“La ludopatia colpisce i calciatori perché si tratta di giovani maschi. Già questo è un fattore di rischio strutturale di attività rischiose. Sono ragazzi che hanno un sacco di tempo libero, hanno molti soldi e hanno poche passioni e interessi per un qualcosa che non sia il calcio. Tutte quelle che sono le esperienze dei giovani acculturati a loro mancano. In genere sono chiusi in casa e in albergo, perché altrimenti verrebbero assaliti dai tifosi. Tutto questo messo insieme fa sì che hanno un fattore di rischio aggiuntivo”. Lo ha affermato il medico Paolo Jarre, già direttore del Dipartimento di patologia delle dipendenze dell'Asl Torino3 e terapeuta del calciatore Niccolò Fagioli, nel corso della trasmissione radiofonica “Giù la maschera” (Radio 1 Rai), condotta da Marcello Foa e dedicata al tema “Ludopatia ci risiamo: nel calcio ma non solo”.
“Questi ragazzi non scommettono per fare soldi, ma per passare il tempo all’inizio. Poi piano piano diventa un comportamento problematico e patologico. L’immediatezza del responso rispetto alla scommessa, fa sì che sia immediata la scarica di dopamina, che ha lo stesso effetto di una droga. Poi c’è la facilità di accesso, con una disponibilità 24 ore su 24. Tutto questo messo insieme determina un meccanismo simile a quello dell’assunzione di una sostanza stupefacente. Ci sono persone che sono più vulnerabili, che facilmente incrementano progressivamente l’interesse che va a incrementare molte ore la giornata. E quindi anche persone come i calciatori finiscono per investire nel gioco d’azzardo più di quello che hanno”.
Paolo Jarre ha ricordato che l’uso dei social e del cellulare crea dipendenza. “Quando ero ragazzo giocare denaro era considerata una delle cose peggiori che potesse fare un ragazzo”, ha detto il medico, “La responsabilità dello Stato è importante. C’è poi un dato biologico. Il maschio è deputato a compiere le attività più rischiose. L’evoluzione ha fatto si che i maschi fanno le cose più pericolose e più stupide proprio perché hanno un’inclinazione biologica a questo. Poi c’è la necessità di farsi vedere. Anche l’eccessiva sottolineatura dell’illegalità di questi fenomeni riduce la responsabilità dell’offerta di gioco fatta sul fronte legale. Ci sono i calciatori problematici e patologici, e ci sono quelli che non lo sono”.
Quanto alla pubblicità Jarre ha spiegato che “sicuramente sappiamo che in Italia in teoria dall’estate 2018 la pubblicità del gioco d’azzardo è proibita. Ma se andiamo allo stadio vediamo banner a bordo campo, giocatori che ci dicono di informarci su questo sito, senza pubblicizzare la scommessa. Per cui è pubblicità occulta. L’altro aspetto sicuramente è che l’espansione del gioco d’azzardo se non si pongono dei limiti quantitativi all’offerta rischia di diventare illimitata. Lo scorso anno il fatturato è stato di 160 miliardi di euro solo sul gioco legale. Il costo del servizio sanitario nazionale è di 140 miliardi di euro”.
di Napoli Magazine
30/04/2025 - 12:53
“La ludopatia colpisce i calciatori perché si tratta di giovani maschi. Già questo è un fattore di rischio strutturale di attività rischiose. Sono ragazzi che hanno un sacco di tempo libero, hanno molti soldi e hanno poche passioni e interessi per un qualcosa che non sia il calcio. Tutte quelle che sono le esperienze dei giovani acculturati a loro mancano. In genere sono chiusi in casa e in albergo, perché altrimenti verrebbero assaliti dai tifosi. Tutto questo messo insieme fa sì che hanno un fattore di rischio aggiuntivo”. Lo ha affermato il medico Paolo Jarre, già direttore del Dipartimento di patologia delle dipendenze dell'Asl Torino3 e terapeuta del calciatore Niccolò Fagioli, nel corso della trasmissione radiofonica “Giù la maschera” (Radio 1 Rai), condotta da Marcello Foa e dedicata al tema “Ludopatia ci risiamo: nel calcio ma non solo”.
“Questi ragazzi non scommettono per fare soldi, ma per passare il tempo all’inizio. Poi piano piano diventa un comportamento problematico e patologico. L’immediatezza del responso rispetto alla scommessa, fa sì che sia immediata la scarica di dopamina, che ha lo stesso effetto di una droga. Poi c’è la facilità di accesso, con una disponibilità 24 ore su 24. Tutto questo messo insieme determina un meccanismo simile a quello dell’assunzione di una sostanza stupefacente. Ci sono persone che sono più vulnerabili, che facilmente incrementano progressivamente l’interesse che va a incrementare molte ore la giornata. E quindi anche persone come i calciatori finiscono per investire nel gioco d’azzardo più di quello che hanno”.
Paolo Jarre ha ricordato che l’uso dei social e del cellulare crea dipendenza. “Quando ero ragazzo giocare denaro era considerata una delle cose peggiori che potesse fare un ragazzo”, ha detto il medico, “La responsabilità dello Stato è importante. C’è poi un dato biologico. Il maschio è deputato a compiere le attività più rischiose. L’evoluzione ha fatto si che i maschi fanno le cose più pericolose e più stupide proprio perché hanno un’inclinazione biologica a questo. Poi c’è la necessità di farsi vedere. Anche l’eccessiva sottolineatura dell’illegalità di questi fenomeni riduce la responsabilità dell’offerta di gioco fatta sul fronte legale. Ci sono i calciatori problematici e patologici, e ci sono quelli che non lo sono”.
Quanto alla pubblicità Jarre ha spiegato che “sicuramente sappiamo che in Italia in teoria dall’estate 2018 la pubblicità del gioco d’azzardo è proibita. Ma se andiamo allo stadio vediamo banner a bordo campo, giocatori che ci dicono di informarci su questo sito, senza pubblicizzare la scommessa. Per cui è pubblicità occulta. L’altro aspetto sicuramente è che l’espansione del gioco d’azzardo se non si pongono dei limiti quantitativi all’offerta rischia di diventare illimitata. Lo scorso anno il fatturato è stato di 160 miliardi di euro solo sul gioco legale. Il costo del servizio sanitario nazionale è di 140 miliardi di euro”.