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IL GRAFFIO - Finalmente Gattuso e Zielinski
30.11.2020 17:57 di Napoli Magazine Fonte: Antonio Corbo per "Il Graffio" di Repubblica

Vivere il calcio nel nome di Diego. Il Napoli da ieri ci prova, Insigne vi riesce meglio degli altri, in una notte di forti suggestioni e rilevanti valori tecnici. Maradona è un mito senza eredi né confronti. Il minuto capitano di oggi si rivela ispirato dal solenne capitano di ieri schiodando dopo mezz’ora la partita con una punizione tagliente. Se ne immagina prima la traiettoria, la disegna nella sua mente, collega suoi estri con il suo interno destro per punisce la Roma. Indovina così quel mezzo metro che Mirante lascia tra sé e il palo, il primo palo, quello che avrebbe dovuto vigilare lui, avendo spostato la barriera più al centro. Insigne nella rappresentazione che solo un napoletano può sentire e interpretare, completa lo show sbandierando la Numero 10, abbracciando Gattuso, fissando mistico il cielo. Nei giorni del lutto si sono spente le luci sulla squadra. Doveva trarne vantaggio il Napoli, e l’ha fatto: sono terminate polemiche e illazioni. Gattuso aveva aperto un brusco confronto con i giocatori subito dopo la sconfitta, la seconda consecutiva, con immediata flessione in classifica, dal quarto al sesto. Ma doveva Gattuso anche riparare tatticamente il Napoli, sfondato sulla sua fascia destra dallo strapotere di Theo Hernandez, quasi una prateria consegnata da Di Lorenzo, oltre che da Lozano e Politano flessibili come giunchi sotto un ciclone. Sugli errori dell’altra domenica i Napoli ha creato la partita della verità. Così l’aveva definita. L’ha centrata. Assente ancora Osimhen, ha eliminato una delle quattro punte (Politano) per inserire Zielinski, ufficialmente sottopunta, in realtà uomo-ovunque con accelerazioni, rientri, proposte. Zielinski ha creato una interessante ambiguità tra il proclamato 4-2-3-1 ed un concreto 4-3-3. Un buon rientro quello di Zielinski: ha rivitalizzato anche gli altri, non solo Insigne che sulla sinistra si misura con i più deludenti della Roma, Pedro e Karsdorp, spagnolo ed olandese non coltivano quello spazio, lasciandone anche una parte libera a Mario Rui. Sul versante opposto un rinfrancato Di Lorenzo esorcizza Mkitharyan, altrettanto vigile è Lozano, pronto agli strappi decisivi per cercare la profondità, facendosi perdonare anche qualche errore nelle ripartenze. Messo bene sulle corsie il Napoli ha controllato il gioco e occupato la metà campo della Roma, nel primo tempo condizionata dal presente-assente Dzeko ma anche da una condizione solo discreta, se è vero che in un giro di vento deve cambiare Mancini e Veretout per insulti muscolari. La mancanza di Osimhen e Bakayoko toglie chili e pesi, ma il Napoli con minore fisicità costantemente domina nella prima parte, presentando al rientro un ordinato Demme e Mertens che come Insigne si sente ispirato dal ricordo di Diego. Lo lusinga la sua pittoresca immagine che divide con il suo ormai celebre murale lo slargo in cima a via Emanuele De Deo ai Quartieri Spagnoli con l’ormai celebre murale. Ma è tutto il Napoli che funziona meglio con una Roma cadenzata, e Gattuso con tempismo interviene subito dopo il 2-0 di Fabiàn Ruiz per innestare il turbo. Politano subentra a Lozano, stanco dopo oltre un’ora di congrua fatica. Aspetta il secondo gol del Napoli, segnato da un essenziale e molto insidioso Fabiàn Ruiz, anche Fonseca. Il rilancio della Roma passa per la sostituzione dell’irriconoscibile Dzeko, con Mkitharyan prima punta ed il più vivace Bruno Peres esterno. Ma niente poteva evitare ad una Roma di solito molto compatta e ieri sbandata e tozza, impigrita e disordinata. Ci sarebbe stato spazio nel finale anche per i gol di Mertens e Politano. Una domenica memorabile, che il Napoli giocava con la vittoria addosso e tanta emozione nel cuore. Di questa partita, aldilà di suggestioni profonde nello stadio Maradona, il Napoli trae una certezza: ha trovato un equilibrio rassicurante dopo l’avventurosa formazione bocciata dal Milan. E Gattuso la più autorevole gestione del gruppo. Può rimettere negli scaffali quella maschera da teatro greco che ogni tanto tira fuori. Se è una recita, è bravo. Gattuso non si finisce mai di conoscerlo.

