Circa 130.000 bambini sotto i 10 anni sono rimasti intrappolati per 50 giorni nel nord delle Striscia di Gaza, quasi del tutto inaccessibile agli operatori umanitari, dove non arrivano cibo o forniture mediche, nonostante i continui allarmi sul rischio carestia. Lo ha affermato oggi Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro.
Dal 6 ottobre 2024, i bambini che vivono nella parte settentrionale della Striscia e nei governatorati, sono stati quasi completamente tagliati fuori dalla distribuzione di cibo, acqua e medicine, quando le forze israeliane hanno dichiarato l'area zona militare chiusa, mentre il Famine Review Committee (FRC) lancia l’allarme sulla carestia imminente o che probabilmente è già in corso nell'area.
Quasi un mese fa, le Nazioni Unite hanno anche avvertito che l'intera popolazione del governatorato nell’area settentrionale era a rischio di morte, ma i tentativi del personale umanitario di accedervi sono stati ripetutamente negati dalle forze israeliane.
Save the Children non è stata in grado di avere accesso al nord di Gaza per oltre sette settimane per consegnare pacchi alimentari a 5.000 famiglie, insieme a 725 kit igienici e altri aiuti. Prima che l'area fosse chiusa, Save the Children ha lavorato con i suoi partner locali per raggiungere migliaia di bambini in emergenza nella zona, distribuendo oltre 1.000 pacchi alimentari, 600 kit igienici e fornendo un supporto psicosociale, attività ricreative e gestione caso per caso a circa 15.000 bambini e famiglie. I 5.000 pacchi alimentari sono stati di conseguenza reindirizzati e consegnati nel sud della Striscia, dove le necessità sono ancora molto forti, anche se non così critiche come nell’area a Nord.
Anche le forniture mediche non arrivano più nel nord di Gaza e circa 10.000 bambini a Jabalia, Beit Lahiya e Beit Hanoun non hanno potuto beneficiare della recente campagna di vaccinazione contro la poliomielite, grazie alla quale circa 113.000 bambini nel nord di Gaza (l'88% dei bambini sotto i 10 anni, target della vaccinazione), tra settembre e novembre 2024, hanno ricevuto una o entrambe le dosi previste. L'ospedale Kamal Adwan nel nord di Gaza, uno dei due solo parzialmente operativi nel governatorato, continua a essere attaccato dalle forze israeliane e le scorte mediche sono diminuite.
Molte famiglie sono intrappolate a nord della Striscia perché non sono state in grado di fuggire, a causa di parenti anziani o disabili, o per la mancanza di alternative di fuga in altre parti. A nord di Gaza, i genitori hanno raccontato allo staff di Save the Children di sentirsi “soffocare” e di essere completamente “privi di energia”.
Secondo l’Organizzazione, sono i bambini a sopportare di più il peso della guerra a Gaza. Dagli ultimi dati delle Nazioni Unite, infatti, circa il 44% delle persone uccise dalle forze israeliane sono appunto minori, in particolare quelli tra i 5 e 9 anni, che registra il più alto numero di vittime tra i bambini.
Ruba*, madre di due figli racconta ad un partner di Save the Children a nord di Gaza: “Sono intrappolata con i miei figli sotto bombe, razzi e proiettili, senza un posto dove scappare. Mia madre è paralizzata e non posso lasciarla indietro. Mio fratello è stato ucciso, mio marito è stato rapito e non so se sia ancora vivo. La nostra casa è stata distrutta e siamo vivi per miracolo. Senza cibo, senza acqua pulita e con questa paura costante, entrambi i miei figli hanno eruzioni cutanee sul corpo e mia figlia sta perdendo sangue, ma non ci sono medicine, nessun aiuto e non posso fare assolutamente nulla. Piangono e mi chiedono perché non possiamo semplicemente andarcene, perché il loro padre non è con noi, perché non possiamo tornare a una vita normale”.
“La situazione nel nord di Gaza non con consente alle persone di sopravvivere e tuttavia sappiamo che ci sono circa 130.000 bambini sotto i 10 anni intrappolati in quelle condizioni, per non parlare delle migliaia di bambini più grandi e delle loro famiglie” dice Jeremy Stoner, Direttore di Save the Children nella regione.
