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L'ANALISI di GINO RIVIECCIO: "L'eroe della serata è stato uno solo: Josip 'o profugo, tutti i retroscena"
08.05.2014 00:27 di Napoli Magazine

NAPOLI - Sembra che di tutta l’amara e drammatica serata dell’Olimpico l’attenzione si sia polarizzata solo su Genny ‘a carogna. Anche ieri sera in Napoli-Cagliari lo speaker era stato tentato di annunciare le formazioni nel modo seguente: “Il Napoli si schiera con Peppe ‘o Capucchione, Miguel Angel ‘o liscione e Federico ‘o stanghettone, Gokhan ‘a botta, Marek ‘a paposcia, Lorenzo ‘o curto e Gonzalo ‘o kamikaze! In panchina Rafele ‘o bumbolone“. Una moda quella di affibbiare appellativi che ha portato qualche giornale a scrivere che a Torino Totonno ‘o parrucchino ha portato Giorgio ‘o scarparo e compagni a cena a festeggiare lo scudetto. Invece dopo i fiumi d’inchiostro e di saliva versati in queste ore, sento il dovere di fare qualche ultima considerazione a mente fredda e a bocce ferme:



Fischiare l’inno non è mai cosa giusta, soprattutto se si pensa al sangue versato dai nostri patrioti per regalarci un paese libero. E’ comprensibile dissentire verso un presidente del Consiglio, un presidente del Senato, un presidente di Lega, un questore. Ma l’inno non dovrebbe essere fischiato mai. E’ un messaggio terribilmente diseducativo per i tanti bambini come mio figlio presenti allo stadio che da sabato sera pensano che l’inno di Mameli debba essere fischiato e a nulla varranno le lezioni di storia risorgimentale che verranno impartite a scuola.



Davanti a uno che con le gambe penzoloni su una rete di recinzione esibisce fiero una maglietta inneggiante alla libertà dell’assassino di un povero agente di polizia, non solo non si tratta ma non si comincia nemmeno un dialogo. Lo si invita prima a scendere e a togliersi quella maglietta quindi a farsi da portavoce verso la tifoseria ribadendo che si  gioca perché lo ha deciso il prefetto di concerto col questore e il ministro degli Interni.



Ma quello che nessuno ha detto è che  il vero eroe della serata è stato uno sloveno di 26 anni nato in Bosnia Erzegovina soprannominato Jojo, che non ha mai conosciuto suo padre ma molto bene la porta della squadra avversaria, salvo sabato sera quando a pochi minuti dalla fine si è “sacrificato” per la causa sbagliando un clamoroso pareggio in pieno recupero e dando a Mertens nell’azione successiva la possibilità di chiudere la sfida. Se Josip Ilicic, detto "o profugo", avesse pareggiato, si sarebbe andato ai supplementari che sarebbero stati la goccia che avrebbe fatto traboccare un vaso rappresentato da:



a) La partita sarebbe finita con più di mezz’ora di ritardo, all’incirca verso le 0:30 e il deflusso sarebbe stato ancora più disagevole.



b) Molto probabilmente la Fiorentina con un uomo in più e sulle ali dell’entusiasmo di una rimonta poco prima impossibile, avrebbe fatto sua la coppa con tutti gli strascichi velenosi e le code di violenza che si possono immaginare tra un settore  viola che avrebbe irriso gli avversari e uno azzurro già inferocito per le notizie che arrivavano dall’ospedale e che si sarebbe sentito defraudato di una vittoria già sicura.



- Lo stadio Olimpico è vecchio dentro e fuori: non è adatto ad ospitare partite di tale importanza e l’Uefa lo sa. Il deflusso nel buio della notte nell’imbuto dei corridoi e delle strettoie anguste tra marciapiedi divelti, aiuole improvvisate e  bancarelle con i gadgets, è quanto di più pericoloso si possa offrire a 70.000 persone che escono dallo stadio insieme a donne e bambini. Per la prossima finale di Coppa Italia va subito annullata l'ipotesi di giocare a Roma.



- In tribuna Tevere c’era gente seduta anche sulle scalinate che separano i settori con i sediolini, a conferma che sono stati venduti più biglietti rispetto ai posti o molto più probabilmente c’è stata franchigia per i falsari che hanno stampato almeno 5000 biglietti falsi. Bastava una scintilla e si rischiava l’Heysel. Ecco perché ho passato buona parte della serata guardando la madonnina di Monte Mario che protegge lo stadio dalla collina retrostante le tribune. Alla fine con la sua benedizione alle due del mattino sono rientrato in albergo. Mio figlio con la disarmante dolcezza dei bambini della sua età, mi ricordava che il Napoli aveva vinto la quinta Coppa Italia della sua storia.





