Cultura & Gossip
TEATRO SAN CARLO - Karel Mark Chichon con il chitarrista Gallardo del Rey in concerto sabato 10 giugno
09.06.2023 13:49 di Napoli Magazine

Prosegue la Stagione sinfonica del Teatro di San Carlo con un nuovo appuntamento in programma sabato 10 giugno alle ore 19.

 

Per l’occasione l’Orchestra del Massimo napoletano sarà diretta da Karel Mark Chichon. Solista nella prima parte sarà il celebre virtuoso di chitarra spagnolo José María Gallardo del Rey, per la prima volta al San Carlo.

 

La locandina della serata prevede l’esecuzione di Quattro Pasodobles con arrangiamento di Karel Mark Chichon, del  Concierto de Aranjuez per chitarra e orchestra di Joaquin Rodrigo, Prélude à l'après-midi d'un faune, L. 87 di Claude Debussy e in chiusura L'uccello di fuoco di Igor Stravinskij (versione del 1919).

 

Classe 1971 Karel Mark Chchon è originario di Gibilterra e si è formato alla Royal Academy of Music di Londra. È stato nominato Direttore Principale e Direttore Artistico dell'Orquesta Filarmónica de Gran Canaria e si esibisce regolarmente in sale da concerto come la Berlin Philharmonie, Musikverein Vienna, Konzerthaus Vienna, Concertgebouw Amsterdam, Royal Festival Hall London, Théâtre des Champs-Élysées Paris, Munich Philharmonie, Laeiszhalle Hamburg, Alter Oper Frankfurt, Great Hall of the Moscow Conservatory, Auditorio Nacional de Musica Madrid and Seoul Arts Center South Korea.

 

Sin dal suo debutto a Siviglia all'età di otto anni, Jose Maria Gallardo del Rey ha ottenuto il plauso di pubblico e critica sia come solista che come compositore. Da artista maturo con una profonda conoscenza di tutti gli aspetti della chitarra, arricchita anche dalla sua esperienza nel flamenco, è diventato per direttori e musicisti un autorevole punto di riferimento per questo strumento musicale oltre che solista molto richiesto dalle orchestre di tutto il mondo. Ha collaborato con direttori come Sir Neville Marriner, Philippe Entremont, Rafael Frübeck de Burgos, Ros Marbá, Garcia Asensio, Josep Pons, José Ramón Encinar, Leo Brouwer e Karel Mark Chichón e con orchestre come la Royal Philharmonic Orchestra, l’Orchestra RAI, Hong Kong Philharmonic, Ton Halle de Zurich, London Philharmonic Orchestra.

 

 

Guida all’ascolto

 

A cura di Ettore Scandolera

 

PARIGI CROCEVIA DI AUTORI DALLA SPAGNA ALLA RUSSIA

Sono presentate questa sera quattro composizioni nate tra fine Ottocento e i primi decenni del Novecento, quando Parigi era un vero crocevia per artisti e musicisti di tutto il mondo. In particolare, il ballo e le atmosfere iberiche furono di gran moda nella capitale francese, accanto alle proposte delle più estreme avanguardie artistiche, rappresentate bene dal circolo intorno ai Ballets Russes di Diaghilev cui appartenne Igor Stravinskij. Offriremo un percorso di guida all’ascolto di queste composizioni che possiamo considerare accomunate da questa ambientazione parigina.

 

Quattro Pasodobles  (nell’arrangiamento di Karel Mark Chichon)

 