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IL GRAFFIO - Finalmente Gattuso e Zielinski

di Napoli Magazine

30/11/2024 - 17:57

Vivere il calcio nel nome di Diego. Il Napoli da ieri ci prova, Insigne vi riesce meglio degli altri, in una notte di forti suggestioni e rilevanti valori tecnici. Maradona è un mito senza eredi né confronti. Il minuto capitano di oggi si rivela ispirato dal solenne capitano di ieri schiodando dopo mezz’ora la partita con una punizione tagliente. Se ne immagina prima la traiettoria, la disegna nella sua mente, collega suoi estri con il suo interno destro per punisce la Roma. Indovina così quel mezzo metro che Mirante lascia tra sé e il palo, il primo palo, quello che avrebbe dovuto vigilare lui, avendo spostato la barriera più al centro. Insigne nella rappresentazione che solo un napoletano può sentire e interpretare, completa lo show sbandierando la Numero 10, abbracciando Gattuso, fissando mistico il cielo. Nei giorni del lutto si sono spente le luci sulla squadra. Doveva trarne vantaggio il Napoli, e l’ha fatto: sono terminate polemiche e illazioni. Gattuso aveva aperto un brusco confronto con i giocatori subito dopo la sconfitta, la seconda consecutiva, con immediata flessione in classifica, dal quarto al sesto. Ma doveva Gattuso anche riparare tatticamente il Napoli, sfondato sulla sua fascia destra dallo strapotere di Theo Hernandez, quasi una prateria consegnata da Di Lorenzo, oltre che da Lozano e Politano flessibili come giunchi sotto un ciclone. Sugli errori dell’altra domenica i Napoli ha creato la partita della verità. Così l’aveva definita. L’ha centrata. Assente ancora Osimhen, ha eliminato una delle quattro punte (Politano) per inserire Zielinski, ufficialmente sottopunta, in realtà uomo-ovunque con accelerazioni, rientri, proposte. Zielinski ha creato una interessante ambiguità tra il proclamato 4-2-3-1 ed un concreto 4-3-3. Un buon rientro quello di Zielinski: ha rivitalizzato anche gli altri, non solo Insigne che sulla sinistra si misura con i più deludenti della Roma, Pedro e Karsdorp, spagnolo ed olandese non coltivano quello spazio, lasciandone anche una parte libera a Mario Rui. Sul versante opposto un rinfrancato Di Lorenzo esorcizza Mkitharyan, altrettanto vigile è Lozano, pronto agli strappi decisivi per cercare la profondità, facendosi perdonare anche qualche errore nelle ripartenze. Messo bene sulle corsie il Napoli ha controllato il gioco e occupato la metà campo della Roma, nel primo tempo condizionata dal presente-assente Dzeko ma anche da una condizione solo discreta, se è vero che in un giro di vento deve cambiare Mancini e Veretout per insulti muscolari. La mancanza di Osimhen e Bakayoko toglie chili e pesi, ma il Napoli con minore fisicità costantemente domina nella prima parte, presentando al rientro un ordinato Demme e Mertens che come Insigne si sente ispirato dal ricordo di Diego. Lo lusinga la sua pittoresca immagine che divide con il suo ormai celebre murale lo slargo in cima a via Emanuele De Deo ai Quartieri Spagnoli con l’ormai celebre murale. Ma è tutto il Napoli che funziona meglio con una Roma cadenzata, e Gattuso con tempismo interviene subito dopo il 2-0 di Fabiàn Ruiz per innestare il turbo. Politano subentra a Lozano, stanco dopo oltre un’ora di congrua fatica. Aspetta il secondo gol del Napoli, segnato da un essenziale e molto insidioso Fabiàn Ruiz, anche Fonseca. Il rilancio della Roma passa per la sostituzione dell’irriconoscibile Dzeko, con Mkitharyan prima punta ed il più vivace Bruno Peres esterno. Ma niente poteva evitare ad una Roma di solito molto compatta e ieri sbandata e tozza, impigrita e disordinata. Ci sarebbe stato spazio nel finale anche per i gol di Mertens e Politano. Una domenica memorabile, che il Napoli giocava con la vittoria addosso e tanta emozione nel cuore. Di questa partita, aldilà di suggestioni profonde nello stadio Maradona, il Napoli trae una certezza: ha trovato un equilibrio rassicurante dopo l’avventurosa formazione bocciata dal Milan. E Gattuso la più autorevole gestione del gruppo. Può rimettere negli scaffali quella maschera da teatro greco che ogni tanto tira fuori. Se è una recita, è bravo. Gattuso non si finisce mai di conoscerlo.

Fonte: Antonio Corbo per "Il Graffio" di Repubblica