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IL PARERE - Ceravolo: "Il Napoli prenderà Buongiorno, Spinazzola può garantire qualità"
03.07.2024 13:13 di Napoli Magazine

A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Franco Ceravolo, ex direttore sportivo di Napoli e Roma:

 

Da dove nasce la débâcle italiana all’Europeo?

 

“E’ abbastanza complesso. Ormai, hanno parlato già in tanti di questa cosa. Ho visto una squadra che sembrava essere cotta. Bisogna starci dentro per capire le cose, ma gli altri correvano di più, come detto dallo stesso Spalletti. Abbiamo visto tutti come siamo usciti, sarebbe superfluo dire anche la mia. Detto questo, andrebbero cambiate le normative, obbligando le squadre a far giocare almeno tre o quattro italiani. Nei settori giovanili non si possono vedere dieci stranieri. È chiaro che, se sono bravi, è giusto che giochino. Tuttavia, almeno nelle primavere, bisogna imporre un tetto minimo di cinque italiani. Dovremmo smettere di considerare troppo giovani ragazzi di diciotto o vent’anni. Se sono bravi, che giochino. Il problema è che nelle squadre di Serie A non si può prendere l’amico dell’amico per allenare. C’è bisogno di istruttori capaci”.

 

Buongiorno sembra ad un passo dal Napoli, ma si parla di cifre davvero importanti. Non crede che le società italiane siano botteghe fin troppo care?

 

“Il prezzo lo fa la concorrenza. Cairo sa benissimo che il Napoli, e non solo, vuole il giocatore. In queste situazioni si tollerano anche certe dinamiche. Se gli azzurri lo vogliono a tutti i costi, alla fine lo prenderanno. Se un calciatore, pur non avendo giocato in Nazionale, è un difensore rispettato e ambito dal tecnico, il presidente fa la sua richiesta”.

 

La Spagna beneficia dell’immigrazione per valorizzare e arricchire il talento dei propri giovani calciatori. L’Italia dovrebbe prendere esempio?

 

“In Spagna non guardiano all’età. Ci sono giocatori di diciassette anni che sono titolari. In Italia, purtroppo, è una vita che abbiamo questa mentalità. Dovremmo cercare di colmare questa lacuna, consentendo a ragazzi che siano capaci di potersi gettare nella mischia. Nel calcio, oggi, bisogna cercare di vedere le prospettive. La vittoria non deve essere l’unico obiettivo. Il talento deve esprimersi. Bisogna lasciare liberi questi ragazzi, anche nelle categorie inferiori, senza ingabbiarli tatticamente. A questo fine, ripeto che è importante affidarsi ad istruttori capaci in tal senso”.

 

La Lega Pro potrebbe essere il serbatoio più utile per valorizzare il talento dei calciatori italiani?

 

“Sono anche delle annate. Una volta avevamo abbondanza di talenti, con i vari Pirlo, Del Piero, Baggio. Ad oggi, dobbiamo creare le condizioni per consentire i giovani di esprimersi. È un problema di cultura. Quella, cioè, che impone ai settori giovanili di puntare esclusivamente al successo, a discapito del talento. Un problema analogo è quello che spinge i responsabili delle giovanili a considerare anzitutto la struttura fisica, più che la tecnica”.

 

Quando legge che il Napoli ha il mercato bloccato dalla questione Osimhen, ci crede? È possibile che nessuno sia interessato, nel concreto, all’attaccante nigeriano?

 

“Con una clausola del genere ci vuole una società disposta a pagare cifre tanto importanti. Tuttavia, credo che Osimhen andrà via non appena si innescherà il domino delle punte. È un mercato che consentirà alle squadre di cambiare sostanzialmente soprattutto nelle ultime settimane. Osimhen è un calciatore che ha già le idee chiare, e la società lo sa. Il club si sta muovendo anche su altri giocatori, come Spinazzola. Se sta bene, l’ex Roma e Juventus può anche essere un bel giocatore, può garantire qualità”.

