Nicolas Viola, centrocampista del Cagliari, ha rilasciato un'intervista a PodCasteddu: " Io gioco a calcio da tantissimi anni e il mio obiettivo era soltanto uno: quello di giocare in Serie A. E quando ti trovi, soprattutto nell’età giovane, a vivere… a uscire da un paesino dove sei cresciuto, con tutto il massimo calore che mi ha dato — comunque in qualche aspetto è stato un po’ limitante, no? — uscire da lì e scoprire un mondo nuovo, un po’ mi ha, non ti dico spaventato, però mi ha fatto capire che dovevo fare qualcosa in più. Quel qualcosa in più l’ho ritrovato sempre attraverso, diciamo…mi viene da dire lo studio, ma non soltanto lo studio. La ricerca di sentirsi sempre all’altezza di qualcosa, quindi un arricchimento personale. Lo studio è stato per me fondamentale, anche se è arrivato non sempre da cose positive. Poi soprattutto, quando inizi, non sempre sei consigliato bene, consigliato nel migliore dei modi. Ho avuto sempre la necessità di scoprire me stesso attraverso l’errore. E a volte l’errore, per me, nella mia vita non era contemplato. Dovevo fare le cose perfette. Quindi, quando subentrava l’errore, nasceva una sorta di senso di colpa grandissimo, perché il mio obiettivo era quello di arrivare e non potevo sbagliare. "Devo dire che alla fine, no… penso… Tu poi esplodi quando la Reggina scende di nuovo in Serie B. Esplodi: presenze, gol, con Gianluca Atzori — tra l’altro, che seppur della provincia di Frosinone, comunque ha sangue sardo. Quindi c’è quell’aspetto carino che mi viene da ricordare. E poi suonano le sirene di nuovo della Serie A: arriva il Palermo. Una stagione un po’ più complessa invece, quella del Palermo. Cinque esoneri, tre allenatori: Gasperini, Malesani… adesso non mi ricordo. È successo di tutto. Io ero arrivato come, diciamo, una promessa. Tra l’altro, dovevo essere il sostituto di Liverani, che poi mi sono ritrovato come allenatore. Non è stato facile. Perché il Palermo è una piazza, una grande piazza, esigente. Dove la Serie A era ormai diventata una cosa normale. Si puntava a un livello molto più alto della salvezza. Quindi, quell’anno lì è stato un anno veramente fondamentale. Nonostante io avessi giocato non tantissimo, però mi sono confrontato con dei giocatori veramente forti. Quello è stato l’anno in cui ho capito che c’era da lavorare, perché io volevo arrivare a quel livello lì. Mi hanno arricchito tutti allo stesso modo. Anche come allenatori: ne ho avuti cinque in un anno, e tutti mi hanno lasciato qualcosa. Poi, ecco, lì, a quell’età, non ero in grado di capire cosa mi avessero lasciato. Poi, più grande, capendo dei meccanismi, sono riuscito a intravedere il mio percorso, come sono cresciuto negli anni. Mai avuto rammarico, Però quell’esperienza che ho vissuto mi ha permesso di fare luce su debolezze, su limiti, su sensi di colpa che mi portavo dietro. Benevento rappresenta qualcosa di speciale per me. Il Benevento mi ha dato tantissimo. Diciamo che lì ho conosciuto le persone che mi hanno cambiato. Ecco, quello che cercavo alla fine si è manifestato. Ero arrivato a un punto: avevo 27, 28 anni, adesso non ricordo. Ero in piena maturità. E devo dire che un aspetto fondamentale sono state le persone che ho trovato lì. Uno su tutti era Roberto De Zerbi, che era un allenatore che si affacciava alla Serie A. Veniva da tantissime cose belle fatte in passato, ma non era ancora un allenatore conosciutissimo. Ecco, lui ha proposto qualcosa di veramente differente. E due erano le cose: o mi mettevo in discussione, oppure lo rifiutavo. Nel senso che, sai, io a 28 anni, con un percorso calcistico, potevo benissimo andare per la mia strada. Avevo le competenze per fare un certo tipo di carriera. Oppure mettermi in discussione e capire dove avrebbe portato quel tipo di strada. Sono stati mesi difficilissimi. i viene da dire grazie a lui, perché è stata una persona che sicuramente mi ha dato tantissimo. Però grazie a questa apertura che io in quel momento sono riuscito ad avere, mi ha svoltato un po’ il tipo di carriera che volevo veramente. Ecco, da lì ho capito cosa volevo veramente. Gasperini mi ha allenato quasi otto mesi. Per me non è stato un anno felicissimo. Così a raccontartelo… è stato un anno… quasi… Se facciamo questa intervista tipo quattro anni fa, ti dicevo: 'Un anno disastroso', no? Che è una parola che nemmeno mi piace tantissimo. In realtà, tornando a quell’esperienza, è l’esperienza che mi ha fatto vivere, mi ha fatto crescere tantissimo. Io lì ho avuto Gasperini".
