NAPOLI - Per tutti gli osservatori di calcio, che studiano con il laternino le cose e i fatti di questo sport, e per tutti i tifosi del Napoli che hanno sopportato e sopportano sconfitte cocenti e innalzano vittorie belle e pesanti. Per tutti costoro il fascino perpetuo del Napoli è semplicemente questo: come cavolo fa a passare dagli specchi di una reggia vanvitelliana ai sobborghi di una bidonville? Come riesce, il Napoli, a trasformarsi dal più bello d’Europa (4-2 al Benfica) al più brutto d’Italia (1-0 dall’Atalanta)? Ebbene, ciò è possibile se una serie di circostanze accadono e un bel po’ di segnali non vengono colti. Cominciamo dalle circostanze: il gol preso per uno svarione di Koulibaly e per un pizzico di rimbalzi, sa di malasorte. Tuttavia anche questo episodio è figlio legittimo di un dato tecnico: approccio molle, troppi errori singoli. Lo spiegano bene i numeri – e qui siamo passati ai segnali della partita – visto che il Napoli è andato in bianco contro la seconda peggior difesa del campionato. Il conto pagato dagli azzurri di Sarri è abbastanza alto: 65 palle perse, undici tiri in porta, otto fuori dallo specchio. Milik? Un marziano sbarcato a Bergamo; molte, troppe insopportabili imprecisioni negli ultimi venti metri, possesso palla più sterile che mai. Per farla breve: il Napoli si è cancellato dalla partita quasi subito. Le cause: turn over ridotto all’osso nonostante la snervante, ancorché favolosa partita contro il Benfica; tardiva lettura della gara, che solo a un quarto d’ora dalla fine ha visto Sarri rivoltare la squadra come un calzino. Leggasi ingresso di Gabbiadini e uscita di Jorginho, mossa che ha rinchiuso in un cassetto uno stanco e stiracchiato 4-3-3 trasformandolo in un 4-2-4, nuovo di zecca, che avrebbe dovuto – nelle intenzioni - sparigliare carte e partita. A quel punto del match, però, più che un’inversione tattica, l’intenzione è sembrata una preghiera senza convincimento. Insomma, s’è visto un mezzo Napoli. E quel poco che c’era in campo era svuotato di ogni energia. Che la squadra di Sarri sia diventata di colpo un gruppetto di brocchi è impossibile crederlo, che a questi ragazzi manchi, a tratti, un po’ di metodo e tanta personalità, sia non solo vero, ma soprattutto possibile. Tuttavia nulla è perso, nemmeno l’onore, nonostante le geremiadi di chi sostiene che perdere contro Gagliardini, Caldera, Petagna – ovvero dei carneadi – sia un affronto. La verità è semplice nella sua disarmante lettura: il Napoli è incappato in una partita davvero brutta, ma il suo bilancio è positivo dopo le prime nove gare stagionali, Champions compresa.
Toni Iavarone
Napoli Magazine
Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte:www.napolimagazine.com
di Napoli Magazine
03/10/2024 - 19:04
NAPOLI - Per tutti gli osservatori di calcio, che studiano con il laternino le cose e i fatti di questo sport, e per tutti i tifosi del Napoli che hanno sopportato e sopportano sconfitte cocenti e innalzano vittorie belle e pesanti. Per tutti costoro il fascino perpetuo del Napoli è semplicemente questo: come cavolo fa a passare dagli specchi di una reggia vanvitelliana ai sobborghi di una bidonville? Come riesce, il Napoli, a trasformarsi dal più bello d’Europa (4-2 al Benfica) al più brutto d’Italia (1-0 dall’Atalanta)? Ebbene, ciò è possibile se una serie di circostanze accadono e un bel po’ di segnali non vengono colti. Cominciamo dalle circostanze: il gol preso per uno svarione di Koulibaly e per un pizzico di rimbalzi, sa di malasorte. Tuttavia anche questo episodio è figlio legittimo di un dato tecnico: approccio molle, troppi errori singoli. Lo spiegano bene i numeri – e qui siamo passati ai segnali della partita – visto che il Napoli è andato in bianco contro la seconda peggior difesa del campionato. Il conto pagato dagli azzurri di Sarri è abbastanza alto: 65 palle perse, undici tiri in porta, otto fuori dallo specchio. Milik? Un marziano sbarcato a Bergamo; molte, troppe insopportabili imprecisioni negli ultimi venti metri, possesso palla più sterile che mai. Per farla breve: il Napoli si è cancellato dalla partita quasi subito. Le cause: turn over ridotto all’osso nonostante la snervante, ancorché favolosa partita contro il Benfica; tardiva lettura della gara, che solo a un quarto d’ora dalla fine ha visto Sarri rivoltare la squadra come un calzino. Leggasi ingresso di Gabbiadini e uscita di Jorginho, mossa che ha rinchiuso in un cassetto uno stanco e stiracchiato 4-3-3 trasformandolo in un 4-2-4, nuovo di zecca, che avrebbe dovuto – nelle intenzioni - sparigliare carte e partita. A quel punto del match, però, più che un’inversione tattica, l’intenzione è sembrata una preghiera senza convincimento. Insomma, s’è visto un mezzo Napoli. E quel poco che c’era in campo era svuotato di ogni energia. Che la squadra di Sarri sia diventata di colpo un gruppetto di brocchi è impossibile crederlo, che a questi ragazzi manchi, a tratti, un po’ di metodo e tanta personalità, sia non solo vero, ma soprattutto possibile. Tuttavia nulla è perso, nemmeno l’onore, nonostante le geremiadi di chi sostiene che perdere contro Gagliardini, Caldera, Petagna – ovvero dei carneadi – sia un affronto. La verità è semplice nella sua disarmante lettura: il Napoli è incappato in una partita davvero brutta, ma il suo bilancio è positivo dopo le prime nove gare stagionali, Champions compresa.
Toni Iavarone
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