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RETROSCENA - Corbo: "De Laurentiis-Garcia, scontro verbale nell'intervallo di Napoli-Empoli, è urgente la nomina di un vero manager"
12.11.2023 18:37 di Napoli Magazine Fonte: Antonio Corbo per Repubblica Napoli

Non aveva ancora deciso se esonerarlo. Aurelio De Laurentiis si arrende alla fine del primo tempo. L’ira vince sulla speranza. Lo sdegno sulla ragione. L’amarezza sul calcolo. Una formazione così scombinata non se l’aspettava. Entra negli spogliatoi a metà di Napoli-Empoli. Si rivolge a Garcia come non aveva mai osato in queste settimane burrascose. Sono le 13.25, il secondo tempo è tutto da giocare, fa sentire la sua voce anche l’allenatore, non si capisce se è più stanco di sbagliare o di subire. Lo scontro ha raggelato i rapporti, ma brucia anche quattro illusioni. Che siano sempre rimediabili le crisi autunnali del Napoli. Che basti commissariare, scuotere, suggerire per correggere il corso deviato di una gestione bizzarra. Che il Napoli possa sopravvivere ai suoi errori, alle gelosie interne, ai deliri fuorvianti di uno scudetto febbrilmente atteso per 33 anni e mandato in pezzi in un giro di vento. La quarta illusione: che un solo uomo, benché navigato e fortunato, possa da solo reinventarsi in tutti i ruoli.

 

Troppi sono fuggiti. Tre, non due. Spalletti, tattico geniale nella costruzione di squadra e gioco ma anche filosofo di un Napoli surreale, come lo descriveva lui con accento toscano smorfioso e pause teatrali. Giuntoli il regista delle paci segrete fin dai tempi di Gattuso, dei colpi di mercato, pronto ad assorbire i malumori dello Schopenhauer di Certaldo. Franco Sinatti, infine. Il preparatore portato da Sarri e lodevolmente confermato da De Laurentiis.

 

Bravo Garcia, ha imposto Paolo Rongoni. Insulti muscolari, limiti di accelerazione e decelerazione hanno provocato la flessione, i giocatori imbalsamati. Dov’è quel il Napoli che volava con due tocchi e via? Al più buio pomeriggio non si arriva per caso. Tutto comincia il 24 marzo, a Castel dell’Ovo si assegna il premio Bearzot. Il presidente forza le ritrosie del tecnico comunicandone la conferma. L’annuncio cade in un gelido silenzio. Chiaro che preparasse la fuga o una richiesta esorbitante.

 

La società gioca d’anticipo. Con una “Pec” esercita in via unilaterale l’opzione del rinnovo a cifra già definita, circa tre milioni. La cena della firma, ultimo venerdì di maggio, è solo l’ultima. Quella dell’addio. È l’inizio di una recita, finte verità e vera lite. Con la penale che l’irremovibile Spalletti promette di pagare, per poi sperare nella Federcalcio. È qui che il Napoli si sfascia, con l’Empoli c’è solo l’apoteosi della confusione.

 

Garcia elimina Kvara (14 gol con Spalletti) per demolire il 4-3-3 mai condiviso. Il 4-2-3-1 sul campo è un pasticcio che somiglia ad un 4-5-1 con Simeone prima punta, il generoso Politano e l’irrisorio Elmas quinti a destra e sinistra. In panchina Natan e Lindstrom eredi di Kim e Lozano, tanto per bocciare anche la campagna acquisti.

 

Al disastro tattico e ai fischi del primo tempo De Laurentiis non resiste. Corre negli spogliatoi. Non può essere più franco. Basta fingere, mediare non paga. Si immagina il lungo tunnel. L’ex juventino Tudor preferisce la difesa a 3, curriculum modesto, entusiasmo tanto.

 

Mazzarri in una inattesa intervista appare logorato dall’epilogo di Cagliari e dall’ansia. Su Cannavaro bisogna capire che cosa è successo a Benevento. Come accade nelle aziende sconvolte, niente di più saggio che cambiare tutta la catena di comando. De Laurentiis va aiutato, solo aiutato. Un direttore competente, lucido, autorevole manca. Ancora più del nuovo allenatore.