Nel percorso storico della cultura di tradizione spagnola la danza ha rappresentato un elemento artistico di assoluto rilievo; dal Flamenco alla Jota sino al Pasodoble i cui primi esempi sono risalenti agli inizi del XX secolo. A differenza di quanto accaduto per le altre danze di tradizione, i ballerini costituiscono nel Pasodoble una costruzione avvenuta a posteriori rispetto alla musica che consisteva originariamente in un tappeto sonoro nato con lo scopo di accompagnare l’entrata delle quadriglie all’inizio della corrida con una musica potente, ritmica e coinvolgente. Furono i salotti parigini degli anni ’20 del secolo scorso ad esportare nel resto d’Europa questa danza ed a fare del Pasodoble uno dei balli da sala ancora oggi più diffusi ed apprezzati in tutto il mondo mantenendo immutate quelle sfumature di passione, teatralità e incisività ritmica che sin dalle sue origini l’hanno contraddistinto. Nel 1904 Santiago Lope (1871-1906) compose Gerona, un’opera dal carattere ritmico e melodicamente travolgente che preludiò ad una importante commissione avvenuta l’anno seguente consistente nello scrivere un Pasodoble in onore di un famoso torero per una corrida che si sarebbe svolta il 29 luglio di quello stesso anno in Plaza de Toros a Valencia. Lope compose per l’occasione quattro Pasodobles, ognuno dei quali dedicati ai quattro toreros che presero parte a quella manifestazione. Tra le opere nate per l’occasione spicca Gallito, scritto per Josè Gómez Ortega, storicamente considerato il torero più famoso di sempre. Di carattere differente, profondamente nostalgico e con una splendida melodia articolata in chiave minore è il Pasodoble Suspiros de Espana di Antonio Álvarez Alonso (1867-1903) in cui emergono i sospiri di una Spagna lontana, nostalgica e remota. A concludere il ciclo dei quattro presentati per il concerto odierno sarà El gato montès, danza direttamente estrapolata dall’opera in tre atti dall’identico titolo di Manuel Pennella Moreno (1880-1939).

 

Il Concierto de Aranjuez di Joaquin Rodrigo

 

Il Concierto de Aranjuez è senza alcun dubbio il più celebre Concerto per chitarra e orchestra ed una delle pagine più conosciute della storia della musica del Novecento. Fu composto da Joaquin Rodrigo (1901-1999) a Parigi nel 1939, in un’atmosfera sociale ancora tesa per le ultime vicissitudini della guerra civile spagnola e per l’imminente scoppio della Seconda guerra mondiale ed eseguito per la prima volta l’anno seguente a Barcellona il 9 novembre del 1940. L’autore dedicò questo lavoro a Regino Sainz de la Maza escludendo dal catalogo dei dedicatari, quasi inaspettatamente, il celebre interprete di Linares Andrès Segovia che non eseguì mai questa opera; preferì suonare la Fantasia para un Gentilhombre a lui espressamente dedicata dallo stesso compositore nel 1954. Il Concerto – scritto ispirandosi ai giardini del palazzo Reale di Aranjuez, residenza primaverile del Re Filippo II – è suddiviso classicamente in tre tempi: Allegro con spirito, Adagio, Allegro gentile. Il primo movimento, di grande spessore virtuosistico, dopo un’introduzione ricca di accordi in rasgueados affidata al solista, presenta un carattere vivace e ritmico, dal sapore fortemente ispanico, differente dalla profonda cantabilità che di lì a poco giungerà nel secondo tempo, l’Adagio, in cui vive una malinconia sublime, espressa dal tema principale con una semplicità mozartiana che riesce a colpire il cuore dell’ascoltatore più sensibile attraverso un dialogo tra solista ed orchestra che rende giustizia all’ impeccabile strumentazione messa in atto da Rodrigo: è alquanto raro riscontrare nel repertorio delle sei corde un Concerto che riesca ad equilibrare il timbro della chitarra con il peso di un’intera orchestra. L’ultimo tempo, l’Allegro gentile, fu descritto dallo stesso autore come la traduzione in musica di un ballo cortigiano in cui i tempi ternari e binari si intrecciavano costantemente nell’articolazione del movimento sino al raggiungimento della corona conclusiva.

 

Il Prélude à l’après-midi d’un faune di Claude Debussy (L.87)

 