“La guerra a Gaza è una guerra contro i bambini. Non c'è modo più semplice per spiegarlo che guardare le cifre delle morti: oltre 4 persone uccise su 10 sono bambini. Di questi, la maggior parte ha un'età compresa tra i 5 e i 9 anni. Questi bambini oggi dovrebbero imparare a leggere e ad andare in bicicletta. Non dovrebbero finire negli obitori. Gli aiuti umanitari a Gaza hanno toccato il minimo storico e la spaventosa situazione nel nord della Striscia che rappresenta la punta di un terribile iceberg. Deve essere concesso immediatamente un accesso umanitario sicuro per consentire a cibo, acqua, scorte invernali e assistenza medica di raggiungere coloro che sono intrappolati nella zona della morte nel nord. La comunità internazionale deve farsi avanti e assicurarsi che ciò accada, coerentemente con i propri obblighi. Senza accesso e un cessate il fuoco, stiamo condannando i bambini a morire in un inferno sulla terra” conclude Jeremy Stoner.
L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha affermato che il modo in cui sono state condotte le ostilità potrebbe causare “la potenziale distruzione della popolazione palestinese” nel governatorato più settentrionale di Gaza, sollevando preoccupazioni particolari per il mancato ingresso di beni essenziali.
Save the Children lavora nei Territori Palestinesi Occupati (oPt) dal 1953 ed è presente in modo permanente a Gaza, dove forniamo assistenza in denaro, assistenza medica, nutrizione, protezione, supporto all'istruzione informale e supporto alla salute mentale e psicosociale per minori e adulti di riferimento. Siamo il terzo più grande fornitore di supporto economico a Gaza, e distribuiamo alle famiglie denaro in modo che possano acquistare cibo e altri beni essenziali. Insieme ai partner locali, stiamo consegnando beni essenziali alle famiglie nei rifugi e nelle abitazioni: acqua potabile, cibo, prodotti per l'igiene, materassi, coperte e vestiti invernali per bambini, materiale didattico, giocattoli e giochi. Stiamo sostenendo l'accesso umanitario immediato e senza restrizioni per garantire che gli aiuti essenziali raggiungano le bambine e i bambini più in difficoltà.
di Napoli Magazine
25/11/2024 - 12:35
Circa 130.000 bambini sotto i 10 anni sono rimasti intrappolati per 50 giorni nel nord delle Striscia di Gaza, quasi del tutto inaccessibile agli operatori umanitari, dove non arrivano cibo o forniture mediche, nonostante i continui allarmi sul rischio carestia. Lo ha affermato oggi Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro.
Dal 6 ottobre 2024, i bambini che vivono nella parte settentrionale della Striscia e nei governatorati, sono stati quasi completamente tagliati fuori dalla distribuzione di cibo, acqua e medicine, quando le forze israeliane hanno dichiarato l'area zona militare chiusa, mentre il Famine Review Committee (FRC) lancia l’allarme sulla carestia imminente o che probabilmente è già in corso nell'area.
Quasi un mese fa, le Nazioni Unite hanno anche avvertito che l'intera popolazione del governatorato nell’area settentrionale era a rischio di morte, ma i tentativi del personale umanitario di accedervi sono stati ripetutamente negati dalle forze israeliane.
Save the Children non è stata in grado di avere accesso al nord di Gaza per oltre sette settimane per consegnare pacchi alimentari a 5.000 famiglie, insieme a 725 kit igienici e altri aiuti. Prima che l'area fosse chiusa, Save the Children ha lavorato con i suoi partner locali per raggiungere migliaia di bambini in emergenza nella zona, distribuendo oltre 1.000 pacchi alimentari, 600 kit igienici e fornendo un supporto psicosociale, attività ricreative e gestione caso per caso a circa 15.000 bambini e famiglie. I 5.000 pacchi alimentari sono stati di conseguenza reindirizzati e consegnati nel sud della Striscia, dove le necessità sono ancora molto forti, anche se non così critiche come nell’area a Nord.
Anche le forniture mediche non arrivano più nel nord di Gaza e circa 10.000 bambini a Jabalia, Beit Lahiya e Beit Hanoun non hanno potuto beneficiare della recente campagna di vaccinazione contro la poliomielite, grazie alla quale circa 113.000 bambini nel nord di Gaza (l'88% dei bambini sotto i 10 anni, target della vaccinazione), tra settembre e novembre 2024, hanno ricevuto una o entrambe le dosi previste. L'ospedale Kamal Adwan nel nord di Gaza, uno dei due solo parzialmente operativi nel governatorato, continua a essere attaccato dalle forze israeliane e le scorte mediche sono diminuite.
