L’allenatore di pallavolo e dirigente sportivo italiano, Gian Paolo Montali, ha rilasciato una intervista ai microfoni di Radio CRC: "Tutti parlano di grandissimi cambiamenti nel mondo dello sport, ma nessuno concretamente ne ha portati nelle coordinate principali di un’organizzazione. Questo succede perché le persone hanno paura di cambiare: dal mio punto di vista dovrebbero aver più paura di rimanere uguali. Il mondo dello sport non ha la capacità di cambiare e di innovarsi, quando si decidono di portare dei cambiamenti lo si fa in contesti di stress psicologico e di comportamenti. In questo paese dovremmo avere più coraggio ed imparare a portare cambiamenti quando le cose vanno bene ed hanno funzionato, piuttosto che aspettare che vadano male. Soprattutto in un contesto come quello nazionale, bisognerebbe avere il coraggio di osare di più e puntare sulla nuova generazione di giocatori. Antonio Conte? È l’esempio lampante di un leader carismatico. Ha la capacità di convincere le persone a fare cose che prima non pensavano di essere in grado fare e di andare oltre i propri limiti. Questo lo puoi fare con un solo strumento: il gioco di squadra. Antonio Conte è uno dei pochi allenatori che ha chiaro in testa questo concetto e che lo applica tutti i giorni con rigore, disciplina e impegno nel suo lavoro. Nella carriera di un allenatore le cose possono andare bene o male. Io ho vinto tutto, ma ho anche perso tanto. Non si può pretendere di vincere sempre. L’importante è che le sconfitte siano propedeutiche e funzionali a migliorare sempre di più. Quando non vinci è la dimostrazione che forse dovevi lavorare meglio in alcuni settori ed è giusto che ogni tanto non si ottenga ciò che si vuole. Napoli? Ho davvero una stima incondizionata verso il Presidente Aurelio De Laurentiis: è una persona molto piacevole, gradevole e intelligente. Tra l’altro, quando sono andato via dalla Juventus, stavo per venire al Napoli. Ho trascorso una settimana a casa del presidente del Napoli ad organizzare e a preparare la stagione successiva in cui il Napoli ha avuto come allenatore Mazzarri, Bigon come direttore sportivo e Fassone come amministratore delegato nell’anno successivo. Aurelio De Laurentiis mi ha sorpreso quest’anno, perché ha sempre una strategia ben chiara e precisa in testa. Nonostante a volte non sembri essere tifoso e che non faccia sempre la cosa giusta per il Napoli. Lui, però, ha dato la possibilità al popolo, ai tifosi e alla città di Napoli di avere una squadra competitiva che lotta sempre per il vertice della classifica e per ottenere massimi risultati. In una città come Napoli non è una cosa da poco. I meriti di De Laurentiis sono nettamente superiori perfino a quelle poche volte in cui le cose non sono andate come dovevano andare. Non so che ruolo abbia De Laurentiis all’interno dello spogliatoio: non conosco la situazione precisamente. Posso dire, però, che a vincere nello sport non sono solo quegli undici giocatori che scendono in campo la domenica, oltre agli allenatori e ai subentranti. Ci sono sempre due squadre: quella che va in campo e una squadra invisibile, ancora più importante perché deve mettere nelle condizioni migliori la squadra che scende in campo per ottenere risultati. Questa squadra è costituita da dirigenti, presidente, proprietà, medici, magazzinieri, massaggiatori. Ci sono sempre tre componenti che devono funzionare all’interno di una società: i giocatori, l’allenatore e la società. Non c’è mai niente per caso e se tutto funziona la domenica è perché dietro tutto viene fatto nel modo migliore possibile. Il tecnico, addirittura, è l’ultima del trio di categoria e non è perché non credo sia importante, poiché io stesso sono stato allenatore, ma perché è dalla società che viene dettata la strategia e vengono fatte le scelte, tra cui quella dell’allenatore. Tutto parte dalle scelte della società quindi c’è sempre una vittoria di squadra, anche di chi lavora dietro le quinte. Juventus? All’interno della società manca una figura con una leadership forte e spiccata e una linea guida. Quello che stupisce è che in questi giorni tutti parlano di Thiago Motta come un allenatore che non ha la juventinità nel sangue, ma non è quello che fa la differenza. Ciò che conta è che tu abbia la mentalità vincente e quella ce l’hai anche se non hai lavorato sempre nella Juventus. Questo non riguarda solo l’allenatore ma anche tanti altri ruoli alle spalle della squadra. Quando si cambia allenatore in corso è sempre una sconfitta per tutti. Le scelte della società sono una concausa ai risultati di una squadra. Quando si comincia ad avere problemi, al posto di cercare una soluzione si va alla ricerca del colpevole, questo crea conflitti all’interno della squadra e di