di Napoli Magazine
01/06/2025 - 09:30
Nicolas Viola, centrocampista del Cagliari, ha rilasciato un'intervista a PodCasteddu: " Io gioco a calcio da tantissimi anni e il mio obiettivo era soltanto uno: quello di giocare in Serie A. E quando ti trovi, soprattutto nell’età giovane, a vivere… a uscire da un paesino dove sei cresciuto, con tutto il massimo calore che mi ha dato — comunque in qualche aspetto è stato un po’ limitante, no? — uscire da lì e scoprire un mondo nuovo, un po’ mi ha, non ti dico spaventato, però mi ha fatto capire che dovevo fare qualcosa in più. Quel qualcosa in più l’ho ritrovato sempre attraverso, diciamo…mi viene da dire lo studio, ma non soltanto lo studio. La ricerca di sentirsi sempre all’altezza di qualcosa, quindi un arricchimento personale. Lo studio è stato per me fondamentale, anche se è arrivato non sempre da cose positive. Poi soprattutto, quando inizi, non sempre sei consigliato bene, consigliato nel migliore dei modi. Ho avuto sempre la necessità di scoprire me stesso attraverso l’errore. E a volte l’errore, per me, nella mia vita non era contemplato. Dovevo fare le cose perfette. Quindi, quando subentrava l’errore, nasceva una sorta di senso di colpa grandissimo, perché il mio obiettivo era quello di arrivare e non potevo sbagliare. "Devo dire che alla fine, no… penso… Tu poi esplodi quando la Reggina scende di nuovo in Serie B. Esplodi: presenze, gol, con Gianluca Atzori — tra l’altro, che seppur della provincia di Frosinone, comunque ha sangue sardo. Quindi c’è quell’aspetto carino che mi viene da ricordare. E poi suonano le sirene di nuovo della Serie A: arriva il Palermo. Una stagione un po’ più complessa invece, quella del Palermo. Cinque esoneri, tre allenatori: Gasperini, Malesani… adesso non mi ricordo. È successo di tutto. Io ero arrivato come, diciamo, una promessa. Tra l’altro, dovevo essere il sostituto di Liverani, che poi mi sono ritrovato come allenatore. Non è stato facile. Perché il Palermo è una piazza, una grande piazza, esigente. Dove la Serie A era ormai diventata una cosa normale. Si puntava a un livello molto più alto della salvezza. Quindi, quell’anno lì è stato un anno veramente fondamentale. Nonostante io avessi giocato non tantissimo, però mi sono confrontato con dei giocatori veramente forti. Quello è stato l’anno in cui ho capito che c’era da lavorare, perché io volevo arrivare a quel livello lì. Mi hanno arricchito tutti allo stesso modo. Anche come allenatori: ne ho avuti cinque in un anno, e tutti mi hanno lasciato qualcosa. Poi, ecco, lì, a quell’età, non ero in grado di capire cosa mi avessero lasciato. Poi, più grande, capendo dei meccanismi, sono riuscito a intravedere il mio percorso, come sono cresciuto negli anni. Mai avuto rammarico, Però quell’esperienza che ho vissuto mi ha permesso di fare luce su debolezze, su limiti, su sensi di colpa che mi portavo dietro. Benevento rappresenta qualcosa di speciale per me. Il Benevento mi ha dato tantissimo. Diciamo che lì ho conosciuto le persone che mi hanno cambiato. Ecco, quello che cercavo alla fine si è manifestato. Ero arrivato a un punto: avevo 27, 28 anni, adesso non ricordo. Ero in piena maturità. E devo dire che un aspetto fondamentale sono state le persone che ho trovato lì. Uno su tutti era Roberto De Zerbi, che era un allenatore che si affacciava alla Serie A. Veniva da tantissime cose belle fatte in passato, ma non era ancora un allenatore conosciutissimo. Ecco, lui ha proposto qualcosa di veramente differente. E due erano le cose: o mi mettevo in discussione, oppure lo rifiutavo. Nel senso che, sai, io a 28 anni, con un percorso calcistico, potevo benissimo andare per la mia strada. Avevo le competenze per fare un certo tipo di carriera. Oppure mettermi in discussione e capire dove avrebbe portato quel tipo di strada. Sono stati mesi difficilissimi. i viene da dire grazie a lui, perché è stata una persona che sicuramente mi ha dato tantissimo. Però grazie a questa apertura che io in quel momento sono riuscito ad avere, mi ha svoltato un po’ il tipo di carriera che volevo veramente. Ecco, da lì ho capito cosa volevo veramente. Gasperini mi ha allenato quasi otto mesi. Per me non è stato un anno felicissimo. Così a raccontartelo… è stato un anno… quasi… Se facciamo questa intervista tipo quattro anni fa, ti dicevo: 'Un anno disastroso', no? Che è una parola che nemmeno mi piace tantissimo. In realtà, tornando a quell’esperienza, è l’esperienza che mi ha fatto vivere, mi ha fatto crescere tantissimo. Io lì ho avuto Gasperini".