A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto l’avvocato Domenico La Marca. Di seguito, un estratto dell’intervista.
Questa vittoria segna la svolta della stagione del Napoli?
“Il Napoli ha dato una risposta importante, una di quelle che fanno capire che la squadra c’è, eccome. Battere l’Inter non era impresa semplice: i nerazzurri arrivavano al Maradona forti di sette vittorie consecutive e nel primo tempo hanno confermato di essere una squadra solida e organizzata. Ma il Napoli ha mostrato carattere, concretezza e lucidità nei momenti chiave. Ha saputo capitalizzare gli episodi e, soprattutto, ha retto l’urto nel finale di primo tempo, quando l’Inter ha alzato i ritmi e ha creato più di un pericolo. La svolta è arrivata nella ripresa: lì si è visto solo il Napoli — compatto, intenso, padrone del campo e delle seconde palle. I centrocampisti hanno fatto la differenza, dominando la zona nevralgica del gioco. McTominay e Anguissa, con i loro inserimenti e la loro fisicità, hanno spaccato la partita, portando equilibrio ma anche profondità. L’Inter, al di là del rigore di Çalhanoglu, non è quasi mai riuscita a rendersi pericolosa: segno che il Napoli ha saputo non solo reagire, ma anche imporre il proprio ritmo e la propria personalità”.
Di chi sono davvero i meriti di questa vittoria?
“È la vittoria di Antonio Conte per tanti motivi. Prima di tutto perché arrivava in un momento delicatissimo della stagione, dopo due sconfitte consecutive — in particolare il pesante 6-2 con il PSV — che avevano messo in discussione la solidità mentale del gruppo. Il Napoli aveva bisogno di una reazione di carattere, e l’ha trovata nella sfida più complicata, contro l’avversario più in forma del momento in Italia: l’Inter. In più, Conte doveva fare a meno di gran parte dell’ossatura della squadra: Rrahmani, Lobotka e Højlund, tre giocatori fondamentali per equilibrio, costruzione e peso offensivo. Nonostante ciò, il tecnico ha saputo reinventare la squadra, sorprendendo tutti con la scelta di Neres falso nove. Una mossa tanto coraggiosa quanto vincente: i difensori nerazzurri, abituati a confrontarsi con attaccanti più strutturati fisicamente, sono andati in difficoltà nel marcare un giocatore rapido e imprevedibile come il brasiliano. Neres, muovendosi spesso verso l’esterno, ha allargato la difesa avversaria e creato spazi centrali che McTominay e Anguissa hanno saputo sfruttare con tempismo perfetto, firmando i gol decisivi. In una partita ad alto impatto emotivo e dal peso specifico importante anche per la classifica, il vero top player del Napoli si è confermato Antonio Conte: la sua mentalità, le sue scelte e la capacità di trasmettere convinzione al gruppo hanno fatto la differenza”.
Secondo lei, il rigore assegnato al Napoli è stata una decisione giusta?
“Il contatto tra Mkhitaryan e Di Lorenzo c’è: il capitano del Napoli era nettamente davanti, in posizione favorevole, mentre il giocatore dell’Inter, nel tentativo di recuperare la posizione, non riesce a evitare l’impatto. È una situazione al limite, ma il contatto appare tale da poter giustificare l’intervento arbitrale”.
Riuscirà il Napoli a dare continuità al successo sull’Inter con il Lecce?
“Sarà una partita insidiosa. Il Lecce, nonostante la sconfitta di Udine, arrivava da tre risultati utili consecutivi e sta portando avanti con determinazione il proprio percorso verso la salvezza. Nella ripresa contro l’Udinese, la squadra di Eusebio Di Francesco ha comunque dimostrato di essere viva, mettendo in difficoltà i friulani e confermando di avere idee di gioco. Per questo, non sarà un match semplice per il Napoli, che però ha l’obbligo di dare continuità alla vittoria del Maradona contro l’Inter”.
Come giudica l’esonero di Tudor?
