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L'EDITORIALE - A. Petrazzuolo: "Napoli, l'indolenza dei numeri primi"
26.02.2024 23:55 di Napoli Magazine

NAPOLI - Partiamo da un concetto: non è possibile lasciarsi sfuggire una vittoria, seppur striminzita, sofferta e risicata, al 96° minuto. L'erroraccio di misura di Juan Jesus, purtroppo, ha pesato come un macigno sull'1-1 finale di Cagliari, quando ormai già si assaporava il sapore dei tre punti. Dopo 527 minuti, il Napoli ha ritrovato il gol in trasferta, sempre grazie a Osimhen, l'unico che vede e sente la porta, come si è visto anche contro il Barcellona, per cui in una costante situazione generale di confusione uno così (seppur stanco) non lo toglierei mai dal campo. Stesso discorso per Kvara, il cui estro può accendersi sempre da un momento all'altro, a maggior ragione con il risultato in bilico, e (in quest'ultimo match) per Raspadori, bravo ad inventarsi azione ed assist per la rete del nigeriano. Insomma qualche responsabilità di gestione, in un'annata del tutto balorda, priva finanche di un pizzico di fortuna, continuo a vederla. Lo stesso Mazzocchi, bravo a contenere le sgroppate di Luvumbo, lo avrei lasciato al suo posto. Ma va detto pure che la croce non è possibile gettarla addosso solo all'allenatore di turno, seppur gli errori nelle scelte risultano più evidenti quando i risultati non arrivano. Chiaramente se fossero entrate in porta le conclusioni maldestre di Politano (incredibile) e Simeone (con Lindstrom tutto solo al centro dell'area), probabilmente staremmo parlando di un risultato diverso. Va detto pure, però, che il primo tempo è stato quasi del tutto inguardabile e che il Cagliari, complice un lievissimo fuorigioco di Lapadula, stava per approfittarne di un perfetto autogol di testa di Rrahmani. Insomma, una partita da dimenticare. Anche perchè, salvando Olivera (generosissimo) e Lobotka (seppur quest'ultimo qualche errorino di troppo l'ha commesso), fatico a comprendere come mai Anguissa e Zielinski (a proposito ma Traorè e Lindstrom avranno mai una chance dal primo minuto?) facciano così fatica ad imporre il proprio gioco. Sarà un problema mentale, sicuramente. Sarà che il baricentro spesso resta troppo basso e la squadra fatica a costruire gioco, ciò che emerge in maniera evidente è l'indolenza dei (quasi ormai ex) numeri primi. Ovvero, chi nella scorsa stagione dettava legge, ora si è assuefatto ad una totale apatia per cui se arriva il gol bene, altrimenti si tirano i remi in barca (quasi come per un appagamento inconscio dovuto alla conquista del tricolore dopo 33 anni). E per fortuna che c'è Osimhen, altrimenti anche nelle ultime due partite avremmo assistito a ciò che si ripete ormai da troppo tempo: un lungo ed infinito possesso palla, che però non porta assolutamente a niente. Più che parlare di moduli, servirebbe una scossa, nell'anima e nell'orgoglio dei calciatori, che poi sono loro che possono decidere il destino di una stagione. Certo è che, guardando la classifica, c'è ben poco da sorridere a 37 punti, lontanissimi dagli obiettivi degni di nota che una città come Napoli merita. Se galleggiare lì, senza alcuno stimolo, risulta essere gratificante per chi indossa la maglia azzurra, non ci resta che attendere la fine di questa stagione, in cui un nuovo (e quasi) totale repulisti va delineandosi sempre più necessariamente. La parola torna al campo, come sempre giudice insindacabile per il destino di chi gioca a calcio. Contro Sassuolo e Juventus servirebbero due vittorie per restituire entusiasmo e stimoli alla piazza, indolenti (con lo scudetto sul petto) permettendo...

 

 

Antonio Petrazzuolo
 
 
Napoli Magazine
 
 
Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com
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NAPOLI - Partiamo da un concetto: non è possibile lasciarsi sfuggire una vittoria, seppur striminzita, sofferta e risicata, al 96° minuto. L'erroraccio di misura di Juan Jesus, purtroppo, ha pesato come un macigno sull'1-1 finale di Cagliari, quando ormai già si assaporava il sapore dei tre punti. Dopo 527 minuti, il Napoli ha ritrovato il gol in trasferta, sempre grazie a Osimhen, l'unico che vede e sente la porta, come si è visto anche contro il Barcellona, per cui in una costante situazione generale di confusione uno così (seppur stanco) non lo toglierei mai dal campo. Stesso discorso per Kvara, il cui estro può accendersi sempre da un momento all'altro, a maggior ragione con il risultato in bilico, e (in quest'ultimo match) per Raspadori, bravo ad inventarsi azione ed assist per la rete del nigeriano. Insomma qualche responsabilità di gestione, in un'annata del tutto balorda, priva finanche di un pizzico di fortuna, continuo a vederla. Lo stesso Mazzocchi, bravo a contenere le sgroppate di Luvumbo, lo avrei lasciato al suo posto. Ma va detto pure che la croce non è possibile gettarla addosso solo all'allenatore di turno, seppur gli errori nelle scelte risultano più evidenti quando i risultati non arrivano. Chiaramente se fossero entrate in porta le conclusioni maldestre di Politano (incredibile) e Simeone (con Lindstrom tutto solo al centro dell'area), probabilmente staremmo parlando di un risultato diverso. Va detto pure, però, che il primo tempo è stato quasi del tutto inguardabile e che il Cagliari, complice un lievissimo fuorigioco di Lapadula, stava per approfittarne di un perfetto autogol di testa di Rrahmani. Insomma, una partita da dimenticare. Anche perchè, salvando Olivera (generosissimo) e Lobotka (seppur quest'ultimo qualche errorino di troppo l'ha commesso), fatico a comprendere come mai Anguissa e Zielinski (a proposito ma Traorè e Lindstrom avranno mai una chance dal primo minuto?) facciano così fatica ad imporre il proprio gioco. Sarà un problema mentale, sicuramente. Sarà che il baricentro spesso resta troppo basso e la squadra fatica a costruire gioco, ciò che emerge in maniera evidente è l'indolenza dei (quasi ormai ex) numeri primi. Ovvero, chi nella scorsa stagione dettava legge, ora si è assuefatto ad una totale apatia per cui se arriva il gol bene, altrimenti si tirano i remi in barca (quasi come per un appagamento inconscio dovuto alla conquista del tricolore dopo 33 anni). E per fortuna che c'è Osimhen, altrimenti anche nelle ultime due partite avremmo assistito a ciò che si ripete ormai da troppo tempo: un lungo ed infinito possesso palla, che però non porta assolutamente a niente. Più che parlare di moduli, servirebbe una scossa, nell'anima e nell'orgoglio dei calciatori, che poi sono loro che possono decidere il destino di una stagione. Certo è che, guardando la classifica, c'è ben poco da sorridere a 37 punti, lontanissimi dagli obiettivi degni di nota che una città come Napoli merita. Se galleggiare lì, senza alcuno stimolo, risulta essere gratificante per chi indossa la maglia azzurra, non ci resta che attendere la fine di questa stagione, in cui un nuovo (e quasi) totale repulisti va delineandosi sempre più necessariamente. La parola torna al campo, come sempre giudice insindacabile per il destino di chi gioca a calcio. Contro Sassuolo e Juventus servirebbero due vittorie per restituire entusiasmo e stimoli alla piazza, indolenti (con lo scudetto sul petto) permettendo...

 

 

Antonio Petrazzuolo
 
 
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