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TONI AZZURRI - Toni Iavarone su "NM": "Napoli, ecco perchè Carlo Ancelotti ha fallito"
12.12.2019 12:16 di Napoli Magazine

NAPOLI - La vittoria sui ragazzotti del Genk si disperde nella notte dell’esonero di Ancelotti. Avviene dopo i sorrisi e gli elogi, il buio e il silenzio, le vittorie rare come raro è stato in campionato il gioco, rare le abilità, vaghe le idee tattiche e poca pochissima personalità di una squadra che non sembra credere più in se stessa. Questo Napoli, che sognerebbe Ibrahimovic, cova una discrasia: in Champions possiede la marcia giusta, mentre in serie A è stato bastonato e messo sotto pure da Castro, Olsen e Sansone, brava gente, ma non fuoriclasse. Insomma con l’addio ad Ancelotti si tampona necessariamente una falla, ma non ci si assicura dal naufragio. Insomma, nel Napoli è vero tutto e il contrario di tutto. Perché il caso Napoli va studiato come "modello" di crisi d'impresa: come arrivare alla gara decisiva della stagione con allenatore delegittimato, squadra disgregata e proprietà impegnata a recuperare un paio di milioni di multe mentre ne dissolve durevolmente decine di valore del brand. Un modello molto comune in Italia non solo nel calcio, tipici effetti di una gestione padronale senza filtri e ampiamente superata. Il tutto va spiegato a chi rimpiange gli antidiluviani presidenti-padroni. Ancelotti, di suo, ha fallito perché ha cercato di responsabilizzare i giocatori in campo, dando loro la possibilità di scelta, letture e interpretazione durante la gara. Quelle che fanno le grandi squadre che hanno grandi giocatori. Li ha sopravvalutati e si é sopravvalutato. Paga l’aver confuso, come già accadde a Benitez, il Napoli aureliano con strutture societarie dove hanno lavorato avendo autonomia e diventando figure professionali diverse dal presidente. Purtroppo oggi ad Ancelotti non resta tra le mani che un contratto paradossale e da stracciare, dove il suo illimitato consenso alla stipula prevedeva persino il risarcimento di una tuta strappata o di una maglia lavata con incuria.

 

 

Toni Iavarone
 
 
Napoli Magazine
 
 
Riproduzione del testo consentita previa citazione della fonte: www.napolimagazine.com
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12/12/2024 - 12:16

NAPOLI - La vittoria sui ragazzotti del Genk si disperde nella notte dell’esonero di Ancelotti. Avviene dopo i sorrisi e gli elogi, il buio e il silenzio, le vittorie rare come raro è stato in campionato il gioco, rare le abilità, vaghe le idee tattiche e poca pochissima personalità di una squadra che non sembra credere più in se stessa. Questo Napoli, che sognerebbe Ibrahimovic, cova una discrasia: in Champions possiede la marcia giusta, mentre in serie A è stato bastonato e messo sotto pure da Castro, Olsen e Sansone, brava gente, ma non fuoriclasse. Insomma con l’addio ad Ancelotti si tampona necessariamente una falla, ma non ci si assicura dal naufragio. Insomma, nel Napoli è vero tutto e il contrario di tutto. Perché il caso Napoli va studiato come "modello" di crisi d'impresa: come arrivare alla gara decisiva della stagione con allenatore delegittimato, squadra disgregata e proprietà impegnata a recuperare un paio di milioni di multe mentre ne dissolve durevolmente decine di valore del brand. Un modello molto comune in Italia non solo nel calcio, tipici effetti di una gestione padronale senza filtri e ampiamente superata. Il tutto va spiegato a chi rimpiange gli antidiluviani presidenti-padroni. Ancelotti, di suo, ha fallito perché ha cercato di responsabilizzare i giocatori in campo, dando loro la possibilità di scelta, letture e interpretazione durante la gara. Quelle che fanno le grandi squadre che hanno grandi giocatori. Li ha sopravvalutati e si é sopravvalutato. Paga l’aver confuso, come già accadde a Benitez, il Napoli aureliano con strutture societarie dove hanno lavorato avendo autonomia e diventando figure professionali diverse dal presidente. Purtroppo oggi ad Ancelotti non resta tra le mani che un contratto paradossale e da stracciare, dove il suo illimitato consenso alla stipula prevedeva persino il risarcimento di una tuta strappata o di una maglia lavata con incuria.

 

 

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