Ancora tragedie nel mondo del pugilato, e di nuovo in quello giapponese, ambiente dove troppo spesso si assiste a match 'selvaggi' che eccitano il pubblico ma in cui gli arbitri spesso lasciano fare. Così ora bisogna registrare la morte di due pugili nipponici a causa di lesioni cerebrali subite in due diversi incontri disputati nel corso della stessa riunione, alla Korakuen Hall di Tokyo.
Le vittime sono il superpiuma Shigetoshi Kotari e il peso leggero Hiromasa Urakawa, entrambi 28enni, ricoverati entrambi dopo i rispettivi match, piuttosto duri e svoltisi il 2 agosto scorso, e subito operati. Entrambi sono però deceduti per le gravi ferite riportate, e subito si è riaccesa l'eterna polemica sulla pericolosità del pugilato, disciplina che in effetti presenta dei rischi, come testimonia anche la morte, a febbraio di quest'anno del 28enne peso superpiuma irlandese John Cooney, morto anche lui per lesioni cerebrali dopo aver perso per ko tecnico un match per il titolo celtico della sua categoria.
A febbraio dell'anno scorso era invece toccato a un altro giapponese, lo sfidante al titolo nazionale dei gallo Kazuki Anaguchi, sconfitto nel match per il titolo disputato il 26 dicembre 2023 e finito in ospedale subito dopo per le conseguenze fisiche di quell'incontro. Poco più di un mese dopo, il 2 febbraio 2024, la morte nella struttura dov'era ancora ricoverato. Ad aprile dello scorso anno, invece, era toccato a Ardi Ndembo, peso medio 27enne alto due metri, di origine congolese che combatteva in Florida in una competizione 'pro' a squadre in cui rappresentava il team di Las Vegas di cui è manager Jeff Mayweather, zio di Floyd, che in quell'occasione aveva commentato con una certa dose di cinismo che "la boxe è una disciplina piena di rischi, ma non cattiva. Però quando qualcosa del genere succede, sveglia tutto il mondo".
Adesso, mentre infuriano le polemiche per la scomparsa di Kotari e Urakawa e ci si chiede in che moda si possano limitare i rischi del pugilato, professionistico e non, l'ente della boxe nipponica ha annunciato la riduzione a un massimo di dieci riprese della durata degli incontri (ma per un titolo mondiale dei maggiori enti Wba, Wbc, Wbo e Ibf i round rimarranno 12) , mentre la Wbc ha diffuso un comunicato in cui si sottolinea che la Wbc stessa "e il suo presidente, Mauricio Sulaiman, piangono profondamente questa perdita irreparabile e augurano forza alla sua famiglia e ai suoi amici in questo momento difficile".
Intanto una statistica stabilisce che tra il 2000 e il 2021 sono morti 33 pugili, alcuni dei quali in allenamento, a una media di 1,5 all'anno. Tra di loro alcune donne, come la statunitense Becky Zerlentes, che oltre a praticare la 'nobile arte' lavorava come insegnante di storia e geografia e morì nel 2005 dopo un combattimento dei campionati del Colorado e la 19enne messicana Jeanette Zacarias Zapata che, nel 2021 in un match a Montreal venne tempestata di colpi dalla canadese Marie-Pier Houle quando ormai erra inerme e incapace di difendersi: le immagini, scioccanti, dimostrano con evidenza che l'arbitro aveva fermato l'incontro quando ormai era troppo tardi. Poi la ragazza era crollata a terra, priva di sensi e in preda a convulsioni. Non si era più ripresa, morendo qualche giorno dopo. E adesso, dopo i fatti di Tokyo, riprenderà il coro di coloro che sostengono sia arrivato il momento di dire basta.
di Napoli Magazine
10/08/2025 - 19:12
Ancora tragedie nel mondo del pugilato, e di nuovo in quello giapponese, ambiente dove troppo spesso si assiste a match 'selvaggi' che eccitano il pubblico ma in cui gli arbitri spesso lasciano fare. Così ora bisogna registrare la morte di due pugili nipponici a causa di lesioni cerebrali subite in due diversi incontri disputati nel corso della stessa riunione, alla Korakuen Hall di Tokyo.
Le vittime sono il superpiuma Shigetoshi Kotari e il peso leggero Hiromasa Urakawa, entrambi 28enni, ricoverati entrambi dopo i rispettivi match, piuttosto duri e svoltisi il 2 agosto scorso, e subito operati. Entrambi sono però deceduti per le gravi ferite riportate, e subito si è riaccesa l'eterna polemica sulla pericolosità del pugilato, disciplina che in effetti presenta dei rischi, come testimonia anche la morte, a febbraio di quest'anno del 28enne peso superpiuma irlandese John Cooney, morto anche lui per lesioni cerebrali dopo aver perso per ko tecnico un match per il titolo celtico della sua categoria.
A febbraio dell'anno scorso era invece toccato a un altro giapponese, lo sfidante al titolo nazionale dei gallo Kazuki Anaguchi, sconfitto nel match per il titolo disputato il 26 dicembre 2023 e finito in ospedale subito dopo per le conseguenze fisiche di quell'incontro. Poco più di un mese dopo, il 2 febbraio 2024, la morte nella struttura dov'era ancora ricoverato. Ad aprile dello scorso anno, invece, era toccato a Ardi Ndembo, peso medio 27enne alto due metri, di origine congolese che combatteva in Florida in una competizione 'pro' a squadre in cui rappresentava il team di Las Vegas di cui è manager Jeff Mayweather, zio di Floyd, che in quell'occasione aveva commentato con una certa dose di cinismo che "la boxe è una disciplina piena di rischi, ma non cattiva. Però quando qualcosa del genere succede, sveglia tutto il mondo".
Adesso, mentre infuriano le polemiche per la scomparsa di Kotari e Urakawa e ci si chiede in che moda si possano limitare i rischi del pugilato, professionistico e non, l'ente della boxe nipponica ha annunciato la riduzione a un massimo di dieci riprese della durata degli incontri (ma per un titolo mondiale dei maggiori enti Wba, Wbc, Wbo e Ibf i round rimarranno 12) , mentre la Wbc ha diffuso un comunicato in cui si sottolinea che la Wbc stessa "e il suo presidente, Mauricio Sulaiman, piangono profondamente questa perdita irreparabile e augurano forza alla sua famiglia e ai suoi amici in questo momento difficile".
Intanto una statistica stabilisce che tra il 2000 e il 2021 sono morti 33 pugili, alcuni dei quali in allenamento, a una media di 1,5 all'anno. Tra di loro alcune donne, come la statunitense Becky Zerlentes, che oltre a praticare la 'nobile arte' lavorava come insegnante di storia e geografia e morì nel 2005 dopo un combattimento dei campionati del Colorado e la 19enne messicana Jeanette Zacarias Zapata che, nel 2021 in un match a Montreal venne tempestata di colpi dalla canadese Marie-Pier Houle quando ormai erra inerme e incapace di difendersi: le immagini, scioccanti, dimostrano con evidenza che l'arbitro aveva fermato l'incontro quando ormai era troppo tardi. Poi la ragazza era crollata a terra, priva di sensi e in preda a convulsioni. Non si era più ripresa, morendo qualche giorno dopo. E adesso, dopo i fatti di Tokyo, riprenderà il coro di coloro che sostengono sia arrivato il momento di dire basta.