A cavaliere tra il 1892 e il 1894 un Claude Debussy (1862-1918) appena trentenne compose il Prélude à l’après-midi d’un faune, concepito per ampio organico e ispirato dall’Après-midi d’un faune, egloga del poeta simbolista Stéphane Mallarmé, il cui obiettivo finale era racchiuso nella volontà di accompagnare la lettura del testo con un brano musicale che riuscisse, non solo nelle intenzioni, ad anticipare il clima espressivo del componimento letterario. Alla prima esecuzione, avvenuta privatamente a casa Debussy nella primavera del 1893 dinanzi alla presenza del poeta Mallarmé, ne seguì una seconda, ufficiale, presso la Salle d’Harcourt, il 22 dicembre 1894, con un pubblico che rimase fortemente entusiasta tanto da richiedere un bis in deroga ai regolamenti dell’istituzione concertistica. Era l’inizio di quel successo che in poco tempo avrebbe sparso nella Parigi di fin de siècle la debussyste una sorta di morbo incurabile che portava la musica del compositore francese sulla bocca di tutti, nel bene e nel male. L’arte da lui presentata aveva donato agli ascoltatori una novità assoluta, vale a dire una trascrizione musicale di quell’estetica di parole tutte velate e nascoste, con cui Mallarmé stava plasmando l’identità della cultura francese di fine Ottocento oramai consapevole dell’inesorabile fallimento del Positivismo: la ricerca scientifica, per quanto coronata da sfolgoranti successi non poteva certamente giungere ad illuminare gli interrogativi più profondi dell’uomo ed a dare un senso alla vita e alla morte.  Con il Prélude à l’après-midi d’un faune Debussy coronò una mediazione assoluta tra le istanze espressioniste respirate in ambito artistico e la sensibilità simbolista nata in campo letterario merito anche e soprattutto del suono, che sia singolo, isolato o raggruppato in grandi agglomerati, era divenuto ormai il punto focale della sua attenzione: un suono che dal silenzio nasce ed al silenzio ritorna. Un suono di cui deliberare con cura tutte le molteplici vibrazioni in un flusso temporale sgretolato e senza confini come la sua musica.

 

L’uccello di fuoco di Igor Stravinskij

 

La Parigi del primo Novecento, patria dell’espressionismo e del simbolismo, rappresentava per i musicisti ed artisti emergenti un luogo di grande fermento culturale, ricco di nuove idee e stimoli, ideale per inaugurare una nuova carriera sotto i riflettori. Dopo aver studiato nella nativa Pietroburgo con Rimskij-Korsakov, Igor Stravinskij (1882-1971) raggiunse la capitale francese nel 1909 dando inizio a quel periodo della sua carriera definito a posteriori dalla critica come “russo” poiché in esso l’autore ripensò in maniera profondamente personale la musica del folklore della sua nazione. A giustificare ulteriormente questa denominazione fu la sua stessa produzione di quegli anni destinata ai Balletti Russi che Diaghilev allestiva nel capoluogo francese. È dall’interno di questa produzione che nasce l’Uccello di Fuoco, eseguito per la prima volta all’Opera di Parigi il 25 giugno del 1910, che reca in sé la sintesi di tutte le esperienze compositive degli anni precedenti dell’autore, orientato ormai alla realizzazione di un nuovo stile russo nel tentativo di superare quell’impressionismo musicale oramai considerato figlio di un remoto passato. Il linguaggio musicale di questa partitura (la seconda suite del 1919, la più diffusa ed anche quella scelta per il concerto odierno), oltre a recare importanti ritocchi all’orchestrazione, è fortemente incentrato nella realizzazione di un mondo sonoro totalmente inedito, basato quasi sempre su scale modali, anche desunte dal folklore russo e non più tonali, su una vivacità ritmica i cui accenti si dissociano nettamente dalla scansione metrica e dalle durate,  costruito su una struttura a blocchi contrapposti che non lascia spazio all’elaborazione tematica o ad uno sviluppo tradizionale. Ispirata ad una fiaba russa, la storia vede lo scontro tra due elementi antitetici: un mago immortale di nome Kasej, simbolo del male, e l’Uccello di fuoco, in rappresentanza della forza assoluta del bene.

 

 

Teatro di San Carlo
sabato 10 giugno 2023, ore 19:00

 

KAREL MARK CHICHON


Direttore | | Karel Mark Chichon
Chitarra | José María Gallardo del Rey?

 

Programma

Quattro Pasodobles con arrangiamento di Karel Mark Chichon:
Santiago LopeGallito
Antonio ÁlvarezSuspiros de España
Santiago LopeGerona
Manuel PenellaEl gato montés

 

Joaquín Rodrigo
Concierto de Aranjuez per chitarra e orchestra

 

Claude Debussy
Prélude à l'après-midi d'un faune, L. 87

 

Igor Stravinskij
L'uccello di fuoco, seconda suite (versione del 1919)
 

              

? debutto al Teatro San Carlo

 

Orchestra del Teatro di San Carlo

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TEATRO SAN CARLO - Karel Mark Chichon con il chitarrista Gallardo del Rey in concerto sabato 10 giugno

di Napoli Magazine

09/06/2024 - 13:49

Prosegue la Stagione sinfonica del Teatro di San Carlo con un nuovo appuntamento in programma sabato 10 giugno alle ore 19.

