Gli effetti del riscaldamento globale sono evidenti e le città si confermano tra i luoghi più vulnerabili. Il caldo torrido si fa sentire a più riprese. E non c’è città e quartiere che sfugga alle temperature bollenti e alle ondate di calore e Napoli è un esempio concreto. Legambiente Campania partendo dalla campagna “Che caldo che fa! Contro la cooling poverty: città + fresche, città + giuste” presenta un report di approfondimento sulla città di Napoli con un’analisi delle temperature al suolo degli ultimi 10 anni con un focus sui quartieri “più caldi” e sulle urgenze da cui partire per combattere le diseguaglianze termiche e garantire giustizia climatica alle cittadine e ai cittadini. Dall’analisi cartografica delle temperature medie estive diurne tra il 2014 e il 2024, emergono le zone della città di Napoli in cui si registrano i valori più elevati. Si precisa che le temperature considerate non fanno riferimento ai valori dell’aria, bensì alle temperature al suolo estive medie degli ultimi 10 anni, ottenute tramite l’analisi di immagini satellitari Landsat 8 e 9.
I quartieri più caldi sono Vicaria, Secondigliano, Ponticelli, Poggioreale, San Giovanni e Scampia, dove le temperature medie al suolo nei mesi estivi superano spesso i 46 °C, con picchi ancora più alti in zone industriali e logistiche. L’intensa urbanizzazione, la presenza di asfalto e l'assenza di verde concorrono a questi valori estremi. Vicaria con temperature prossime ai 44,6 °C, Secondigliano ai 43,8 °C, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio si attestano a 42,68 °C e 42,05°C, Poggioreale 42,98 °C, Scampia 42,90 °C: un fronte termico che attraversa l’intero versante orientale e nord-orientale della città. Le temperature più basse si rilevano, invece, in aree verdi e zone collinari come Posillipo, Camaldoli, Capodimonte, Colli Aminei che rendono i quartieri di Chiaiano, Arenella e Pianura più freschi con medie inferiori ai 37,5 °C. In particolare, la collina dei Camaldoli, grazie ad altitudine, ombra e copertura boschiva, rappresenta un possibile “rifugio termico”.
Le temperature più alte si associano alla combinazione di un’elevata densità di superfici artificiali e scarsità di vegetazione soprattutto in alcune aree periferiche. Il pattern è chiaro e si conferma negli anni: le periferie più dense, con bassa qualità ambientale e suolo impermeabilizzato, sono le più esposte allo stress termico. Queste condizioni vanno rapportate alla particolare condizione geomorfologica che certamente consente ai quartieri posti in zone collinari o lungo la costa di godere di maggiore ventilazione rispetto a quelli collocati in zone pianeggianti o addirittura depresse.
Non a caso il centro storico, pur con temperature elevate (oltre 43 °C), risente meno dell’effetto isola di calore grazie all’edilizia compatta e ad alcune aree verdi, ma soprattutto alla ventilazione che si crea nelle strade che dalla parte alta scendono verso il mare.
“Siamo davanti ad un segnale chiaro - commenta Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania - che la crisi climatica non è più una minaccia futura, ma una realtà quotidiana con cui le città devono già fare i conti, soprattutto sul fronte della salute pubblica e della protezione delle fasce più vulnerabili della popolazione. Davanti a un’estate segnata da ondate di calore sempre più frequenti e impattanti, serve una svolta politica e sociale che metta al centro il diritto alla salute, alla giustizia climatica e alla vivibilità delle nostre città e dei nostri territori. La sfida è grande, ma non possiamo più aspettare: dobbiamo agire ora”.
Il report di Legambiente Campania evidenzia che sovrapponendo le mappe termiche con la densità abitativa emergono zone ad alta vulnerabilità climatica, dove temperature elevate e popolazione esposta si sommano: Ponticelli, Barra, San Giovanni a Teduccio, Secondigliano, Scampia. Queste aree necessitano di interventi urgenti: forestazione, de-impermeabilizzazione, raffrescamento urbano. Un dato cruciale è la correlazione con il reddito. Il monitoraggio mostra che i quartieri più caldi coincidono spesso con quelli a reddito più basso. Secondigliano, Scampia e San Giovanni a Teduccio, tra i più colpiti dal caldo, registrano redditi medi inferiori ai 19.000 euro/anno lordi. Al contrario, Posillipo, Chiaia e San Ferdinando, più freschi, hanno redditi sopra i 48.000 euro/anno lordi. Questa correlazione riflette una ingiustizia climatica: le fasce economicamente più fragili sono anche spesso le più esposte agli effetti del cambiamento climatico.
