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G-FACTOR - Lucariello su "NM": "Diego, dal primo all'ultimo dribbling"
28.11.2020 19:15 di Napoli Magazine

NAPOLI - Fu vera gloria, è vera gloria, quella conquistata dal ragazzo argentino ribelle e rivoluzionario che un bel giorno di un po’ di anni fa si rivoltò alle regole e alle prepotenze del calcio decidendo di affrontare e di vincere in una “impossibile impresa”. A convincere il più grande calciatore del mondo un altro grande, un antico capitano senza macchie e senza paure che in azzurro nel suo nuovo ruolo di direttore generale nel club della sua città in cui si era affermato da giocatore, aveva già operato un miracolo, portando a Napoli con un colpo di mano e un viaggio in Canada Rudy Krol, l’ultimo degli olandesi del calcio totale inventato da Rinus Michels. Ebbene fu così che iniziò la più bella favola del calcio azzurro: Diego Armando Maradona si innamorò del progetto catturato dal racconto di Antonio Iuliano, Totonno lo conquistò così come era successo con Krol. E Diego mandò a carte quarantotto una carriera che gli avrebbe procurato maggiori trionfi, più grandi trofei e tantissimi soldi in più. “Napoles te quiero”, “Napoli ti amo”, l’inquietante dichiarazione dell’argentino che sconvolse Napoli e i farisei di ieri e di oggi che mai avrebbero creduto all’inizio di una straordinaria favola, allora cominciata e che mai terminerà. In omaggio alla verità la favola bisogna raccontarla tutta, almeno per quel che riguarda la prima puntata che fu scritta dal grande Totonno e da Dino Celentano. Bisogna riassumerla in qualche modo, abbreviando le tappe. La verità è che il club di allora non aveva le carte in regola, o meglio le casse adeguate per affrontare un’operazione così costosa, 13 miliardi e mezzo di lire. L’acquisto di Maradona fu discusso in una seduta piuttosto lunga ed anche animata del Consiglio di Amministrazione svolta nel Centro Paradiso di Soccavo in cui emerse la volontà di non procedere nell’operazione: “Non ci sono i soldi”. Ma Totonno puntò i piedi, avvertendo che avrebbe rivelato ai giornalisti presenti all’esterno della sala delle riunioni del “no” espresso dal massimo direttivo societario, al tentativo di portare in azzurro il più grande dei grandi. Forte e pressante Iuliano che impose l’operazione da lui architettata e seguita. Al termine del Consiglio il presidente Ferlaino alle domande dei giornalisti, ben pochi all’epoca ma che rappresentavano tra le migliori testate, rispose che non avevano affatto parlato e discusso sull’acquisto di Maradona, ma di aver affrontato questioni di carattere amministrativo all’ordine del giorno e di nessuna particolare importanza, né rilievo. E non era vero, una bugia ragionevole e necessaria del patron di allora ma che non evitò la copertura della notizia e l'esplosione di un entusiasmo straordinario, la città si risvegliò dal suo storico torpore: quella sera Totonno Iuliano ebbe infatti carta bianca per realizzare la più grande operazione di calciomercato che avrebbe cambiato la storia del calcio a Napoli e in Italia e andò avanti insieme con Dino Celentano nella guerresca trattativa con il Barcellona, alla fine convinto anche dal calciatore che non voleva restare più in Catalogna. A garantire la spesa e la copertura al club blaugrana fu il Banco di Napoli, grazie anche alle sollecitazioni degli allora ministri Pomicino e Scotti. Naturalmente se ne convinse anche Ferlaino che si scatenò in un finale mozzafiato dell’operazione conclusa anche grazie alla sua proverbiale furbizia e rapidità di pensiero e di azione. E Diego sbarcò in azzurro e il Napoli cominciò a vincere scatenando antipatie e cattiverie, offese inenarrabili e irripetibili giacchè il Pibe de Oro aveva trasformato il club azzurro in una potenza mondiale, sottraendo il palcoscenico abituale sul quale se la spassavano le solite ben note società del calcio italiano, ma non solo per questo: Maradona ha rappresentato Napoli e il Napoli a tutti i livelli come nessuno aveva mai fatto prima, nemmeno attraverso i figli migliori della città. Adesso che non hanno repliche risorgono gli avvelenati e i farisei, spregevole gentaglia che attacca e insulta il nostro grande capitano. Adesso tocca a noialtri difenderlo e onorare la sua memoria. E’ bene proclamarlo ad alta voce: Diego non si tocca.

