La Repubblica si è soffermata sul restyiling dello stadio Diego Armando Maradona e sul nuovo centro sportivo: "Ma il vero rebus è un altro: rilanciare o non rilanciare? Questo è il problema amletico con cui questa volta è obbligato a confrontarsi De Laurentiis, che nella sua ventennale avventura nel mondo del calcio ha investito finora una trentina abbondante di milioni nel 2004, quando rilevò il marchio del club dalla Fallimentare. Da allora il Napoli è stato però sempre in grado di autofinanziarsi e per merito del suo proprietario non c’è mai stato quindi bisogno di alcun aumento di capitale. Ma le riserve del club - dopo i forti costi sostenuti nel mercato estivo per rinforzare la squadra - si sono ridotte e non basterebbero per coprire i costi necessari per cambiare il look del Maradona in maniera radicale, né tanto per realizzare il nuovo centro sportivo. Le strade davanti al presidente all’inizio del 2025 sono infatti due: gestire il club con i collaudati metodi conservativi degli ultimi 20 anni o cambiare strategia con una svolta radicale e allo stesso tempo urgente, visto che per pensare in grande sarebbero indispensabili l’acquisizione di uno stadio e pure la realizzazione del centro sportivo di proprietà. Il calcio in affitto a livelli alti è ormai superato e si impone un cambio di rotta. Se non ora, quando? I due progetti necessitano la immissione extra di denaro e si tratta di capire se il presidente è pronto ad alzare l’asticella, intervenendo con le sue risorse o (in parte) con la vendita del Bari. De Laurentiis quando comprò il Napoli nel settembre del 2004 aveva 55 anni e non ritenne necessario dotare neppure di un ufficio il club, che in città ha solo la sede legale in via Di Maio del Porto. Ora il presidente va per i 76 e dovrebbe invece fare un notevole sforzo economico per modificare la sua rotta, pur sapendo che l’acquisto dello stadio e la realizzazione ex novo di un centro sportivo richiederebbero giocoforza del tempo per ripagarlo delle ingenti spese da sostenere. Entrambi gli investimenti sono infatti sicuramente assai redditizi, ma a media e lunga scadenza. Per questo si tratta di capire se Adl ha voglia davvero di scommettere molto forte sul futuro. Un indizio (negativo) c’è già e arriva da Castel Volturno, dove sussurrano che il previsto addio degli azzurri è slittato a data da destinarsi. Si resta al Training Center, insomma. Guai a cullarsi troppo sulla rinascita in campo del Napoli, insomma, che rischia (concentrando l’attenzione sul presente...) di diventare quasi in un boomerang, se di pari passo non ci saranno gli attesi investimenti di De Laurentiis per l’acquisizione di beni strumentali: indispensabili per l’accesso a nuove fonti economichedi sostentamento. Uno stadio di proprietà - sussurrano persino le voci di dentro - garantirebbe infatti al club azzurro circa cento milioni di entrate in più all’anno, con cui moltiplicare l’attuale fatturato. Per questo ogni giorno che passa è un giorno perso ed è arrivato il momento della verità, per il futuro della seconda presidenza più longeva e vincente dopo quella di Corrado Ferlaino. Solo se avrà la volontà e la forza per fare un ulteriore cambio di passo, infatti, Adl si metterà nelle condizioni di dare una dimensione moderna e ancora più competitiva alla sua illuminata gestione, proiettandola verso nuovi e ambiziosissimi orizzonti di gloria. Se la situazione di perdurante stallo non si sbloccherà in fretta, viceversa, c’è addirittura il timore di un “post ventennio” orientato verso il declino: scenario da non sottovalutare".
di Napoli Magazine
02/01/2025 - 09:20
La Repubblica si è soffermata sul restyiling dello stadio Diego Armando Maradona e sul nuovo centro sportivo: "Ma il vero rebus è un altro: rilanciare o non rilanciare? Questo è il problema amletico con cui questa volta è obbligato a confrontarsi De Laurentiis, che nella sua ventennale avventura nel mondo del calcio ha investito finora una trentina abbondante di milioni nel 2004, quando rilevò il marchio del club dalla Fallimentare. Da allora il Napoli è stato però sempre in grado di autofinanziarsi e per merito del suo proprietario non c’è mai stato quindi bisogno di alcun aumento di capitale. Ma le riserve del club - dopo i forti costi sostenuti nel mercato estivo per rinforzare la squadra - si sono ridotte e non basterebbero per coprire i costi necessari per cambiare il look del Maradona in maniera radicale, né tanto per realizzare il nuovo centro sportivo. Le strade davanti al presidente all’inizio del 2025 sono infatti due: gestire il club con i collaudati metodi conservativi degli ultimi 20 anni o cambiare strategia con una svolta radicale e allo stesso tempo urgente, visto che per pensare in grande sarebbero indispensabili l’acquisizione di uno stadio e pure la realizzazione del centro sportivo di proprietà. Il calcio in affitto a livelli alti è ormai superato e si impone un cambio di rotta. Se non ora, quando? I due progetti necessitano la immissione extra di denaro e si tratta di capire se il presidente è pronto ad alzare l’asticella, intervenendo con le sue risorse o (in parte) con la vendita del Bari. De Laurentiis quando comprò il Napoli nel settembre del 2004 aveva 55 anni e non ritenne necessario dotare neppure di un ufficio il club, che in città ha solo la sede legale in via Di Maio del Porto. Ora il presidente va per i 76 e dovrebbe invece fare un notevole sforzo economico per modificare la sua rotta, pur sapendo che l’acquisto dello stadio e la realizzazione ex novo di un centro sportivo richiederebbero giocoforza del tempo per ripagarlo delle ingenti spese da sostenere. Entrambi gli investimenti sono infatti sicuramente assai redditizi, ma a media e lunga scadenza. Per questo si tratta di capire se Adl ha voglia davvero di scommettere molto forte sul futuro. Un indizio (negativo) c’è già e arriva da Castel Volturno, dove sussurrano che il previsto addio degli azzurri è slittato a data da destinarsi. Si resta al Training Center, insomma. Guai a cullarsi troppo sulla rinascita in campo del Napoli, insomma, che rischia (concentrando l’attenzione sul presente...) di diventare quasi in un boomerang, se di pari passo non ci saranno gli attesi investimenti di De Laurentiis per l’acquisizione di beni strumentali: indispensabili per l’accesso a nuove fonti economichedi sostentamento. Uno stadio di proprietà - sussurrano persino le voci di dentro - garantirebbe infatti al club azzurro circa cento milioni di entrate in più all’anno, con cui moltiplicare l’attuale fatturato. Per questo ogni giorno che passa è un giorno perso ed è arrivato il momento della verità, per il futuro della seconda presidenza più longeva e vincente dopo quella di Corrado Ferlaino. Solo se avrà la volontà e la forza per fare un ulteriore cambio di passo, infatti, Adl si metterà nelle condizioni di dare una dimensione moderna e ancora più competitiva alla sua illuminata gestione, proiettandola verso nuovi e ambiziosissimi orizzonti di gloria. Se la situazione di perdurante stallo non si sbloccherà in fretta, viceversa, c’è addirittura il timore di un “post ventennio” orientato verso il declino: scenario da non sottovalutare".