Calcio
PRIME VIDEO - Clarence Seedorf intervista Mario Balotelli
10.12.2025 17:16 di Napoli Magazine
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È disponibile sul canale YouTube PrimeVideoSportIT l’intervista esclusiva a Mario Balotelli, condotta da Clarence Seedorf, ex giocatore di Milan, Inter, Real Madrid e pundit di Prime Video in occasione delle partite di UEFA Champions League. A Clarence, Super Mario ha raccontato della sua situazione attuale, delle speranze di tornare nella Nazionale per il Mondiale, degli allenatori con cui ha amato collaborare e di come ha vissuto la decisione di Mourinho di metterlo in panchina nella finale di Champions del 2010. Ha inoltre rivelato quali fossero gli avversari più difficili da affrontare e spiegato perché secondo lui i giovani calciatori di oggi hanno la vita più facile.

Di seguito alcune dichiarazioni tratte dall’intervista:

Il futuro lontano dalla Serie A. “Il Mondiale? Devo essere realistico”

Mi sto allenando con una squadra locale. Mi aspettavo di giocare ancora in Serie A, ma dato che sono in attesa da un po’ troppo tempo, da gennaio valuterò offerte anche da squadre straniere e sceglierò la migliore. Non sarà il mondo del calcio a farmi smettere. Smetterò quando sarò io a volerlo fare. Il Mondiale? Devo essere oggettivo, non è possibile. Ma è il mio sogno, sempre: giocherei i Mondiali anche se mi convocassero a 50 anni.

Il calcio oggi

La verità è che non guardo molto calcio. Quando mi capita di guardare una partita, vedo che il calcio è cambiato. I giocatori oggi sono molto fisici, corrono tanto... Penso che si sia persa un po’ di qualità. Io naturalmente corro ancora, e penso di avere comunque più qualità rispetto alla maggior parte dei giocatori che vedo oggi.

L’Inter del Triplete e la finale di Madrid

Tutto funzionava alla perfezione quell'anno. Non era solo una questione di qualità, ma di fiducia reciproca verso i compagni, è uno spirito che puoi arrivare a raggiungere solo se anche fuori dal campo sei amico con gli altri. La finale di Madrid purtroppo Mourinho non mi ha fatto partire. Ero un po’ arrabbiato perché, durante la settimana in cui ci siamo allenati a Madrid, ha provato me, Eto’o e Milito. Poi due giorni prima della partita ha cambiato decisione. Io sono sicuro, non proprio sicuro al 100%, ma diciamo al 98% che avrei segnato. Ma non mi importa, alla fine abbiamo vinto e questa è la cosa più importante. Ha preso la decisione giusta per la squadra.

“Avrei dovuto pormi un obiettivo a breve termine”

Ho capito che quando fisso un obiettivo a breve termine, non commetto errori. Quando ne fisso uno di lungo termine mi perdo un po’ per strada. È successo tante volte durante la mia carriera che giocassi due, tre partite, in cui segnavo e giocavo bene e poi nella quarta ti chiedevi: “Ma Mario sta giocando?” In realtà dentro di me avevo la stessa voglia di segnare, di giocare bene, ma non ci riuscivo. C’era la pausa Nazionale e pensavo: “Prima della pausa devo segnare questi goal, voglio giocare queste partite”. Ma questo diventava un obiettivo di lungo termine, forse avrei dovuto ragionare di più settimana per settimana. Quando l’ho fatto, non ricordo una sola partita in cui ho giocato male. Se solo avessi mantenuto lo stesso livello, sicuramente avrei avuto più presenze in Nazionale e sicuramente avrei segnato più gol.

L’uomo dietro il calciatore

Non penso ci siano stati allenatori che non hanno provato a spingermi, ma penso che specialmente quando ero giovane, la maggior parte delle volte lo abbiano fatto nel modo sbagliato. Si pensa sempre al calciatore, ma spesso ci si scorda che c’è anche un lato umano. Se arrivi a conoscere la persona, forse riesci a spingere meglio il calciatore. Ed è una cosa che mi è successa con Clarence Seedorf, perché ha rispettato innanzitutto il mio lato umano. Posso dire la stessa cosa di Lucien Favre a Nizza, Vincenzo Montella e Roberto Mancini.

Serie A VS Premier League

La Serie A è più tattica, il campionato inglese più fisico e le azioni sono più veloci, se sai come si fa gol, in Inghilterra segni tanto. La differenza più grande sta nei metodi di allenamento. Spazi ridotti, rapidità, intensità. In Italia anche, ma magari a volte fai solo tattica, guardi filmati lunghissimi. Al City ci allenavamo un’ora, cinquanta minuti ma io venivo dall’Inter. Ricordo che al primo allenamento mi veniva da vomitare. Perché non c’era un secondo di tecnica, tutti facevano scivolate, correvano senza sosta. Neanche una pausa per bere, non hai il tempo materiale. Se ti fermi devi subito ricominciare. Era tutto così veloce.

Infermeria con Ibra e Materazzi

Al primo allenamento al Genoa vado in infermeria perché dovevo parlare per la prima volta col dottore e c’erano quattro o cinque lettini, di cui tre occupati da giocatori giovani. E ho pensato: “Non sapete quanto siete fortunati a stare lì”. Ho esordito per la prima volta a 16 anni e penso di aver ricevuto il primo massaggio a 20.  Anche quando mi sono infortunato o mi sono operato non mi facevano i massaggi. Dovevo andare in orari diversi rispetto a Materazzi o Ibrahimovic, non mi permettevano di farli quando c’erano loro. Forse così era un po’ troppo, ma col mio carattere l’ho sempre presa bene.  Mi dicevo: “Ok, hanno ragione sono forte, non mi servono”.

