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IL GRAFFIO - Gattuso, il trionfo del pragmatismo
27.01.2020 11:59 di Napoli Magazine Fonte: Antonio Corbo per "Il Graffio" di Repubblica

Aveva previsto anche i fischi. Sarri è entrato con un copione in tasca. Purtroppo per la Juve, sbagliato. L’ha scritto per dimostrare a vecchi e nuovi tifosi che il suo calcio forse non è più bellezza, ma almeno coraggio. Ha caricato l’attacco, sacrificando i suoi pregiudizi sulla coesistenza di Ronaldo, Dybala e Higuain. Li ha schierati tutti e tre. Si sarà pentito. Perché Gattuso gli fa trovare un 4-3-3 convertito nel più ordinato 4-5-1 con il solo Milik in avanti. Avrà ricordato con rammarico l’ex artigiano toscano le partite più infelici, quando il suo Napoli andava a sbattere contro le difese più arroccate.

 

Il calcio è senza memoria. Solo un giorno prima Gattuso si è vantato di aver tentato spesso di imitare Sarri. In un rispettoso esercizio di “copia e incolla”. Nel giro di una notte, ha cambiato idea? Con una squadra rifiorita nella preparazione atletica, ha potuto mandare i suoi a marcare stretto. Come obiettivi sensibili, ha cominciato dal piccolo e puntuale Demme: davanti alla difesa ha cercato Dybala costringendo spesso il fantasista argentino a profondi rientri. Zielinski e Fabian Ruiz si sono dedicati a turno su Pjanic, limitandone la creatività. Il piccolo tigrotto tedesco non ha esitato a graffiare, nei contrasti lascia il segno. Né era facile costruire per Pjanic, in condizioni discrete al punto da lasciare il campo dopo un tempo a Rabiot.

 

Con le due linee orizzontali a poca distanza, quartetto difensivo e quintetto di centrocampo allargato sulle zone esterne da Callejon e Insigne, il Napoli si è rivelato sempre più duro e coeso, quindi difficile da penetrare per una Juve schiacciata in avanti e senza collegamenti con Ronaldo e Higuain. Una Juve così sbilanciata in avanti da comprimersi, fino ad essere innocua.

 

Gattuso non ha certo copiato Sarri, i suoi erano diplomatici elogi della vigilia, magari un tranello teso al collega primo in classifica.Il Napoli ha giocato come doveva e poteva per vincere. Con pragmatismo. E Gattuso in partita si rivede nell’irruenza di Hysaj che sbaglia quasi niente, nella risoluta attività di demolizione del velocissimo Manolas, nell’attenta vigilanza di Di Lorenzo, anche Mario Rui ripaga l’allenatore della fiducia coprendo il settore sinistro, quasi impraticabile per Higuain Betancur e Cuadrado. Dopo un’ora, il Napoli si sente così solido e sicuro da osare una ripartenza esemplare, micidiale, esaltata nella conclusione da un tiro diabolico di Insigne a incrociare il secondo palo, sulla respinta affannosa del portiere Zielinski schioda la partita, l’1-0 è il delirio di una folla fino a poche settimane fa indignata cedeva al disamore.

 

Gattuso è anche un allenatore saggio, ritira Demme dopo un suo fallo su Cuadrado. Intuisce che al prossimo, il Napoli rimarrà in dieci. Ritira uno dei migliori ma è il prezzo di una lodevole prudenza. Tocca a Lobotka, l’altro acquisto di questo mercato condotto con insolito tempismo e rassicuranti risultati. Demme è il mediano che mancava, rimette in sesto un reparto sgangherato, finora debilitato dalla mancanza di un centrocampista che sapesse davanti alla difesa marcare e distribuire. Demme se la cava in tutt’e due le fasi, con continuità. Ha passo corto, intervento drastico, ma sempre mirato e tempestivo. Un Napoli che si è ormai risollevato quando sembrava impossibile. Ed è significativo che a trascinarlo fuori dalle mestizie di mezza stagione sia con il secondo gol il più discusso e contestato dei suoi, il capitano Lorenzo Insigne. Il presidente lo scosse con una frase. Decida che fare da grande. Quella di ieri è la risposta di un uomo.