“È una scelta importante, soprattutto per il momento in cui arriva. Con il turno infrasettimanale alle porte e tante partite ravvicinate da affrontare, ogni decisione pesa il doppio. Contro il Real Madrid si erano intravisti segnali incoraggianti, ma con la Lazio è riemersa quella versione della squadra che fatica a produrre gioco in maniera continua. A centrocampo manca qualcuno capace di cambiare ritmo e, soprattutto nelle difficoltà, non emerge quella capacità di leadership che ha sempre caratterizzato la Juventus. In generale, parliamo di una squadra che vive molto sulle accelerazioni e sulle giocate individuali dei soliti Yildiz, Conceição e Thuram, mentre dal mercato estivo — almeno finora — non sono arrivate le risposte attese. Va però riconosciuto che acquistare giocatori negli ultimi istanti della finestra di mercato, se da un lato consente condizioni economiche più favorevoli, dall’altro rallenta l’inserimento tattico, soprattutto quando si tratta di elementi provenienti da contesti molto diversi. In questo senso, avrebbe avuto senso puntare su un profilo già conosciuto e integrato nel sistema di gioco, come Kolo Muani, riducendo così i tempi di adattamento e garantendo un impatto più immediato”.
Quale sarà il futuro allenatore della Juventus?
“Diventa una scelta fondamentale, non solo per il proseguimento della stagione, ma anche per il futuro a medio-lungo termine della Juventus. In questo momento, la società può seguire due strade: scegliere una guida tecnica capace di gestire la squadra per raggiungere gli obiettivi stagionali, senza precludersi la possibilità di valutare un nuovo allenatore per la prossima stagione; oppure puntare su un tecnico che diventi il centro del progetto della nuova Juventus per gli anni a venire, ma che debba partire subito senza poter incidere sul mercato e lavorando esclusivamente con la rosa attuale. La prima opzione garantirebbe maggiore flessibilità e permetterebbe di adattare il progetto alla realtà del campionato in corso, minimizzando i rischi immediati. Tuttavia, potrebbe comportare una gestione “provvisoria”, con il rischio di instabilità tattica e difficoltà nel motivare la squadra sul lungo periodo. La seconda scelta, invece, richiederebbe una visione più ambiziosa e a lungo termine: il nuovo allenatore potrebbe impostare subito la filosofia di gioco e costruire un’identità chiara per il futuro, ma dovrebbe farlo senza poter intervenire sul mercato, cercando di ottimizzare una rosa costruita da altri e accettando i vincoli di una stagione in corso. In entrambi i casi, la decisione avrà un impatto strategico non solo sul rendimento immediato, ma anche sulla capacità della Juventus di pianificare efficacemente le stagioni successive”.
di Napoli Magazine
28/10/2025 - 12:48
A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto l’avvocato Domenico La Marca. Di seguito, un estratto dell’intervista.
Questa vittoria segna la svolta della stagione del Napoli?
“Il Napoli ha dato una risposta importante, una di quelle che fanno capire che la squadra c’è, eccome. Battere l’Inter non era impresa semplice: i nerazzurri arrivavano al Maradona forti di sette vittorie consecutive e nel primo tempo hanno confermato di essere una squadra solida e organizzata. Ma il Napoli ha mostrato carattere, concretezza e lucidità nei momenti chiave. Ha saputo capitalizzare gli episodi e, soprattutto, ha retto l’urto nel finale di primo tempo, quando l’Inter ha alzato i ritmi e ha creato più di un pericolo. La svolta è arrivata nella ripresa: lì si è visto solo il Napoli — compatto, intenso, padrone del campo e delle seconde palle. I centrocampisti hanno fatto la differenza, dominando la zona nevralgica del gioco. McTominay e Anguissa, con i loro inserimenti e la loro fisicità, hanno spaccato la partita, portando equilibrio ma anche profondità. L’Inter, al di là del rigore di Çalhanoglu, non è quasi mai riuscita a rendersi pericolosa: segno che il Napoli ha saputo non solo reagire, ma anche imporre il proprio ritmo e la propria personalità”.
Di chi sono davvero i meriti di questa vittoria?
“È la vittoria di Antonio Conte per tanti motivi. Prima di tutto perché arrivava in un momento delicatissimo della stagione, dopo due sconfitte consecutive — in particolare il pesante 6-2 con il PSV — che avevano messo in discussione la solidità mentale del gruppo. Il Napoli aveva bisogno di una reazione di carattere, e l’ha trovata nella sfida più complicata, contro l’avversario più in forma del momento in Italia: l’Inter. In più, Conte doveva fare a meno di gran parte dell’ossatura della squadra: Rrahmani, Lobotka e Højlund, tre giocatori fondamentali per equilibrio, costruzione e peso offensivo. Nonostante ciò, il tecnico ha saputo reinventare la squadra, sorprendendo tutti con la scelta di Neres falso nove. Una mossa tanto coraggiosa quanto vincente: i difensori nerazzurri, abituati a confrontarsi con attaccanti più strutturati fisicamente, sono andati in difficoltà nel marcare un giocatore rapido e imprevedibile come il brasiliano. Neres, muovendosi spesso verso l’esterno, ha allargato la difesa avversaria e creato spazi centrali che McTominay e Anguissa hanno saputo sfruttare con tempismo perfetto, firmando i gol decisivi. In una partita ad alto impatto emotivo e dal peso specifico importante anche per la classifica, il vero top player del Napoli si è confermato Antonio Conte: la sua mentalità, le sue scelte e la capacità di trasmettere convinzione al gruppo hanno fatto la differenza”.
