Chiunque nasca circondato da montagne, cresce sognando di scalarle tutte.
Chiunque riesca ad arrivare nel punto più alto delle proprie cime domestiche, progetta di continuare a toccare le vette più alte del mondo e ripercorrerle dal basso verso l’alto.
Così come un’aquila, suo animale guida, migra verso luoghi sempre nuovi, dove volare diventa una liberazione.
Il pilota meranese di paragliding, Aaron Durogati, due volte oro in coppa del mondo nel 2012 e 2016, vincitore del Red Bull Dolomitermann e specialista di "hike&fly", praticata nelle sue partecipazioni alla Red Bull X-Alps, è da poco rientrato in Italia da una nuova e difficile missione in Patagonia.
Una delle sue esperienze più impegnative, uno dei luoghi in cui pochi hanno osato. In due settimane complessive, il campione di parapendio ha scritto una “pagina nuova” nel paragliding abbinato al climbing.
Sono state 4 le cime scalate e conquistate (di cui la prima in condizioni quasi impossibili e pericolosissime) con tre voli passando per la cresta del Guillaumet.
Nel dettaglio si tratta di:
Aguja Poincenot (3.002m)
Aguja Saint Exupery (2.558m) con volo in parapendio dalla vetta
Mojon Rojo (2.170) con volo in parapendio dalla vetta
Aguja d’S (2.230 m) con volo in parapendio dalla vetta
“Volare in Patagonia è stata una delle cose più difficili che ho mai fatto e combinare arrampicata e volo è stato fantastico ma allo stesso tempo super impegnativo”, afferma il campione. “Planare e arrampicarmi per cosi tante ore e avere ancora la concentrazione per decollare da un posto dove non è consentito nessun errore mi ha reso super felice”
Nessuno, infatti, era riuscito fino ad ora a compiere un’impresa simile sulle vette della Patagonia.
Insieme al suo team, nella prima sfida Durogati ha affrontato una tempesta di vento che correva a più di 100 km/h e, dopo più di dieci ore di fatica, ha raggiunto la prima vetta.
Al momento della discesa, ha di nuovo preso parte all’atteso rendez-vous con le raffiche di vento ma, in tarda serata, è riuscito ad atterrare e festeggiare la sua prima cima ad El Chaltén, nel cuore della terra del fuoco.
La seconda sfida ha messo Aaron e il suo team di italiani di fronte alla cresta di Aguja Saint Exupery, a 2558 metri di altitudine. Nonostante le condizioni estreme dovute alla sua collocazione nel sud delle Ande, la squadra di Aaron ha terminato la scalata della vetta e, dopo 15 ore spese tra ghiacciai, fessure gelide e pareti insidiose, ha spiccato il volo, lasciandosi travolgere da un mix intenso di adrenalina, felicità e soddisfazione.
Una tendinite alla mano destra ha fatto sì che Aaron optasse, durante i giorni successivi, per la rinuncia a scalare il monte Fitz Roy e scegliere percorsi individuali più agevoli.
Nonostante la stanchezza e il dolore alla mano, le condizioni climatiche particolarmente favorevoli hanno permesso ad Aaron di partire per il Mojo Rojo. In 6 ore ha raggiunto la cima, grazie ad uno zaino leggero e ad un vento gestibile.
Infine, la scalata del monte Aguja d’S ha visto il pilota avvicinarsi in maniera simile al Saint Exupery, stavolta con dei ragazzi conosciuti in Patagonia. Dopo aver bivaccato ai piedi del ghiacciaio sono partiti alle 4 per attraversare i ghiacciai e trovarsi così sotto la parete del monte. Saliti in cima, il forte vento gli ha imposto una discesa con la corda doppia fino ad un punto più riparato dalle raffiche per poi decollare e affrontare un volo con un difficile atterraggio in contropendio fino al bivacco.
La mattina seguente hanno affrontato con condizioni meteo a favore un nuovo volo fino a fondovalle risparmiandosi una dura discesa con gli zaini pesanti.
L’ultimo obiettivo doveva essere la vetta Cerro Torre ma le condizioni meteo non lo hanno permesso.
“Io e il mio team siamo stati costretti a rinunciare” conclude Aaron, “accontentandoci di una fantastica scalata in fessura, della durata di due giorni, a Cerro Colorado al confine tra Argentina e Cile prima del lungo viaggio di ritorno.
Sebbene fosse un sogno da realizzare, Cerro Torre può aspettare ed essere uno dei traguardi da raggiungere in un prossimo futuro”.
Aaron Durogati è attualmente in preparazione per il prossimo importante impegno sportivo di Coppa del mondo di parapendio in programma in Brasile nel mese di marzo.
di Napoli Magazine
14/02/2019 - 18:49
Chiunque nasca circondato da montagne, cresce sognando di scalarle tutte.
