Cultura & Gossip
GIFFONI - Ecco l'immagine del festival, un invito a "diventare umani"
22.05.2025 10:36 di Napoli Magazine

Diventare umani è una scelta. Richiede volontà, consapevolezza e responsabilità. È un percorso di crescita in cui impariamo a coltivare empatia, ascolto, pazienza e comprensione. Una sfida che ci chiama a riscoprire noi stessi e la nostra capacità di generare cambiamento, trasformazione, impatto positivo. È questo il filo conduttore scelto da Giffoni per la 55esima edizione del festival, in programma dal 17 al 26 luglio e dedicata agli oltre 5.000 juror provenienti da 30 Paesi. 

L’immagine ufficiale del 2025 – Becoming Human, diventare umani, realizzata dal direttore creativo di Giffoni, Luca Apolito – è una soglia visiva. Un volto giovane e antico al tempo stesso, diviso in due. Da un lato, l’identità riconoscibile, l’occhio limpido, un germoglio che cresce dalla spalla, un sole, un fiore, i segni di vita, calore e possibilità. Dall’altro lato, la vertigine di un percorso irregolare. Un labirinto si snoda come il pensiero quando cerca, si perde, si interroga. Lo schema del labirinto rende il volto incompleto per evocare la complessità dell’identità individuale, ma anche per ricordare che ogni percorso personale – con le sue esigenze, i suoi ritmi, le sue scelte – deve intrecciarsi con una storia più grande, quella collettiva, fatta di legami, memoria, responsabilità condivise. Diventare umani non è solo un fatto intimo, è anche un atto di appartenenza.

Il labirinto parla di un’identità non data, ma da costruire. Un’identità che si compie nel tempo e nella relazione con l’altro. È un simbolo antico, presente in miti e culture di ogni epoca. Non è un rompicapo da risolvere. È un rito di passaggio. Nella mitologia greca, Teseo lo esplora per affrontare il Minotauro, ma il vero avversario è spesso interiore, rappresenta la paura, il dubbio, il disorientamento. In molte tradizioni, il labirinto non conduce a una meta definitiva, ma accompagna chi lo attraversa verso una trasformazione.

Qui, nell’immagine di #Giffoni55, c’è il segno di un viaggio unico e necessario che ogni essere umano deve affrontare per diventare davvero se stesso. È diverso per ognuno, e nessuno può evitarlo. Non esiste un solo percorso, non esiste un punto d’arrivo definitivo. Al centro del percorso non c’è una risposta, ma un punto interrogativo. Ogni conquista si trasforma in nuova domanda, ogni esperienza apre nuovi sentieri.

Tra tutti gli elementi dell’immagine ce n’è uno che parla più forte, quello invisibile che si impone per un’assenza: la relazione. Nessun volto esiste da solo. Anche il labirinto più solitario è abitato da presenze, ricorda i passi di chi lo ha tracciato prima, l’ombra di chi ci cammina accanto, la prospettiva di chi lo attraverserà dopo. I legami invisibili tra una vita e l’altra, tra una storia e l’altra, sono l’ingrediente essenziale del nostro mondo. Non diventiamo umani da soli, diventiamo umani solo insieme. Nell’ascolto, nella cura, persino nel conflitto, ma nel dialogo, nella parola, nella domanda rivolta a un altro.

La luna e la stella sul lato del labirinto, simboli della notte e dell’ignoto. Il sole e il fiore sbocciato sul versante opposto, sul lato completo, chiaro, fertile e aperto. Il volto stesso è abitato da simboli che raccontano il nostro viaggio. La clessidra, per ricordarci che il tempo non è solo attesa ma costruzione; il libro, custode della memoria, del pensiero, delle storie che ci hanno formato. Due uccelli, uno naturale, uno tecnologico. Due simboli di un’umanità che sogna, ma anche inventa. Due creature in conflitto che cercano un equilibrio.

Diventare umani significa accettare che siamo costantemente chiamati ad una ricerca, sempre in costruzione. Ogni generazione deve continuare a chiedersi cosa significa essere umani, scegliere empatia invece di chiusura, immaginazione invece di automatismo. Viviamo spesso come alieni a noi stessi e agli altri, iperconnessi ma scollegati nelle emozioni, nei corpi, negli sguardi. Diventare umani significa anche riconoscere questa distanza, e tentare ogni giorno di colmarla.

In un’epoca che sembra premiare la risposta rapida, favorisce l’identità semplificata, che schiaccia e comprime le opinioni per farle entrare in un like, la proposta raccontata nell’immagine diventare umani è di accettare la complessità. È scegliere di avanzare per tentativi, contemplare l’errore come parte del percorso, vivere anche l’incertezza come condizione creativa.

Diventare umani non significa completare un tragitto, ma accettare che siamo sempre in cammino. Un atto di resistenza, una rivolta gentile contro l’omologazione. È il rifiuto di ridurre l’umano a comportamento predicibile o ad una condizione acquisita e definitiva.

Nell’immagine Becoming Human c’è questo invito invisibile. Questo volto non racconta chi siamo, ma chi potremmo diventare. È il volto di una generazione che non chiede verità semplici, ma occasioni di ricerca e di crescita.

È la nuova proposta di un festival che da 55 anni invita i giovani a interrogarsi, a creare, a condividere.

