NAPOLI - Sconfitta pesante, nel risultato e nella sostanza, del Napoli contro l'Atalanta, dinanzi ai 50.873 spettatori accorsi allo Stadio Maradona, che speravano (come i tanti collegati via tv e radio) in un finale diverso. Ed invece è giunto un amarissimo 0-3, come nell'annus horribilis appena lasciato alle spalle. Va chiarito però che i due Napoli, quello attuale e quello della scorsa stagione, sono profondamente diversi, nello spirito come nell'organizzazione di gioco. Parlare di ricostruzione, o di rifondazione, ci può forse stare, anche se in tutta sincerità è un termine che utilizzammo per la ripartenza dalla Serie C, dopo il cocente fallimento del 2004 e le macerie che ne scaturirono. Di lì in poi la crescita del Napoli, come squadra e come società, c'è stata e se per svariati anni, eccezion fatta per la scorsa stagione, l'Europa ha fatto parte delle settimane dei napoletani qualcosa vorrà pur dire. La verità sta nel mezzo. Non bisogna certamente sminuire quanto di osceno si è verificato nell'ultimo campionato, ma nemmeno dimenticare quanto si è raggiunto fino alla vittoria dello scudetto appena due stagioni fa. E' vero pure che il Napoli va riportato stabilmente a competere in Europa, ma non bisogna intaccare la convinzione che nelle corde queste possibilità ci sono tutte. Piuttosto, è giusto interrogarsi sui motivi della sconfitta contro l'Atalanta, che tatticamente è risultata impeccabile ed ha meritato la vittoria contro un Napoli generoso ma inconcludente. I bergamaschi per struttura sono da qualche anno stabilmente nei quartieri alti della classifica, ma non sono nuovi ad improvvisi scivoloni. Tant'è che ho apprezzato molto sia le parole di Gasperini che di De Roon, in sala stampa, che hanno allontanato ogni discorso scudetto, sottolineando che il Napoli occupa con merito il primo posto. La battuta d'arresto è arrivata perchè si è lasciato troppo campo a Lookman, come a De Ketelaere. Il centrocampo, orfano di Lobotka (che per fortuna rientrerà contro l'Inter), ha smarrito la consueta lucidità, con Anguisa tappa-buchi e i due scozzesi troppo permissivi verso i rispettivi avversari. Se poi ci aggiungiamo un immobilismo, quasi totale, di Lukaku al centro dell'attacco (seppur falcidiato da calci e trattenute, gentilmente concesse dal pessimo arbitro Doveri), ecco che pure i tentativi di slalom di Kvaratskhelia e Politano sono andati a spegnersi contro il muro bergamasco. Nemmeno le sostituzioni, decise da Conte, hanno sortito particolari effetti, da Neres a Raspadori, così come da Simeone e Spinazzola, non sono arrivate conclusioni interessanti. Complessivamente ricordo solo il palo di McTominay (che sostanzialmente troppo avanzato nemmeno ha brillato), dopo l'1-0, e il colpo di testa sprecato da Rrahmani su bel traversone di Politano. Davvero poco. Lo stesso Meret, sul secondo dei tre gol e nell'uscita azzardata nel secondo tempo (per fortuna spenta dal fuorigioco), non ha brillato per concentrazione. Testa bassa e pedalare, senza farsi saltare i nervi (come accaduto a Mazzocchi dalla panchina dopo l'esultanza da finale di Champions di Retegui sul terzo gol nel finale di gara). Conte prosegue sulla linea della cautela, Gasperini lo ha definito "pompiere", ed è una strategia comunicativa che può avere una logica, quella della verità e dell'onestà. Personalmente ho gradito le parole di Buongiorno che, senza mezzi termini dopo il 3-0, è venuto a dirci a tu per tu che si lavorerà per arrivare a Milano, nella difficile trasferta contro l'Inter, con l'intenzione di vincere. Se non dovesse accadere, non ci saranno drammi, ma lo spirito (come la mentalità) deve essere sempre vincente. Il Napoli può e deve migliorare, un passo alla volta, ma non bisogna gettare tutto all'aria dopo la seconda sconfitta stagionale. Le condizioni per regalare grandi soddisfazioni nelle prossime 27 partite ci sono tutte. Basta volerlo, a tutti i costi, e di certo i risultati arriveranno, anche perchè non capiterà ogni volta un palo di traverso, un arbitro da rugby ed un avversario in stato di grazia per 95 minuti di fila. Ai posteri l'ardua sentenza.
