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L'APPUNTO - Nunzia Marciano su "NM": "Il Napoli e i suoi Masanielli"
24.01.2022 21:00 di Napoli Magazine

NAPOLI -  Era il 1647, precisamente nei giorni dal 7 al 16 di Luglio, quando Napoli insorse. E “lui” si chiamava Tommaso Aniello d'Amalfi, meglio conosciuto come Masaniello, protagonista di una rivolta contro il governo vicereale spagnolo. Lui fu l’eroe di cui il popolo ebbe bisogno per la sua rivalsa, primo simbolo di una napoletanietà rivoluzionaria che scrisse una storia che ancora oggi fa testo. Masaniello fu colui che guidò i napoletani nella loro vera vocazione, quella di non piegarsi, di alzare la testa e uscirne vittoriosi a testa alta, appunto. Dice: “Ma che c’entra il Masaniello del ‘600 con il Napoli-Salernitana 4-1, del 2022?” C’entra. E c’entra nella misura delle parole di Dries Mertens, del suo gesto altruista, certo, ma che fai il paio con altro. Spieghiamoci… Dries giura amore alla maglia azzurra, per essa, rinuncia ai dollari, e nel bel mezzo della partita al Maradona, rinuncia pure a tirare un rigore, per cedere palla e dischetto all’oramai su carta già ex capitano Lorenzo Insigne, da cui molto più che simbolicamente eredita il ruolo e la missione: rivoluzionare il Napoli per Napoli, regalare la vittoria a testa alta contro un sistema fatto da chi ha sempre vinto, a giusta ragione o meno, e che adesso può essere infranto per andare in vetta. Come secoli fa, Napoli dimette ancora ha bisogno di Masanielli in ogni dove: lo fu Diego, ha provato ad esserlo nella politica il PM dalla bandana arancione, lo è stato l’innominato argentino e tra alti e bassi, lo stesso Lorenzo, amato ma anche tanto criticato proprio perché napoletano; quel Lorenzo che più volte si è caricato sulle spalle il peso di un Napoli e di una Napoli che non sempre gli hanno reso il favore. E oggi quel Masaniello arriva da lontano, dal Belgio: fa la sua dichiarazione, una di quelle senza mezzi termini, una di quelle dirette al presidente e al suo rinnovo; adotta il nome Ciro e tale si sente; vive la città e se ne sente figlio adottivo. E infine, ringrazia Lorenzo che va via, per quanto ha fatto per “noi”, noi Napoli, noi del Napoli, noi napoletani. Mertens si incorona Masaniello della squadra e la Città lo incorona a sua volta, bizzarramente lui che si diceva, napoletano non lo è ma proprio per questo paradossalmente libero da quel fardello invece toccato, ad Insigne, figlio, lui sì, di questa terra che gli ha sempre chiesto molto più di quanto paresse lecito, in un perverso gioco al massacro. Ora che il dado per lui è tratto, i giochi li conduce chi comanda, anche nelle parole di Spalletti che lo ribadisce: si resta alla condizioni della società. E Dries le accetta, tutte. Pur non dovendolo fare per forza. E allora quel paragone insensato tra lui e Lorenzo qui si acuisce ed è il belga ad uscirne, agli occhi degli azzurri più vittorioso. Ma di Masaniello c’è n’è stato uno solo e poco aveva a che fare con il calcio. Ma con l’eroica voglia di libertà, con il disperato bisogno di rivalsa che è chiaro non deve passare per un pallone né per chi lo calcia. Napoli-Salernitana, 4-1, fa del Napoli la squadra che merita di essere, emblema di essere davvero del calcio che conta. Ma senza per forza aggrapparsi al Masaniello, come di Masanielli forse non ha più bisogno nemmeno la città, oramai consapevole di non potersi salvare se non da sola. E così deve essere. E chissà che così pensando non sia proprio Napoli, una volta tanto, ad essere l’esempio per il calcio e non viceversa. Intanto, per una manciata di giorni, complice la pausa, il Napoli è d’argento, tra le due milanesi. Intanto. E chest’è.

