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ONU - Albanese: "Parole di Mattarella necessarie, non si può più parlare di guerra"
02.06.2025 15:59 di Napoli Magazine

Su CRC, nel corso della trasmissione "A Pranzo con Chiariello" è intervenuta la Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, la Dottoressa Francesca Albanese: "Discorso di Mattarella? Sostengo apertamente l’opinione e la critica che ha rivolto il Presidente della Repubblica al governo di Israele. Quelle parole le ho trovate persino necessarie. Ho notato anche la cornice di cautela in cui il Presidente ha utilizzato delle parole specifiche come richiamo storico. Sono trascorsi ormai 600 giorni dall’inizio degli attacchi sulla Striscia di Gaza. Tutta la zona palestinese è stata quasi distrutta, compresi i presidi ospedalieri. Migliaia di medici e di bambini sono stati uccisi. Non si può più parlare di guerra. Antisemitismo? Come ha sottolineato anche il Presidente, c’è il pericolo dell’insorgere di un sentimento antisemita, ma non è il momento di parlare di questo poichè sono state uccise dall’esercito israeliano più di 60.000 persone tra donne e bambini dalle bombe, dai proiettili e dai droni dall’ottobre 2023 fino ad oggi. Questo eccidio va fermato. Dopo di che, da tre mesi nella Striscia di Gaza non entrano acqua, medicine e cibo in un contesto dove sono state uccise in media tra le 80 e 100 persone al giorno. Addirittura, in giorni come in quelli tra il 17 e il 18 marzo, Israele ha ucciso 600 persone in un giorno con un bombardamento furioso o come due settimane fa, in cui sono state uccise 300 persone in un giorno. I medici ci hanno riferito che la maggior parte delle persone che arrivano negli ospedali e che rimangono ancora in piedi sono bambini. È uno strazio vedere quello che sta succedendo a Gaza. Per la prima volta nella storia delle emergenze umanitarie non si è mai vista una distribuzione degli aiuti così sadica e crudele che ha bypassato completamente il limite del sistema delle Nazioni Unite. Infatti, trovo giusto che ci si esprima con parole di condanna ma serve che ad esse seguano delle misure concrete per utilizzare la propria influenza e fermare il genocidio. Mi meraviglia con grande tristezza che il governo italiano abbia tradito una grande tradizione di politica estera che si è offuscata nel tempo improntata al rispetto del diritto internazionale soprattutto in Medio Oriente. La Palestina è stata derubricata dalla questioni di cui si occupa il diritto internazionale, soprattutto in Italia, però mai si è raggiunto un punto così basso. Macron non è stato il primo ad assumere posizioni dure contro il governo di Tel Aviv come la sospensione del trasferimento di armi. In Europa c’è stato il caso della Spagna e le critiche più forti sono state rivolte dall’Irlanda e dalla Norvegia. Rimane il fatto, però, che l’Unione Europea è il primo partner commerciale del governo di Israele. C’è un fatto sconvolgente, a fronte di una richiesta posturale da parte di tanti leader europei e di quelli che da sempre sono più vicini ad Israele come gli olandesi che chiedono di rivedere le condizioni dell’accordo di partenariato tra l’Unione Europea e Israele, l’Italia si è opposta. Il nostro paese è in una posizione delicatissima, l’8 giugno si dovrà rinnovare l’accordo di partenariato tra l’Italia e Israele. Ci sono dei giuristi e degli avvocati persino partenopei che si sono opposti, che hanno diffidato il governo dicendogli di non rinnovare l’accordo e di denunciare quanto sta avvenendo a Gaza. È un atto non solo morale, ma è dovuto dalla Costituzione che ripudia la guerra. L’Italia non può continuare a trasferire armi in Israele. Italia collaborazionista? Sicuramente l’Italia se rinnova l’accordo collabora all’atrocità Il termine genocidio è stato molto contestato. Ci sono molti casi nella storia in cui è stato usato. Quello che costituisce il significato di genocidio non ce lo dice il precedente storico, ma la convenzione sul genocidio che è stata stilata all’indomani dell’Olocausto. Nel caso di Gaza c’è stato un incitamento alla distruzione nel linguaggio che è stato usato dai soldati. Molti studiosi dell’Olocausto israeliano concordano che atti di genocidio siano stati commessi dalla governo israeliano. C’è persino un procedimento della Corte di Giustizia internazionale che nel mese di gennaio del 2024 riconosceva il rischio di genocidio. Quello è stato il momento esatto in cui è scattata la responsabilità degli stati di prevenire il genocidio. Quindi il trasferimento di armi e il fatto di continuare a commerciare in modo che sia di innocumento ai palestinesi è considerato un atto collaborazionista. Dissenso in Israele? Nei confronti di Netanyahu c’è stato molto dissenso già nei mesi precedenti all’attacco del 7 ottobre. Ci sono state una serie di proteste del popolo israeliano poiché Netanyahu è arrivato al governo grazie ai coloni che hanno occupato illegalmente la Cisgiordania e Gerusalemme Est che sono delle zone molto ideologizzate. Il popolo israeliano ha fatto finta che questa parte della popolazione non esistesse e ora se li ritrovano al governo che è sostanziale e che sta cambiando il corso degli eventi dello stato ebraico. Le proteste non hanno mai interessato né i palestinesi né i palestinesi con cittadinanza israeliana che costituiscono circa il 20% della popolazione né quelli i cinque milioni che vivono sotto l’occupazione militare a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Il colpo durissimo del 7 ottobre non è mai stato smaltito. In Israele non sono passati 600 giorni dall’attacco di Hamas, ma sono passati 600 giorni di 7 ottobre. C’è pochissima attenzione in Israele per quello che sta succedendo a Gaza poiché si parla solo dell’attacco terroristico. Ci sono due tendenze all’interno dello stato israeliano. La prima è che c’è una parte della popolazione che è piccola e che è composta soprattutto di giovani e intellettuali che parlano di genocidio e di fine al massacro che è la parte che si informa. Dopo di che, tra gli ex soldati c’è un alto tasso di suicidi e di malessere poiché non si può brutalizzare un altro popolo senza perdere un po’ dell’umanità che hai tu stesso. Questo è quello che sta succedendo a molti giovani che sono cresciuti vittime di un’ideologia per cui odiano i palestinesi e temendoli sentono di dominarli. Adesso siamo al di là di un sistema come quelli della Apertheid e si può uscire da questa situazione solo seguendo il diritto internazionale e ce lo chiedono gli stessi pochi israeliani che non vanno ignorati".

