Il Napoli che dopo sei giornate di Serie A guida la classifica con un +1 sulla Juventus sembra tutt'altra squadra rispetto a quella che lo scorso anno ha difeso nel peggiore dei modi il Tricolore. Sono trascorsi 44 giorni dal 3-0 incassato a Verona contro l'Hellas, ovvero l'ultima volta che il Napoli ha messo in mostra il suo volto oscuro e controverso dello scorso campionato, e da allora tutto sembra cambiato. Grazie a un allenatore che in un mese e mezzo ha rimesso in piedi una squadra che non era squadra da troppo tempo. Grazie a un presidente che ha investito anche senza incassare: senza riuscire nella cessione di Victor Osimhen, centravanti prestato fuori tempo massimo. Il Napoli sceso in campo contro l'Hellas a metà agosto aveva in campo un solo volto nuovo, lo svincolato Leonardo Spinazzola. Domenica sera invece per conquistare la vetta Conte ha schierato nell'undici titolare Lukaku, McTominay e Buongiorno, giocatori complessivamente costati più di 90 milioni di euro. Sono loro i pezzi da novanta di una campagna acquisti senza precedenti che ha portato il presidente De Laurentiis a spendere circa 150 milioni di euro e a incassarne poco più di dieci. Il bilancio, dato 'Transfermarkt' alla mano, è -138 milioni di euro. Ha speso di più solo il Brighton, hanno speso molto meno società come Manchester United e Paris Saint-Germain che solitamente viaggiano su ben altre cifre rispetto al Napoli. Eppure questa volta De Laurentiis ha convenuto di non poter fare altrimenti. Dopo una stagione in cui ha sbagliato tutto il possibile, ha prima ammesso i suoi errori dinanzi ai microfoni e poi è passato ai fatti. Ha ingaggiato il più vincente allenatore italiano libero su piazza e gli ha corrisposto uno stipendio che solitamente non rientra nelle logiche del Napoli. Poi ha assecondato i suoi desideri trasformandolo in un manager con pieni poteri anche in sede di campagna acquisti. De Laurentiis sperava di rivoluzionare la rosa con i soldi derivanti dalla cessione di Victor Osimhen, ma quando ha capito che nessuno si sarebbe nemmeno avvicinato alle sue richieste ha comunque esaudito i desideri del suo allenatore. Assumendosi il rischio d'impresa. Un rischio che può assumersi solo chi ha i conti in ordine ma soprattutto le mani slegate. Chi investe i propri soldi, non gestisce (e deve far fruttare) quelli degli altri. Prima del Napoli aveva valutato il nome di Antonio Conte anche il Milan. Eppure a Gerry Cardinale, numero uno del fondo 'RedBird', proprio non poteva tornare l'idea di un tecnico che non solo chiedeva più soldi del budget stanziato per l'allenatore, ma avrebbe anche voluto incidere e decidere i calciatori su cui puntare. Perché Conte è un allenatore-manager: non traccia l'identikit, fa i nomi. E anche in questo caso, pur con un Osimhen ancora in rosa, aveva indicato in un Romelu Lukaku ormai 31enne il giocatore attorno a cui far girare il nuovo progetto. Lukaku per il Napoli ha rappresentato una spesa importante. Non è un caso se la Roma, un anno fa, sia riuscita a strapparlo in prestito al Chelsea. Non ci fosse stato il Napoli probabilmente anche questa estate sarebbe andata allo stesso modo, oppure si sarebbe trasferito in Arabia. E invece Conte ha chiesto a De Laurentiis di acquistarlo, di investire su di lui per farlo sentire al centro del progetto. Il numero uno del Napoli ha acconsentito, consapevole del fatto che questa spesa da 30 milioni di euro per il cartellino, oltre a 7-8 di ingaggio, non tornerà più indietro. Conte e Lukaku hanno rappresentato un costo. Magari rientreranno con la futura cessione di Victor Osimhen, ma magari anche no. E proprio costi e incertezza sono ciò che i fondi che gestiscono i club devono evitare in ogni modo perché non rientrano nella logica del produrre valore in prospettiva. Così come non ci rientra l'azzardo di spendere soldi per asset per cui non hai ragionevole certezza di un ritorno. Però nel calcio che per fortuna non è ancora tutto finanza a volte ci sono operazioni onerose che sono necessarie per far funzionare tutto l'ingranaggio: senza di loro oggi a Napoli non si potrebbe respirare un aria diversa, da capoclassifica.
