Calcio
IL COMMENTO - Schwoch: "Napoli? Da calciatore è stata l'esperienza più bella"
12.09.2024 14:23 di Napoli Magazine

Da lunedì 16 settembre alle 20:50 su Televomero (canale 11 dgt) torna il “Bello del Calcio”, e tra le new entry c’è Stefan Schwoch, storico attaccante del Napoli che conquistò la promozione in Serie A nel campionato 1999-2000. Schwoch si racconta a CalcioNapoli24 in una lunga intervista.

Intervista Schwoch CalcioNapoli24
“Sicuramente è sempre un piacere tornare qua, perché c'ho tantissimi ricordi fortunatamente tutti belli, e dopo tanti anni è bello tornare e vedere che la gente ha apprezzato alla fine quello che ho fatto qua: sicuramente è una città che mi ha dato molto di più di quello che gli ho dato io, e perciò quando c'è l'occasione di tornare qua è come stare a casa, ci divertiamo e poi parliamo della nostra squadra del cuore che, insomma, l'anno scorso ci ha fatto tribolare: quest'anno speriamo di gioire un po' di più”.

Cosa ti ha lasciato Napoli nella tua esperienza prima da calciatore poi avendola vissuta anche dopo.

“Sicuramente da calciatore l'esperienza più bella: vincere un campionato a Napoli, con una media di 55-60mila persone allo stadio non so dove la puoi trovare. Poi l'amore che questa gente ha per il calcio, ha per il Napoli, ha per i giocatori del Napoli: non la trovi da nessuna parte. E una città stupenda, molto più bella di quello che tanti pensano, dove si vive tranquillamente, dove puoi passeggiare tranquillamente e non come tante persone pensano: c'è il mare, le isole, è una città stupenda e poi mi ha lasciato tantissimi veramente tantissimi amici”.

Il tuo arrivo a Napoli da calciatore: cosa ti passò per la testa la prima volta in cui ti dissero di poter andare al Napoli, poi la prima all'allora San Paolo con la Lucchese.

“Quando mi prospettarono l’idea di andare a Napoli, io ero in Serie A a Venezia, subito dissi di sì: insomma, la voglia di poter giocare davanti a 50.000 spettatori in uno stadio importante, giocare con la maglia dell’all'epoca mio idolo, perché Careca era uno dei miei idoli insieme a Battistuta. Insomma c'erano tanti motivi per venire a Napoli e poi a Napoli non si può dire di no: in qualsiasi categoria ti chiama devi rispondere presente, e io sono stato contento di averlo fatto. È stata davvero l'esperienza più bella che ho avuto da calciatore, in una piazza importante, una metropoli che a differenza delle altre città ha una squadra sola, perciò tutto l'amore viene riversato su una squadra: è la soddisfazione. Poi arrivare qua, il Napoli non stava andando bene in quel momento: feci assist a Rossitto e gol, vincemmo la partita dopo tanto tempo. C’erano anche “Le Iene portano bene” quella partita là, perciò tutto per il verso giusto. Da lì capi subito di aver fatto la scelta giusta, anche se poi quell'anno non finì con la promozione: ci rifacemmo l’anno dopo con l'arrivo di Novellino, riuscimmo a raggiungere, come dico sempre io, la casa del Napoli, perché il Napoli può giocare solo in Serie A”.

Quel Pistoiese-Napoli: un’invasione di campo e tanti di voi rimasero con delle magliette azzurre che non erano nemmeno quelle del Napoli.

“Mi ricordo tanta tensione alla vigilia, perché sapevamo di avere due match ball a disposizione, perché se non avessimo pareggiato o vinto a Pistoia, avremmo avuto l'ultima in casa con il Genoa. Mi ricordo la tensione per andare allo stadio, tanti tantissimi napoletani nel tragitto, mi ricordo una curva piena di napoletani all'ingresso in campo. E mi ricordo, tra tutti questi bei ricordi, quello brutto dell'invasione di campo: io rimasi solo con le mutande e calze senza scarpe da calcio, senza maglia, senza pantaloncini”.

Come la finiste la partita?

“Sono dovuto andare sotto la curva e chiedergli di ridare le scarpe, i pantaloncini, la maglietta per giocare, anche perché l'arbitro aveva detto che avrebbe sospeso la gara: e la però tornò tutto, maglietta, pantaloncini e scarpe. Che poi ci tolsero alla fine della partita (ride, ndr). Però eravamo ben contenti di poterle dare. Poi ricordo un arrivo a Capodichino: non ho idea neanche quanta gente potesse esserci fuori dallo stadio, però fu una cosa bellissima”.

