Calcio
ON AIR - Pistocchi: "Vorrei Baggio in Nazionale, fascia ad Immobile e non a Di Lorenzo? Scelta gerarchica di Spalletti"
12.09.2023 16:15 di Napoli Magazine

Maurizio Pistocchi, giornalista, ha rilasciato alcune dichiarazioni a "Fuori Gioco", trasmissione in onda su Radio Fuori Campo: "La situazione del calcio italiano è "disperata". La Nazionale di Spalletti ha steccato la prima? Innanzitutto - ha esordito Pistocchi - bisogna fare un punto preciso su quella che è la situazione del calcio italiano emersa negli ultimi quindici anni. Ebbene, la situazione è quella di un campionato nel quale le squadre più importanti, nel ruolo di centravanti, hanno quasi tutte dei giocatori stranieri e nella quale c'è solamente Ciro Immobile, nei top club di Serie A, ad essere presentabile per la Nazionale. Stiamo assistendo ad una carenza di attaccanti incredibile, considerando che, in passato, abbiamo avuto i vari Gigi Riva e Boninsegna, ma anche i Totti, i Del Piero, gli Inzaghi, i Vieri: tutti attaccanti eccezionali. Siamo in un periodo di recessione, determinato soprattutto da quelle che sono le scelte delle società, che preferiscono investire all'estero piuttosto che valorizzare i nostri talenti, e questo si riverbera anche sulle prestazioni della Nazionale. E' inutile, quasi assurdo, pretendere da Luciano Spalletti che desse alla sua Italia un'idea chiara dopo soli due giorni di allenamento. Ci vuole tempo e lavoro, ma il problema è che non c'è né tempo né modo di lavorare: la Nazionale si ritrova per pochi giorni all'anno e non ha le tempistiche per poter realizzare quanto fatto, ad esempio, da Spalletti con il Napoli. I successi passati dell'Italia arrivavano sempre quando c'era una squadra leader del campionato che portava molti giocatori in Nazionale: il famoso 'blocco Juve', quello del Milan, dell'Inter... E' sempre stato così. Il C.T. è costretto a lavorare con giocatori assemblati all'ultimo momento e con una serie di problematiche che determinano anche i risultati. La prima prestazione dell'Italia, giocoforza, non poteva che essere ondivaga: primo tempo discreto, secondo peggio. Bisogna anche considerare il fatto che siamo a settembre ed il campionato è appena iniziato. In questo periodo, abbiamo sempre fatto difficoltà contro tutti, perché abbiamo meno gamba e meno velocità. Ricordo, per esempio, l'Italia Campione del 1982 che andò a Cipro e fece una fatica terribile a pareggiare". 

 

Sbagliato voler cercare un "colpevole" e puntare il dito contro Donnarumma.


"Non mi stupisco del risultato con la Macedonia, mentre mi stupisco di come sia stato commentato da gran parte della stampa italiana, che ha crocifisso Gianluigi Donnarumma per un errore in compartecipazione con un compagno: il portiere aveva messo la barriera in modo tale da vedere il pallone che arrivava, ma un altro giocatore dell'Italia che non era in barriera si è spostato verso il pallone e gli ha nascosto parzialmente la posizione della sfera. Dato per assodato che l'errore c'è stato, i portieri sbagliano: ha sbagliato Zoff come Buffon, per intenderci. Tutti i grandi portieri fanno degli errori, quindi non può essere colpa di un solo calciatore, se non batti con la Macedonia; la stessa Macedonia che non avevi battuto neanche durante le qualificazioni al Mondiale... Se non batti la Macedonia del Nord, vuol dire che hai un prodotto interno scadente".

 

Tutte le big di Serie A, ad eccezione di Napoli e Lazio, usano la difesa a tre: può essere un problema in più per Spalletti?