Gino Rivieccio



Napoli Magazine



Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com


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08/05/2024 - 00:27

NAPOLI - Sembra che di tutta l’amara e drammatica serata dell’Olimpico l’attenzione si sia polarizzata solo su Genny ‘a carogna. Anche ieri sera in Napoli-Cagliari lo speaker era stato tentato di annunciare le formazioni nel modo seguente: “Il Napoli si schiera con Peppe ‘o Capucchione, Miguel Angel ‘o liscione e Federico ‘o stanghettone, Gokhan ‘a botta, Marek ‘a paposcia, Lorenzo ‘o curto e Gonzalo ‘o kamikaze! In panchina Rafele ‘o bumbolone“. Una moda quella di affibbiare appellativi che ha portato qualche giornale a scrivere che a Torino Totonno ‘o parrucchino ha portato Giorgio ‘o scarparo e compagni a cena a festeggiare lo scudetto. Invece dopo i fiumi d’inchiostro e di saliva versati in queste ore, sento il dovere di fare qualche ultima considerazione a mente fredda e a bocce ferme:



Fischiare l’inno non è mai cosa giusta, soprattutto se si pensa al sangue versato dai nostri patrioti per regalarci un paese libero. E’ comprensibile dissentire verso un presidente del Consiglio, un presidente del Senato, un presidente di Lega, un questore. Ma l’inno non dovrebbe essere fischiato mai. E’ un messaggio terribilmente diseducativo per i tanti bambini come mio figlio presenti allo stadio che da sabato sera pensano che l’inno di Mameli debba essere fischiato e a nulla varranno le lezioni di storia risorgimentale che verranno impartite a scuola.



Davanti a uno che con le gambe penzoloni su una rete di recinzione esibisce fiero una maglietta inneggiante alla libertà dell’assassino di un povero agente di polizia, non solo non si tratta ma non si comincia nemmeno un dialogo. Lo si invita prima a scendere e a togliersi quella maglietta quindi a farsi da portavoce verso la tifoseria ribadendo che si  gioca perché lo ha deciso il prefetto di concerto col questore e il ministro degli Interni.



Ma quello che nessuno ha detto è che  il vero eroe della serata è stato uno sloveno di 26 anni nato in Bosnia Erzegovina soprannominato Jojo, che non ha mai conosciuto suo padre ma molto bene la porta della squadra avversaria, salvo sabato sera quando a pochi minuti dalla fine si è “sacrificato” per la causa sbagliando un clamoroso pareggio in pieno recupero e dando a Mertens nell’azione successiva la possibilità di chiudere la sfida. Se Josip Ilicic, detto "o profugo", avesse pareggiato, si sarebbe andato ai supplementari che sarebbero stati la goccia che avrebbe fatto traboccare un vaso rappresentato da:



a) La partita sarebbe finita con più di mezz’ora di ritardo, all’incirca verso le 0:30 e il deflusso sarebbe stato ancora più disagevole.



b) Molto probabilmente la Fiorentina con un uomo in più e sulle ali dell’entusiasmo di una rimonta poco prima impossibile, avrebbe fatto sua la coppa con tutti gli strascichi velenosi e le code di violenza che si possono immaginare tra un settore  viola che avrebbe irriso gli avversari e uno azzurro già inferocito per le notizie che arrivavano dall’ospedale e che si sarebbe sentito defraudato di una vittoria già sicura.



- Lo stadio Olimpico è vecchio dentro e fuori: non è adatto ad ospitare partite di tale importanza e l’Uefa lo sa. Il deflusso nel buio della notte nell’imbuto dei corridoi e delle strettoie anguste tra marciapiedi divelti, aiuole improvvisate e  bancarelle con i gadgets, è quanto di più pericoloso si possa offrire a 70.000 persone che escono dallo stadio insieme a donne e bambini. Per la prossima finale di Coppa Italia va subito annullata l'ipotesi di giocare a Roma.



- In tribuna Tevere c’era gente seduta anche sulle scalinate che separano i settori con i sediolini, a conferma che sono stati venduti più biglietti rispetto ai posti o molto più probabilmente c’è stata franchigia per i falsari che hanno stampato almeno 5000 biglietti falsi. Bastava una scintilla e si rischiava l’Heysel. Ecco perché ho passato buona parte della serata guardando la madonnina di Monte Mario che protegge lo stadio dalla collina retrostante le tribune. Alla fine con la sua benedizione alle due del mattino sono rientrato in albergo. Mio figlio con la disarmante dolcezza dei bambini della sua età, mi ricordava che il Napoli aveva vinto la quinta Coppa Italia della sua storia.





Gino Rivieccio



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