Chiunque riesca ad arrivare nel punto più alto delle proprie cime domestiche, progetta di continuare a toccare le vette più alte del mondo e ripercorrerle dal basso verso l’alto.
Così come un’aquila, suo animale guida, migra verso luoghi sempre nuovi, dove volare diventa una liberazione.
Il pilota meranese di paragliding, Aaron Durogati, due volte oro in coppa del mondo nel 2012 e 2016, vincitore del Red Bull Dolomitermann e specialista di "hike&fly", praticata nelle sue partecipazioni alla Red Bull X-Alps, è da poco rientrato in Italia da una nuova e difficile missione in Patagonia.
Una delle sue esperienze più impegnative, uno dei luoghi in cui pochi hanno osato. In due settimane complessive, il campione di parapendio ha scritto una “pagina nuova” nel paragliding abbinato al climbing.
Sono state 4 le cime scalate e conquistate (di cui la prima in condizioni quasi impossibili e pericolosissime) con tre voli passando per la cresta del Guillaumet.
Nel dettaglio si tratta di:
Aguja Poincenot (3.002m)
Aguja Saint Exupery (2.558m) con volo in parapendio dalla vetta
Mojon Rojo (2.170) con volo in parapendio dalla vetta
Aguja d’S (2.230 m) con volo in parapendio dalla vetta
“Volare in Patagonia è stata una delle cose più difficili che ho mai fatto e combinare arrampicata e volo è stato fantastico ma allo stesso tempo super impegnativo”, afferma il campione. “Planare e arrampicarmi per cosi tante ore e avere ancora la concentrazione per decollare da un posto dove non è consentito nessun errore mi ha reso super felice”
Nessuno, infatti, era riuscito fino ad ora a compiere un’impresa simile sulle vette della Patagonia.
Insieme al suo team, nella prima sfida Durogati ha affrontato una tempesta di vento che correva a più di 100 km/h e, dopo più di dieci ore di fatica, ha raggiunto la prima vetta.
Al momento della discesa, ha di nuovo preso parte all’atteso rendez-vous con le raffiche di vento ma, in tarda serata, è riuscito ad atterrare e festeggiare la sua prima cima ad El Chaltén, nel cuore della terra del fuoco.
La seconda sfida ha messo Aaron e il suo team di italiani di fronte alla cresta di Aguja Saint Exupery, a 2558 metri di altitudine. Nonostante le condizioni estreme dovute alla sua collocazione nel sud delle Ande, la squadra di Aaron ha terminato la scalata della vetta e, dopo 15 ore spese tra ghiacciai, fessure gelide e pareti insidiose, ha spiccato il volo, lasciandosi travolgere da un mix intenso di adrenalina, felicità e soddisfazione.
Una tendinite alla mano destra ha fatto sì che Aaron optasse, durante i giorni successivi, per la rinuncia a scalare il monte Fitz Roy e scegliere percorsi individuali più agevoli.
Nonostante la stanchezza e il dolore alla mano, le condizioni climatiche particolarmente favorevoli hanno permesso ad Aaron di partire per il Mojo Rojo. In 6 ore ha raggiunto la cima, grazie ad uno zaino leggero e ad un vento gestibile.
Infine, la scalata del monte Aguja d’S ha visto il pilota avvicinarsi in maniera simile al Saint Exupery, stavolta con dei ragazzi conosciuti in Patagonia. Dopo aver bivaccato ai piedi del ghiacciaio sono partiti alle 4 per attraversare i ghiacciai e trovarsi così sotto la parete del monte. Saliti in cima, il forte vento gli ha imposto una discesa con la corda doppia fino ad un punto più riparato dalle raffiche per poi decollare e affrontare un volo con un difficile atterraggio in contropendio fino al bivacco.
La mattina seguente hanno affrontato con condizioni meteo a favore un nuovo volo fino a fondovalle risparmiandosi una dura discesa con gli zaini pesanti.
L’ultimo obiettivo doveva essere la vetta Cerro Torre ma le condizioni meteo non lo hanno permesso.
“Io e il mio team siamo stati costretti a rinunciare” conclude Aaron, “accontentandoci di una fantastica scalata in fessura, della durata di due giorni, a Cerro Colorado al confine tra Argentina e Cile prima del lungo viaggio di ritorno.
Sebbene fosse un sogno da realizzare, Cerro Torre può aspettare ed essere uno dei traguardi da raggiungere in un prossimo futuro”.
Aaron Durogati è attualmente in preparazione per il prossimo importante impegno sportivo di Coppa del mondo di parapendio in programma in Brasile nel mese di marzo.