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ONU - Albanese: "Parole di Mattarella necessarie, non si può più parlare di guerra"

di Napoli Magazine

02/06/2025 - 15:59

Su CRC, nel corso della trasmissione "A Pranzo con Chiariello" è intervenuta la Relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, la Dottoressa Francesca Albanese: "Discorso di Mattarella? Sostengo apertamente l’opinione e la critica che ha rivolto il Presidente della Repubblica al governo di Israele. Quelle parole le ho trovate persino necessarie. Ho notato anche la cornice di cautela in cui il Presidente ha utilizzato delle parole specifiche come richiamo storico. Sono trascorsi ormai 600 giorni dall’inizio degli attacchi sulla Striscia di Gaza. Tutta la zona palestinese è stata quasi distrutta, compresi i presidi ospedalieri. Migliaia di medici e di bambini sono stati uccisi. Non si può più parlare di guerra. Antisemitismo? Come ha sottolineato anche il Presidente, c’è il pericolo dell’insorgere di un sentimento antisemita, ma non è il momento di parlare di questo poichè sono state uccise dall’esercito israeliano più di 60.000 persone tra donne e bambini dalle bombe, dai proiettili e dai droni dall’ottobre 2023 fino ad oggi. Questo eccidio va fermato. Dopo di che, da tre mesi nella Striscia di Gaza non entrano acqua, medicine e cibo in un contesto dove sono state uccise in media tra le 80 e 100 persone al giorno. Addirittura, in giorni come in quelli tra il 17 e il 18 marzo, Israele ha ucciso 600 persone in un giorno con un bombardamento furioso o come due settimane fa, in cui sono state uccise 300 persone in un giorno. I medici ci hanno riferito che la maggior parte delle persone che arrivano negli ospedali e che rimangono ancora in piedi sono bambini. È uno strazio vedere quello che sta succedendo a Gaza. Per la prima volta nella storia delle emergenze umanitarie non si è mai vista una distribuzione degli aiuti così sadica e crudele che ha bypassato completamente il limite del sistema delle Nazioni Unite. Infatti, trovo giusto che ci si esprima con parole di condanna ma serve che ad esse seguano delle misure concrete per utilizzare la propria influenza e fermare il genocidio. Mi meraviglia con grande tristezza che il governo italiano abbia tradito una grande tradizione di politica estera che si è offuscata nel tempo improntata al rispetto del diritto internazionale soprattutto in Medio Oriente. La Palestina è stata derubricata dalla questioni di cui si occupa il diritto internazionale, soprattutto in Italia, però mai si è raggiunto un punto così basso. Macron non è stato il primo ad assumere posizioni dure contro il governo di Tel Aviv come la sospensione del trasferimento di armi. In Europa c’è stato il caso della Spagna e le critiche più forti sono state rivolte dall’Irlanda e dalla Norvegia. Rimane il fatto, però, che l’Unione Europea è il primo partner commerciale del governo di Israele. C’è un fatto sconvolgente, a fronte di una richiesta posturale da parte di tanti leader europei e di quelli che da sempre sono più vicini ad Israele come gli olandesi che chiedono di rivedere le condizioni dell’accordo di partenariato tra l’Unione Europea e Israele, l’Italia si è opposta. Il nostro paese è in una posizione delicatissima, l’8 giugno