un’organizzazione. In certi casi i conflitti non sono più tra due persone, ma tra gruppi di persone: a quel punto non funziona più niente. Questo può essere l’inizio della fine perciò c’è bisogno di una figura di guida forte e di leadership all’interno della società. Tudor? Non entro nei dettagli della questione perché non sono una persona in grado di decidere dal punto di vista tecnico. Quando ero dirigente della Juventus e della Roma, mi affidavo a persone competenti che mi dessero un’idea dei profili degli allenatori che si adeguano alla squadra che c’era. Credo che i dirigenti della Juventus abbiano fatto una scelta temporanea e momentanea per evitare che la squadra non si qualifichi per la prossima Champions League, perché sarebbe un danno economico e d’immagine incredibile per i bianconeri. Hanno fatto la scelta più opportuna per il momento. Trasferimento al Napoli? Ci sarei venuto di corsa. Mi piaceva molto il Presidente De Laurentiis. Mi piaceva l’ambiente partenopeo, sono venuto varie volte lì. Nel 2009 avevo la penna in mano per firmare il contratto con il Napoli, ma c’era una clausola sui diritti di immagine che per me aveva valore poiché sono un manager e non un giocatore. Quella condizione mi ha fermato, avevo solo un giorno per tornare a casa e pensarci e nel frattempo mi è arrivata la proposta della Roma. Da manager quella condizione non la potevo accettare, ma a distanza di tempo mi è dispiaciuto tantissimo perché sarebbe stata un’avventura straordinaria. Ho lavorato anche in Grecia ad Atene e so cosa vuol dire lavorare in una città come Napoli, con un tifo come quello partenopeo che ho trovato anche alla Roma. È stato solo un fattore tecnico. Corsa scudetto? La ragione dice Inter per via dei risultati che sta ottenendo in termini di continuità di rendimento, però il cuore mi dice che mi piacerebbe rivedere nuovamente Napoli in festa. Devo dire, però, che i punti di vantaggio l’Inter ce l'ha perché il Napoli ha sbagliato delle partite. Se il Napoli continuerà ad essere tenace e a giocare ogni partita come se fosse la partita decisiva per il risultato finale, la corsa scudetto è ancora aperta. L’Atalanta ha una caratteristica strana che faccio fatica a capire: gioca partite straordinarie fuori casa, mentre quando gioca in casa in una condizione ottimale e in uno stadio bellissimo fa fatica a fare buoni risultati".
di Napoli Magazine
28/03/2025 - 14:53
L’allenatore di pallavolo e dirigente sportivo italiano, Gian Paolo Montali, ha rilasciato una intervista ai microfoni di Radio CRC: "Tutti parlano di grandissimi cambiamenti nel mondo dello sport, ma nessuno concretamente ne ha portati nelle coordinate principali di un’organizzazione. Questo succede perché le persone hanno paura di cambiare: dal mio punto di vista dovrebbero aver più paura di rimanere uguali. Il mondo dello sport non ha la capacità di cambiare e di innovarsi, quando si decidono di portare dei cambiamenti lo si fa in contesti di stress psicologico e di comportamenti. In questo paese dovremmo avere più coraggio ed imparare a portare cambiamenti quando le cose vanno bene ed hanno funzionato, piuttosto che aspettare che vadano male. Soprattutto in un contesto come quello nazionale, bisognerebbe avere il coraggio di osare di più e puntare sulla nuova generazione di giocatori. Antonio Conte? È l’esempio lampante di un leader carismatico. Ha la capacità di convincere le persone a fare cose che prima non pensavano di essere in grado fare e di andare oltre i propri limiti. Questo lo puoi fare con un solo strumento: il gioco di squadra. Antonio Conte è uno dei pochi allenatori che ha chiaro in testa questo concetto e che lo applica tutti i giorni con rigore, disciplina e impegno nel suo lavoro. Nella carriera di un allenatore le cose possono andare bene o male. Io ho vinto tutto, ma ho anche perso tanto. Non si può pretendere di vincere sempre. L’importante è che le sconfitte siano propedeutiche e funzionali a migliorare sempre di più. Quando non vinci è la dimostrazione che forse dovevi lavorare meglio in alcuni settori ed è giusto che ogni tanto non si ottenga ciò che si vuole. Napoli? Ho davvero una stima incondizionata verso il Presidente Aurelio De Laurentiis: è una persona molto piacevole, gradevole e intelligente. Tra l’altro, quando sono andato via dalla Juventus, stavo per venire al Napoli. Ho trascorso una settimana a casa del presidente del Napoli ad organizzare e a preparare la stagione successiva in cui il Napoli ha avuto come allenatore Mazzarri, Bigon come direttore sportivo e Fassone come amministratore delegato nell’anno successivo. Aurelio De Laurentiis mi ha sorpreso quest’anno, perché ha sempre una strategia ben chiara e precisa in testa. Nonostante a volte non sembri essere tifoso e che non