Cultura & Gossip
CAMPANIA TEATRO FESTIVAL - "La prima luce di Neruda" di Ruggero Cappuccio, sabato 21 settembre
19.09.2024 11:24 di Napoli Magazine
Primo battito per la libertà. Con “La prima luce di Neruda”, trasposizione teatrale del romanzo di Ruggero Cappuccio, prende il via sabato alle 21 al teatro Mercadante di Napoli la diciassettesima edizione del Campania Teatro Festival. Lo spettacolo, coprodotto dalla Fondazione Campania dei Festival e dal Teatro dell’Elfo di Milano, porta in scena, con l’appassionata e poetica regia dell’argentino César Brie, due stagioni della vita del famoso poeta cileno: quella dell’amore, delle speranze e di un mondo che si trasforma, ma anche la stagione del buio, della violenza e della morte. Una storia soprattutto di libertà. La invocano alla stazione di Roma grandi intellettuali italiani (Morante, Moravia, Guttuso, Levi), che si oppongono al decreto di espulsione che vuole Neruda estradato in Svizzera; la cerca una donna, Matilde Urrutia, che osserva e attende che si liberi anche il suo amore per Pablo. Il plot narrativo viaggia tra presente, passato e futuro, tra l’isola di Capri, dove i due amanti danno profondità e luce a una passione segreta, e il Cile del golpe di Pinochet, teatro di una sanguinaria dittatura. “Il potere non perdona la capacità di essere liberi”, scrive Cappuccio. In scena Cristina Crippa, Elio De Capitani, Silvia Ferretti, Umberto Terruso e Francesca Breschi, che incalzerà e cullerà con la musica e il suo canto dal vivo la sensualità dei corpi. Durata 95 minutiReplica domenica alle ore 19.
 
I biglietti, che costano da 8 a 5 euro, sono acquistabili sul sito ufficiale e, se ancora disponibili, presso il teatro a partire da un’ora prima dello spettacolo. Ticket ridotto per gli under 30, gli over 65 e i possessori della Card Feltrinelli (massimo 2 biglietti per evento). L’ingresso gratuito è riservato ai diversamente abili con accompagnatore e ai pensionati titolari di assegno sociale.
 
Realizzato con il sostegno concreto della Regione Campania, diretto da Ruggero Cappuccio e organizzato dalla Fondazione Campania dei Festival presieduta da Alessandro Barbano, il Campania Teatro Festival, che è parte rilevante della rete Italia Festival e dell’EFA (European Festival Association), si avvale del contributo che il Ministero della Cultura destina al rilievo multidisciplinare e alla qualità della programmazione.
 
 
21 settembre (ore 21) e 22 settembre (ore 19) | Campania Teatro Festival (Teatro Mercadante di Napoli)
7 maggio > 5 giugno | Teatro Elfo Puccini, Milano
 
La prima luce di Neruda
di Ruggero Cappuccio
regia e adattamento Cesar Brie
con Elio De Capitani, Cristina Crippa, Silvia Ferretti, Umberto Terruso
musiche eseguite dal vivo da Francesca Breschi
luci e scena Nando Frigerio
suono Emanuele Martina
video Umberto Terruso
costumi Alessia Lattanzio
assistente alla regia Alessandro Frigerio
produzione Teatro dell’Elfo e Fondazione Campania dei Festival
 
Quest’uomo l’ho voluto perché era tutti gli uomini, anche quelli che lo odiano;
quest’uomo l’ho amato perché il suo corpo era la terra,
era l’albero, era la tenerezza della giustizia.
 