 

Per l’occasione l’Orchestra del Massimo napoletano sarà diretta da Karel Mark Chichon. Solista nella prima parte sarà il celebre virtuoso di chitarra spagnolo José María Gallardo del Rey, per la prima volta al San Carlo.

 

La locandina della serata prevede l’esecuzione di Quattro Pasodobles con arrangiamento di Karel Mark Chichon, del  Concierto de Aranjuez per chitarra e orchestra di Joaquin Rodrigo, Prélude à l'après-midi d'un faune, L. 87 di Claude Debussy e in chiusura L'uccello di fuoco di Igor Stravinskij (versione del 1919).

 

Classe 1971 Karel Mark Chchon è originario di Gibilterra e si è formato alla Royal Academy of Music di Londra. È stato nominato Direttore Principale e Direttore Artistico dell'Orquesta Filarmónica de Gran Canaria e si esibisce regolarmente in sale da concerto come la Berlin Philharmonie, Musikverein Vienna, Konzerthaus Vienna, Concertgebouw Amsterdam, Royal Festival Hall London, Théâtre des Champs-Élysées Paris, Munich Philharmonie, Laeiszhalle Hamburg, Alter Oper Frankfurt, Great Hall of the Moscow Conservatory, Auditorio Nacional de Musica Madrid and Seoul Arts Center South Korea.

 

Sin dal suo debutto a Siviglia all'età di otto anni, Jose Maria Gallardo del Rey ha ottenuto il plauso di pubblico e critica sia come solista che come compositore. Da artista maturo con una profonda conoscenza di tutti gli aspetti della chitarra, arricchita anche dalla sua esperienza nel flamenco, è diventato per direttori e musicisti un autorevole punto di riferimento per questo strumento musicale oltre che solista molto richiesto dalle orchestre di tutto il mondo. Ha collaborato con direttori come Sir Neville Marriner, Philippe Entremont, Rafael Frübeck de Burgos, Ros Marbá, Garcia Asensio, Josep Pons, José Ramón Encinar, Leo Brouwer e Karel Mark Chichón e con orchestre come la Royal Philharmonic Orchestra, l’Orchestra RAI, Hong Kong Philharmonic, Ton Halle de Zurich, London Philharmonic Orchestra.

 

 

Guida all’ascolto

 

A cura di Ettore Scandolera

 

PARIGI CROCEVIA DI AUTORI DALLA SPAGNA ALLA RUSSIA

Sono presentate questa sera quattro composizioni nate tra fine Ottocento e i primi decenni del Novecento, quando Parigi era un vero crocevia per artisti e musicisti di tutto il mondo. In particolare, il ballo e le atmosfere iberiche furono di gran moda nella capitale francese, accanto alle proposte delle più estreme avanguardie artistiche, rappresentate bene dal circolo intorno ai Ballets Russes di Diaghilev cui appartenne Igor Stravinskij. Offriremo un percorso di guida all’ascolto di queste composizioni che possiamo considerare accomunate da questa ambientazione parigina.

 

Quattro Pasodobles  (nell’arrangiamento di Karel Mark Chichon)

 

