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IL GRAFFIO - L'analisi di Antonio Corbo sul suo blog: "Il gioco d'azzardo di un Napoli stanco"
23.11.2020 11:27 di Napoli Magazine Fonte: Antonio Corbo per "Il Graffio" di Repubblica

Travolti da un insolito pomeriggio, Napoli e Milan si ritrovano frastornati nel gelo di Fuorigrotta. Come in un vuoto di memoria, stentano a riconoscersi in classifica. Il Milan era primo e si ritrova secondo a 17 punti accanto alla Roma e dopo il Sassuolo capolista da poche ore, il Napoli già affondato al quarto posto dalla giustizia sportiva, si rivede al sesto con 14. La prima reazione è del sanguigno Gattuso: attrezza la formazione più spregiudicata. Un 4-2-3-1 (versione ufficiale di un bizzarro 4-2-4 che si converte in 4-4-2)) che non sconvolge il Milan, pronto alle contromosse. Pioli rimasto a Milano per guarire da Covid ha trasmesso tre ma chiarissime indicazioni. Pressing molto alto, controllo stretto sui portatori di palla quindi Koulibaly, Bakayoko e Fabian Ruiz per costringere talvolta Manolas ad impostare. E la terza: Theo Hernandez avanzato sulla destra del Napoli. È la chiave tattica della partita. Perché proprio lì convergono Lozano e Politano, senza che nessuno dei due faccia davvero argine, e proprio lì gioca il peggior Di Lorenzo degli ultimi tempi. Di Lorenzo deve rincorrere Rebic, ma lo fa con scarso successo. Neanche venti minuti ed il difensore milanista Hernandez manda al centro un lungo diagonale, girato in rete dalla diabolica testina con codino di Ibrahimovic. Al centro dell’area è solo Koulibaly, molto distante. Può fare solo da spettatore. È la frustata che finalmente scuote il Napoli. La maggiore vivacità di un velocissimo Politano sembra impensierire Theo Hernandez, ha momenti di luce Lozano tra le linee, ma il Napoli non ribalta il rapporto. Se il Milan scende fluido, il Napoli costruisce con molta difficoltà, vanta una traversa di Di Lorenzo in un momento di forte aggressione ed una chiusura di Donnarumma su Mertens da brevissima distanza, non c’ altro. Con Insigne braccato da Calabria e forse stanco dopo il logorante successo in Nazionale, il Napoli deve aspetterà la ripresa per l’ennesimo gol di Mertens, almeno lui lascerà un discreto ricordo. Visto il primo tempo, chissà se Gattuso si sia pentito di aver rivoluzionato il Napoli montando una giostra di 4 punte di statura medio-bassa, mancando il terminale consueto del 4-2-3-1, il gigante Osimhen. Uno che molto collabora alla manovra e cerca la profondità. Un conto è schierare quattro attaccanti con Osimhen prima apripista con i suoi quasi 190 cm, un conto è mandare lo stesso numero di punte con la stessa taglia. Possono dare frenetiche accelerazioni da far impazzire il Milan e infiltrarsi nella sua difesa, altrimenti sono 4 giocatori regalati agli avversari. Una soluzione c’era, anche se ordinaria. Poteva essere dall’inizio Petagna il sostituto di Osimhen senza sbaraccare l’impianto consueto di gioco, ma Gattuso avrà pensato di abbattere il Milan con un commando numeroso di piccoli velocisti. Non c’è tempo per riflettere né pentirsi, perché l’implacabile Ibra già raddoppia, solito assist dalla sinistra, stavolta di Rebic. Si tuffa Mario Rui, rimane in ginocchio Mario Rui con Koulibaly, è l’immagine del Napoli che perde anche Bakayoko, espulso per un secondo giallo dopo un primo ingiusto, su Theo Hernandez dominatore al pari di Ibra. I due difensori nulla possono contro Ibra. Il loro sconforto è l’immagine di un Napoli travolto da se stesso. Dopo aver fantasticato la grande serata, si ritrova schiacciato in un malinconico sesto posto. E vede ripartire il Milan verso il primo, dopo aver dimostrato di meritarlo. Stefano Pioli, il grande assente, può spegnere nel suo studio di Milano il telefonino. Missione compiuta. E Gattuso avvilito che fa? Si prende le colpe, come fa sempre, ma solo dopo aver rimproverato i giocatori. Un problema mentale, dice. E li invita a non cercare alibi per la debole reazione. L’espulsione di Bakayoko dopo un primo giallo inesistente ed un secondo esclude il forte mediano dal prossimo incontro con la Roma. Ibrahimovic era da rosso per una gomitata feroce a Koulibaly, vero anche questo. Ma niente inverte la realtà: squadra stanca dopo i viaggi con le rispettive Nazionali ed un allenatore che non ha misurato le sue ambizioni con le risorse attuali della squadra. Per battere il Milan, Gattuso doveva giocare da solo.