faccia sempre la cosa giusta per il Napoli. Lui, però, ha dato la possibilità al popolo, ai tifosi e alla città di Napoli di avere una squadra competitiva che lotta sempre per il vertice della classifica e per ottenere massimi risultati. In una città come Napoli non è una cosa da poco. I meriti di De Laurentiis sono nettamente superiori perfino a quelle poche volte in cui le cose non sono andate come dovevano andare. Non so che ruolo abbia De Laurentiis all’interno dello spogliatoio: non conosco la situazione precisamente. Posso dire, però, che a vincere nello sport non sono solo quegli undici giocatori che scendono in campo la domenica, oltre agli allenatori e ai subentranti. Ci sono sempre due squadre: quella che va in campo e una squadra invisibile, ancora più importante perché deve mettere nelle condizioni migliori la squadra che scende in campo per ottenere risultati. Questa squadra è costituita da dirigenti, presidente, proprietà, medici, magazzinieri, massaggiatori. Ci sono sempre tre componenti che devono funzionare all’interno di una società: i giocatori, l’allenatore e la società. Non c’è mai niente per caso e se tutto funziona la domenica è perché dietro tutto viene fatto nel modo migliore possibile. Il tecnico, addirittura, è l’ultima del trio di categoria e non è perché non credo sia importante, poiché io stesso sono stato allenatore, ma perché è dalla società che viene dettata la strategia e vengono fatte le scelte, tra cui quella dell’allenatore. Tutto parte dalle scelte della società quindi c’è sempre una vittoria di squadra, anche di chi lavora dietro le quinte. Juventus? All’interno della società manca una figura con una leadership forte e spiccata e una linea guida. Quello che stupisce è che in questi giorni tutti parlano di Thiago Motta come un allenatore che non ha la juventinità nel sangue, ma non è quello che fa la differenza. Ciò che conta è che tu abbia la mentalità vincente e quella ce l’hai anche se non hai lavorato sempre nella Juventus. Questo non riguarda solo l’allenatore ma anche tanti altri ruoli alle spalle della squadra. Quando si cambia allenatore in corso è sempre una sconfitta per tutti. Le scelte della società sono una concausa ai risultati di una squadra. Quando si comincia ad avere problemi, al posto di cercare una soluzione si va alla ricerca del colpevole, questo crea conflitti all’interno della squadra e di un’organizzazione. In certi casi i conflitti non sono più tra due persone, ma tra gruppi di persone: a quel punto non funziona più niente. Questo può essere l’inizio della fine perciò c’è bisogno di una figura di guida forte e di leadership all’interno della società. Tudor? Non entro nei dettagli della questione perché non sono una persona in grado di decidere dal punto di vista tecnico. Quando ero dirigente della Juventus e della Roma, mi affidavo a persone competenti che mi dessero un’idea dei profili degli allenatori che si adeguano alla squadra che c’era. Credo che i dirigenti della Juventus abbiano fatto una scelta temporanea e momentanea per evitare che la squadra non si qualifichi per la prossima Champions League, perché sarebbe un danno economico e d’immagine incredibile per i bianconeri. Hanno fatto la scelta più opportuna per il momento. Trasferimento al Napoli? Ci sarei venuto di corsa. Mi piaceva molto il Presidente De Laurentiis. Mi piaceva l’ambiente partenopeo, sono venuto varie volte lì. Nel 2009 avevo la penna in mano per firmare il contratto con il Napoli, ma c’era una clausola sui diritti di immagine che per me aveva valore poiché sono un manager e non un giocatore. Quella condizione mi ha fermato, avevo solo un giorno per tornare a casa e pensarci e nel frattempo mi è arrivata la proposta della Roma. Da manager quella condizione non la potevo accettare, ma a distanza di tempo mi è dispiaciuto tantissimo perché sarebbe stata un’avventura straordinaria. Ho lavorato anche in Grecia ad Atene e so cosa vuol dire lavorare in una città come Napoli, con un tifo come quello partenopeo che ho trovato anche alla Roma. È stato solo un fattore tecnico. Corsa scudetto? La ragione dice Inter per via dei risultati che sta ottenendo in termini di continuità di rendimento, però il cuore mi dice che mi piacerebbe rivedere nuovamente Napoli in festa. Devo dire, però, che i punti di vantaggio l’Inter ce l'ha perché il Napoli ha sbagliato delle partite. Se il Napoli continuerà ad essere tenace e a giocare ogni partita come se fosse la partita decisiva per il risultato finale, la corsa scudetto è ancora aperta. L’Atalanta ha una caratteristica strana che faccio fatica a capire: gioca partite straordinarie fuori casa, mentre quando gioca in casa in una condizione ottimale e in uno stadio bellissimo fa fatica a fare buoni risultati".