Nel percorso storico della cultura di tradizione spagnola la danza ha rappresentato un elemento artistico di assoluto rilievo; dal Flamenco alla Jota sino al Pasodoble i cui primi esempi sono risalenti agli inizi del XX secolo. A differenza di quanto accaduto per le altre danze di tradizione, i ballerini costituiscono nel Pasodoble una costruzione avvenuta a posteriori rispetto alla musica che consisteva originariamente in un tappeto sonoro nato con lo scopo di accompagnare l’entrata delle quadriglie all’inizio della corrida con una musica potente, ritmica e coinvolgente. Furono i salotti parigini degli anni ’20 del secolo scorso ad esportare nel resto d’Europa questa danza ed a fare del Pasodoble uno dei balli da sala ancora oggi più diffusi ed apprezzati in tutto il mondo mantenendo immutate quelle sfumature di passione, teatralità e incisività ritmica che sin dalle sue origini l’hanno contraddistinto. Nel 1904 Santiago Lope (1871-1906) compose Gerona, un’opera dal carattere ritmico e melodicamente travolgente che preludiò ad una importante commissione avvenuta l’anno seguente consistente nello scrivere un Pasodoble in onore di un famoso torero per una corrida che si sarebbe svolta il 29 luglio di quello stesso anno in Plaza de Toros a Valencia. Lope compose per l’occasione quattro Pasodobles, ognuno dei quali dedicati ai quattro toreros che presero parte a quella manifestazione. Tra le opere nate per l’occasione spicca Gallito, scritto per Josè Gómez Ortega, storicamente considerato il torero più famoso di sempre. Di carattere differente, profondamente nostalgico e con una splendida melodia articolata in chiave minore è il Pasodoble Suspiros de Espana di Antonio Álvarez Alonso (1867-1903) in cui emergono i sospiri di una Spagna lontana, nostalgica e remota. A concludere il ciclo dei quattro presentati per il concerto odierno sarà El gato montès, danza direttamente estrapolata dall’opera in tre atti dall’identico titolo di Manuel Pennella Moreno (1880-1939).

 

Il Concierto de Aranjuez di Joaquin Rodrigo

 

Il Concierto de Aranjuez è senza alcun dubbio il più celebre Concerto per chitarra e orchestra ed una delle pagine più conosciute della storia della musica del Novecento. Fu composto da Joaquin Rodrigo (1901-1999) a Parigi nel 1939, in un’atmosfera sociale ancora tesa per le ultime vicissitudini della guerra civile spagnola e per l’imminente scoppio della Seconda guerra mondiale ed eseguito per la prima volta l’anno seguente a Barcellona il 9 novembre del 1940. L’autore dedicò questo lavoro a Regino Sainz de la Maza escludendo dal catalogo dei dedicatari, quasi inaspettatamente, il celebre interprete di Linares Andrès Segovia che non eseguì mai questa opera; preferì suonare la Fantasia para un Gentilhombre a lui espressamente dedicata dallo stesso compositore nel 1954. Il Concerto – scritto ispirandosi ai giardini del palazzo Reale di Aranjuez, residenza primaverile del Re Filippo II – è suddiviso classicamente in tre tempi: Allegro con spirito, Adagio, Allegro gentile. Il primo movimento, di grande spessore virtuosistico, dopo un’introduzione ricca di accordi in rasgueados affidata al solista, presenta un carattere vivace e ritmico, dal sapore fortemente ispanico, differente dalla profonda cantabilità che di lì a poco giungerà nel secondo tempo, l’Adagio, in cui vive una malinconia sublime, espressa dal tema principale con una semplicità mozartiana che riesce a colpire il cuore dell’ascoltatore più sensibile attraverso un dialogo tra solista ed orchestra che rende giustizia all’ impeccabile strumentazione messa in atto da Rodrigo: è alquanto raro riscontrare nel repertorio delle sei corde un Concerto che riesca ad equilibrare il timbro della chitarra con il peso di un’intera orchestra. L’ultimo tempo, l’Allegro gentile, fu descritto dallo stesso autore come la traduzione in musica di un ballo cortigiano in cui i tempi ternari e binari si intrecciavano costantemente nell’articolazione del movimento sino al raggiungimento della corona conclusiva.

 

Il Prélude à l’après-midi d’un faune di Claude Debussy (L.87)

 