 

 

Nunzia Marciano
 
 
Napoli Magazine
 
 
Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com
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L'APPUNTO - Nunzia Marciano su "NM": "Il Napoli e i suoi Masanielli"

di Napoli Magazine

24/01/2024 - 21:00

NAPOLI -  Era il 1647, precisamente nei giorni dal 7 al 16 di Luglio, quando Napoli insorse. E “lui” si chiamava Tommaso Aniello d'Amalfi, meglio conosciuto come Masaniello, protagonista di una rivolta contro il governo vicereale spagnolo. Lui fu l’eroe di cui il popolo ebbe bisogno per la sua rivalsa, primo simbolo di una napoletanietà rivoluzionaria che scrisse una storia che ancora oggi fa testo. Masaniello fu colui che guidò i napoletani nella loro vera vocazione, quella di non piegarsi, di alzare la testa e uscirne vittoriosi a testa alta, appunto. Dice: “Ma che c’entra il Masaniello del ‘600 con il Napoli-Salernitana 4-1, del 2022?” C’entra. E c’entra nella misura delle parole di Dries Mertens, del suo gesto altruista, certo, ma che fai il paio con altro. Spieghiamoci… Dries giura amore alla maglia azzurra, per essa, rinuncia ai dollari, e nel bel mezzo della partita al Maradona, rinuncia pure a tirare un rigore, per cedere palla e dischetto all’oramai su carta già ex capitano Lorenzo Insigne, da cui molto più che simbolicamente eredita il ruolo e la missione: rivoluzionare il Napoli per Napoli, regalare la vittoria a testa alta contro un sistema fatto da chi ha sempre vinto, a giusta ragione o meno, e che adesso può essere infranto per andare in vetta. Come secoli fa, Napoli dimette ancora ha bisogno di Masanielli in ogni dove: lo fu Diego, ha provato ad esserlo nella politica il PM dalla bandana arancione, lo è stato l’innominato argentino e tra alti e bassi, lo stesso Lorenzo, amato ma anche tanto criticato proprio perché napoletano; quel Lorenzo che più volte si è caricato sulle spalle il peso di un Napoli e di una Napoli che non sempre gli hanno reso il favore. E oggi quel Masaniello arriva da lontano, dal Belgio: fa la sua dichiarazione, una di quelle senza mezzi termini, una di quelle dirette al presidente e al suo rinnovo; adotta il nome Ciro e tale si sente; vive la città e se ne sente figlio adottivo. E infine, ringrazia Lorenzo che va via, per quanto ha fatto per “noi”, noi Napoli, noi del Napoli, noi napoletani. Mertens si incorona Masaniello della squadra e la Città lo incorona a sua volta, bizzarramente lui che si diceva, napoletano non lo è ma proprio per questo paradossalmente libero da quel fardello invece toccato, ad Insigne, figlio, lui sì, di questa terra che gli ha sempre chiesto molto più di quanto paresse lecito, in un perverso gioco al massacro. Ora che il dado per lui è tratto, i giochi li conduce chi comanda, anche nelle parole di Spalletti che lo ribadisce: si resta alla condizioni della società. E Dries le accetta, tutte. Pur non dovendolo fare per forza. E allora quel paragone insensato tra lui e Lorenzo qui si acuisce ed è il belga ad uscirne, agli occhi degli azzurri più vittorioso. Ma di Masaniello c’è n’è stato uno solo e poco aveva a che fare con il calcio. Ma con l’eroica voglia di libertà, con il disperato bisogno di rivalsa che è chiaro non deve passare per un pallone né per chi lo calcia. Napoli-Salernitana, 4-1, fa del Napoli la squadra che merita di essere, emblema di essere davvero del calcio che conta. Ma senza per forza aggrapparsi al Masaniello, come di Masanielli forse non ha più bisogno nemmeno la città, oramai consapevole di non potersi salvare se non da sola. E così deve essere. E chissà che così pensando non sia proprio Napoli, una volta tanto, ad essere l’esempio per il calcio e non viceversa. Intanto, per una manciata di giorni, complice la pausa, il Napoli è d’argento, tra le due milanesi. Intanto. E chest’è.

 

 

Nunzia Marciano
 
 
Napoli Magazine
 
 
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