"L'anno scorso, il suo Napoli ha vinto il campionato giocando con la difesa a quattro e dando sedici punti alla Lazio, seconda, diciotto ad Inter e Juventus, e venti al Milan, il che la dice lunga. Fossi in lui, non cambierei. Sì, molte squadre giocano con la difesa a tre, ma molto raramente, a ben vedere, chi gioca con la difesa a tre vince in campo europeo. Ricordo la Germania che vinse l'Europeo del 1996, o anche il Liverpool che, nel 2005, nel secondo tempo rimontò contro il Milan... Si tratta, però, di situazioni abbastanza sporadiche, perchè quasi tutte le grandi manifestazioni sono state vinte da squadre che usano la linea a quattro. La Serie A, come sempre, è un torneo diverso dagli altri: facciamo un calcio tattico e nel quale si preferisce giocare per non perdere anziché per vincere. Per farlo, si inserisce spesso un difensore in più e non in meno. Si parla di difesa a tre, ma in realtà è a cinque, perché la difesa a tre sarebbe tale se una squadra giocasse con il sistema puro, facendo uscire uno dei due centrali quando un avversario attacca con la fascia; insomma, si dovrebbe giocare con il cosiddetto 'braccetto', invece non esce lui, interviene il 'quinto'. Facciamo un calcio diverso dagli altri e che ci ha dato risultati in passato, ma ormai, tranne sporadiche occasioni come lo scorso Europeo, vinto ai rigori grazie alle super parate di Donnarumma, non vinciamo niente".

 

Si dice che Spalletti abbia contattato Bonucci per un ritorno in Nazionale: è davvero necessario?


"Questo è un paese vecchio e che tutela gli anziani, senza però tutelare i giovani. Uno dei grandi problemi dell'Italia è il lavoro giovanile e questo modo di pensare lo si vede anche nel calcio. Non so se sia reale questa idea di Bonucci di cui scrivono... Luciano è un personaggio particolare, gli piace anche stupire e fare delle cose in controtendenza per dimostrare di essere bravo, cosa che indubbiamente è, ma penso che il vero problema l'abbiamo negli attaccanti, non nei difensori. A me la coppia Mancini-Bastoni non dispiace, nel complesso. Lo ripeto: penso che il grosso problema sia avanti. Non c'è una punta italiana, oggi, in grado di assicurare 20-25 gol a campionato, se non Immobile, un ottimo giocatore ma che ha i suoi limiti: per esempio, non sa dialogare con i compagni, venire incontro o far salire la squadra. E' bravissimo nell'attacco della profondità e nella finalizzazione, però c'è solo lui".

 

Perché dare la fascia dell'Italia ad Immobile e non a Di Lorenzo, capitano del Napoli dello Scudetto?


"Credo che Spalletti abbia fatto una scelta gerarchica, in base alle presenze, e che non abbia voluto dare l'impressione di nepotismo, nominando capitano un suo ex giocatore, con il quale ha peraltro un rapporto molto solido sul piano professionale ed umano. Stiamo parlando di una scelta abbastanza logica, sebbene, a mio modo di vedere, il capitano dovrebbe essere sistematicamente un centrocampista, perché quasi sempre è l'uomo più vicino all'arbitro e che potrebbe discutere e chiedere spiegazioni. Anche se in questo calcio, un calcio che ha perso le distanze, vediamo sempre più cinque o sei giocatori che circondano il direttore di gara quando c'è una rimostranza da fare.. A tal proposito, mi meraviglio che il nostro designatore, Gianluca Rocchi, il quale fa tanta filosofia su questioni che di filosofia non avrebbero bisogno, perché basta applicare il regolamento, in questo caso non dica mai niente... Forse perché anche lui, in passato, in queste situazioni ci si è trovato più volte".

 

Barella unico italiano tra i 30 finalisti al Pallone d'Oro: cosa ci racconta sul nostro calcio?