Giri ancora per Napoli e la gente ti ferma ancora: è questa forse l'eredità più bella per un calciatore professionista, quello di lasciare un segno tangibile.

“Penso che sia il sogno di tutti, il volere di tutti i giocatori: poter andare a giocare in una piazza e far sì che ti ricordino anche dopo 20 anni come se non fossi mai andato via. Io ho sempre detto e l'ho detto anche qua a te prima: ho ricevuto molto, ma molto molto di più di quello che che ho dato a Napoli, e ne vado fierissimo e per me sarà sempre una parentesi bella quella di Napoli. Sai, vuol dire che hai fatto bene il tuo dovere, questo penso che sia la la cosa più importante no? E poi tante volte sapere che ti hanno apprezzato, magari tanto come giocatore, ma tanto anche come persona che è la cosa più importante, perché il giocatore finisce. Napoli mi ha fatto, e mi fa sentire sempre ammirato”.

Passando al Napoli attuale: ti rivedi in qualche calciatore azzurro? C’è un parallelismo magari con Raspadori da un punto di vista fisico?

“Fisicamente forse sì, però di ruolo no: lui non ama far la prima punta, io amavo solo fare la prima punta, anche se magari fisicamente non avevo una struttura importante. Però se devo scegliere uno degli ultimi anni, sicuramente Mertens era quello che mi assomigliava di più, perché dopo lui si è adattato a fare la prima punta e l'ha fatta molto bene: quando Sarri l’aveva spostato c'erano tanti scettici, io per primo non pensavo potesse fare così bene, e invece lui ha dimostrato ancora una volta di essere bravissimo, e di fare molto bene quello che gli chiedevano di fare”.

In quale tridente ti saresti trovato meglio? Lavezzi-Hamsik, Insigne-Callejon, Politano-Kvaratskhelia, Neres-Kvaratskhelia.

“Con tutti, basta che facevo la punta centrale. poi sugli esterni era uguale. Tutti campioni che bastava muoversi e la palla arrivava, perciò sicuramente mi sarei trovato benissimo con tutti”.

Tra Cavani, Higuain, Osimhen e adesso Lukaku: come li metti in ordine.

“Higuain sicuramente il più forte, Cavani quello che mi piaceva di più a me, perché aveva modo di giocare che mi si avvicinava molto nel modo di interpretare la partita. Lukaku e Osimhen penso che sia la stessa cosa. Però quello più forte che ha avuto il Napoli, sicuramente Higuain”.

E come lo vede Stefan Schwoch questo Napoli nuovo con Antonio Conte, senza Europa, con tanti investimenti da parte di De Laurentiis.

“Innanzitutto lo vedo più leggero mentalmente, perché con tanti acquisti che ha fatto si tolgono un po' il peso dell'annata precedente. E poi lo trovo un Napoli in costruzione, con un muratore che è Conte che sa fare molto bene le case, sono molto fiducioso che possa stare tra le prime quattro, per me per lo scudetto è ancora presto”.

Ma questa casa di Antonio Conte quanti piani ha? Che tipologia di casa è?

“Adesso non ha piani, ha messo delle grandi fondamenta e quando tu costruisci una casa l’importante è avere delle buonissime fondamenta: il Napoli l'ha fatto, adesso Conte piano piano inserirà i piani, e penso che farà una bella casa”.

È piaciuto l’addio di Victor Osimhen? Per come è stato gestito.

“Non è stato gestito bene, però non mi va neanche di criticare perché ognuno fa le sue scelte: io giudico Osimhen per quando ha giocato per il Napoli: ha sempre fatto bene, e per me rimane un grande giocatore. Poi la scelta di non rimanere a Napoli non è stata solo sua, ma sappiamo benissimo che la società sapeva: però l'hanno gestita male nel post-decisione di Osimhen di andar via”.

La scommessa per questa stagione del Napoli Qual è?

“Poter di lottare fino alla fine per lo scudetto, poi non è detto che bisogna vincerlo, anche perché per me l'Inter ha qualcosa in più di tutte. Però di rimanere stabilmente, magari, nelle prime quattro posizioni. Quello sì”.

