Eugenio Abbattista ha rassegnato le sue dimissioni dall'Aia. Il Corriere dello Sport ricorda che fu l'arbitro chiamato in causa dalla trasmissione Le Iene nel caso voti truccati dei direttori di gara. "Dopo le dismissioni, aveva trovato un ruolo come Var PRO, «mettendosi a disposizione dell'associazione e non di professionisti dei ricorsi» ha scritto in una lunga lettera, girata sulle chat arbitrali. Ha iniziato a togliersi qualche sassolino dalle scarpe, Abbattista, coinvolto in una vicenda che vide protagonisti anche Minelli e Baroni, dismessi alla fine di quella stagione e un anno dopo riammessi (nonostante avessero perso tutti i gradi di giudizio, compreso il Coni). Abbattista spiega le sue ragioni, scende da un «treno impantanato nel puzzo del pregiudizio» anche «e soprattutto per dolo e colpa di qualcuno di voi e non solo». E per «dolo e colpa, nomi e prove, ci saranno e ci sono già i legali». Parla di un'AIA «stuprata da mestieranti della poltrona e del voto», di non aver bisogno «di felpa e cappuccio e faccia annerita per parlare»".
di Napoli Magazine
03/03/2024 - 12:05
Eugenio Abbattista ha rassegnato le sue dimissioni dall'Aia. Il Corriere dello Sport ricorda che fu l'arbitro chiamato in causa dalla trasmissione Le Iene nel caso voti truccati dei direttori di gara. "Dopo le dismissioni, aveva trovato un ruolo come Var PRO, «mettendosi a disposizione dell'associazione e non di professionisti dei ricorsi» ha scritto in una lunga lettera, girata sulle chat arbitrali. Ha iniziato a togliersi qualche sassolino dalle scarpe, Abbattista, coinvolto in una vicenda che vide protagonisti anche Minelli e Baroni, dismessi alla fine di quella stagione e un anno dopo riammessi (nonostante avessero perso tutti i gradi di giudizio, compreso il Coni). Abbattista spiega le sue ragioni, scende da un «treno impantanato nel puzzo del pregiudizio» anche «e soprattutto per dolo e colpa di qualcuno di voi e non solo». E per «dolo e colpa, nomi e prove, ci saranno e ci sono già i legali». Parla di un'AIA «stuprata da mestieranti della poltrona e del voto», di non aver bisogno «di felpa e cappuccio e faccia annerita per parlare»".