Napoli, 1952. Pablo Neruda è svegliato da un insistente bussare alla porta. Al poeta viene notificato un decreto di espulsione dall’Italia firmato dal ministro Scelba. Sarà accompagnato a Roma per essere estradato in Svizzera. Nella stazione della capitale è atteso da una folla nella quale si riconoscono i volti di Alberto Moravia, Elsa Morante, Renato Guttuso e Carlo Levi. Intimano alla polizia di lasciarlo in libertà. In mezzo a quella folla una donna, Matilde Urrùtia, osserva e attende che si liberi anche il suo amore per Pablo. La scena si sposta a Capri nella villa di Edwin Cerio, dove i due amanti danno profondità e splendore a una passione segreta, sconvolgente e imprevedibile.
Vent’anni dopo in Cile, a Isla Negra, durante il golpe di Pinochet, altri militari bussano alla porta di Neruda e Matilde per minacciarne la libertà e la vita.
Un volo incrociato di voci racconta la storia di uno dei più popolari poeti del mondo, fra la leggenda dell’amore e la crudezza della Storia. Un volo incrociato di artisti, che si sono inseguiti per tanti anni cercando un tempo e un’occasione per ritrovarsi sul palco in una creazione comune.
Questi artisti ‘in cerca’ sono César Brie, Cristina Crippa ed Elio De Capitani, amici fraterni da cinquant’anni, dalle prime esperienze degli anni Settanta. Da allora sono seguite separazioni e nuovi incontri, secondo le tante odissee d’esule di César Brie e il suo peregrinare nel mondo – nei dieci anni di tour internazionali con l’Odin Teatret e nei venti al Teatro del Los Andes da lui fondato – un peregrinare nel quale rimaneva sempre fermo il legame con l’Italia e con il Teatro dell’Elfo. Quest’anno finalmente si è realizzata l’occasione: grazie alla passione comune per la storia narrata e per il romanzo di Ruggero Cappuccio, La prima luce di Neruda, che con maestria sa (arri)creare il mondo attraverso una scrittura sinestetica, capace di farsi immediatamente teatro nei corpi degli attori.
César Brie è il mediatore perfetto tra due mondi: Europa e Sud America. È l’artista migrante, maestro d’una forma teatrale che insegna al di qua e al di là dell’oceano, costruendo relazioni con un’infinità di allievi. Per Brie, Neruda è patria e idioma, stesso ‘amato-odiato’ rapporto con le radici e gli esìli, che lo hanno visto troppe volte costretto in fuga come il poeta.
Lo spettacolo, dunque, come il romanzo – adattato per la scena dallo stesso regista – accende i riflettori su due stagioni della vita di Pablo Neruda: la stagione dell’amore, delle speranze, di un mondo che si trasforma, e la stagione del buio, della violenza, della morte. Si insinua nella fisicità e nel mistero dei suoi personaggi per rovesciarne come un guanto la grazia e infiammarne la vitalissima esemplarità della memoria.
Per questo progetto il regista ha coinvolto due attori più giovani, Silvia Ferretti e Umberto Terruso, al fianco di Elio De Capitani e Cristina Crippa. I quattro interpreti si alternano nei ruoli principali del poeta e della sua amante nelle diverse età della vita (la giovinezza, quasi matura di Matilde e Pablo, quando si incontrano per la prima volta e i loro ultimi giorni insieme prima della morte). E si sdoppiano e moltiplicano per dare vita anche alle tante comparse che attraversano questo struggente percorso.
«Dietro la storia che raccontiamo se ne celano quindi altre», spiega César Brie nelle sue note. «Una lunga storia di amicizia tra artisti di teatro; una storia di passaggio di consegne tra generazioni. E infine la storia dei due attori (Elio e Cristina), uniti nella vita da cinquant’anni, che in questo lavoro affrontano il tema che tutti noi anziani dobbiamo affrontare: il commiato.
‘Perché mi guardi così, Pablo?’.
‘Ti sentirai sola?’.
‘No, quando non ti vedrò più, parlerò con te come se tu fossi davanti a me’.
Come diceva un poeta: nascere e morire insieme, come dovrebbero fare tutti gli amanti».
In una scena scarna, scandita da pochi elementi, i personaggi evocano stanze, treni, ospedali e strade e stazioni affollate. La regia orchestra azioni e relazioni facendo emergere tutta la poesia e la sensualità delle parole e dei corpi; corpi che si sfiorano, si toccano, si svelano, danzano il desiderio, incalzati o cullati dal canto dal vivo di Francesca Breschi, attrice e cantante dalla straordinaria vocalità (per anni compagna d’arte di Giovanna Marini nel suo Quartetto vocale).
 
«Il Cile ha una voce mitica», prosegue il regista parlando dell’aspetto musicale. «Si chiama Violeta Parra, morta suicida per amore nel 1967. Tutte le musiche, tranne una, vengono da lei, sia come autrice che come ricercatrice di musiche tradizionali. L’unica canzone che proviene da un’altra fonte è la canzone che introduce Capri, il luogo dell’amore di Pablo e Matilde, il luogo dove lui ideò (e pubblicò in modo anonimo) I versi del capitano, le poesie d’amore scritte per lei. Quella canzone, trovata dalla Breschi nella tradizione campana, è il leitmotiv della seconda parte del lavoro, quella che racconta Capri e l’agonia di Neruda. È una canzone d’amore, struggente, come è stata la loro storia».
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CAMPANIA TEATRO FESTIVAL - "La prima luce di Neruda" di Ruggero Cappuccio, sabato 21 settembre