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IL COMMENTO - Schwoch: "Napoli? Da calciatore è stata l'esperienza più bella"

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12/09/2024 - 14:23

Da lunedì 16 settembre alle 20:50 su Televomero (canale 11 dgt) torna il “Bello del Calcio”, e tra le new entry c’è Stefan Schwoch, storico attaccante del Napoli che conquistò la promozione in Serie A nel campionato 1999-2000. Schwoch si racconta a CalcioNapoli24 in una lunga intervista.

Intervista Schwoch CalcioNapoli24
“Sicuramente è sempre un piacere tornare qua, perché c'ho tantissimi ricordi fortunatamente tutti belli, e dopo tanti anni è bello tornare e vedere che la gente ha apprezzato alla fine quello che ho fatto qua: sicuramente è una città che mi ha dato molto di più di quello che gli ho dato io, e perciò quando c'è l'occasione di tornare qua è come stare a casa, ci divertiamo e poi parliamo della nostra squadra del cuore che, insomma, l'anno scorso ci ha fatto tribolare: quest'anno speriamo di gioire un po' di più”.

Cosa ti ha lasciato Napoli nella tua esperienza prima da calciatore poi avendola vissuta anche dopo.

“Sicuramente da calciatore l'esperienza più bella: vincere un campionato a Napoli, con una media di 55-60mila persone allo stadio non so dove la puoi trovare. Poi l'amore che questa gente ha per il calcio, ha per il Napoli, ha per i giocatori del Napoli: non la trovi da nessuna parte. E una città stupenda, molto più bella di quello che tanti pensano, dove si vive tranquillamente, dove puoi passeggiare tranquillamente e non come tante persone pensano: c'è il mare, le isole, è una città stupenda e poi mi ha lasciato tantissimi veramente tantissimi amici”.

Il tuo arrivo a Napoli da calciatore: cosa ti passò per la testa la prima volta in cui ti dissero di poter andare al Napoli, poi la prima all'allora San Paolo con la Lucchese.

“Quando mi prospettarono l’idea di andare a Napoli, io ero in Serie A a Venezia, subito dissi di sì: insomma, la voglia di poter giocare davanti a 50.000 spettatori in uno stadio importante, giocare con la maglia dell’all'epoca mio idolo, perché Careca era uno dei miei idoli insieme a Battistuta. Insomma c'erano tanti motivi per venire a Napoli e poi a Napoli non si può dire di no: in qualsiasi categoria ti chiama devi rispondere presente, e io sono stato contento di averlo fatto. È stata davvero l'esperienza più bella che ho avuto da calciatore, in una piazza importante, una metropoli che a differenza delle altre città ha una squadra sola, perciò tutto l'amore viene riversato su una squadra: è la soddisfazione. Poi arrivare qua, il Napoli non stava andando bene in quel momento: feci assist a Rossitto e gol, vincemmo la partita dopo tanto tempo. C’erano anche “Le Iene portano bene” quella partita là, perciò tutto per il verso giusto. Da lì capi subito di aver fatto la scelta giusta, anche se poi quell'anno non finì con la promozione: ci rifacemmo l’anno dopo con l'arrivo di Novellino, riuscimmo a raggiungere, come dico sempre io, la casa del Napoli, perché il Napoli può giocare solo in Serie A”.

Quel Pistoiese-Napoli: un’invasione di campo e tanti di voi rimasero con delle magliette azzurre che non erano nemmeno quelle del Napoli.

“Mi ricordo tanta tensione alla vigilia, perché sapevamo di avere due match ball a disposizione, perché se non avessimo pareggiato o vinto a Pistoia, avremmo avuto l'ultima in casa con il Genoa. Mi ricordo la tensione per andare allo stadio, tanti tantissimi napoletani nel tragitto, mi ricordo una curva piena di napoletani all'ingresso in campo. E mi ricordo, tra tutti questi bei ricordi, quello brutto dell'invasione di campo: io rimasi solo con le mutande e calze senza scarpe da calcio, senza maglia, senza pantaloncini”.

Come la finiste la partita?

“Sono dovuto andare sotto la curva e chiedergli di ridare le scarpe, i pantaloncini, la maglietta per giocare, anche perché l'arbitro aveva detto che avrebbe sospeso la gara: e la però tornò tutto, maglietta, pantaloncini e scarpe. Che poi ci tolsero alla fine della partita (ride, ndr). Però eravamo ben contenti di poterle dare. Poi ricordo un arrivo a Capodichino: non ho idea neanche quanta gente potesse esserci fuori dallo stadio, però fu una cosa bellissima”.