"Abbiamo sempre avuto pochi giocatori in queste liste, ad eccezione degli anni '90, con i vari Baresi, Maldini... Abbiamo avuto Vieri, Del Piero ed altri, che sono sempre entrati in nomination. Di solito, noi mandiamo in lista dei difensori, perché il nostro calcio viene sempre ritenuto prevalentemente difensivo, tanto è vero che Cannavaro ha vinto il Pallone d'Oro nel 2006. Baggio è stato un campione anomalo per il nostro calcio: un campione totale, con estro, capacità di fare gol e fornire assist fuori dal comune. Dal punto di vista storiografico, il fatto che ci sia solo Barella è emblematico di questo momento, ovvero di un momento nel quale non abbiamo più né grandi difensori né grandi attaccanti: di conseguenza, l'unico nome che viene proposto è quello di un centrocampista come Barella. E' un problema notevole e che non avrà una facile soluzione, perché qui si parla di generazioni e non di semplici giocatori".

 

Basta guardare a ciò che avviene in Primavera. Stride che le Giovanili del Napoli, club Campione d'Italia, giochino in Primavera 2.


"E' un paese per vecchi, come abbiamo detto. Lo stesso Napoli è una società che lavora molto bene sul mercato, ma che non ha una progettualità. Tutte le storie che abbiamo sentito in passato in merito ad una 'cantera', al Settore Giovanile e via discorrendo, sono tutte balle, perché il Settore Giovanile costa e farlo bene implica degli investimenti, cosa che Aurelio De Laurentiis non vuole fare: preferisce investire sulla squadra titolare, sulla quale ha lavorato intensamente. Questo succede anche in società nelle quali il Settore Giovanile funziona: quanti giocatori dell'Inter, il club che ha vinto tutto a livello giovanile italiano, sono oggi in Prima Squadra? Vengono utilizzati per fare plusvalenze importanti. Il caso di Casadei, per citarne uno, è emblematico: è stato venduto al Chelsea per una cifra considerevole e, adesso, è un calciatore da mercato e che ha almeno triplicato il suo valore. All'epoca, l'Inter lo ha dato via per fare una plusvalenza su un giocatore pagato zero. Il nostro calcio è un calcio indebitato, strutturalmente debole e nel quale non sono stati fatti investimenti né a livello tecnico né di formazione. E' un calcio che vive di improvvisazione".

 

Il Decreto Crescita non incentiva a scommettere sugli italiani. E anche i ricavi Tv stanno calando.


"Sicuramente è così. Si preferisce far arrivare dei campioni, magari bolliti, per attirare i tifosi e gli sponsor, ma in realtà la situazione è disastrosa, se pensiamo che non c'è ancora un'offerta coerente con le richieste per i diritti televisivi del prossimo triennio e che è appurato che le piattaforme che vendono il campionato italiano hanno perso tantissimi abbonati, in questi ultimi anni, passando dai 3,2 milioni che aveva Sky agli 1,5 di DAZN. Vuol dire che è una situazione molto più che critica: la situazione non è difficile, ma disperata, eppure nessuno se ne rende conto. Gravina continua a fare discorsi futili su cose che non contano niente, ognuno pensa al suo interesse personale, mentre il bene del movimento nazionale vale poco, evidentemente, rispetto a quelli che sono gli interessi economici di tanti".

 

Quale la possibile soluzione?


"Ci vuole una rifondazione totale che parta dal Governo, commissariando la FIGC, la Lega di Serie A e l'AIA, studiando poi delle regole con delle persone integerrime, che siano fuori dai giochi di potere; qualcuno che non agevoli le società più potenti e che cerchi di ristabilire un movimento basato sullo sport, sull'onestà e sui valori individuali. Servono i centri di formazione, come serve una rivoluzione a Coverciano, dove una volta i corsi per allenatore duravano un anno, mentre adesso durano tre mesi e i risultati li vediamo... Servirebbe una rifondazione totale che, purtroppo, non ci sarà".

 

Chi potrebbe portarla avanti? A chi affidarsi?


"Le scelte che ha fatto questa Federazione, finora, sono tutte politiche: dal patteggiamento con la Juventus alla nomina di Buffon a dirigente accompagnatore della Nazionale... In Nazionale, io vorrei Roberto Baggio, perché Baggio rappresenta la bellezza del calcio ed il calcio pulito. Ripartirei da lui", ha concluso Maurizio Pistocchi ai microfoni di Radio Fuori Campo.