“Con il report - conclude Mariateresa Imparato - abbiamo voluto raccontare come il tema della crisi climatica sia anche associato a quello della “povertà di raffrescamento” portando in primo piano l’evidente contrapposizione tra quartieri, e mettendo in risalto come la scelta di abbattere o mettere a dimora alberature, o dei materiali per rivestire una piazza o un parco giochi, possano influire sulle temperature ambientali e sulle possibilità di adattarsi e resistere all’innalzamento delle temperature nelle città. Di fronte a queste evidenze, è necessario cambiare approccio per rigenerare strade, edifici e spazi pubblici delle nostre città in chiave di adattamento climatico, per permettere alle aree urbanizzate, e di conseguenza alle persone a partire da quelle più vulnerabili, di fronteggiare meglio il sempre più impattante fenomeno delle isole di calore”.
Le proposte di Legambiente
Tra le azioni prioritarie vi è l’istituzione di una governance climatica forte e inclusiva, con un Ufficio Clima dedicato alla transizione e all’adattamento. È fondamentale integrare la Strategia di Adattamento al Cambiamento Climatico con strumenti come il PUC, il PAESC e il Piano del Verde urbano, prevedendo misure adeguate alle condizioni geomorfologiche e alle condizioni socio-economiche che sono fortemente diversificate nel territorio comunale. Tra queste, prioritari sono l’aumento delle superfici permeabili, il potenziamento delle infrastrutture verdi e blu, l’ombreggiamento delle fermate dei mezzi pubblici, la diffusione di fontanelle e sistemi di nebulizzazione; rafforzare la biodiversità urbana è una delle chiavi per rendere la città più resiliente ai cambiamenti climatici. Costruire una rete ecologica continua, che metta in relazione parchi, aree naturali e spazi verdi, favorendo la connessione tra habitat ed ecosistemi e garantendo un equilibrio tra città e natura, anche su scala metropolitana. Valorizzare il verde e la biodiversità significa anche creare spazi accessibili che favoriscano benessere, inclusione e una nuova relazione tra cittadini e ambiente; promuovere la creazione di rifugi climatici, sia naturali che artificiali, accessibili e ben attrezzati, con particolare attenzione alle fasce più vulnerabili della popolazione, anche attraverso il coinvolgimento delle comunità religiose e l’attivazione di servizi di prossimità; le politiche devono essere sviluppate con un approccio intersezionale, incrociando dati climatici, ambientali e socioeconomici per individuare con precisione le aree a maggior rischio e destinare risorse in modo equo, riducendo le disuguaglianze ambientali e sociali esistenti.
di Napoli Magazine
08/08/2025 - 13:30
Gli effetti del riscaldamento globale sono evidenti e le città si confermano tra i luoghi più vulnerabili. Il caldo torrido si fa sentire a più riprese. E non c’è città e quartiere che sfugga alle temperature bollenti e alle ondate di calore e Napoli è un esempio concreto. Legambiente Campania partendo dalla campagna “Che caldo che fa! Contro la cooling poverty: città + fresche, città + giuste” presenta un report di approfondimento sulla città di Napoli con un’analisi delle temperature al suolo degli ultimi 10 anni con un focus sui quartieri “più caldi” e sulle urgenze da cui partire per combattere le diseguaglianze termiche e garantire giustizia climatica alle cittadine e ai cittadini. Dall’analisi cartografica delle temperature medie estive diurne tra il 2014 e il 2024, emergono le zone della città di Napoli in cui si registrano i valori più elevati. Si precisa che le temperature considerate non fanno riferimento ai valori dell’aria, bensì alle temperature al suolo estive medie degli ultimi 10 anni, ottenute tramite l’analisi di immagini satellitari Landsat 8 e 9.
I quartieri più caldi sono Vicaria, Secondigliano, Ponticelli, Poggioreale, San Giovanni e Scampia, dove le temperature medie al suolo nei mesi estivi superano spesso i 46 °C, con picchi ancora più alti in zone industriali e logistiche. L’intensa urbanizzazione, la presenza di asfalto e l'assenza di verde concorrono a questi valori estremi. Vicaria con temperature prossime ai 44,6 °C, Secondigliano ai 43,8 °C, Ponticelli e San Giovanni a Teduccio si attestano a 42,68 °C e 42,05°C, Poggioreale 42,98 °C, Scampia 42,90 °C: un fronte termico che attraversa l’intero versante orientale e nord-orientale della città. Le temperature più basse si rilevano, invece, in aree verdi e zone collinari come Posillipo, Camaldoli, Capodimonte, Colli Aminei che rendono i quartieri di Chiaiano, Arenella e Pianura più freschi con medie inferiori ai 37,5 °C. In particolare, la collina dei Camaldoli, grazie ad altitudine, ombra e copertura boschiva, rappresenta un possibile “rifugio termico”.
