L'Angolo
FOCUS NM - Mondiali 2022, la sorpresa: Sofyan Amrabat, il gladiatore del Marocco
09.12.2022 11:24 di Napoli Magazine

NAPOLI - La sfida tra Spagna e Marocco, valida per gli ottavi di finale dei Mondiali di Qatar 2022, metteva di fronte due squadre che raramente si sono confrontate su un campo da calcio ma che, nonostante ciò, hanno una rivalità che va oltre il mero rettangolo da gioco. Il confronto tra questi due territori, infatti, ha radici ben più antiche che ci riporta a quasi 1.300 anni fa, dove gli allora proprietari delle terre marocchine, il Califfato Omayyade, dinastia araba, presero il controllo anche di tutta la penisola iberica dando, però, il via a una serie di guerre e confronti per la rivendicazione dei propri confini, sancita dallo scontro, durato ben 800 anni, che gli spagnoli ricordano come la “Reconquista”. L’esercito cattolico varcò i confini territoriali, espellendo dalla penisola tutti i governi musulmani. Stiamo parlando, dunque, di due territori con influenze molto simili e che, per anni, si sono scambiati usi e costumi dal punto di vista culturale, prima di identificarsi come le Nazioni che conosciamo oggi. Una sola cosa è sempre stata ben diversa tra loro: il calcio. I confini geografici del mondo del pallone, riconoscevano quasi esclusivamente la Spagna come dominatrice di quei territori. Molti giocatori di discendenza marocchina hanno scelto il prestigio della Spagna come Nazionale identificativa (vedi Brahim Diaz), ma dopo l’ottavo di finale del Mondiale qualcosa è cambiato. Il Marocco ha avuto la sua versione calcistica della “Reconquista” della propria identità di gioco, non snaturando i propri punti forti ed ergendo un muro divenuto invalicabile per la Spagna. Gli estrosi spagnoli, dominatori del gioco tecnico e con infinita qualità, non hanno, questa volta, saputo superare i confini di un Marocco che è stato realmente simile a un battaglione. L’esercito di Walid Regragui, commissario tecnico dei “Leoni dell’Atlante”, è stato impeccabile dal punto di vista difensivo, non lasciando nemmeno un centimetro agli avversari e confermando quella solidità che già era stata messa in mostra nella fase a gironi. Ogni esercito, però, ha bisogno del proprio generale, dell’uomo che si erge in prima linea e fa risaltare le già descritte qualità di “resilienza” mostrate dal Marocco. Quell’uomo lo conosciamo molto bene, perché stabilmente in Serie A, e corrisponde al nome di Sofyan Amrabat. Anche l’attuale centrocampista della Fiorentina avrebbe potuto vestire una maglia ben diversa in questo Mondiale, ma la sua storia non è legata alla penisola iberica, bensì ai Paesi Bassi, precisamente a Huizen, dove è nato. Con madre e padre marocchini, anche Sofyan ha deciso di obbedire al richiamo delle sue radici e il campionato olandese è diventato, per lui, un trampolino di lancio in vista del sogno più grande, vestire la maglia del Marocco. Nel 2019, approda in Italia, precisamente all’Hellas Verona dove compie una stagione pazzesca, dimostrandosi uno