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IL GRAFFIO - Corbo: "Il Napoli e il rinnovo di Insigne: firmare o non parlarne fino a maggio"
18.10.2021 10:21 di Napoli Magazine Fonte: Antonio Corbo per "Il Graffio" di Repubblica

Con la vittoria nel nome e nel destino, Osimhen salta fino al piano attico per girare con il suo testone dorato la palla magica. È il suo quinto gol, fissa l’ottava vittoria consecutiva della squadra, salda al vertice il Napoli che resiste alla rimonta del Milan, ma da lassù con quel volo d’impeto Victor Osimhen smina anche il campo dal pericolo più temibile. Insigne suo malgrado lo aveva piantato in area al minuto 26. Il rigore, con quello scarabocchio spedito sulla mano sinistra di Milinkovic Savic, stava per far esplodere un caso. Il secondo errore consecutivo, il sesto sui 26 calciati in carriera, poteva essere fuorviante per un Napoli che filava vincendo da sette partite. Questa è l’ottava. Osimhen nel finale sventa invece ogni rischio: il Napoli poteva arenarsi tra polemiche e rimorsi. Quella oziosa trattativa sul rinnovo del contratto rimane comunque un retroscena che lo staff del giocatore e il presidente non possono più trascurare. Da quest’anno, con il contratto che scade, Insigne gioca un campionato triplo. Per la squadra, per sé, per l’ambiente. Per ogni suo gol, ogni suo assist, ogni suo tiro, per ogni suo errore c’è sempre una lettura di fatale ambiguità. I commenti, in positivo e in negativo, sono riconducibili sempre ad un accordo indefinito, Insigne vive e vince tra cose sospese, sillabe tronche, sospiri, allusioni. Rimane, non rimane, si può sapere qual è il futuro del giocatore simbolo del Napoli? Recita la sua incompiuta felicità, esce dal campo con smorfie amare, scalcia bottiglie di plastica e ciuffi d’erba. Il diritto alla sua serenità, con riflessi immediati sul primato del Napoli, si riassume in una alternativa. Firmare o tacere. Annunciare l’accordo raggiunto o rinviarlo ufficialmente al giorno della verità: la classifica finale del Napoli. Non esiste oggi un’altra priorità. Fortuna che Spalletti non inciampi, come nella Roma con Totti. Sabato definì senza malizia, con rispettosa ironia, “la manfrina sul contratto di Insigne”. Ieri si è inabissato in tutta la sua retorica di istrionico conferenziere giurando che il prossimo rigore lo batterà Insigne, l’altro Lorenzo, l’altro ancora il capitano. Carina come trovata. Ma c’è un retropensiero che Spalletti come gli osservatori più distaccati non può ignorare. Insigne non ha giocato per intere le ultime 5 partite, tra Napoli e Nazionale. Minuti 242 su 450. Che ci sia un appannamento è nei fatti, che si eviti ad Insigne un campionato sofferto fra l’euforia del primato e i tormenti del contratto è dovere di chi può decidere e subito tra due poli: firmare o non parlarne fino a maggio. Napoli-Verona lascia pochi altri dettagli oltre le sofferenze del suo capitano. Juric ha provato a bloccare il Napoli con il suo calcio fatto di ruggiti e marcature asfissianti. Linetty fisso su Fabian Ruiz, addirittura una gabbia introno a Osimhen con l’ottimo Bremer, assistiti da Djidji e Kone, mentre Singo smorzava Zielinski e Lukic disturbava senza successo il convincente Anguissa. Il Toro può far meglio. La chiave tattica è nel cambio doppio (Insigne e Zielinski per il bentornato Mertens ed Elmas piuttosto che nella staffetta Politano-Lozano, entrambi discreti, forse meno. Mertens è stato l’animatore del gol di Osimhen. Un lampo, una scossa, una luce nel grigiore finale. Ragazzi, sta tornando “Ciro”.