Antonio Petrazzuolo
di Napoli Magazine
04/11/2024 - 23:00
NAPOLI - Sconfitta pesante, nel risultato e nella sostanza, del Napoli contro l'Atalanta, dinanzi ai 50.873 spettatori accorsi allo Stadio Maradona, che speravano (come i tanti collegati via tv e radio) in un finale diverso. Ed invece è giunto un amarissimo 0-3, come nell'annus horribilis appena lasciato alle spalle. Va chiarito però che i due Napoli, quello attuale e quello della scorsa stagione, sono profondamente diversi, nello spirito come nell'organizzazione di gioco. Parlare di ricostruzione, o di rifondazione, ci può forse stare, anche se in tutta sincerità è un termine che utilizzammo per la ripartenza dalla Serie C, dopo il cocente fallimento del 2004 e le macerie che ne scaturirono. Di lì in poi la crescita del Napoli, come squadra e come società, c'è stata e se per svariati anni, eccezion fatta per la scorsa stagione, l'Europa ha fatto parte delle settimane dei napoletani qualcosa vorrà pur dire. La verità sta nel mezzo. Non bisogna certamente sminuire quanto di osceno si è verificato nell'ultimo campionato, ma nemmeno dimenticare quanto si è raggiunto fino alla vittoria dello scudetto appena due stagioni fa. E' vero pure che il Napoli va riportato stabilmente a competere in Europa, ma non bisogna intaccare la convinzione che nelle corde queste possibilità ci sono tutte. Piuttosto, è giusto interrogarsi sui motivi della sconfitta contro l'Atalanta, che tatticamente è risultata impeccabile ed ha meritato la vittoria contro un Napoli generoso ma inconcludente. I bergamaschi per struttura sono da qualche anno stabilmente nei quartieri alti della classifica, ma non sono nuovi ad improvvisi scivoloni. Tant'è che ho apprezzato molto sia le parole di Gasperini che di De Roon, in sala stampa, che hanno allontanato ogni discorso scudetto, sottolineando che il Napoli occupa con merito il primo posto. La battuta d'arresto è arrivata perchè si è lasciato troppo campo a Lookman, come a De Ketelaere. Il centrocampo, orfano di Lobotka (che per fortuna rientrerà contro l'Inter), ha smarrito la consueta lucidità, con Anguisa tappa-buchi e i due scozzesi troppo permissivi verso i rispettivi avversari. Se poi ci aggiungiamo un immobilismo, quasi totale, di Lukaku al centro dell'attacco (seppur falcidiato da calci e trattenute, gentilmente concesse dal pessimo arbitro Doveri), ecco che pure i tentativi di slalom di Kvaratskhelia e Politano sono andati a spegnersi contro il muro bergamasco. Nemmeno le sostituzioni, decise da Conte, hanno sortito particolari effetti, da Neres a Raspadori, così come da Simeone e Spinazzola, non sono arrivate conclusioni interessanti. Complessivamente ricordo solo il palo di McTominay (che sostanzialmente troppo avanzato nemmeno ha brillato), dopo l'1-0, e il colpo di testa sprecato da Rrahmani su bel traversone di Politano. Davvero poco. Lo stesso Meret, sul secondo dei tre gol e nell'uscita azzardata nel secondo tempo (per fortuna spenta dal fuorigioco), non ha brillato per concentrazione. Testa bassa e pedalare, senza farsi saltare i nervi (come accaduto a Mazzocchi dalla panchina dopo l'esultanza da finale di Champions di Retegui sul terzo gol nel finale di gara). Conte prosegue sulla linea della cautela, Gasperini lo ha definito "pompiere", ed è una strategia comunicativa che può avere una logica, quella della verità e dell'onestà. Personalmente ho gradito le parole di Buongiorno che, senza mezzi termini dopo il 3-0, è venuto a dirci a tu per tu che si lavorerà per arrivare a Milano, nella difficile trasferta contro l'Inter, con l'intenzione di vincere. Se non dovesse accadere, non ci saranno drammi, ma lo spirito (come la mentalità) deve essere sempre vincente. Il Napoli può e deve migliorare, un passo alla volta, ma non bisogna gettare tutto all'aria dopo la seconda sconfitta stagionale. Le condizioni per regalare grandi soddisfazioni nelle prossime 27 partite ci sono tutte. Basta volerlo, a tutti i costi, e di certo i risultati arriveranno, anche perchè non capiterà ogni volta un palo di traverso, un arbitro da rugby ed un avversario in stato di grazia per 95 minuti di fila. Ai posteri l'ardua sentenza.
Antonio Petrazzuolo