di Napoli Magazine

19/09/2024 - 11:24

Primo battito per la libertà. Con “La prima luce di Neruda”, trasposizione teatrale del romanzo di Ruggero Cappuccio, prende il via sabato alle 21 al teatro Mercadante di Napoli la diciassettesima edizione del Campania Teatro Festival. Lo spettacolo, coprodotto dalla Fondazione Campania dei Festival e dal Teatro dell’Elfo di Milano, porta in scena, con l’appassionata e poetica regia dell’argentino César Brie, due stagioni della vita del famoso poeta cileno: quella dell’amore, delle speranze e di un mondo che si trasforma, ma anche la stagione del buio, della violenza e della morte. Una storia soprattutto di libertà. La invocano alla stazione di Roma grandi intellettuali italiani (Morante, Moravia, Guttuso, Levi), che si oppongono al decreto di espulsione che vuole Neruda estradato in Svizzera; la cerca una donna, Matilde Urrutia, che osserva e attende che si liberi anche il suo amore per Pablo. Il plot narrativo viaggia tra presente, passato e futuro, tra l’isola di Capri, dove i due amanti danno profondità e luce a una passione segreta, e il Cile del golpe di Pinochet, teatro di una sanguinaria dittatura. “Il potere non perdona la capacità di essere liberi”, scrive Cappuccio. In scena Cristina Crippa, Elio De Capitani, Silvia Ferretti, Umberto Terruso e Francesca Breschi, che incalzerà e cullerà con la musica e il suo canto dal vivo la sensualità dei corpi. Durata 95 minutiReplica domenica alle ore 19.
 
I biglietti, che costano da 8 a 5 euro, sono acquistabili sul sito ufficiale e, se ancora disponibili, presso il teatro a partire da un’ora prima dello spettacolo. Ticket ridotto per gli under 30, gli over 65 e i possessori della Card Feltrinelli (massimo 2 biglietti per evento). L’ingresso gratuito è riservato ai diversamente abili con accompagnatore e ai pensionati titolari di assegno sociale.
 
Realizzato con il sostegno concreto della Regione Campania, diretto da Ruggero Cappuccio e organizzato dalla Fondazione Campania dei Festival presieduta da Alessandro Barbano, il Campania Teatro Festival, che è parte rilevante della rete Italia Festival e dell’EFA (European Festival Association), si avvale del contributo che il Ministero della Cultura destina al rilievo multidisciplinare e alla qualità della programmazione.
 
 
21 settembre (ore 21) e 22 settembre (ore 19) | Campania Teatro Festival (Teatro Mercadante di Napoli)
7 maggio > 5 giugno | Teatro Elfo Puccini, Milano
 
La prima luce di Neruda
di Ruggero Cappuccio
regia e adattamento Cesar Brie
con Elio De Capitani, Cristina Crippa, Silvia Ferretti, Umberto Terruso
musiche eseguite dal vivo da Francesca Breschi
luci e scena Nando Frigerio
suono Emanuele Martina
video Umberto Terruso
costumi Alessia Lattanzio
assistente alla regia Alessandro Frigerio
produzione Teatro dell’Elfo e Fondazione Campania dei Festival
 
Quest’uomo l’ho voluto perché era tutti gli uomini, anche quelli che lo odiano;
quest’uomo l’ho amato perché il suo corpo era la terra,
era l’albero, era la tenerezza della giustizia.
 
