Alfonso Santarpia, professore di psicologia clinica all’Università di Sherbrooke in Canada, tifoso azzurro, scrive a "Napoli Magazine" dopo la vittoria del quarto scudetto del Napoli: "In queste ore infiammate dalla vittoria, Napoli non è soltanto una squadra, ma un corpo vivo che vibra all’unisono con milioni di cuori sparsi nel mondo. È come se, per un istante, il tempo si fosse piegato al desiderio collettivo di esistere pienamente. Vincere lo scudetto, per il tifoso napoletano, non è un fatto sportivo: è un’esplosione esistenziale. Una resurrezione pagana. È il trionfo della vita sulla rassegnazione, della festa sullo smarrimento, del desiderio sul disincanto.
La napoletanità si manifesta qui in tutta la sua tensione arcaica: godente, panica, viscerale. Una città che ama fino a perdere sé stessa e che solo nell’eccesso ritrova il suo centro. Ma tra le immagini dei cori, delle bandiere, delle danze di piazza e dei fuochi d’artificio, pulsa anche un’altra Napoli, meno visibile ma altrettanto potente: quella di chi è partito. Di chi ha cercato altrove un luogo per esprimersi, crescere, vivere.
C’è una bellezza sottile e struggente in questo silenzio degli assenti, in quella gioia che si vive da lontano, nel rammarico dolce di non essere lì. Perché Napoli si porta dentro, come una lingua segreta, come un cuore che pulsa anche senza essere visto. E se si potesse ascoltare questo silenzio, forse racconterebbe di un desiderio: quello di una città in cui si possa non solo festeggiare, ma anche costruire. Dove il ritorno non sia un sogno malinconico, ma una possibilità concreta.
In questa speranza di un nuovo destino si inscrivono la lungimiranza e la programmazione di De Laurentiis, la costanza, il sacrificio e la bellezza del «faticare» di Conte, e il sogno condiviso che questa energia collettiva possa ispirare anche chi si occupa della vita quotidiana della città: perché la Napoli che vince sul campo possa essere anche quella che fiorisce nei trasporti, nell’istruzione, nei luoghi pubblici, nel quotidiano. Un sentimento così potente merita radici, cura e orizzonti.
È ora, nel trionfo, che possiamo immaginare un’altra festa: quella della costanza quotidiana, del trasporto pubblico che funziona, della bellezza coltivata ogni giorno come un rito. Perché la vittoria non è solo dell’eroe, ma anche del gregario, dell’operaio, del professore, dell’infermiera, di chi resta e tiene accesa la fiammella del possibile. Napoli ha vinto. Ma la sua sfida più grande è fare in modo che questa ebbrezza non si dissolva come un canto nel vento, ma diventi un nuovo desiderio di vivere, di tornare, di restare. Perché la vera vittoria è quando la festa non finisce, ma si trasforma in futuro".
di Napoli Magazine
25/05/2025 - 11:08
Alfonso Santarpia, professore di psicologia clinica all’Università di Sherbrooke in Canada, tifoso azzurro, scrive a "Napoli Magazine" dopo la vittoria del quarto scudetto del Napoli: "In queste ore infiammate dalla vittoria, Napoli non è soltanto una squadra, ma un corpo vivo che vibra all’unisono con milioni di cuori sparsi nel mondo. È come se, per un istante, il tempo si fosse piegato al desiderio collettivo di esistere pienamente. Vincere lo scudetto, per il tifoso napoletano, non è un fatto sportivo: è un’esplosione esistenziale. Una resurrezione pagana. È il trionfo della vita sulla rassegnazione, della festa sullo smarrimento, del desiderio sul disincanto.
La napoletanità si manifesta qui in tutta la sua tensione arcaica: godente, panica, viscerale. Una città che ama fino a perdere sé stessa e che solo nell’eccesso ritrova il suo centro. Ma tra le immagini dei cori, delle bandiere, delle danze di piazza e dei fuochi d’artificio, pulsa anche un’altra Napoli, meno visibile ma altrettanto potente: quella di chi è partito. Di chi ha cercato altrove un luogo per esprimersi, crescere, vivere.
C’è una bellezza sottile e struggente in questo silenzio degli assenti, in quella gioia che si vive da lontano, nel rammarico dolce di non essere lì. Perché Napoli si porta dentro, come una lingua segreta, come un cuore che pulsa anche senza essere visto. E se si potesse ascoltare questo silenzio, forse racconterebbe di un desiderio: quello di una città in cui si possa non solo festeggiare, ma anche costruire. Dove il ritorno non sia un sogno malinconico, ma una possibilità concreta.
In questa speranza di un nuovo destino si inscrivono la lungimiranza e la programmazione di De Laurentiis, la costanza, il sacrificio e la bellezza del «faticare» di Conte, e il sogno condiviso che questa energia collettiva possa ispirare anche chi si occupa della vita quotidiana della città: perché la Napoli che vince sul campo possa essere anche quella che fiorisce nei trasporti, nell’istruzione, nei luoghi pubblici, nel quotidiano. Un sentimento così potente merita radici, cura e orizzonti.
È ora, nel trionfo, che possiamo immaginare un’altra festa: quella della costanza quotidiana, del trasporto pubblico che funziona, della bellezza coltivata ogni giorno come un rito. Perché la vittoria non è solo dell’eroe, ma anche del gregario, dell’operaio, del professore, dell’infermiera, di chi resta e tiene accesa la fiammella del possibile. Napoli ha vinto. Ma la sua sfida più grande è fare in modo che questa ebbrezza non si dissolva come un canto nel vento, ma diventi un nuovo desiderio di vivere, di tornare, di restare. Perché la vera vittoria è quando la festa non finisce, ma si trasforma in futuro".