 

 

Gianfranco Lucariello

 

Napoli Magazine

 

Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com

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28/11/2024 - 19:15

NAPOLI - Fu vera gloria, è vera gloria, quella conquistata dal ragazzo argentino ribelle e rivoluzionario che un bel giorno di un po’ di anni fa si rivoltò alle regole e alle prepotenze del calcio decidendo di affrontare e di vincere in una “impossibile impresa”. A convincere il più grande calciatore del mondo un altro grande, un antico capitano senza macchie e senza paure che in azzurro nel suo nuovo ruolo di direttore generale nel club della sua città in cui si era affermato da giocatore, aveva già operato un miracolo, portando a Napoli con un colpo di mano e un viaggio in Canada Rudy Krol, l’ultimo degli olandesi del calcio totale inventato da Rinus Michels. Ebbene fu così che iniziò la più bella favola del calcio azzurro: Diego Armando Maradona si innamorò del progetto catturato dal racconto di Antonio Iuliano, Totonno lo conquistò così come era successo con Krol. E Diego mandò a carte quarantotto una carriera che gli avrebbe procurato maggiori trionfi, più grandi trofei e tantissimi soldi in più. “Napoles te quiero”, “Napoli ti amo”, l’inquietante dichiarazione dell’argentino che sconvolse Napoli e i farisei di ieri e di oggi che mai avrebbero creduto all’inizio di una straordinaria favola, allora cominciata e che mai terminerà. In omaggio alla verità la favola bisogna raccontarla tutta, almeno per quel che riguarda la prima puntata che fu scritta dal grande Totonno e da Dino Celentano. Bisogna riassumerla in qualche modo, abbreviando le tappe. La verità è che il club di allora non aveva le carte in regola, o meglio le casse adeguate per affrontare un’operazione così costosa, 13 miliardi e mezzo di lire. L’acquisto di Maradona fu discusso in una seduta piuttosto lunga ed anche animata del Consiglio di Amministrazione svolta nel Centro Paradiso di Soccavo in cui emerse la volontà di non procedere nell’operazione: “Non ci sono i soldi”. Ma Totonno puntò i piedi, avvertendo che avrebbe rivelato ai giornalisti presenti all’esterno della sala delle riunioni del “no” espresso dal massimo direttivo societario, al tentativo di portare in azzurro il più grande dei grandi. Forte e pressante Iuliano che impose l’operazione da lui architettata e seguita. Al termine del Consiglio il presidente Ferlaino alle domande dei giornalisti, ben pochi all’epoca ma che rappresentavano tra le migliori testate, rispose che non avevano affatto parlato e discusso sull’acquisto di Maradona, ma di aver affrontato questioni di carattere amministrativo all’ordine del giorno e di nessuna particolare importanza, né rilievo. E non era vero, una bugia ragionevole e necessaria del patron di allora ma che non evitò la copertura della notizia e l'esplosione di un entusiasmo straordinario, la città si risvegliò dal suo storico torpore: quella sera Totonno Iuliano ebbe infatti carta bianca per realizzare la più grande operazione di calciomercato che avrebbe cambiato la storia del calcio a Napoli e in Italia e andò avanti insieme con Dino Celentano nella guerresca trattativa con il Barcellona, alla fine convinto anche dal calciatore che non voleva restare più in Catalogna. A garantire la spesa e la copertura al club blaugrana fu il Banco di Napoli, grazie anche alle sollecitazioni degli allora ministri Pomicino e Scotti. Naturalmente se ne convinse anche Ferlaino che si scatenò in un finale mozzafiato dell’operazione conclusa anche grazie alla sua proverbiale furbizia e rapidità di pensiero e di azione. E Diego sbarcò in azzurro e il Napoli cominciò a vincere scatenando antipatie e cattiverie, offese inenarrabili e irripetibili giacchè il Pibe de Oro aveva trasformato il club azzurro in una potenza mondiale, sottraendo il palcoscenico abituale sul quale se la spassavano le solite ben note società del calcio italiano, ma non solo per questo: Maradona ha rappresentato Napoli e il Napoli a tutti i livelli come nessuno aveva mai fatto prima, nemmeno attraverso i figli migliori della città. Adesso che non hanno repliche risorgono gli avvelenati e i farisei, spregevole gentaglia che attacca e insulta il nostro grande capitano. Adesso tocca a noialtri difenderlo e onorare la sua memoria. E’ bene proclamarlo ad alta voce: Diego non si tocca.

 

 

Gianfranco Lucariello

 

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