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12/11/2023 - 18:37

Non aveva ancora deciso se esonerarlo. Aurelio De Laurentiis si arrende alla fine del primo tempo. L’ira vince sulla speranza. Lo sdegno sulla ragione. L’amarezza sul calcolo. Una formazione così scombinata non se l’aspettava. Entra negli spogliatoi a metà di Napoli-Empoli. Si rivolge a Garcia come non aveva mai osato in queste settimane burrascose. Sono le 13.25, il secondo tempo è tutto da giocare, fa sentire la sua voce anche l’allenatore, non si capisce se è più stanco di sbagliare o di subire. Lo scontro ha raggelato i rapporti, ma brucia anche quattro illusioni. Che siano sempre rimediabili le crisi autunnali del Napoli. Che basti commissariare, scuotere, suggerire per correggere il corso deviato di una gestione bizzarra. Che il Napoli possa sopravvivere ai suoi errori, alle gelosie interne, ai deliri fuorvianti di uno scudetto febbrilmente atteso per 33 anni e mandato in pezzi in un giro di vento. La quarta illusione: che un solo uomo, benché navigato e fortunato, possa da solo reinventarsi in tutti i ruoli.

 

Troppi sono fuggiti. Tre, non due. Spalletti, tattico geniale nella costruzione di squadra e gioco ma anche filosofo di un Napoli surreale, come lo descriveva lui con accento toscano smorfioso e pause teatrali. Giuntoli il regista delle paci segrete fin dai tempi di Gattuso, dei colpi di mercato, pronto ad assorbire i malumori dello Schopenhauer di Certaldo. Franco Sinatti, infine. Il preparatore portato da Sarri e lodevolmente confermato da De Laurentiis.

 

Bravo Garcia, ha imposto Paolo Rongoni. Insulti muscolari, limiti di accelerazione e decelerazione hanno provocato la flessione, i giocatori imbalsamati. Dov’è quel il Napoli che volava con due tocchi e via? Al più buio pomeriggio non si arriva per caso. Tutto comincia il 24 marzo, a Castel dell’Ovo si assegna il premio Bearzot. Il presidente forza le ritrosie del tecnico comunicandone la conferma. L’annuncio cade in un gelido silenzio. Chiaro che preparasse la fuga o una richiesta esorbitante.

 

La società gioca d’anticipo. Con una “Pec” esercita in via unilaterale l’opzione del rinnovo a cifra già definita, circa tre milioni. La cena della firma, ultimo venerdì di maggio, è solo l’ultima. Quella dell’addio. È l’inizio di una recita, finte verità e vera lite. Con la penale che l’irremovibile Spalletti promette di pagare, per poi sperare nella Federcalcio. È qui che il Napoli si sfascia, con l’Empoli c’è solo l’apoteosi della confusione.

 

Garcia elimina Kvara (14 gol con Spalletti) per demolire il 4-3-3 mai condiviso. Il 4-2-3-1 sul campo è un pasticcio che somiglia ad un 4-5-1 con Simeone prima punta, il generoso Politano e l’irrisorio Elmas quinti a destra e sinistra. In panchina Natan e Lindstrom eredi di Kim e Lozano, tanto per bocciare anche la campagna acquisti.

 

Al disastro tattico e ai fischi del primo tempo De Laurentiis non resiste. Corre negli spogliatoi. Non può essere più franco. Basta fingere, mediare non paga. Si immagina il lungo tunnel. L’ex juventino Tudor preferisce la difesa a 3, curriculum modesto, entusiasmo tanto.

 

Mazzarri in una inattesa intervista appare logorato dall’epilogo di Cagliari e dall’ansia. Su Cannavaro bisogna capire che cosa è successo a Benevento. Come accade nelle aziende sconvolte, niente di più saggio che cambiare tutta la catena di comando. De Laurentiis va aiutato, solo aiutato. Un direttore competente, lucido, autorevole manca. Ancora più del nuovo allenatore.

Fonte: Antonio Corbo per Repubblica Napoli