Molte famiglie sono intrappolate a nord della Striscia perché non sono state in grado di fuggire, a causa di parenti anziani o disabili, o per la mancanza di alternative di fuga in altre parti. A nord di Gaza, i genitori hanno raccontato allo staff di Save the Children di sentirsi “soffocare” e di essere completamente “privi di energia”.
Secondo l’Organizzazione, sono i bambini a sopportare di più il peso della guerra a Gaza. Dagli ultimi dati delle Nazioni Unite, infatti, circa il 44% delle persone uccise dalle forze israeliane sono appunto minori, in particolare quelli tra i 5 e 9 anni, che registra il più alto numero di vittime tra i bambini.
Ruba*, madre di due figli racconta ad un partner di Save the Children a nord di Gaza: “Sono intrappolata con i miei figli sotto bombe, razzi e proiettili, senza un posto dove scappare. Mia madre è paralizzata e non posso lasciarla indietro. Mio fratello è stato ucciso, mio marito è stato rapito e non so se sia ancora vivo. La nostra casa è stata distrutta e siamo vivi per miracolo. Senza cibo, senza acqua pulita e con questa paura costante, entrambi i miei figli hanno eruzioni cutanee sul corpo e mia figlia sta perdendo sangue, ma non ci sono medicine, nessun aiuto e non posso fare assolutamente nulla. Piangono e mi chiedono perché non possiamo semplicemente andarcene, perché il loro padre non è con noi, perché non possiamo tornare a una vita normale”.
“La situazione nel nord di Gaza non con consente alle persone di sopravvivere e tuttavia sappiamo che ci sono circa 130.000 bambini sotto i 10 anni intrappolati in quelle condizioni, per non parlare delle migliaia di bambini più grandi e delle loro famiglie” dice Jeremy Stoner, Direttore di Save the Children nella regione.
“La guerra a Gaza è una guerra contro i bambini. Non c'è modo più semplice per spiegarlo che guardare le cifre delle morti: oltre 4 persone uccise su 10 sono bambini. Di questi, la maggior parte ha un'età compresa tra i 5 e i 9 anni. Questi bambini oggi dovrebbero imparare a leggere e ad andare in bicicletta. Non dovrebbero finire negli obitori. Gli aiuti umanitari a Gaza hanno toccato il minimo storico e la spaventosa situazione nel nord della Striscia che rappresenta la punta di un terribile iceberg. Deve essere concesso immediatamente un accesso umanitario sicuro per consentire a cibo, acqua, scorte invernali e assistenza medica di raggiungere coloro che sono intrappolati nella zona della morte nel nord. La comunità internazionale deve farsi avanti e assicurarsi che ciò accada, coerentemente con i propri obblighi. Senza accesso e un cessate il fuoco, stiamo condannando i bambini a morire in un inferno sulla terra” conclude Jeremy Stoner.
L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha affermato che il modo in cui sono state condotte le ostilità potrebbe causare “la potenziale distruzione della popolazione palestinese” nel governatorato più settentrionale di Gaza, sollevando preoccupazioni particolari per il mancato ingresso di beni essenziali.
Save the Children lavora nei Territori Palestinesi Occupati (oPt) dal 1953 ed è presente in modo permanente a Gaza, dove forniamo assistenza in denaro, assistenza medica, nutrizione, protezione, supporto all'istruzione informale e supporto alla salute mentale e psicosociale per minori e adulti di riferimento. Siamo il terzo più grande fornitore di supporto economico a Gaza, e distribuiamo alle famiglie denaro in modo che possano acquistare cibo e altri beni essenziali. Insieme ai partner locali, stiamo consegnando beni essenziali alle famiglie nei rifugi e nelle abitazioni: acqua potabile, cibo, prodotti per l'igiene, materassi, coperte e vestiti invernali per bambini, materiale didattico, giocattoli e giochi. Stiamo sostenendo l'accesso umanitario immediato e senza restrizioni per garantire che gli aiuti essenziali raggiungano le bambine e i bambini più in difficoltà.