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IL GRAFFIO - Corbo: "Il Napoli e il rinnovo di Insigne: firmare o non parlarne fino a maggio"

di Napoli Magazine

18/10/2024 - 10:21

Con la vittoria nel nome e nel destino, Osimhen salta fino al piano attico per girare con il suo testone dorato la palla magica. È il suo quinto gol, fissa l’ottava vittoria consecutiva della squadra, salda al vertice il Napoli che resiste alla rimonta del Milan, ma da lassù con quel volo d’impeto Victor Osimhen smina anche il campo dal pericolo più temibile. Insigne suo malgrado lo aveva piantato in area al minuto 26. Il rigore, con quello scarabocchio spedito sulla mano sinistra di Milinkovic Savic, stava per far esplodere un caso. Il secondo errore consecutivo, il sesto sui 26 calciati in carriera, poteva essere fuorviante per un Napoli che filava vincendo da sette partite. Questa è l’ottava. Osimhen nel finale sventa invece ogni rischio: il Napoli poteva arenarsi tra polemiche e rimorsi. Quella oziosa trattativa sul rinnovo del contratto rimane comunque un retroscena che lo staff del giocatore e il presidente non possono più trascurare. Da quest’anno, con il contratto che scade, Insigne gioca un campionato triplo. Per la squadra, per sé, per l’ambiente. Per ogni suo gol, ogni suo assist, ogni suo tiro, per ogni suo errore c’è sempre una lettura di fatale ambiguità. I commenti, in positivo e in negativo, sono riconducibili sempre ad un accordo indefinito, Insigne vive e vince tra cose sospese, sillabe tronche, sospiri, allusioni. Rimane, non rimane, si può sapere qual è il futuro del giocatore simbolo del Napoli? Recita la sua incompiuta felicità, esce dal campo con smorfie amare, scalcia bottiglie di plastica e ciuffi d’erba. Il diritto alla sua serenità, con riflessi immediati sul primato del Napoli, si riassume in una alternativa. Firmare o tacere. Annunciare l’accordo raggiunto o rinviarlo ufficialmente al giorno della verità: la classifica finale del Napoli. Non esiste oggi un’altra priorità. Fortuna che Spalletti non inciampi, come nella Roma con Totti. Sabato definì senza malizia, con rispettosa ironia, “la manfrina sul contratto di Insigne”. Ieri si è inabissato in tutta la sua retorica di istrionico conferenziere giurando che il prossimo rigore lo batterà Insigne, l’altro Lorenzo, l’altro ancora il capitano. Carina come trovata. Ma c’è un retropensiero che Spalletti come gli osservatori più distaccati non può ignorare. Insigne non ha giocato per intere le ultime 5 partite, tra Napoli e Nazionale. Minuti 242 su 450. Che ci sia un appannamento è nei fatti, che si eviti ad Insigne un campionato sofferto fra l’euforia del primato e i tormenti del contratto è dovere di chi può decidere e subito tra due poli: firmare o non parlarne fino a maggio. Napoli-Verona lascia pochi altri dettagli oltre le sofferenze del suo capitano. Juric ha provato a bloccare il Napoli con il suo calcio fatto di ruggiti e marcature asfissianti. Linetty fisso su Fabian Ruiz, addirittura una gabbia introno a Osimhen con l’ottimo Bremer, assistiti da Djidji e Kone, mentre Singo smorzava Zielinski e Lukic disturbava senza successo il convincente Anguissa. Il Toro può far meglio. La chiave tattica è nel cambio doppio (Insigne e Zielinski per il bentornato Mertens ed Elmas piuttosto che nella staffetta Politano-Lozano, entrambi discreti, forse meno. Mertens è stato l’animatore del gol di Osimhen. Un lampo, una scossa, una luce nel grigiore finale. Ragazzi, sta tornando “Ciro”.

Fonte: Antonio Corbo per "Il Graffio" di Repubblica