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23/11/2024 - 11:27

Travolti da un insolito pomeriggio, Napoli e Milan si ritrovano frastornati nel gelo di Fuorigrotta. Come in un vuoto di memoria, stentano a riconoscersi in classifica. Il Milan era primo e si ritrova secondo a 17 punti accanto alla Roma e dopo il Sassuolo capolista da poche ore, il Napoli già affondato al quarto posto dalla giustizia sportiva, si rivede al sesto con 14. La prima reazione è del sanguigno Gattuso: attrezza la formazione più spregiudicata. Un 4-2-3-1 (versione ufficiale di un bizzarro 4-2-4 che si converte in 4-4-2)) che non sconvolge il Milan, pronto alle contromosse. Pioli rimasto a Milano per guarire da Covid ha trasmesso tre ma chiarissime indicazioni. Pressing molto alto, controllo stretto sui portatori di palla quindi Koulibaly, Bakayoko e Fabian Ruiz per costringere talvolta Manolas ad impostare. E la terza: Theo Hernandez avanzato sulla destra del Napoli. È la chiave tattica della partita. Perché proprio lì convergono Lozano e Politano, senza che nessuno dei due faccia davvero argine, e proprio lì gioca il peggior Di Lorenzo degli ultimi tempi. Di Lorenzo deve rincorrere Rebic, ma lo fa con scarso successo. Neanche venti minuti ed il difensore milanista Hernandez manda al centro un lungo diagonale, girato in rete dalla diabolica testina con codino di Ibrahimovic. Al centro dell’area è solo Koulibaly, molto distante. Può fare solo da spettatore. È la frustata che finalmente scuote il Napoli. La maggiore vivacità di un velocissimo Politano sembra impensierire Theo Hernandez, ha momenti di luce Lozano tra le linee, ma il Napoli non ribalta il rapporto. Se il Milan scende fluido, il Napoli costruisce con molta difficoltà, vanta una traversa di Di Lorenzo in un momento di forte aggressione ed una chiusura di Donnarumma su Mertens da brevissima distanza, non c’ altro. Con Insigne braccato da Calabria e forse stanco dopo il logorante successo in Nazionale, il Napoli deve aspetterà la ripresa per l’ennesimo gol di Mertens, almeno lui lascerà un discreto ricordo. Visto il primo tempo, chissà se Gattuso si sia pentito di aver rivoluzionato il Napoli montando una giostra di 4 punte di statura medio-bassa, mancando il terminale consueto del 4-2-3-1, il gigante Osimhen. Uno che molto collabora alla manovra e cerca la profondità. Un conto è schierare quattro attaccanti con Osimhen prima apripista con i suoi quasi 190 cm, un conto è mandare lo stesso numero di punte con la stessa taglia. Possono dare frenetiche accelerazioni da far impazzire il Milan e infiltrarsi nella sua difesa, altrimenti sono 4 giocatori regalati agli avversari. Una soluzione c’era, anche se ordinaria. Poteva essere dall’inizio Petagna il sostituto di Osimhen senza sbaraccare l’impianto consueto di gioco, ma Gattuso avrà pensato di abbattere il Milan con un commando numeroso di piccoli velocisti. Non c’è tempo per riflettere né pentirsi, perché l’implacabile Ibra già raddoppia, solito assist dalla sinistra, stavolta di Rebic. Si tuffa Mario Rui, rimane in ginocchio Mario Rui con Koulibaly, è l’immagine del Napoli che perde anche Bakayoko, espulso per un secondo giallo dopo un primo ingiusto, su Theo Hernandez dominatore al pari di Ibra. I due difensori nulla possono contro Ibra. Il loro sconforto è l’immagine di un Napoli travolto da se stesso. Dopo aver fantasticato la grande serata, si ritrova schiacciato in un malinconico sesto posto. E vede ripartire il Milan verso il primo, dopo aver dimostrato di meritarlo. Stefano Pioli, il grande assente, può spegnere nel suo studio di Milano il telefonino. Missione compiuta. E Gattuso avvilito che fa? Si prende le colpe, come fa sempre, ma solo dopo aver rimproverato i giocatori. Un problema mentale, dice. E li invita a non cercare alibi per la debole reazione. L’espulsione di Bakayoko dopo un primo giallo inesistente ed un secondo esclude il forte mediano dal prossimo incontro con la Roma. Ibrahimovic era da rosso per una gomitata feroce a Koulibaly, vero anche questo. Ma niente inverte la realtà: squadra stanca dopo i viaggi con le rispettive Nazionali ed un allenatore che non ha misurato le sue ambizioni con le risorse attuali della squadra. Per battere il Milan, Gattuso doveva giocare da solo.

Fonte: Antonio Corbo per "Il Graffio" di Repubblica