si dovrà rinnovare l’accordo di partenariato tra l’Italia e Israele. Ci sono dei giuristi e degli avvocati persino partenopei che si sono opposti, che hanno diffidato il governo dicendogli di non rinnovare l’accordo e di denunciare quanto sta avvenendo a Gaza. È un atto non solo morale, ma è dovuto dalla Costituzione che ripudia la guerra. L’Italia non può continuare a trasferire armi in Israele. Italia collaborazionista? Sicuramente l’Italia se rinnova l’accordo collabora all’atrocità Il termine genocidio è stato molto contestato. Ci sono molti casi nella storia in cui è stato usato. Quello che costituisce il significato di genocidio non ce lo dice il precedente storico, ma la convenzione sul genocidio che è stata stilata all’indomani dell’Olocausto. Nel caso di Gaza c’è stato un incitamento alla distruzione nel linguaggio che è stato usato dai soldati. Molti studiosi dell’Olocausto israeliano concordano che atti di genocidio siano stati commessi dalla governo israeliano. C’è persino un procedimento della Corte di Giustizia internazionale che nel mese di gennaio del 2024 riconosceva il rischio di genocidio. Quello è stato il momento esatto in cui è scattata la responsabilità degli stati di prevenire il genocidio. Quindi il trasferimento di armi e il fatto di continuare a commerciare in modo che sia di innocumento ai palestinesi è considerato un atto collaborazionista. Dissenso in Israele? Nei confronti di Netanyahu c’è stato molto dissenso già nei mesi precedenti all’attacco del 7 ottobre. Ci sono state una serie di proteste del popolo israeliano poiché Netanyahu è arrivato al governo grazie ai coloni che hanno occupato illegalmente la Cisgiordania e Gerusalemme Est che sono delle zone molto ideologizzate. Il popolo israeliano ha fatto finta che questa parte della popolazione non esistesse e ora se li ritrovano al governo che è sostanziale e che sta cambiando il corso degli eventi dello stato ebraico. Le proteste non hanno mai interessato né i palestinesi né i palestinesi con cittadinanza israeliana che costituiscono circa il 20% della popolazione né quelli i cinque milioni che vivono sotto l’occupazione militare a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Il colpo durissimo del 7 ottobre non è mai stato smaltito. In Israele non sono passati 600 giorni dall’attacco di Hamas, ma sono passati 600 giorni di 7 ottobre. C’è pochissima attenzione in Israele per quello che sta succedendo a Gaza poiché si parla solo dell’attacco terroristico. Ci sono due tendenze all’interno dello stato israeliano. La prima è che c’è una parte della popolazione che è piccola e che è composta soprattutto di giovani e intellettuali che parlano di genocidio e di fine al massacro che è la parte che si informa. Dopo di che, tra gli ex soldati c’è un alto tasso di suicidi e di malessere poiché non si può brutalizzare un altro popolo senza perdere un po’ dell’umanità che hai tu stesso. Questo è quello che sta succedendo a molti giovani che sono cresciuti vittime di un’ideologia per cui odiano i palestinesi e temendoli sentono di dominarli. Adesso siamo al di là di un sistema come quelli della Apertheid e si può uscire da questa situazione solo seguendo il diritto internazionale e ce lo chiedono gli stessi pochi israeliani che non vanno ignorati".