NAPOLI - Più che una partita in campo (fatta eccezione per i primi 15 minuti di maggior predominio dei veronesi non c’è mai stata partita) domenica al Bentegodi la storica rivalità tra azzurri e scaligeri si è giocata sulle gradinate, o meglio sulla fantasia degli striscioni esposti. Alla violenza verbale e scritta perpetuata dagli ultrà gialloblu sin dai primi anni ‘80 (‘Napoli club Addis Abeba’, ‘Il tricolore non cancella l’odore’, ‘Benvenuti in Italia’, ‘Vesuvio facci sognare’) domenica scorsa parte qualche prevedibile e già ascoltato becero insulto, si è tornati agli sfottò degli anni ‘60 quando le tifoserie si lanciavano dileggi senza mai sconfinare nell’epiteto razzista. La ruggine calcistica tra napoletani e veronesi nacque una quindicina di anni fa quando in risposta alle cattiverie lette al Bentegodi nella partita di andata, a metà del secondo tempo della sfida di ritorno, un impertinente poeta azzurro espose lo striscione “Giulietta è ‘na zoccola“. Tuoni e fulmini si scatenarono sull’irriverente supporter reo di aver offeso il simbolo più puro della città veneta. Qualcuno parlò di grave attentato alla dignità dei veronesi, altri di vilipendio, dimenticando che il “ciuccio” stanco degli insulti ascoltati per anni si era vendicato scalciando. Domenica scorsa in risposta a uno striscione srotolato dai napoletani nel quale si leggeva “L’amante di Giulietta è napoletano“, dalla curva opposta i gialloblù replicavano: “I napoletani sono tutti figli di Giulietta”, realizzando in questo modo il più grande autogol della storia e creando un caso in seno anche alla civilissima Verona. Ma come obiettava qualcuno in piazza Bra “se si scrive che i napoletani sono tutti figli di Giulietta vuol dire che l’incauto e sprovveduto veronese ha confermato quello che l’anonimo tifoso aveva vergato anni prima”. Non so come finirà la vicenda, so solo che la ingiuriata ha immediatamente querelato il suo concittadino, il sindaco avrebbe chiesto tre giorni di lutto cittadino per la bestialità sciorinata e i discendenti dei Capuleti e dei Montecchi la testa dello scriteriato poeta della domenica. Dopo un’interpellanza parlamentare sulla fedeltà della più famosa morosa del mondo, si è deciso di risolvere la questione nel salotto più appropriato per questo tipo di querelle: quello di Barbara D’Urso nel quale sono stati invitati l’onnipresente Cristiano Malgioglio, lo psicologo Paolo Crepet, la criminologa Roberta Bruzzone, l’avvocato Taormina e Renato Mannheimer per i sondaggi. Secondo i primi exit poll è emerso che molti napoletani hanno fatto il militare a Verona e che il 78% pare abbia avuto una relazione con una donna di nome Giulietta. La speranza è che non sia stata la stessa per tutti.
Gino Rivieccio
Napoli Magazine
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di Napoli Magazine
15/01/2024 - 17:50
NAPOLI - Più che una partita in campo (fatta eccezione per i primi 15 minuti di maggior predominio dei veronesi non c’è mai stata partita) domenica al Bentegodi la storica rivalità tra azzurri e scaligeri si è giocata sulle gradinate, o meglio sulla fantasia degli striscioni esposti. Alla violenza verbale e scritta perpetuata dagli ultrà gialloblu sin dai primi anni ‘80 (‘Napoli club Addis Abeba’, ‘Il tricolore non cancella l’odore’, ‘Benvenuti in Italia’, ‘Vesuvio facci sognare’) domenica scorsa parte qualche prevedibile e già ascoltato becero insulto, si è tornati agli sfottò degli anni ‘60 quando le tifoserie si lanciavano dileggi senza mai sconfinare nell’epiteto razzista. La ruggine calcistica tra napoletani e veronesi nacque una quindicina di anni fa quando in risposta alle cattiverie lette al Bentegodi nella partita di andata, a metà del secondo tempo della sfida di ritorno, un impertinente poeta azzurro espose lo striscione “Giulietta è ‘na zoccola“. Tuoni e fulmini si scatenarono sull’irriverente supporter reo di aver offeso il simbolo più puro della città veneta. Qualcuno parlò di grave attentato alla dignità dei veronesi, altri di vilipendio, dimenticando che il “ciuccio” stanco degli insulti ascoltati per anni si era vendicato scalciando. Domenica scorsa in risposta a uno striscione srotolato dai napoletani nel quale si leggeva “L’amante di Giulietta è napoletano“, dalla curva opposta i gialloblù replicavano: “I napoletani sono tutti figli di Giulietta”, realizzando in questo modo il più grande autogol della storia e creando un caso in seno anche alla civilissima Verona. Ma come obiettava qualcuno in piazza Bra “se si scrive che i napoletani sono tutti figli di Giulietta vuol dire che l’incauto e sprovveduto veronese ha confermato quello che l’anonimo tifoso aveva vergato anni prima”. Non so come finirà la vicenda, so solo che la ingiuriata ha immediatamente querelato il suo concittadino, il sindaco avrebbe chiesto tre giorni di lutto cittadino per la bestialità sciorinata e i discendenti dei Capuleti e dei Montecchi la testa dello scriteriato poeta della domenica. Dopo un’interpellanza parlamentare sulla fedeltà della più famosa morosa del mondo, si è deciso di risolvere la questione nel salotto più appropriato per questo tipo di querelle: quello di Barbara D’Urso nel quale sono stati invitati l’onnipresente Cristiano Malgioglio, lo psicologo Paolo Crepet, la criminologa Roberta Bruzzone, l’avvocato Taormina e Renato Mannheimer per i sondaggi. Secondo i primi exit poll è emerso che molti napoletani hanno fatto il militare a Verona e che il 78% pare abbia avuto una relazione con una donna di nome Giulietta. La speranza è che non sia stata la stessa per tutti.
Gino Rivieccio
Napoli Magazine
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