Napoli, 1952. Pablo Neruda è svegliato da un insistente bussare alla porta. Al poeta viene notificato un decreto di espulsione dall’Italia firmato dal ministro Scelba. Sarà accompagnato a Roma per essere estradato in Svizzera. Nella stazione della capitale è atteso da una folla nella quale si riconoscono i volti di Alberto Moravia, Elsa Morante, Renato Guttuso e Carlo Levi. Intimano alla polizia di lasciarlo in libertà. In mezzo a quella folla una donna, Matilde Urrùtia, osserva e attende che si liberi anche il suo amore per Pablo. La scena si sposta a Capri nella villa di Edwin Cerio, dove i due amanti danno profondità e splendore a una passione segreta, sconvolgente e imprevedibile.
Vent’anni dopo in Cile, a Isla Negra, durante il golpe di Pinochet, altri militari bussano alla porta di Neruda e Matilde per minacciarne la libertà e la vita.
Un volo incrociato di voci racconta la storia di uno dei più popolari poeti del mondo, fra la leggenda dell’amore e la crudezza della Storia. Un volo incrociato di artisti, che si sono inseguiti per tanti anni cercando un tempo e un’occasione per ritrovarsi sul palco in una creazione comune.
Questi artisti ‘in cerca’ sono César Brie, Cristina Crippa ed Elio De Capitani, amici fraterni da cinquant’anni, dalle prime esperienze degli anni Settanta. Da allora sono seguite separazioni e nuovi incontri, secondo le tante odissee d’esule di César Brie e il suo peregrinare nel mondo – nei dieci anni di tour internazionali con l’Odin Teatret e nei venti al Teatro del Los Andes da lui fondato – un peregrinare nel quale rimaneva sempre fermo il legame con l’Italia e con il Teatro dell’Elfo. Quest’anno finalmente si è realizzata l’occasione: grazie alla passione comune per la storia narrata e per il romanzo di Ruggero Cappuccio, La prima luce di Neruda, che con maestria sa (arri)creare il mondo attraverso una scrittura sinestetica, capace di farsi immediatamente teatro nei corpi degli attori.
César Brie è il mediatore perfetto tra due mondi: Europa e Sud America. È l’artista migrante, maestro d’una forma teatrale che insegna al di qua e al di là dell’oceano, costruendo relazioni con un’infinità di allievi. Per Brie, Neruda è patria e idioma, stesso ‘amato-odiato’ rapporto con le radici e gli esìli, che lo hanno visto troppe volte costretto in fuga come il poeta.
Lo spettacolo, dunque, come il romanzo – adattato per la scena dallo stesso regista – accende i riflettori su due stagioni della vita di Pablo Neruda: la stagione dell’amore, delle speranze, di un mondo che si trasforma, e la stagione del buio, della violenza, della morte. Si insinua nella fisicità e nel mistero dei suoi personaggi per rovesciarne come un guanto la grazia e infiammarne la vitalissima esemplarità della memoria.
Per questo progetto il regista ha coinvolto due attori più giovani, Silvia Ferretti e Umberto Terruso, al fianco di Elio De Capitani e Cristina Crippa. I quattro interpreti si alternano nei ruoli principali del poeta e della sua amante nelle diverse età della vita (la giovinezza, quasi matura di Matilde e Pablo, quando si incontrano per la prima volta e i loro ultimi giorni insieme prima della morte). E si sdoppiano e moltiplicano per dare vita anche alle tante comparse che attraversano questo struggente percorso.
«Dietro la storia che raccontiamo se ne celano quindi altre», spiega César Brie nelle sue note. «Una lunga storia di amicizia tra artisti di teatro; una storia di passaggio di consegne tra generazioni. E infine la storia dei due attori (Elio e Cristina), uniti nella vita da cinquant’anni, che in questo lavoro affrontano il tema che tutti noi anziani dobbiamo affrontare: il commiato.
‘Perché mi guardi così, Pablo?’.
‘Ti sentirai sola?’.
‘No, quando non ti vedrò più, parlerò con te come se tu fossi davanti a me’.
Come diceva un poeta: nascere e morire insieme, come dovrebbero fare tutti gli amanti».
In una scena scarna, scandita da pochi elementi, i personaggi evocano stanze, treni, ospedali e strade e stazioni affollate. La regia orchestra azioni e relazioni facendo emergere tutta la poesia e la sensualità delle parole e dei corpi; corpi che si sfiorano, si toccano, si svelano, danzano il desiderio, incalzati o cullati dal canto dal vivo di Francesca Breschi, attrice e cantante dalla straordinaria vocalità (per anni compagna d’arte di Giovanna Marini nel suo Quartetto vocale).
 
«Il Cile ha una voce mitica», prosegue il regista parlando dell’aspetto musicale. «Si chiama Violeta Parra, morta suicida per amore nel 1967. Tutte le musiche, tranne una, vengono da lei, sia come autrice che come ricercatrice di musiche tradizionali. L’unica canzone che proviene da un’altra fonte è la canzone che introduce Capri, il luogo dell’amore di Pablo e Matilde, il luogo dove lui ideò (e pubblicò in modo anonimo) I versi del capitano, le poesie d’amore scritte per lei. Quella canzone, trovata dalla Breschi nella tradizione campana, è il leitmotiv della seconda parte del lavoro, quella che racconta Capri e l’agonia di Neruda. È una canzone d’amore, struggente, come è stata la loro storia».