In Evidenza
Calcio, Maggio, artigiano della fascia: "Papa' mi insegno' a costruire oggetti, lo faccio pure a Napoli"
06.04.2012 04:47 di Napoli Magazine Fonte: La Gazzetta dello Sport


DIMARO - Una storia scritta sulla linea di gesso. La fascia laterale come metafora di vita: lunga, piena di luce e insidie, a volte intravedi il fondo, a volte ti arriva addosso un macigno sotto forma di difensore e devi schivarlo. Può farcela «un vagabondo che son io…» , canterebbe lui, come uno dei Nomadi, eletto a gruppo preferito. Ma se Christian Maggio non fosse stato il trattore che è, e non avesse avuto polmoni d’acciaio e piedi educati, a quest’ora sarebbe probabilmente protagonista in una falegnameria, o avrebbe un reparto tutto suo in un «Brico Center» di Montecchio. Perché il motore del Napoli è un umanissimo eroe, campione di semplicità: costruire un tavolo, erigere un muro o cesellare un vaso sono doni congeniali di un orgoglioso figlio di operai, papà Angelo e mamma Clorinda, «che si sono sempre saputi arrangiare e hanno avuto lavoro e sudore come loro prerogativa di vita» . Ferri del mestiere Una passione in cui riscoprire il passato e la gioia delle piccole cose semplici. Come il sabato sera in discoteca dopo una settimana di lavoro. Come lo sguardo ingenuo di quella che sarebbe stata la futura moglie, Valeria, conosciuta ad una festa di paese 15 anni fa e da cui non si è più separato: un talismano, lei, con cui è andato in Polinesia l’anno scorso e nel Grand Canyon prima del ritiro di Dimaro, grandi scoperte vissute con gli occhi affamati della vita. «Siamo sposati da un anno e 2 mesi e ci piace la vita tranquilla, penso di essere un ragazzo positivo, che sa divertirsi nel modo giusto. A Montecchio ho una falegnameria tutta mia, con arnesi, pialle, seghetti, e mi diverto non solo col “ Fai da te” ma pure col giardinaggio. A Genova avevo un laboratorio, anche a Napoli faccio tanti lavoretti, come faceva mio padre Angelo, che non c’è più. Forse è qualcosa che ho ereditato da lui, ed è anche un modo per ricordarlo» .



Figlio mio - Nelle preghiere prima di ogni sfida, ci sarà pure papà e tutte le persone a cui vuol bene e vuol proteggere. Quando Christian torna casa, i fratelli più grandi Paolo (allenatore in una scuola calcio), Maurizio (carabiniere) e Denis (operaio) lo abbracciano come il gioiello di casa e l’enfant prodige di sempre, la mamma Clorinda gli prepara i «Bigoli» , spaghetti fatti in casa, e lo rimpinza vedendolo così asciutto e tirato a causa degli allenamenti durissimi di Mazzarri… «Mi dice sempre così, mangia che sei magro e io prendo primo, secondo, dolce, esco sempre di casa portando con me i sapori di casa» . Così l’esterno azzurro segue i fili di un passato lontano che riesce a tenere insieme anche sotto i riflettori della ribalta e della Champions: dentro ci sono i grandi amici d’infanzia, Stefano e Marco, i pochi del calcio, Luca Ariatti e Christian Zenoni, e tutti quei ragazzi con cui è cresciuto a Montecchio dove è riuscito nonostante il calcio a conseguire il diploma di perito elettromeccanico.



Nel cassetto - Divide la camera con Dzemaili («Lo sto preparando per bene a ciò che lo aspetta al San Paolo…» ), non gli piace Facebook, in tv segue i motori, a Napoli viaggia con una Smart e nemmeno per l’abbigliamento spende cifre folli come altri suoi colleghi. Si farà, questo sì, un tatuaggio per la Champions, «se dovessimo arrivare lontano come cercheremo di fare a tutti i costi» , e due sogni ce li ha, puliti e semplici come tanti ragazzi di provincia: «Vorrei correre la maratona di New York un giorno e magari vincerla e tra 10 anni mi vedo padre in una famiglia piena di bimbi» . Il Napoli ha trovato il suo Angelo della fascia: attraverso un lungo apprendistato, tra infortuni feroci al ginocchio e risalite poderose, l’operaio specializzato in cross e rovesciate da Champions è diventato un campione nobile che anche da ricco ha mantenuto il suo ego asciutto e senza fronzoli. Grazie a lui la classe operaia è volata in paradiso. «E grazie a lei, Valeria, che mi ha sempre aiutato nei momenti difficili: per questo le dedico “ A te” di Jovanotti, l'altra mia canzone preferita» .