Le temperature più alte si associano alla combinazione di un’elevata densità di superfici artificiali e scarsità di vegetazione soprattutto in alcune aree periferiche. Il pattern è chiaro e si conferma negli anni: le periferie più dense, con bassa qualità ambientale e suolo impermeabilizzato, sono le più esposte allo stress termico. Queste condizioni vanno rapportate alla particolare condizione geomorfologica che certamente consente ai quartieri posti in zone collinari o lungo la costa di godere di maggiore ventilazione rispetto a quelli collocati in zone pianeggianti o addirittura depresse.
Non a caso il centro storico, pur con temperature elevate (oltre 43 °C), risente meno dell’effetto isola di calore grazie all’edilizia compatta e ad alcune aree verdi, ma soprattutto alla ventilazione che si crea nelle strade che dalla parte alta scendono verso il mare.
“Siamo davanti ad un segnale chiaro - commenta Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania - che la crisi climatica non è più una minaccia futura, ma una realtà quotidiana con cui le città devono già fare i conti, soprattutto sul fronte della salute pubblica e della protezione delle fasce più vulnerabili della popolazione. Davanti a un’estate segnata da ondate di calore sempre più frequenti e impattanti, serve una svolta politica e sociale che metta al centro il diritto alla salute, alla giustizia climatica e alla vivibilità delle nostre città e dei nostri territori. La sfida è grande, ma non possiamo più aspettare: dobbiamo agire ora”.
Il report di Legambiente Campania evidenzia che sovrapponendo le mappe termiche con la densità abitativa emergono zone ad alta vulnerabilità climatica, dove temperature elevate e popolazione esposta si sommano: Ponticelli, Barra, San Giovanni a Teduccio, Secondigliano, Scampia. Queste aree necessitano di interventi urgenti: forestazione, de-impermeabilizzazione, raffrescamento urbano. Un dato cruciale è la correlazione con il reddito. Il monitoraggio mostra che i quartieri più caldi coincidono spesso con quelli a reddito più basso. Secondigliano, Scampia e San Giovanni a Teduccio, tra i più colpiti dal caldo, registrano redditi medi inferiori ai 19.000 euro/anno lordi. Al contrario, Posillipo, Chiaia e San Ferdinando, più freschi, hanno redditi sopra i 48.000 euro/anno lordi. Questa correlazione riflette una ingiustizia climatica: le fasce economicamente più fragili sono anche spesso le più esposte agli effetti del cambiamento climatico.
“Con il report - conclude Mariateresa Imparato - abbiamo voluto raccontare come il tema della crisi climatica sia anche associato a quello della “povertà di raffrescamento” portando in primo piano l’evidente contrapposizione tra quartieri, e mettendo in risalto come la scelta di abbattere o mettere a dimora alberature, o dei materiali per rivestire una piazza o un parco giochi, possano influire sulle temperature ambientali e sulle possibilità di adattarsi e resistere all’innalzamento delle temperature nelle città. Di fronte a queste evidenze, è necessario cambiare approccio per rigenerare strade, edifici e spazi pubblici delle nostre città in chiave di adattamento climatico, per permettere alle aree urbanizzate, e di conseguenza alle persone a partire da quelle più vulnerabili, di fronteggiare meglio il sempre più impattante fenomeno delle isole di calore”.
Le proposte di Legambiente
Tra le azioni prioritarie vi è l’istituzione di una governance climatica forte e inclusiva, con un Ufficio Clima dedicato alla transizione e all’adattamento. È fondamentale integrare la Strategia di Adattamento al Cambiamento Climatico con strumenti come il PUC, il PAESC e il Piano del Verde urbano, prevedendo misure adeguate alle condizioni geomorfologiche e alle condizioni socio-economiche che sono fortemente diversificate nel territorio comunale. Tra queste, prioritari sono l’aumento delle superfici permeabili, il potenziamento delle infrastrutture verdi e blu, l’ombreggiamento delle fermate dei mezzi pubblici, la diffusione di fontanelle e sistemi di nebulizzazione; rafforzare la biodiversità urbana è una delle chiavi per rendere la città più resiliente ai cambiamenti climatici. Costruire una rete ecologica continua, che metta in relazione parchi, aree naturali e spazi verdi, favorendo la connessione tra habitat ed ecosistemi e garantendo un equilibrio tra città e natura, anche su scala metropolitana. Valorizzare il verde e la biodiversità significa anche creare spazi accessibili che favoriscano benessere, inclusione e una nuova relazione tra cittadini e ambiente; promuovere la creazione di rifugi climatici, sia naturali che artificiali, accessibili e ben attrezzati, con particolare attenzione alle fasce più vulnerabili della popolazione, anche attraverso il coinvolgimento delle comunità religiose e l’attivazione di servizi di prossimità; le politiche devono essere sviluppate con un approccio intersezionale, incrociando dati climatici, ambientali e socioeconomici per individuare con precisione le aree a maggior rischio e destinare risorse in modo equo, riducendo le disuguaglianze ambientali e sociali esistenti.