Secondo lei, il rigore assegnato al Napoli è stata una decisione giusta?
“Il contatto tra Mkhitaryan e Di Lorenzo c’è: il capitano del Napoli era nettamente davanti, in posizione favorevole, mentre il giocatore dell’Inter, nel tentativo di recuperare la posizione, non riesce a evitare l’impatto. È una situazione al limite, ma il contatto appare tale da poter giustificare l’intervento arbitrale”.
Riuscirà il Napoli a dare continuità al successo sull’Inter con il Lecce?
“Sarà una partita insidiosa. Il Lecce, nonostante la sconfitta di Udine, arrivava da tre risultati utili consecutivi e sta portando avanti con determinazione il proprio percorso verso la salvezza. Nella ripresa contro l’Udinese, la squadra di Eusebio Di Francesco ha comunque dimostrato di essere viva, mettendo in difficoltà i friulani e confermando di avere idee di gioco. Per questo, non sarà un match semplice per il Napoli, che però ha l’obbligo di dare continuità alla vittoria del Maradona contro l’Inter”.
Come giudica l’esonero di Tudor?
“È una scelta importante, soprattutto per il momento in cui arriva. Con il turno infrasettimanale alle porte e tante partite ravvicinate da affrontare, ogni decisione pesa il doppio. Contro il Real Madrid si erano intravisti segnali incoraggianti, ma con la Lazio è riemersa quella versione della squadra che fatica a produrre gioco in maniera continua. A centrocampo manca qualcuno capace di cambiare ritmo e, soprattutto nelle difficoltà, non emerge quella capacità di leadership che ha sempre caratterizzato la Juventus. In generale, parliamo di una squadra che vive molto sulle accelerazioni e sulle giocate individuali dei soliti Yildiz, Conceição e Thuram, mentre dal mercato estivo — almeno finora — non sono arrivate le risposte attese. Va però riconosciuto che acquistare giocatori negli ultimi istanti della finestra di mercato, se da un lato consente condizioni economiche più favorevoli, dall’altro rallenta l’inserimento tattico, soprattutto quando si tratta di elementi provenienti da contesti molto diversi. In questo senso, avrebbe avuto senso puntare su un profilo già conosciuto e integrato nel sistema di gioco, come Kolo Muani, riducendo così i tempi di adattamento e garantendo un impatto più immediato”.
Quale sarà il futuro allenatore della Juventus?
“Diventa una scelta fondamentale, non solo per il proseguimento della stagione, ma anche per il futuro a medio-lungo termine della Juventus. In questo momento, la società può seguire due strade: scegliere una guida tecnica capace di gestire la squadra per raggiungere gli obiettivi stagionali, senza precludersi la possibilità di valutare un nuovo allenatore per la prossima stagione; oppure puntare su un tecnico che diventi il centro del progetto della nuova Juventus per gli anni a venire, ma che debba partire subito senza poter incidere sul mercato e lavorando esclusivamente con la rosa attuale. La prima opzione garantirebbe maggiore flessibilità e permetterebbe di adattare il progetto alla realtà del campionato in corso, minimizzando i rischi immediati. Tuttavia, potrebbe comportare una gestione “provvisoria”, con il rischio di instabilità tattica e difficoltà nel motivare la squadra sul lungo periodo. La seconda scelta, invece, richiederebbe una visione più ambiziosa e a lungo termine: il nuovo allenatore potrebbe impostare subito la filosofia di gioco e costruire un’identità chiara per il futuro, ma dovrebbe farlo senza poter intervenire sul mercato, cercando di ottimizzare una rosa costruita da altri e accettando i vincoli di una stagione in corso. In entrambi i casi, la decisione avrà un impatto strategico non solo sul rendimento immediato, ma anche sulla capacità della Juventus di pianificare efficacemente le stagioni successive”.