A cavaliere tra il 1892 e il 1894 un Claude Debussy (1862-1918) appena trentenne compose il Prélude à l’après-midi d’un faune, concepito per ampio organico e ispirato dall’Après-midi d’un faune, egloga del poeta simbolista Stéphane Mallarmé, il cui obiettivo finale era racchiuso nella volontà di accompagnare la lettura del testo con un brano musicale che riuscisse, non solo nelle intenzioni, ad anticipare il clima espressivo del componimento letterario. Alla prima esecuzione, avvenuta privatamente a casa Debussy nella primavera del 1893 dinanzi alla presenza del poeta Mallarmé, ne seguì una seconda, ufficiale, presso la Salle d’Harcourt, il 22 dicembre 1894, con un pubblico che rimase fortemente entusiasta tanto da richiedere un bis in deroga ai regolamenti dell’istituzione concertistica. Era l’inizio di quel successo che in poco tempo avrebbe sparso nella Parigi di fin de siècle la debussyste una sorta di morbo incurabile che portava la musica del compositore francese sulla bocca di tutti, nel bene e nel male. L’arte da lui presentata aveva donato agli ascoltatori una novità assoluta, vale a dire una trascrizione musicale di quell’estetica di parole tutte velate e nascoste, con cui Mallarmé stava plasmando l’identità della cultura francese di fine Ottocento oramai consapevole dell’inesorabile fallimento del Positivismo: la ricerca scientifica, per quanto coronata da sfolgoranti successi non poteva certamente giungere ad illuminare gli interrogativi più profondi dell’uomo ed a dare un senso alla vita e alla morte.  Con il Prélude à l’après-midi d’un faune Debussy coronò una mediazione assoluta tra le istanze espressioniste respirate in ambito artistico e la sensibilità simbolista nata in campo letterario merito anche e soprattutto del suono, che sia singolo, isolato o raggruppato in grandi agglomerati, era divenuto ormai il punto focale della sua attenzione: un suono che dal silenzio nasce ed al silenzio ritorna. Un suono di cui deliberare con cura tutte le molteplici vibrazioni in un flusso temporale sgretolato e senza confini come la sua musica.

 

L’uccello di fuoco di Igor Stravinskij

 

La Parigi del primo Novecento, patria dell’espressionismo e del simbolismo, rappresentava per i musicisti ed artisti emergenti un luogo di grande fermento culturale, ricco di nuove idee e stimoli, ideale per inaugurare una nuova carriera sotto i riflettori. Dopo aver studiato nella nativa Pietroburgo con Rimskij-Korsakov, Igor Stravinskij (1882-1971) raggiunse la capitale francese nel 1909 dando inizio a quel periodo della sua carriera definito a posteriori dalla critica come “russo” poiché in esso l’autore ripensò in maniera profondamente personale la musica del folklore della sua nazione. A giustificare ulteriormente questa denominazione fu la sua stessa produzione di quegli anni destinata ai Balletti Russi che Diaghilev allestiva nel capoluogo francese. È dall’interno di questa produzione che nasce l’Uccello di Fuoco, eseguito per la prima volta all’Opera di Parigi il 25 giugno del 1910, che reca in sé la sintesi di tutte le esperienze compositive degli anni precedenti dell’autore, orientato ormai alla realizzazione di un nuovo stile russo nel tentativo di superare quell’impressionismo musicale oramai considerato figlio di un remoto passato. Il linguaggio musicale di questa partitura (la seconda suite del 1919, la più diffusa ed anche quella scelta per il concerto odierno), oltre a recare importanti ritocchi all’orchestrazione, è fortemente incentrato nella realizzazione di un mondo sonoro totalmente inedito, basato quasi sempre su scale modali, anche desunte dal folklore russo e non più tonali, su una vivacità ritmica i cui accenti si dissociano nettamente dalla scansione metrica e dalle durate,  costruito su una struttura a blocchi contrapposti che non lascia spazio all’elaborazione tematica o ad uno sviluppo tradizionale. Ispirata ad una fiaba russa, la storia vede lo scontro tra due elementi antitetici: un mago immortale di nome Kasej, simbolo del male, e l’Uccello di fuoco, in rappresentanza della forza assoluta del bene.

 

 

Teatro di San Carlo
sabato 10 giugno 2023, ore 19:00

 

KAREL MARK CHICHON


Direttore | | Karel Mark Chichon
Chitarra | José María Gallardo del Rey?

 

Programma

Quattro Pasodobles con arrangiamento di Karel Mark Chichon:
Santiago LopeGallito
Antonio ÁlvarezSuspiros de España
Santiago LopeGerona
Manuel PenellaEl gato montés

 

Joaquín Rodrigo
Concierto de Aranjuez per chitarra e orchestra

 

Claude Debussy
Prélude à l'après-midi d'un faune, L. 87

 

Igor Stravinskij
L'uccello di fuoco, seconda suite (versione del 1919)
 

              

? debutto al Teatro San Carlo

 

Orchestra del Teatro di San Carlo