscano nato napoletano, che regnava sovrano e amato da tutti, adorato dal suo popolo che lo acclamava e gli riconosceva il grande  valore che meritava. Uomo taciturno dai modi talvolta burberi era però un sovrano giusto e degno di rispetto. Rispettato specialmente dai suoi impavidi cavalieri degni a loro volta di ogni onore e gloria. Loro che difendevano con coraggio e grande dote il regno e le sue genti, che di essi erano orgogliosi, dai nemici provenienti da terre lontane e sconosciute, rivali capaci di attraversare il mare pur di giungere dall’isola sarda alla terra ferma. E che rimandavano sconfitti nelle loro terre lontane godendo del plauso del popolo felice giunto da ogni parte per applaudire i suoi eroi. Chiariamo: non ho deciso di far concorrenza a Walt Disney, pace all’anima sua. Ma se non come una favola, come si può descrivere questo Napoli che non teme nemmeno più il lunch match senza il ragù domenicale? Non si può. I cavalieri in azzurro di Re Sarri ne rifilano tre al Cagliari dell’ex Pavoletti: da una prodezza di Marek che segna e si sblocca su magnifico assist di Dries, alla punizione trasformata in gol da Koulibaly: un po’ come Gesù che trasformava acqua in vino. Miracoli, insomma. E rigori. A segno. Come miracoloso d’altronde è il gioco di due onnipresenti fuoriclasse in maglia azzurra che si incrociano dandosi un cinque. Che spettacolo Dries e Josè, che, quest’ultimo, per la bolgia e la città quel gol lo ha di fatto segnato. Punto. La squadra sale in cima alla vetta e solinga se ne gode da lì il panorama guardando dall’alto ai suoi nemici che senza vincere le lasciano la punta più alta dei colli. Ma se vincere una battaglia vuol dire non aver vinto la guerra, è pur vero che vincere incoraggia e paventa vittorie a seguire, oltre a quelle già incassate. Le rivali ci sono ma non per questo vanno temute: Napoli applaude e canta dalla curva trasformando il tifo in un inno d’amore per la squadra tutta, forte, compatta, unita per difendere il suo regno. Quel regno fatato d’orgoglio popolato da tifosi fedeli che i loro cavalieri, li aspettano anche quando vittoriosi tornano dalle battaglie combattute in terre lontane. E allora se di favola si tratta, se di cavalieri si parla, se si diavulilli si applaude, allora di lieto fine si può scrivere. E il lieto fine si può e si deve sognare.

 

 

Nunzia Marciano

 

Napoli Magazine

 

Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com

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L'APPUNTO - N. Marciano su "NM": "Napoli, una favola che aspetta solo il lieto fine"

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02/10/2024 - 23:29

NAPOLI - C’era una volta un regno, nemmeno troppo lontano. Si chiamava “Stadio San Paolo” e sorgeva tra le terre del Vesuvio e il mare di un golfo meraviglioso. Lì si viveva nel verde, pregnando di sentimenti un giuoco antico. Il Re di quel regno era un toscano nato napoletano, che regnava sovrano e amato da tutti, adorato dal suo popolo che lo acclamava e gli riconosceva il grande  valore che meritava. Uomo taciturno dai modi talvolta burberi era però un sovrano giusto e degno di rispetto. Rispettato specialmente dai suoi impavidi cavalieri degni a loro volta di ogni onore e gloria. Loro che difendevano con coraggio e grande dote il regno e le sue genti, che di essi erano orgogliosi, dai nemici provenienti da terre lontane e sconosciute, rivali capaci di attraversare il mare pur di giungere dall’isola sarda alla terra ferma. E che rimandavano sconfitti nelle loro terre lontane godendo del plauso del popolo felice giunto da ogni parte per applaudire i suoi eroi. Chiariamo: non ho deciso di far concorrenza a Walt Disney, pace all’anima sua. Ma se non come una favola, come si può descrivere questo Napoli che non teme nemmeno più il lunch match senza il ragù domenicale? Non si può. I cavalieri in azzurro di Re Sarri ne rifilano tre al Cagliari dell’ex Pavoletti: da una prodezza di Marek che segna e si sblocca su magnifico assist di Dries, alla punizione trasformata in gol da Koulibaly: un po’ come Gesù che trasformava acqua in vino. Miracoli, insomma. E rigori. A segno. Come miracoloso d’altronde è il gioco di due onnipresenti fuoriclasse in maglia azzurra che si incrociano dandosi un cinque. Che spettacolo Dries e Josè, che, quest’ultimo, per la bolgia e la città quel gol lo ha di fatto segnato. Punto. La squadra sale in cima alla vetta e solinga se ne gode da lì il panorama guardando dall’alto ai suoi nemici che senza vincere le lasciano la punta più alta dei colli. Ma se vincere una battaglia vuol dire non aver vinto la guerra, è pur vero che vincere incoraggia e paventa vittorie a seguire, oltre a quelle già incassate. Le rivali ci sono ma non per questo vanno temute: Napoli applaude e canta dalla curva trasformando il tifo in un inno d’amore per la squadra tutta, forte, compatta, unita per difendere il suo regno. Quel regno fatato d’orgoglio popolato da tifosi fedeli che i loro cavalieri, li aspettano anche quando vittoriosi tornano dalle battaglie combattute in terre lontane. E allora se di favola si tratta, se di cavalieri si parla, se si diavulilli si applaude, allora di lieto fine si può scrivere. E il lieto fine si può e si deve sognare.

 

 

Nunzia Marciano

 

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