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Maurizio Pistocchi, giornalista, ha rilasciato alcune dichiarazioni a "Fuori Gioco", trasmissione in onda su Radio Fuori Campo: "La situazione del calcio italiano è "disperata". La Nazionale di Spalletti ha steccato la prima? Innanzitutto - ha esordito Pistocchi - bisogna fare un punto preciso su quella che è la situazione del calcio italiano emersa negli ultimi quindici anni. Ebbene, la situazione è quella di un campionato nel quale le squadre più importanti, nel ruolo di centravanti, hanno quasi tutte dei giocatori stranieri e nella quale c'è solamente Ciro Immobile, nei top club di Serie A, ad essere presentabile per la Nazionale. Stiamo assistendo ad una carenza di attaccanti incredibile, considerando che, in passato, abbiamo avuto i vari Gigi Riva e Boninsegna, ma anche i Totti, i Del Piero, gli Inzaghi, i Vieri: tutti attaccanti eccezionali. Siamo in un periodo di recessione, determinato soprattutto da quelle che sono le scelte delle società, che preferiscono investire all'estero piuttosto che valorizzare i nostri talenti, e questo si riverbera anche sulle prestazioni della Nazionale. E' inutile, quasi assurdo, pretendere da Luciano Spalletti che desse alla sua Italia un'idea chiara dopo soli due giorni di allenamento. Ci vuole tempo e lavoro, ma il problema è che non c'è né tempo né modo di lavorare: la Nazionale si ritrova per pochi giorni all'anno e non ha le tempistiche per poter realizzare quanto fatto, ad esempio, da Spalletti con il Napoli. I successi passati dell'Italia arrivavano sempre quando c'era una squadra leader del campionato che portava molti giocatori in Nazionale: il famoso 'blocco Juve', quello del Milan, dell'Inter... E' sempre stato così. Il C.T. è costretto a lavorare con giocatori assemblati all'ultimo momento e con una serie di problematiche che determinano anche i risultati. La prima prestazione dell'Italia, giocoforza, non poteva che essere ondivaga: primo tempo discreto, secondo peggio. Bisogna anche considerare il fatto che siamo a settembre ed il campionato è appena iniziato. In questo periodo, abbiamo sempre fatto difficoltà contro tutti, perché abbiamo meno gamba e meno velocità. Ricordo, per esempio, l'Italia Campione del 1982 che andò a Cipro e fece una fatica terribile a pareggiare". 

 

Sbagliato voler cercare un "colpevole" e puntare il dito contro Donnarumma.


"Non mi stupisco del risultato con la Macedonia, mentre mi stupisco di come sia stato commentato da gran parte della stampa italiana, che ha crocifisso Gianluigi Donnarumma per un errore in compartecipazione con un compagno: il portiere aveva messo la barriera in modo tale da vedere il pallone che arrivava, ma un altro giocatore dell'Italia che non era in barriera si è spostato verso il pallone e gli ha nascosto parzialmente la posizione della sfera. Dato per assodato che l'errore c'è stato, i portieri sbagliano: ha sbagliato Zoff come Buffon, per intenderci. Tutti i grandi portieri fanno degli errori, quindi non può essere colpa di un solo calciatore, se non batti con la Macedonia; la stessa Macedonia che non avevi battuto neanche durante le qualificazioni al Mondiale... Se non batti la Macedonia del Nord, vuol dire che hai un prodotto interno scadente".

 

Tutte le big di Serie A, ad eccezione di Napoli e Lazio, usano la difesa a tre: può essere un problema in più per Spalletti?