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IL GRAFFIO - Gattuso, il trionfo del pragmatismo

di Napoli Magazine

27/01/2024 - 11:59

Aveva previsto anche i fischi. Sarri è entrato con un copione in tasca. Purtroppo per la Juve, sbagliato. L’ha scritto per dimostrare a vecchi e nuovi tifosi che il suo calcio forse non è più bellezza, ma almeno coraggio. Ha caricato l’attacco, sacrificando i suoi pregiudizi sulla coesistenza di Ronaldo, Dybala e Higuain. Li ha schierati tutti e tre. Si sarà pentito. Perché Gattuso gli fa trovare un 4-3-3 convertito nel più ordinato 4-5-1 con il solo Milik in avanti. Avrà ricordato con rammarico l’ex artigiano toscano le partite più infelici, quando il suo Napoli andava a sbattere contro le difese più arroccate.

 

Il calcio è senza memoria. Solo un giorno prima Gattuso si è vantato di aver tentato spesso di imitare Sarri. In un rispettoso esercizio di “copia e incolla”. Nel giro di una notte, ha cambiato idea? Con una squadra rifiorita nella preparazione atletica, ha potuto mandare i suoi a marcare stretto. Come obiettivi sensibili, ha cominciato dal piccolo e puntuale Demme: davanti alla difesa ha cercato Dybala costringendo spesso il fantasista argentino a profondi rientri. Zielinski e Fabian Ruiz si sono dedicati a turno su Pjanic, limitandone la creatività. Il piccolo tigrotto tedesco non ha esitato a graffiare, nei contrasti lascia il segno. Né era facile costruire per Pjanic, in condizioni discrete al punto da lasciare il campo dopo un tempo a Rabiot.

 

Con le due linee orizzontali a poca distanza, quartetto difensivo e quintetto di centrocampo allargato sulle zone esterne da Callejon e Insigne, il Napoli si è rivelato sempre più duro e coeso, quindi difficile da penetrare per una Juve schiacciata in avanti e senza collegamenti con Ronaldo e Higuain. Una Juve così sbilanciata in avanti da comprimersi, fino ad essere innocua.

 

Gattuso non ha certo copiato Sarri, i suoi erano diplomatici elogi della vigilia, magari un tranello teso al collega primo in classifica.Il Napoli ha giocato come doveva e poteva per vincere. Con pragmatismo. E Gattuso in partita si rivede nell’irruenza di Hysaj che sbaglia quasi niente, nella risoluta attività di demolizione del velocissimo Manolas, nell’attenta vigilanza di Di Lorenzo, anche Mario Rui ripaga l’allenatore della fiducia coprendo il settore sinistro, quasi impraticabile per Higuain Betancur e Cuadrado. Dopo un’ora, il Napoli si sente così solido e sicuro da osare una ripartenza esemplare, micidiale, esaltata nella conclusione da un tiro diabolico di Insigne a incrociare il secondo palo, sulla respinta affannosa del portiere Zielinski schioda la partita, l’1-0 è il delirio di una folla fino a poche settimane fa indignata cedeva al disamore.

 

Gattuso è anche un allenatore saggio, ritira Demme dopo un suo fallo su Cuadrado. Intuisce che al prossimo, il Napoli rimarrà in dieci. Ritira uno dei migliori ma è il prezzo di una lodevole prudenza. Tocca a Lobotka, l’altro acquisto di questo mercato condotto con insolito tempismo e rassicuranti risultati. Demme è il mediano che mancava, rimette in sesto un reparto sgangherato, finora debilitato dalla mancanza di un centrocampista che sapesse davanti alla difesa marcare e distribuire. Demme se la cava in tutt’e due le fasi, con continuità. Ha passo corto, intervento drastico, ma sempre mirato e tempestivo. Un Napoli che si è ormai risollevato quando sembrava impossibile. Ed è significativo che a trascinarlo fuori dalle mestizie di mezza stagione sia con il secondo gol il più discusso e contestato dei suoi, il capitano Lorenzo Insigne. Il presidente lo scosse con una frase. Decida che fare da grande. Quella di ieri è la risposta di un uomo.

Fonte: Antonio Corbo per "Il Graffio" di Repubblica