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AMBIENTE - Greenpeace: "Bene più controlli sui PFAS nelle acque potabili annunciati da alcuni enti locali, inaccettabile il silenzio del Governo"
31.01.2025 15:36 di Napoli Magazine

A distanza di una settimana dal lancio della prima mappa della contaminazione da PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche) in Italia da parte di Greenpeace Italia, l’organizzazione ambientalista accoglie con favore la decisione di diverse amministrazioni italiane e di enti gestori (tra cui la Regione Umbria e le autorità di Arezzo, Ancona e Caserta) che hanno dichiarato di voler effettuare monitoraggi costanti, per individuare l’eventuale presenza di questi inquinanti nell’acqua potabile e  l’intenzione di pubblicare i risultati in modo trasparente. Un primo passo, arrivato a seguito della denuncia di Greenpeace per garantire alla cittadinanza l’accesso alle informazioni e la possibilità di usufruire in totale sicurezza di un bene preziosissimo come l’acqua pubblica. 


Come evidenziano studi recenti, infatti, anche concentrazioni estremamente basse di alcuni PFAS, dell'ordine di pochi nanogrammi per litro, possono essere considerate pericolose per la salute umana. A titolo di esempio basta considerare i limiti più severi stabiliti negli Stati Uniti o in Danimarca per tutelare la salute umana.


Tra settembre e ottobre 2024 Greenpeace Italia ha raccolto campioni in 235 città di tutte le Regioni e le province autonome, nell’ambito della sua campagna nazionale “Acque senza veleni”. Dalle analisi indipendenti effettuate presso un laboratorio certificato, è emerso che i PFAS sono presenti nel 79% dei campioni di acqua potabile analizzati. Le molecole più diffuse sono risultate, nell’ordine, il cancerogeno PFOA (nel 47% dei campioni), seguito dal composto a catena ultracorta TFA (in 104 campioni, il 40% del totale, presente in maggiori quantità in tutti quei campioni in cui è stato rilevato) e dal possibile cancerogeno PFOS (in 58 campioni, il 22% del totale). 


Ad Arezzo, città in cui secondo il campionamento di Greenpeace si è registrato il valore più alto di somma di PFAS tra le 235 città prese in esame, l’ente gestore ha effettuato monitoraggi per verificare la situazione, attivandosi immediatamente. L’ente ha effettuato numerose analisi, anche in questi ultimi giorni, che hanno fornito esiti rassicuranti, escludendo la presenza, anche in tracce, di tali inquinanti. Greenpeace Italia, che già a novembre aveva segnalato via PEC alle autorità preposte (ricevendo riscontro solo dalla ASL, ma non dall’amministrazione comunale) l’aver rilevato valori di somma di PFAS molto alti, auspica - ad Arezzo, come in tutte le altre città italiane - un monitoraggio costante e trasparente, per fornire alla cittadinanza acqua non contaminata ed è disponibile al confronto e alla collaborazione, anche per effettuare controlli congiunti, con tutti gli enti gestori nazionali. 


Ancora oggi non esiste nel nostro Paese una legge che vieti l’uso e la produzione dei PFAS. Azzerare questa contaminazione è invece un imperativo non più rinviabile, come del resto di recente ha chiesto a gran voce anche la Federazione Europea delle Associazioni Nazionali di Servizi connessi all’acqua (EurEau), di cui fa parte anche Utilitalia, federazione italiana che, tra le altre, riunisce le aziende speciali operanti nei servizi pubblici dell'acqua. In un rapporto pubblicato pochi giorni prima della diffusione dei dati di Greenpeace, EurEau aveva chiesto alla Commissione Europea di agire subito per mettere al bando i PFAS, perché “l'inazione significa costi crescenti”. Secondo la federazione europea, “per eliminare queste sostanze chimiche dal ciclo dell'acqua sono necessarie ulteriori tecnologie di trattamento, ma sono costose e ad alta intensità energetica” mentre “la prevenzione è l'unica strada sostenibile. Ciò significa un divieto di vasta portata sui PFAS e una rigorosa applicazione del principio ‘chi inquina paga’”.


«Garantire a chiunque l’accesso ad acqua pubblica senza PFAS significa ottenere benefici su più fronti: tuteliamo la sicurezza delle persone, riduciamo le emissioni di gas serra e l’inquinamento da plastica legato al consumo di acqua in bottiglia, preserviamo un bene comune essenziale sempre più prezioso, e contrastiamo la diffidenza che ancora porta un terzo degli italiani a non fidarsi dell’acqua del rubinetto (dati ISTAT). Assicurare questa risorsa a tutti, in modo sicuro e accessibile, è una scelta di salute, sostenibilità e giustizia ambientale», dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.


Se a livello locale, come anticipato, si registrano numerosi casi di presa di coscienza del problema con l’attivazione di piani capillari di monitoraggio, Greenpeace Italia ritiene inaccettabile l’inazione del governo su questo tema. Nonostante prove schiaccianti sui gravi danni alla salute causati dai PFAS, alcuni dei quali riconosciuti come cancerogeni, e la contaminazione diffusa delle acque potabili italiane, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni continua a ignorare questa emergenza, fallendo nel proteggere adeguatamente la salute pubblica e l’ambiente. Il governo Meloni deve rompere il silenzio su questa crisi: la popolazione ha diritto a bere acqua pulita, libera da veleni e contaminanti. 