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PRIME VIDEO - Clarence Seedorf intervista Mario Balotelli

di Napoli Magazine

10/12/2025 - 17:16

È disponibile sul canale YouTube PrimeVideoSportIT l’intervista esclusiva a Mario Balotelli, condotta da Clarence Seedorf, ex giocatore di Milan, Inter, Real Madrid e pundit di Prime Video in occasione delle partite di UEFA Champions League. A Clarence, Super Mario ha raccontato della sua situazione attuale, delle speranze di tornare nella Nazionale per il Mondiale, degli allenatori con cui ha amato collaborare e di come ha vissuto la decisione di Mourinho di metterlo in panchina nella finale di Champions del 2010. Ha inoltre rivelato quali fossero gli avversari più difficili da affrontare e spiegato perché secondo lui i giovani calciatori di oggi hanno la vita più facile.

Di seguito alcune dichiarazioni tratte dall’intervista:

Il futuro lontano dalla Serie A. “Il Mondiale? Devo essere realistico”

Mi sto allenando con una squadra locale. Mi aspettavo di giocare ancora in Serie A, ma dato che sono in attesa da un po’ troppo tempo, da gennaio valuterò offerte anche da squadre straniere e sceglierò la migliore. Non sarà il mondo del calcio a farmi smettere. Smetterò quando sarò io a volerlo fare. Il Mondiale? Devo essere oggettivo, non è possibile. Ma è il mio sogno, sempre: giocherei i Mondiali anche se mi convocassero a 50 anni.

Il calcio oggi

La verità è che non guardo molto calcio. Quando mi capita di guardare una partita, vedo che il calcio è cambiato. I giocatori oggi sono molto fisici, corrono tanto... Penso che si sia persa un po’ di qualità. Io naturalmente corro ancora, e penso di avere comunque più qualità rispetto alla maggior parte dei giocatori che vedo oggi.

L’Inter del Triplete e la finale di Madrid

Tutto funzionava alla perfezione quell'anno. Non era solo una questione di qualità, ma di fiducia reciproca verso i compagni, è uno spirito che puoi arrivare a raggiungere solo se anche fuori dal campo sei amico con gli altri. La finale di Madrid purtroppo Mourinho non mi ha fatto partire. Ero un po’ arrabbiato perché, durante la settimana in cui ci siamo allenati a Madrid, ha provato me, Eto’o e Milito. Poi due giorni prima della partita ha cambiato decisione. Io sono sicuro, non proprio sicuro al 100%, ma diciamo al 98% che avrei segnato. Ma non mi importa, alla fine abbiamo vinto e questa è la cosa più importante. Ha preso la decisione giusta per la squadra.

“Avrei dovuto pormi un obiettivo a breve termine”

Ho capito che quando fisso un obiettivo a breve termine, non commetto errori. Quando ne fisso uno di lungo termine mi perdo un po’ per strada. È successo tante volte durante la mia carriera che giocassi due, tre partite, in cui segnavo e giocavo bene e poi nella quarta ti chiedevi: “Ma Mario sta giocando?” In realtà dentro di me avevo la stessa voglia di segnare, di giocare bene, ma non ci riuscivo. C’era la pausa Nazionale e pensavo: “Prima della pausa devo segnare questi goal, voglio giocare queste partite”. Ma questo diventava un obiettivo di lungo termine, forse avrei dovuto ragionare di più settimana per settimana. Quando l’ho fatto, non ricordo una sola partita in cui ho giocato male. Se solo avessi mantenuto lo stesso livello, sicuramente avrei avuto più presenze in Nazionale e sicuramente avrei segnato più gol.

L’uomo dietro il calciatore

Non penso ci siano stati allenatori che non hanno provato a spingermi, ma penso che specialmente quando ero giovane, la maggior parte delle volte lo abbiano fatto nel modo sbagliato. Si pensa sempre al calciatore, ma spesso ci si scorda che c’è anche un lato umano. Se arrivi a conoscere la persona, forse riesci a spingere meglio il calciatore. Ed è una cosa che mi è successa con Clarence Seedorf, perché ha rispettato innanzitutto il mio lato umano. Posso dire la stessa cosa di Lucien Favre a Nizza, Vincenzo Montella e Roberto Mancini.

Serie A VS Premier League

La Serie A è più tattica, il campionato inglese più fisico e le azioni sono più veloci, se sai come si fa gol, in Inghilterra segni tanto. La differenza più grande sta nei metodi di allenamento. Spazi ridotti, rapidità, intensità. In Italia anche, ma magari a volte fai solo tattica, guardi filmati lunghissimi. Al City ci allenavamo un’ora, cinquanta minuti ma io venivo dall’Inter. Ricordo che al primo allenamento mi veniva da vomitare. Perché non c’era un secondo di tecnica, tutti facevano scivolate, correvano senza sosta. Neanche una pausa per bere, non hai il tempo materiale. Se ti fermi devi subito ricominciare. Era tutto così veloce.

Infermeria con Ibra e Materazzi

Al primo allenamento al Genoa vado in infermeria perché dovevo parlare per la prima volta col dottore e c’erano quattro o cinque lettini, di cui tre occupati da giocatori giovani. E ho pensato: “Non sapete quanto siete fortunati a stare lì”. Ho esordito per la prima volta a 16 anni e penso di aver ricevuto il primo massaggio a 20.  Anche quando mi sono infortunato o mi sono operato non mi facevano i massaggi. Dovevo andare in orari diversi rispetto a Materazzi o Ibrahimovic, non mi permettevano di farli quando c’erano loro. Forse così era un po’ troppo, ma col mio carattere l’ho sempre presa bene.  Mi dicevo: “Ok, hanno ragione sono forte, non mi servono”.