Giri ancora per Napoli e la gente ti ferma ancora: è questa forse l'eredità più bella per un calciatore professionista, quello di lasciare un segno tangibile.

“Penso che sia il sogno di tutti, il volere di tutti i giocatori: poter andare a giocare in una piazza e far sì che ti ricordino anche dopo 20 anni come se non fossi mai andato via. Io ho sempre detto e l'ho detto anche qua a te prima: ho ricevuto molto, ma molto molto di più di quello che che ho dato a Napoli, e ne vado fierissimo e per me sarà sempre una parentesi bella quella di Napoli. Sai, vuol dire che hai fatto bene il tuo dovere, questo penso che sia la la cosa più importante no? E poi tante volte sapere che ti hanno apprezzato, magari tanto come giocatore, ma tanto anche come persona che è la cosa più importante, perché il giocatore finisce. Napoli mi ha fatto, e mi fa sentire sempre ammirato”.

Passando al Napoli attuale: ti rivedi in qualche calciatore azzurro? C’è un parallelismo magari con Raspadori da un punto di vista fisico?

“Fisicamente forse sì, però di ruolo no: lui non ama far la prima punta, io amavo solo fare la prima punta, anche se magari fisicamente non avevo una struttura importante. Però se devo scegliere uno degli ultimi anni, sicuramente Mertens era quello che mi assomigliava di più, perché dopo lui si è adattato a fare la prima punta e l'ha fatta molto bene: quando Sarri l’aveva spostato c'erano tanti scettici, io per primo non pensavo potesse fare così bene, e invece lui ha dimostrato ancora una volta di essere bravissimo, e di fare molto bene quello che gli chiedevano di fare”.

In quale tridente ti saresti trovato meglio? Lavezzi-Hamsik, Insigne-Callejon, Politano-Kvaratskhelia, Neres-Kvaratskhelia.

“Con tutti, basta che facevo la punta centrale. poi sugli esterni era uguale. Tutti campioni che bastava muoversi e la palla arrivava, perciò sicuramente mi sarei trovato benissimo con tutti”.

Tra Cavani, Higuain, Osimhen e adesso Lukaku: come li metti in ordine.

“Higuain sicuramente il più forte, Cavani quello che mi piaceva di più a me, perché aveva modo di giocare che mi si avvicinava molto nel modo di interpretare la partita. Lukaku e Osimhen penso che sia la stessa cosa. Però quello più forte che ha avuto il Napoli, sicuramente Higuain”.

E come lo vede Stefan Schwoch questo Napoli nuovo con Antonio Conte, senza Europa, con tanti investimenti da parte di De Laurentiis.

“Innanzitutto lo vedo più leggero mentalmente, perché con tanti acquisti che ha fatto si tolgono un po' il peso dell'annata precedente. E poi lo trovo un Napoli in costruzione, con un muratore che è Conte che sa fare molto bene le case, sono molto fiducioso che possa stare tra le prime quattro, per me per lo scudetto è ancora presto”.

Ma questa casa di Antonio Conte quanti piani ha? Che tipologia di casa è?

“Adesso non ha piani, ha messo delle grandi fondamenta e quando tu costruisci una casa l’importante è avere delle buonissime fondamenta: il Napoli l'ha fatto, adesso Conte piano piano inserirà i piani, e penso che farà una bella casa”.

È piaciuto l’addio di Victor Osimhen? Per come è stato gestito.

“Non è stato gestito bene, però non mi va neanche di criticare perché ognuno fa le sue scelte: io giudico Osimhen per quando ha giocato per il Napoli: ha sempre fatto bene, e per me rimane un grande giocatore. Poi la scelta di non rimanere a Napoli non è stata solo sua, ma sappiamo benissimo che la società sapeva: però l'hanno gestita male nel post-decisione di Osimhen di andar via”.

La scommessa per questa stagione del Napoli Qual è?

“Poter di lottare fino alla fine per lo scudetto, poi non è detto che bisogna vincerlo, anche perché per me l'Inter ha qualcosa in più di tutte. Però di rimanere stabilmente, magari, nelle prime quattro posizioni. Quello sì”.