 

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GIFFONI - Ecco l'immagine del festival, un invito a "diventare umani"

di Napoli Magazine

22/05/2025 - 10:36

Diventare umani è una scelta. Richiede volontà, consapevolezza e responsabilità. È un percorso di crescita in cui impariamo a coltivare empatia, ascolto, pazienza e comprensione. Una sfida che ci chiama a riscoprire noi stessi e la nostra capacità di generare cambiamento, trasformazione, impatto positivo. È questo il filo conduttore scelto da Giffoni per la 55esima edizione del festival, in programma dal 17 al 26 luglio e dedicata agli oltre 5.000 juror provenienti da 30 Paesi. 

L’immagine ufficiale del 2025 – Becoming Human, diventare umani, realizzata dal direttore creativo di Giffoni, Luca Apolito – è una soglia visiva. Un volto giovane e antico al tempo stesso, diviso in due. Da un lato, l’identità riconoscibile, l’occhio limpido, un germoglio che cresce dalla spalla, un sole, un fiore, i segni di vita, calore e possibilità. Dall’altro lato, la vertigine di un percorso irregolare. Un labirinto si snoda come il pensiero quando cerca, si perde, si interroga. Lo schema del labirinto rende il volto incompleto per evocare la complessità dell’identità individuale, ma anche per ricordare che ogni percorso personale – con le sue esigenze, i suoi ritmi, le sue scelte – deve intrecciarsi con una storia più grande, quella collettiva, fatta di legami, memoria, responsabilità condivise. Diventare umani non è solo un fatto intimo, è anche un atto di appartenenza.

Il labirinto parla di un’identità non data, ma da costruire. Un’identità che si compie nel tempo e nella relazione con l’altro. È un simbolo antico, presente in miti e culture di ogni epoca. Non è un rompicapo da risolvere. È un rito di passaggio. Nella mitologia greca, Teseo lo esplora per affrontare il Minotauro, ma il vero avversario è spesso interiore, rappresenta la paura, il dubbio, il disorientamento. In molte tradizioni, il labirinto non conduce a una meta definitiva, ma accompagna chi lo attraversa verso una trasformazione.

Qui, nell’immagine di #Giffoni55, c’è il segno di un viaggio unico e necessario che ogni essere umano deve affrontare per diventare davvero se stesso. È diverso per ognuno, e nessuno può evitarlo. Non esiste un solo percorso, non esiste un punto d’arrivo definitivo. Al centro del percorso non c’è una risposta, ma un punto interrogativo. Ogni conquista si trasforma in nuova domanda, ogni esperienza apre nuovi sentieri.

Tra tutti gli elementi dell’immagine ce n’è uno che parla più forte, quello invisibile che si impone per un’assenza: la relazione. Nessun volto esiste da solo. Anche il labirinto più solitario è abitato da presenze, ricorda i passi di chi lo ha tracciato prima, l’ombra di chi ci cammina accanto, la prospettiva di chi lo attraverserà dopo. I legami invisibili tra una vita e l’altra, tra una storia e l’altra, sono l’ingrediente essenziale del nostro mondo. Non diventiamo umani da soli, diventiamo umani solo insieme. Nell’ascolto, nella cura, persino nel conflitto, ma nel dialogo, nella parola, nella domanda rivolta a un altro.

La luna e la stella sul lato del labirinto, simboli della notte e dell’ignoto. Il sole e il fiore sbocciato sul versante opposto, sul lato completo, chiaro, fertile e aperto. Il volto stesso è abitato da simboli che raccontano il nostro viaggio. La clessidra, per ricordarci che il tempo non è solo attesa ma costruzione; il libro, custode della memoria, del pensiero, delle storie che ci hanno formato. Due uccelli, uno naturale, uno tecnologico. Due simboli di un’umanità che sogna, ma anche inventa. Due creature in conflitto che cercano un equilibrio.

Diventare umani significa accettare che siamo costantemente chiamati ad una ricerca, sempre in costruzione. Ogni generazione deve continuare a chiedersi cosa significa essere umani, scegliere empatia invece di chiusura, immaginazione invece di automatismo. Viviamo spesso come alieni a noi stessi e agli altri, iperconnessi ma scollegati nelle emozioni, nei corpi, negli sguardi. Diventare umani significa anche riconoscere questa distanza, e tentare ogni giorno di colmarla.

In un’epoca che sembra premiare la risposta rapida, favorisce l’identità semplificata, che schiaccia e comprime le opinioni per farle entrare in un like, la proposta raccontata nell’immagine diventare umani è di accettare la complessità. È scegliere di avanzare per tentativi, contemplare l’errore come parte del percorso, vivere anche l’incertezza come condizione creativa.

Diventare umani non significa completare un tragitto, ma accettare che siamo sempre in cammino. Un atto di resistenza, una rivolta gentile contro l’omologazione. È il rifiuto di ridurre l’umano a comportamento predicibile o ad una condizione acquisita e definitiva.

Nell’immagine Becoming Human c’è questo invito invisibile. Questo volto non racconta chi siamo, ma chi potremmo diventare. È il volto di una generazione che non chiede verità semplici, ma occasioni di ricerca e di crescita.

È la nuova proposta di un festival che da 55 anni invita i giovani a interrogarsi, a creare, a condividere.