dei centrocampisti difensivi più forti in circolazione. C’è tanta praticità, applicazione e senso tattico nel gioco di Amrabat e, quasi come un dissonante caso del destino, la città più “estrosa” e amante del bello come Firenze viene stregata dalle sue capacità con la Fiorentina, che decide di credere in lui. In Viola, le prestazioni sono state altalenanti e solo nell’ultimo periodo si è ammirato un giocatore paragonabile a quello visto a Verona, ma il meglio doveva ancora venire. La partita contro la Spagna è l’esaltazione delle doti tattiche di Amrabat, divenuto una delle più grandi sorprese di questo Mondiale. Più che un generale, sarebbe meglio paragonarlo a un vero e proprio Gladiatore che lotta nell’arena senza paura, nonostante la caratura dell’avversari. Il Marocco ha rispettato le doti dell’avversario ed è per questo che, a conti fatti, ha adottato la tattica più efficace. Il concetto adottato dalla squadra di Regragui è semplice, ma allo stesso tempo perfetto: era conscio del fatto che la Spagna avrebbe cercato in tutti i modi di distruggere i “confini” difensivi del Marocco, avanzando il più possibile, grazie alla qualità dei propri centrocampisti che potevano far trovare agli attaccanti una strada spianata verso la vittoria. Per tale motivo, il Marocco ha puntato sul marchio di fabbrica, sfoggiando una rigidità difensiva assolutamente fantastica e una compattezza degna di una muraglia. Qui entra in gioco la prestazione di Amrabat che ha fatto da collante tra le linee di difesa e il centrocampo dei suoi. Ogni “crepa” della tattica del Marocco, doveva essere rattoppata da Sofyan che ha avvilito la fantasia e l’estro dei talentuosissimi Gavi e Pedri. Non è bastata la velocità degli spagnoli, l’astuzia del centrocampista Viola l’ha fatta da padrona per 120 minuti. Più gli avversari avanzavano, più il Marocco si sentiva capace di non cedere nemmeno di un millimetro; più la Spagna aveva l’illusione di avanzare palla al piede, più si trovava un eroico Amrabat pronto a sradicare il pallone, a volte con le buone, altre con le cattive, e far ripartire i suoi. Il Marocco, per 120 minuti, era un esercito in piena guerra di posizione, mantenendo le proprie linee compatte fino al logoramento dell’avversario. Il giro palla della Spagna è stato assolutamente inefficace e i marocchini hanno affidato ad Amrabat il compito di leader del centrocampo, permettendo a giocatori come Boufal e Ziyech una maggior libertà di movimento. Tra nervosismo e logoramento, la Spagna, ai rigori, ha ceduto totalmente e il Marocco ha compiuto la sua impresa. La “Reconquista” marocchina è avvenuta. L’esercito ha vinto la guerra, assicurandosi la possibilità di riscrivere i confini geografici del pallone. Ogni impresa ha bisogno del suo condottiero che finirà nei libri di storia e Amrabat, a 26 anni, è tornato a far parlare di sé, facendo innamorare tifosi ed estimatori con il suo calcio “duro”, pragmatico ed efficace. La Fiorentina può sorridere, l’Europa, però, inizia a osservarlo più da vicino. 