"L'anno scorso, il suo Napoli ha vinto il campionato giocando con la difesa a quattro e dando sedici punti alla Lazio, seconda, diciotto ad Inter e Juventus, e venti al Milan, il che la dice lunga. Fossi in lui, non cambierei. Sì, molte squadre giocano con la difesa a tre, ma molto raramente, a ben vedere, chi gioca con la difesa a tre vince in campo europeo. Ricordo la Germania che vinse l'Europeo del 1996, o anche il Liverpool che, nel 2005, nel secondo tempo rimontò contro il Milan... Si tratta, però, di situazioni abbastanza sporadiche, perchè quasi tutte le grandi manifestazioni sono state vinte da squadre che usano la linea a quattro. La Serie A, come sempre, è un torneo diverso dagli altri: facciamo un calcio tattico e nel quale si preferisce giocare per non perdere anziché per vincere. Per farlo, si inserisce spesso un difensore in più e non in meno. Si parla di difesa a tre, ma in realtà è a cinque, perché la difesa a tre sarebbe tale se una squadra giocasse con il sistema puro, facendo uscire uno dei due centrali quando un avversario attacca con la fascia; insomma, si dovrebbe giocare con il cosiddetto 'braccetto', invece non esce lui, interviene il 'quinto'. Facciamo un calcio diverso dagli altri e che ci ha dato risultati in passato, ma ormai, tranne sporadiche occasioni come lo scorso Europeo, vinto ai rigori grazie alle super parate di Donnarumma, non vinciamo niente".

 

Si dice che Spalletti abbia contattato Bonucci per un ritorno in Nazionale: è davvero necessario?


"Questo è un paese vecchio e che tutela gli anziani, senza però tutelare i giovani. Uno dei grandi problemi dell'Italia è il lavoro giovanile e questo modo di pensare lo si vede anche nel calcio. Non so se sia reale questa idea di Bonucci di cui scrivono... Luciano è un personaggio particolare, gli piace anche stupire e fare delle cose in controtendenza per dimostrare di essere bravo, cosa che indubbiamente è, ma penso che il vero problema l'abbiamo negli attaccanti, non nei difensori. A me la coppia Mancini-Bastoni non dispiace, nel complesso. Lo ripeto: penso che il grosso problema sia avanti. Non c'è una punta italiana, oggi, in grado di assicurare 20-25 gol a campionato, se non Immobile, un ottimo giocatore ma che ha i suoi limiti: per esempio, non sa dialogare con i compagni, venire incontro o far salire la squadra. E' bravissimo nell'attacco della profondità e nella finalizzazione, però c'è solo lui".

 

Perché dare la fascia dell'Italia ad Immobile e non a Di Lorenzo, capitano del Napoli dello Scudetto?


"Credo che Spalletti abbia fatto una scelta gerarchica, in base alle presenze, e che non abbia voluto dare l'impressione di nepotismo, nominando capitano un suo ex giocatore, con il quale ha peraltro un rapporto molto solido sul piano professionale ed umano. Stiamo parlando di una scelta abbastanza logica, sebbene, a mio modo di vedere, il capitano dovrebbe essere sistematicamente un centrocampista, perché quasi sempre è l'uomo più vicino all'arbitro e che potrebbe discutere e chiedere spiegazioni. Anche se in questo calcio, un calcio che ha perso le distanze, vediamo sempre più cinque o sei giocatori che circondano il direttore di gara quando c'è una rimostranza da fare.. A tal proposito, mi meraviglio che il nostro designatore, Gianluca Rocchi, il quale fa tanta filosofia su questioni che di filosofia non avrebbero bisogno, perché basta applicare il regolamento, in questo caso non dica mai niente... Forse perché anche lui, in passato, in queste situazioni ci si è trovato più volte".

 

Barella unico italiano tra i 30 finalisti al Pallone d'Oro: cosa ci racconta sul nostro calcio?


