È disponibile sul canale YouTube di PrimeVideoSportIT il nuovo episodio di Fenomeni, il format originale Prime Sport condotto da Luca Toni, campione del mondo 2006 ed expert di Prime Video in occasione delle partite di UEFA Champions League. Ospite della puntata è Francesco Totti, leggenda del calcio che ha legato indissolubilmente la propria carriera alla maglia della Roma. Insieme a Toni, Francesco Totti ripercorrerà tutti i momenti chiave della sua carriera, dagli esordi con Mazzone fino all’emozionante e sofferto addio al calcio.
L’episodio completo è disponibile sul canale YouTube @primevideosportit, insieme a quelli precedenti: Buffon, Vieri, Bonucci, Nesta, Sneijder, Crespo, Adriano, Di Natale.
Solo la Roma: mia mamma disse no a 160 milioni del Milan quando avevo 12 anni
Quando avevo 12 anni venne Braida a casa della mia famiglia e offrì 160 milioni di Lire per portarmi al Milan. Mia mamma mi voleva proteggere e voleva che restassi a Roma, per cui non si fece nulla. Nel 2004 invece fui vicinissimo al Real Madrid. È mancata solo la firma, ma sono stato io a non metterla: è prevalso il cuore e l’amore per la gente di Roma. Più avanti potevo andare in MLS negli Stati Uniti, mi chiamò anche Mihajlovic per andare al Torino. Ma non avrei mai potuto accettare e non mi sono pentito. La mia scelta è sempre stata Roma o Roma, da subito ho pensato: qua sono nato e qua muoio. I miei record con la Roma? Qualcuno potrà battere quelli in campo, ma superare il mio affetto e il legame con la gente è impossibile. Non sono mai stato più grande della Roma: ci siamo portati in alto a vicenda.
Lo Scudetto? Un sogno più grande del Mondiale
Non ho vinto uno Scudetto, ho vinto lo Scudetto con la mia maglia, perché la maglia della Roma è disegnata su di me. Viverlo da capitano, simbolo della Roma e romanista, è stato indescrivibile. Vincere Mondiale e Scudetto sono due sogni che ogni giocatore vuole realizzare: per me il primo era lo Scudetto con la Roma. Qualcuno dirà che sono pazzo, ma lo metto un gradino sopra.
Lo sputo a Poulsen e il calcio a Balotelli
Ancora oggi non mi rendo conto di aver sputato contro Poulsen. Me ne vergogno, è un gesto brutto che da calciatore non avrei accettato di subire, perché è indegno. Il calcio a Balotelli? Era una cosa che covavo da tempo. Era giovane ed era un fenomeno, ma era anche arrogante e presuntuoso. Il mio obiettivo quel giorno non era pareggiare la partita, pensavo solo che se mi fosse capitato avrei colto l’occasione per mandarlo in curva. Poi l’ho sentito e gli ho chiesto scusa e l’abbiamo buttata sul ridere. Il pugno a Colonnese? Mi disse che Cristian non era mio figlio e non ci ho più visto.
Il rapporto con Spalletti
Spalletti secondo me nel 2016 arrivò alla Roma per farmi smettere, assecondato dalla società. Con lui ogni volta c’erano problemi, nei miei confronti era uno Spalletti opposto rispetto a quello del 2005. Lui forse è convinto che io lo abbia fatto allontanare prendendo al suo posto Ranieri, ma non è vero: la dirigenza convocò me e altri giocatori per chiederci chi volessimo tra Mancini, Ranieri e altri. Sul mio addio, fu la società a dirmi che dovevo smettere: un giorno vennero a casa a dirmi che avrei giocato l’ultimo derby. Io non sono stupido, sapevo che prima o poi avrei dovuto smettere ma mi sentivo ancora bene di gambe e di testa. Forse in quell’occasione mi ha deluso più la Roma rispetto a Spalletti, secondo me davo fastidio. Avevo detto che avrei giocato pure gratis, per la Roma avrei dato tutto.
Il sofferto e difficile addio al calcio
Quando ho smesso di giocare mi sentivo senza terra sotto i piedi. Noi siamo schematici, facciamo per tanti anni sempre le stesse cose, tutti i giorni. E io mi sono trovato in difficoltà, spaesato. Non sapevo cosa fare, cosa pensare, come organizzarmi, cosa aspettarmi. Per tre settimane ho pianto tutti i giorni. Ero spaventato, sentivo un’atmosfera paurosa, ero freddo con tutti. Rileggevo in bagno la lettera di addio e piangevo, pensavo a come erano volati quei 25 anni. Ero convinto che avrei fatto una partita di addio, ma dopo le emozioni di quel giorno all’Olimpico ho capito che non ci sarebbe potuto essere un altro addio al calcio e alla Roma. Quel giorno per me è stato come un distaccamento tra madre e figlio.
di Napoli Magazine
16/10/2025 - 16:03
È disponibile sul canale YouTube di PrimeVideoSportIT il nuovo episodio di Fenomeni, il format originale Prime Sport condotto da Luca Toni, campione del mondo 2006 ed expert di Prime Video in occasione delle partite di UEFA Champions League. Ospite della puntata è Francesco Totti, leggenda del calcio che ha legato indissolubilmente la propria carriera alla maglia della Roma. Insieme a Toni, Francesco Totti ripercorrerà tutti i momenti chiave della sua carriera, dagli esordi con Mazzone fino all’emozionante e sofferto addio al calcio.