 

 

Emanuele Petrarca

 

 

Napoli Magazine

 

 

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NAPOLI - La sfida tra Spagna e Marocco, valida per gli ottavi di finale dei Mondiali di Qatar 2022, metteva di fronte due squadre che raramente si sono confrontate su un campo da calcio ma che, nonostante ciò, hanno una rivalità che va oltre il mero rettangolo da gioco. Il confronto tra questi due territori, infatti, ha radici ben più antiche che ci riporta a quasi 1.300 anni fa, dove gli allora proprietari delle terre marocchine, il Califfato Omayyade, dinastia araba, presero il controllo anche di tutta la penisola iberica dando, però, il via a una serie di guerre e confronti per la rivendicazione dei propri confini, sancita dallo scontro, durato ben 800 anni, che gli spagnoli ricordano come la “Reconquista”. L’esercito cattolico varcò i confini territoriali, espellendo dalla penisola tutti i governi musulmani. Stiamo parlando, dunque, di due territori con influenze molto simili e che, per anni, si sono scambiati usi e costumi dal punto di vista culturale, prima di identificarsi come le Nazioni che conosciamo oggi. Una sola cosa è sempre stata ben diversa tra loro: il calcio. I confini geografici del mondo del pallone, riconoscevano quasi esclusivamente la Spagna come dominatrice di quei territori. Molti giocatori di discendenza marocchina hanno scelto il prestigio della Spagna come Nazionale identificativa (vedi Brahim Diaz), ma dopo l’ottavo di finale del Mondiale qualcosa è cambiato. Il Marocco ha avuto la sua versione calcistica della “Reconquista” della propria identità di gioco, non snaturando i propri punti forti ed ergendo un muro divenuto invalicabile per la Spagna. Gli estrosi spagnoli, dominatori del gioco tecnico e con infinita qualità, non hanno, questa volta, saputo superare i confini di un Marocco che è stato realmente simile a un battaglione. L’esercito di Walid Regragui, commissario tecnico dei “Leoni dell’Atlante”, è stato impeccabile dal punto di vista difensivo, non lasciando nemmeno un centimetro agli avversari e confermando quella solidità che già era stata messa in mostra nella fase a gironi. Ogni esercito, però, ha bisogno del proprio generale, dell’uomo che si erge in prima linea e fa risaltare le già descritte qualità di “resilienza” mostrate dal Marocco. Quell’uomo lo conosciamo molto bene, perché stabilmente in Serie A, e corrisponde al nome di Sofyan Amrabat. Anche l’attuale centrocampista della Fiorentina avrebbe potuto vestire una maglia ben diversa in questo Mondiale, ma la sua storia non è legata alla penisola iberica, bensì ai Paesi Bassi, precisamente a Huizen, dove è nato. Con madre e padre marocchini, anche Sofyan ha deciso di obbedire al richiamo delle sue radici e il campionato olandese è diventato, per lui, un trampolino di lancio in vista del sogno più grande, vestire la maglia del Marocco. Nel 2019, approda in Italia, precisamente all’Hellas Verona dove compie una stagione pazzesca, dimostrandosi uno dei centrocampisti difensivi più forti in circolazione. C’è tanta praticità, applicazione e senso tattico nel gioco di Amrabat e, quasi come un dissonante caso del destino, la città più “estrosa” e amante del bello come Firenze viene stregata dalle sue capacità con la Fiorentina, che decide di credere in lui. In Viola, le prestazioni sono state altalenanti e solo nell’ultimo periodo si è ammirato un giocatore paragonabile a quello visto a Verona, ma il meglio doveva ancora venire. La partita contro la Spagna è l’esaltazione delle doti tattiche di Amrabat, divenuto una delle più grandi sorprese di questo Mondiale. Più che un generale, sarebbe meglio paragonarlo a un vero e proprio Gladiatore che lotta nell’arena senza paura, nonostante la caratura dell’avversari. Il Marocco ha rispettato le doti dell’avversario ed è per questo che, a conti fatti, ha adottato la tattica più efficace. Il concetto adottato dalla squadra di Regragui è semplice, ma allo stesso tempo perfetto: era conscio del fatto che la Spagna avrebbe cercato in tutti i modi di distruggere i “confini” difensivi del Marocco, avanzando il più possibile, grazie alla qualità dei propri centrocampisti che potevano far trovare agli attaccanti una strada spianata verso la vittoria. Per tale motivo, il Marocco ha puntato sul marchio di fabbrica, sfoggiando una rigidità difensiva assolutamente fantastica e una compattezza degna di una muraglia. Qui entra in gioco la prestazione di Amrabat che ha fatto da collante tra le linee di difesa e il centrocampo dei suoi. Ogni “crepa” della tattica del Marocco, doveva essere rattoppata da Sofyan che ha avvilito la fantasia e l’estro dei talentuosissimi Gavi e Pedri. Non è bastata la velocità degli spagnoli, l’astuzia del centrocampista Viola l’ha fatta da padrona per 120 minuti. Più gli avversari avanzavano, più il Marocco si sentiva capace di non cedere nemmeno di un millimetro; più la Spagna aveva l’illusione di avanzare palla al piede, più si trovava un eroico Amrabat pronto a sradicare il pallone, a volte con le buone, altre con le cattive, e far ripartire i suoi. Il Marocco, per 120 minuti, era un esercito in piena guerra di posizione, mantenendo le proprie linee compatte fino al logoramento dell’avversario. Il giro palla della Spagna è stato assolutamente inefficace e i marocchini hanno affidato ad Amrabat il compito di leader del centrocampo, permettendo a giocatori come Boufal e Ziyech una maggior libertà di movimento. Tra nervosismo e logoramento, la Spagna, ai rigori, ha ceduto totalmente e il Marocco ha compiuto la sua impresa. La “Reconquista” marocchina è avvenuta. L’esercito ha vinto la guerra, assicurandosi la possibilità di riscrivere i confini geografici del pallone. Ogni impresa ha bisogno del suo condottiero che finirà nei libri di storia e Amrabat, a 26 anni, è tornato a far parlare di sé, facendo innamorare tifosi ed estimatori con il suo calcio “duro”, pragmatico ed efficace. La Fiorentina può sorridere, l’Europa, però, inizia a osservarlo più da vicino. 

 

 

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