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31/01/2025 - 15:36

A distanza di una settimana dal lancio della prima mappa della contaminazione da PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche) in Italia da parte di Greenpeace Italia, l’organizzazione ambientalista accoglie con favore la decisione di diverse amministrazioni italiane e di enti gestori (tra cui la Regione Umbria e le autorità di Arezzo, Ancona e Caserta) che hanno dichiarato di voler effettuare monitoraggi costanti, per individuare l’eventuale presenza di questi inquinanti nell’acqua potabile e  l’intenzione di pubblicare i risultati in modo trasparente. Un primo passo, arrivato a seguito della denuncia di Greenpeace per garantire alla cittadinanza l’accesso alle informazioni e la possibilità di usufruire in totale sicurezza di un bene preziosissimo come l’acqua pubblica. 


Come evidenziano studi recenti, infatti, anche concentrazioni estremamente basse di alcuni PFAS, dell'ordine di pochi nanogrammi per litro, possono essere considerate pericolose per la salute umana. A titolo di esempio basta considerare i limiti più severi stabiliti negli Stati Uniti o in Danimarca per tutelare la salute umana.


Tra settembre e ottobre 2024 Greenpeace Italia ha raccolto campioni in 235 città di tutte le Regioni e le province autonome, nell’ambito della sua campagna nazionale “Acque senza veleni”. Dalle analisi indipendenti effettuate presso un laboratorio certificato, è emerso che i PFAS sono presenti nel 79% dei campioni di acqua potabile analizzati. Le molecole più diffuse sono risultate, nell’ordine, il cancerogeno PFOA (nel 47% dei campioni), seguito dal composto a catena ultracorta TFA (in 104 campioni, il 40% del totale, presente in maggiori quantità in tutti quei campioni in cui è stato rilevato) e dal possibile cancerogeno PFOS (in 58 campioni, il 22% del totale). 


Ad Arezzo, città in cui secondo il campionamento di Greenpeace si è registrato il valore più alto di somma di PFAS tra le 235 città prese in esame, l’ente gestore ha effettuato monitoraggi per verificare la situazione, attivandosi immediatamente. L’ente ha effettuato numerose analisi, anche in questi ultimi giorni, che hanno fornito esiti rassicuranti, escludendo la presenza, anche in tracce, di tali inquinanti. Greenpeace Italia, che già a novembre aveva segnalato via PEC alle autorità preposte (ricevendo riscontro solo dalla ASL, ma non dall’amministrazione comunale) l’aver rilevato valori di somma di PFAS molto alti, auspica - ad Arezzo, come in tutte le altre città italiane - un monitoraggio costante e trasparente, per fornire alla cittadinanza acqua non contaminata ed è disponibile al confronto e alla collaborazione, anche per effettuare controlli congiunti, con tutti gli enti gestori nazionali. 


Ancora oggi non esiste nel nostro Paese una legge che vieti l’uso e la produzione dei PFAS. Azzerare questa contaminazione è invece un imperativo non più rinviabile, come del resto di recente ha chiesto a gran voce anche la Federazione Europea delle Associazioni Nazionali di Servizi connessi all’acqua (EurEau), di cui fa parte anche Utilitalia, federazione italiana che, tra le altre, riunisce le aziende speciali operanti nei servizi pubblici dell'acqua. In un rapporto pubblicato pochi giorni prima della diffusione dei dati di Greenpeace, EurEau aveva chiesto alla Commissione Europea di agire subito per mettere al bando i PFAS, perché “l'inazione significa costi crescenti”. Secondo la federazione europea, “per eliminare queste sostanze chimiche dal ciclo dell'acqua sono necessarie ulteriori tecnologie di trattamento, ma sono costose e ad alta intensità energetica” mentre “la prevenzione è l'unica strada sostenibile. Ciò significa un divieto di vasta portata sui PFAS e una rigorosa applicazione del principio ‘chi inquina paga’”.


«Garantire a chiunque l’accesso ad acqua pubblica senza PFAS significa ottenere benefici su più fronti: tuteliamo la sicurezza delle persone, riduciamo le emissioni di gas serra e l’inquinamento da plastica legato al consumo di acqua in bottiglia, preserviamo un bene comune essenziale sempre più prezioso, e contrastiamo la diffidenza che ancora porta un terzo degli italiani a non fidarsi dell’acqua del rubinetto (dati ISTAT). Assicurare questa risorsa a tutti, in modo sicuro e accessibile, è una scelta di salute, sostenibilità e giustizia ambientale», dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia.


Se a livello locale, come anticipato, si registrano numerosi casi di presa di coscienza del problema con l’attivazione di piani capillari di monitoraggio, Greenpeace Italia ritiene inaccettabile l’inazione del governo su questo tema. Nonostante prove schiaccianti sui gravi danni alla salute causati dai PFAS, alcuni dei quali riconosciuti come cancerogeni, e la contaminazione diffusa delle acque potabili italiane, l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni continua a ignorare questa emergenza, fallendo nel proteggere adeguatamente la salute pubblica e l’ambiente. Il governo Meloni deve rompere il silenzio su questa crisi: la popolazione ha diritto a bere acqua pulita, libera da veleni e contaminanti.