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IL PARERE - Ceravolo: "Il Napoli prenderà Buongiorno, Spinazzola può garantire qualità"

di Napoli Magazine

03/07/2024 - 13:13

A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Franco Ceravolo, ex direttore sportivo di Napoli e Roma:

 

Da dove nasce la débâcle italiana all’Europeo?

 

“E’ abbastanza complesso. Ormai, hanno parlato già in tanti di questa cosa. Ho visto una squadra che sembrava essere cotta. Bisogna starci dentro per capire le cose, ma gli altri correvano di più, come detto dallo stesso Spalletti. Abbiamo visto tutti come siamo usciti, sarebbe superfluo dire anche la mia. Detto questo, andrebbero cambiate le normative, obbligando le squadre a far giocare almeno tre o quattro italiani. Nei settori giovanili non si possono vedere dieci stranieri. È chiaro che, se sono bravi, è giusto che giochino. Tuttavia, almeno nelle primavere, bisogna imporre un tetto minimo di cinque italiani. Dovremmo smettere di considerare troppo giovani ragazzi di diciotto o vent’anni. Se sono bravi, che giochino. Il problema è che nelle squadre di Serie A non si può prendere l’amico dell’amico per allenare. C’è bisogno di istruttori capaci”.

 

Buongiorno sembra ad un passo dal Napoli, ma si parla di cifre davvero importanti. Non crede che le società italiane siano botteghe fin troppo care?

 

“Il prezzo lo fa la concorrenza. Cairo sa benissimo che il Napoli, e non solo, vuole il giocatore. In queste situazioni si tollerano anche certe dinamiche. Se gli azzurri lo vogliono a tutti i costi, alla fine lo prenderanno. Se un calciatore, pur non avendo giocato in Nazionale, è un difensore rispettato e ambito dal tecnico, il presidente fa la sua richiesta”.

 

La Spagna beneficia dell’immigrazione per valorizzare e arricchire il talento dei propri giovani calciatori. L’Italia dovrebbe prendere esempio?

 

“In Spagna non guardiano all’età. Ci sono giocatori di diciassette anni che sono titolari. In Italia, purtroppo, è una vita che abbiamo questa mentalità. Dovremmo cercare di colmare questa lacuna, consentendo a ragazzi che siano capaci di potersi gettare nella mischia. Nel calcio, oggi, bisogna cercare di vedere le prospettive. La vittoria non deve essere l’unico obiettivo. Il talento deve esprimersi. Bisogna lasciare liberi questi ragazzi, anche nelle categorie inferiori, senza ingabbiarli tatticamente. A questo fine, ripeto che è importante affidarsi ad istruttori capaci in tal senso”.

 

La Lega Pro potrebbe essere il serbatoio più utile per valorizzare il talento dei calciatori italiani?

 

“Sono anche delle annate. Una volta avevamo abbondanza di talenti, con i vari Pirlo, Del Piero, Baggio. Ad oggi, dobbiamo creare le condizioni per consentire i giovani di esprimersi. È un problema di cultura. Quella, cioè, che impone ai settori giovanili di puntare esclusivamente al successo, a discapito del talento. Un problema analogo è quello che spinge i responsabili delle giovanili a considerare anzitutto la struttura fisica, più che la tecnica”.

 

Quando legge che il Napoli ha il mercato bloccato dalla questione Osimhen, ci crede? È possibile che nessuno sia interessato, nel concreto, all’attaccante nigeriano?

 

“Con una clausola del genere ci vuole una società disposta a pagare cifre tanto importanti. Tuttavia, credo che Osimhen andrà via non appena si innescherà il domino delle punte. È un mercato che consentirà alle squadre di cambiare sostanzialmente soprattutto nelle ultime settimane. Osimhen è un calciatore che ha già le idee chiare, e la società lo sa. Il club si sta muovendo anche su altri giocatori, come Spinazzola. Se sta bene, l’ex Roma e Juventus può anche essere un bel giocatore, può garantire qualità”.