 


ULTIMISSIME IN EVIDENZA
TUTTE LE ULTIMISSIME
NOTIZIE SUCCESSIVE >>>
Calcio, Maggio, artigiano della fascia: "Papa' mi insegno' a costruire oggetti, lo faccio pure a Napoli"

di Napoli Magazine

06/04/2012 - 04:47


DIMARO - Una storia scritta sulla linea di gesso. La fascia laterale come metafora di vita: lunga, piena di luce e insidie, a volte intravedi il fondo, a volte ti arriva addosso un macigno sotto forma di difensore e devi schivarlo. Può farcela «un vagabondo che son io…» , canterebbe lui, come uno dei Nomadi, eletto a gruppo preferito. Ma se Christian Maggio non fosse stato il trattore che è, e non avesse avuto polmoni d’acciaio e piedi educati, a quest’ora sarebbe probabilmente protagonista in una falegnameria, o avrebbe un reparto tutto suo in un «Brico Center» di Montecchio. Perché il motore del Napoli è un umanissimo eroe, campione di semplicità: costruire un tavolo, erigere un muro o cesellare un vaso sono doni congeniali di un orgoglioso figlio di operai, papà Angelo e mamma Clorinda, «che si sono sempre saputi arrangiare e hanno avuto lavoro e sudore come loro prerogativa di vita» . Ferri del mestiere Una passione in cui riscoprire il passato e la gioia delle piccole cose semplici. Come il sabato sera in discoteca dopo una settimana di lavoro. Come lo sguardo ingenuo di quella che sarebbe stata la futura moglie, Valeria, conosciuta ad una festa di paese 15 anni fa e da cui non si è più separato: un talismano, lei, con cui è andato in Polinesia l’anno scorso e nel Grand Canyon prima del ritiro di Dimaro, grandi scoperte vissute con gli occhi affamati della vita. «Siamo sposati da un anno e 2 mesi e ci piace la vita tranquilla, penso di essere un ragazzo positivo, che sa divertirsi nel modo giusto. A Montecchio ho una falegnameria tutta mia, con arnesi, pialle, seghetti, e mi diverto non solo col “ Fai da te” ma pure col giardinaggio. A Genova avevo un laboratorio, anche a Napoli faccio tanti lavoretti, come faceva mio padre Angelo, che non c’è più. Forse è qualcosa che ho ereditato da lui, ed è anche un modo per ricordarlo» .



Figlio mio - Nelle preghiere prima di ogni sfida, ci sarà pure papà e tutte le persone a cui vuol bene e vuol proteggere. Quando Christian torna casa, i fratelli più grandi Paolo (allenatore in una scuola calcio), Maurizio (carabiniere) e Denis (operaio) lo abbracciano come il gioiello di casa e l’enfant prodige di sempre, la mamma Clorinda gli prepara i «Bigoli» , spaghetti fatti in casa, e lo rimpinza vedendolo così asciutto e tirato a causa degli allenamenti durissimi di Mazzarri… «Mi dice sempre così, mangia che sei magro e io prendo primo, secondo, dolce, esco sempre di casa portando con me i sapori di casa» . Così l’esterno azzurro segue i fili di un passato lontano che riesce a tenere insieme anche sotto i riflettori della ribalta e della Champions: dentro ci sono i grandi amici d’infanzia, Stefano e Marco, i pochi del calcio, Luca Ariatti e Christian Zenoni, e tutti quei ragazzi con cui è cresciuto a Montecchio dove è riuscito nonostante il calcio a conseguire il diploma di perito elettromeccanico.



Nel cassetto - Divide la camera con Dzemaili («Lo sto preparando per bene a ciò che lo aspetta al San Paolo…» ), non gli piace Facebook, in tv segue i motori, a Napoli viaggia con una Smart e nemmeno per l’abbigliamento spende cifre folli come altri suoi colleghi. Si farà, questo sì, un tatuaggio per la Champions, «se dovessimo arrivare lontano come cercheremo di fare a tutti i costi» , e due sogni ce li ha, puliti e semplici come tanti ragazzi di provincia: «Vorrei correre la maratona di New York un giorno e magari vincerla e tra 10 anni mi vedo padre in una famiglia piena di bimbi» . Il Napoli ha trovato il suo Angelo della fascia: attraverso un lungo apprendistato, tra infortuni feroci al ginocchio e risalite poderose, l’operaio specializzato in cross e rovesciate da Champions è diventato un campione nobile che anche da ricco ha mantenuto il suo ego asciutto e senza fronzoli. Grazie a lui la classe operaia è volata in paradiso. «E grazie a lei, Valeria, che mi ha sempre aiutato nei momenti difficili: per questo le dedico “ A te” di Jovanotti, l'altra mia canzone preferita» .



 


Fonte: La Gazzetta dello Sport