di Napoli Magazine
01/10/2024 - 11:10
Il Napoli che dopo sei giornate di Serie A guida la classifica con un +1 sulla Juventus sembra tutt'altra squadra rispetto a quella che lo scorso anno ha difeso nel peggiore dei modi il Tricolore. Sono trascorsi 44 giorni dal 3-0 incassato a Verona contro l'Hellas, ovvero l'ultima volta che il Napoli ha messo in mostra il suo volto oscuro e controverso dello scorso campionato, e da allora tutto sembra cambiato. Grazie a un allenatore che in un mese e mezzo ha rimesso in piedi una squadra che non era squadra da troppo tempo. Grazie a un presidente che ha investito anche senza incassare: senza riuscire nella cessione di Victor Osimhen, centravanti prestato fuori tempo massimo. Il Napoli sceso in campo contro l'Hellas a metà agosto aveva in campo un solo volto nuovo, lo svincolato Leonardo Spinazzola. Domenica sera invece per conquistare la vetta Conte ha schierato nell'undici titolare Lukaku, McTominay e Buongiorno, giocatori complessivamente costati più di 90 milioni di euro. Sono loro i pezzi da novanta di una campagna acquisti senza precedenti che ha portato il presidente De Laurentiis a spendere circa 150 milioni di euro e a incassarne poco più di dieci. Il bilancio, dato 'Transfermarkt' alla mano, è -138 milioni di euro. Ha speso di più solo il Brighton, hanno speso molto meno società come Manchester United e Paris Saint-Germain che solitamente viaggiano su ben altre cifre rispetto al Napoli. Eppure questa volta De Laurentiis ha convenuto di non poter fare altrimenti. Dopo una stagione in cui ha sbagliato tutto il possibile, ha prima ammesso i suoi errori dinanzi ai microfoni e poi è passato ai fatti. Ha ingaggiato il più vincente allenatore italiano libero su piazza e gli ha corrisposto uno stipendio che solitamente non rientra nelle logiche del Napoli. Poi ha assecondato i suoi desideri trasformandolo in un manager con pieni poteri anche in sede di campagna acquisti. De Laurentiis sperava di rivoluzionare la rosa con i soldi derivanti dalla cessione di Victor Osimhen, ma quando ha capito che nessuno si sarebbe nemmeno avvicinato alle sue richieste ha comunque esaudito i desideri del suo allenatore. Assumendosi il rischio d'impresa. Un rischio che può assumersi solo chi ha i conti in ordine ma soprattutto le mani slegate. Chi investe i propri soldi, non gestisce (e deve far fruttare) quelli degli altri. Prima del Napoli aveva valutato il nome di Antonio Conte anche il Milan. Eppure a Gerry Cardinale, numero uno del fondo 'RedBird', proprio non poteva tornare l'idea di un tecnico che non solo chiedeva più soldi del budget stanziato per l'allenatore, ma avrebbe anche voluto incidere e decidere i calciatori su cui puntare. Perché Conte è un allenatore-manager: non traccia l'identikit, fa i nomi. E anche in questo caso, pur con un Osimhen ancora in rosa, aveva indicato in un Romelu Lukaku ormai 31enne il giocatore attorno a cui far girare il nuovo progetto. Lukaku per il Napoli ha rappresentato una spesa importante. Non è un caso se la Roma, un anno fa, sia riuscita a strapparlo in prestito al Chelsea. Non ci fosse stato il Napoli probabilmente anche questa estate sarebbe andata allo stesso modo, oppure si sarebbe trasferito in Arabia. E invece Conte ha chiesto a De Laurentiis di acquistarlo, di investire su di lui per farlo sentire al centro del progetto. Il numero uno del Napoli ha acconsentito, consapevole del fatto che questa spesa da 30 milioni di euro per il cartellino, oltre a 7-8 di ingaggio, non tornerà più indietro. Conte e Lukaku hanno rappresentato un costo. Magari rientreranno con la futura cessione di Victor Osimhen, ma magari anche no. E proprio costi e incertezza sono ciò che i fondi che gestiscono i club devono evitare in ogni modo perché non rientrano nella logica del produrre valore in prospettiva. Così come non ci rientra l'azzardo di spendere soldi per asset per cui non hai ragionevole certezza di un ritorno. Però nel calcio che per fortuna non è ancora tutto finanza a volte ci sono operazioni onerose che sono necessarie per far funzionare tutto l'ingranaggio: senza di loro oggi a Napoli non si potrebbe respirare un aria diversa, da capoclassifica.