L’episodio completo è disponibile sul canale YouTube @primevideosportit, insieme a quelli precedenti: Buffon, Vieri, Bonucci, Nesta, Sneijder, Crespo, Adriano, Di Natale.
Solo la Roma: mia mamma disse no a 160 milioni del Milan quando avevo 12 anni
Quando avevo 12 anni venne Braida a casa della mia famiglia e offrì 160 milioni di Lire per portarmi al Milan. Mia mamma mi voleva proteggere e voleva che restassi a Roma, per cui non si fece nulla. Nel 2004 invece fui vicinissimo al Real Madrid. È mancata solo la firma, ma sono stato io a non metterla: è prevalso il cuore e l’amore per la gente di Roma. Più avanti potevo andare in MLS negli Stati Uniti, mi chiamò anche Mihajlovic per andare al Torino. Ma non avrei mai potuto accettare e non mi sono pentito. La mia scelta è sempre stata Roma o Roma, da subito ho pensato: qua sono nato e qua muoio. I miei record con la Roma? Qualcuno potrà battere quelli in campo, ma superare il mio affetto e il legame con la gente è impossibile. Non sono mai stato più grande della Roma: ci siamo portati in alto a vicenda.
Lo Scudetto? Un sogno più grande del Mondiale
Non ho vinto uno Scudetto, ho vinto lo Scudetto con la mia maglia, perché la maglia della Roma è disegnata su di me. Viverlo da capitano, simbolo della Roma e romanista, è stato indescrivibile. Vincere Mondiale e Scudetto sono due sogni che ogni giocatore vuole realizzare: per me il primo era lo Scudetto con la Roma. Qualcuno dirà che sono pazzo, ma lo metto un gradino sopra.
Lo sputo a Poulsen e il calcio a Balotelli
Ancora oggi non mi rendo conto di aver sputato contro Poulsen. Me ne vergogno, è un gesto brutto che da calciatore non avrei accettato di subire, perché è indegno. Il calcio a Balotelli? Era una cosa che covavo da tempo. Era giovane ed era un fenomeno, ma era anche arrogante e presuntuoso. Il mio obiettivo quel giorno non era pareggiare la partita, pensavo solo che se mi fosse capitato avrei colto l’occasione per mandarlo in curva. Poi l’ho sentito e gli ho chiesto scusa e l’abbiamo buttata sul ridere. Il pugno a Colonnese? Mi disse che Cristian non era mio figlio e non ci ho più visto.
Il rapporto con Spalletti
Spalletti secondo me nel 2016 arrivò alla Roma per farmi smettere, assecondato dalla società. Con lui ogni volta c’erano problemi, nei miei confronti era uno Spalletti opposto rispetto a quello del 2005. Lui forse è convinto che io lo abbia fatto allontanare prendendo al suo posto Ranieri, ma non è vero: la dirigenza convocò me e altri giocatori per chiederci chi volessimo tra Mancini, Ranieri e altri. Sul mio addio, fu la società a dirmi che dovevo smettere: un giorno vennero a casa a dirmi che avrei giocato l’ultimo derby. Io non sono stupido, sapevo che prima o poi avrei dovuto smettere ma mi sentivo ancora bene di gambe e di testa. Forse in quell’occasione mi ha deluso più la Roma rispetto a Spalletti, secondo me davo fastidio. Avevo detto che avrei giocato pure gratis, per la Roma avrei dato tutto.
Il sofferto e difficile addio al calcio
Quando ho smesso di giocare mi sentivo senza terra sotto i piedi. Noi siamo schematici, facciamo per tanti anni sempre le stesse cose, tutti i giorni. E io mi sono trovato in difficoltà, spaesato. Non sapevo cosa fare, cosa pensare, come organizzarmi, cosa aspettarmi. Per tre settimane ho pianto tutti i giorni. Ero spaventato, sentivo un’atmosfera paurosa, ero freddo con tutti. Rileggevo in bagno la lettera di addio e piangevo, pensavo a come erano volati quei 25 anni. Ero convinto che avrei fatto una partita di addio, ma dopo le emozioni di quel giorno all’Olimpico ho capito che non ci sarebbe potuto essere un altro addio al calcio e alla Roma. Quel giorno per me è stato come un distaccamento tra madre e figlio.