"Abbiamo sempre avuto pochi giocatori in queste liste, ad eccezione degli anni '90, con i vari Baresi, Maldini... Abbiamo avuto Vieri, Del Piero ed altri, che sono sempre entrati in nomination. Di solito, noi mandiamo in lista dei difensori, perché il nostro calcio viene sempre ritenuto prevalentemente difensivo, tanto è vero che Cannavaro ha vinto il Pallone d'Oro nel 2006. Baggio è stato un campione anomalo per il nostro calcio: un campione totale, con estro, capacità di fare gol e fornire assist fuori dal comune. Dal punto di vista storiografico, il fatto che ci sia solo Barella è emblematico di questo momento, ovvero di un momento nel quale non abbiamo più né grandi difensori né grandi attaccanti: di conseguenza, l'unico nome che viene proposto è quello di un centrocampista come Barella. E' un problema notevole e che non avrà una facile soluzione, perché qui si parla di generazioni e non di semplici giocatori".

 

Basta guardare a ciò che avviene in Primavera. Stride che le Giovanili del Napoli, club Campione d'Italia, giochino in Primavera 2.


"E' un paese per vecchi, come abbiamo detto. Lo stesso Napoli è una società che lavora molto bene sul mercato, ma che non ha una progettualità. Tutte le storie che abbiamo sentito in passato in merito ad una 'cantera', al Settore Giovanile e via discorrendo, sono tutte balle, perché il Settore Giovanile costa e farlo bene implica degli investimenti, cosa che Aurelio De Laurentiis non vuole fare: preferisce investire sulla squadra titolare, sulla quale ha lavorato intensamente. Questo succede anche in società nelle quali il Settore Giovanile funziona: quanti giocatori dell'Inter, il club che ha vinto tutto a livello giovanile italiano, sono oggi in Prima Squadra? Vengono utilizzati per fare plusvalenze importanti. Il caso di Casadei, per citarne uno, è emblematico: è stato venduto al Chelsea per una cifra considerevole e, adesso, è un calciatore da mercato e che ha almeno triplicato il suo valore. All'epoca, l'Inter lo ha dato via per fare una plusvalenza su un giocatore pagato zero. Il nostro calcio è un calcio indebitato, strutturalmente debole e nel quale non sono stati fatti investimenti né a livello tecnico né di formazione. E' un calcio che vive di improvvisazione".

 

Il Decreto Crescita non incentiva a scommettere sugli italiani. E anche i ricavi Tv stanno calando.


"Sicuramente è così. Si preferisce far arrivare dei campioni, magari bolliti, per attirare i tifosi e gli sponsor, ma in realtà la situazione è disastrosa, se pensiamo che non c'è ancora un'offerta coerente con le richieste per i diritti televisivi del prossimo triennio e che è appurato che le piattaforme che vendono il campionato italiano hanno perso tantissimi abbonati, in questi ultimi anni, passando dai 3,2 milioni che aveva Sky agli 1,5 di DAZN. Vuol dire che è una situazione molto più che critica: la situazione non è difficile, ma disperata, eppure nessuno se ne rende conto. Gravina continua a fare discorsi futili su cose che non contano niente, ognuno pensa al suo interesse personale, mentre il bene del movimento nazionale vale poco, evidentemente, rispetto a quelli che sono gli interessi economici di tanti".

 

Quale la possibile soluzione?


"Ci vuole una rifondazione totale che parta dal Governo, commissariando la FIGC, la Lega di Serie A e l'AIA, studiando poi delle regole con delle persone integerrime, che siano fuori dai giochi di potere; qualcuno che non agevoli le società più potenti e che cerchi di ristabilire un movimento basato sullo sport, sull'onestà e sui valori individuali. Servono i centri di formazione, come serve una rivoluzione a Coverciano, dove una volta i corsi per allenatore duravano un anno, mentre adesso durano tre mesi e i risultati li vediamo... Servirebbe una rifondazione totale che, purtroppo, non ci sarà".

 

Chi potrebbe portarla avanti? A chi affidarsi?


"Le scelte che ha fatto questa Federazione, finora, sono tutte politiche: dal patteggiamento con la Juventus alla nomina di Buffon a dirigente accompagnatore della Nazionale... In Nazionale, io vorrei Roberto Baggio, perché Baggio rappresenta la bellezza del calcio ed il calcio pulito. Ripartirei da lui", ha concluso Maurizio Pistocchi ai microfoni di Radio Fuori Campo.