Lo scrittore Michele Caccamo ha affermato a proposito del fenomeno del bradisismo per poi estendere lo sguardo alla condizione internazionale che stiamo vivendo: "La terra trema e noi costruiamo armi. Un boato dalle viscere di Napoli. Un istante e tutto diventa fragile. La terra si gonfia, preme, scava nei nostri nervi. Viviamo sul bordo di una ferita. Dentro la bocca ardente del bradisismo. Accanto a un mostro che respira. Stiamo sempre in attesa, aggrappati al nulla. Abbiamo il nemico sotto ai piedi, nelle fondamenta corrose, nel cemento logoro delle nostre case, nei soffitti pronti a cedere. Si muove ogni giorno, oscilla in linea con il nostro respiro. Lo ignoriamo perché dobbiamo conviverci, per fatalismo, per eccesso di paura. Trasformiamo il terrore in normalità, il pericolo in routine. C’è da parte nostra un adattamento sottile. Continuiamo a vivere, in questa educazione silenziosa, a salire le scale, a camminare per strada, a far finta di niente, ad addormentarci senza sapere se domani troveremo ancora tutto intatto. Ma fuori da qui nessuno ascolta. Il Paese guarda altrove, discute di deterrenza, di strategie militari, firma accordi per rafforzare confini e limiti. Mentre le nostre città restano vulnerabili. Dicono che dobbiamo difenderci, e allora si finanzia la paura del domani, con missili, caccia, eserciti, bandiere, bombe. Perché serve un nemico tangibile, una frontiera da blindare, un’ombra da temere. Ma noi, qui, abbiamo un nemico che vive nei secoli, nel suolo che si solleva millimetro dopo millimetro, nei palazzi costruiti senza coscienza, nei progetti mai completati, nelle opere mai messe in sicurezza. Avanza ogni giorno, senza avere bisogno di dichiarare guerre, perché sa che ne uscirà vincitore. Se usassimo i miliardi del riarmo per qualcosa di vero, avremmo case che non tremano, quartieri e rifugi più sicuri. Salveremmo vite invece di sacrificarle. Si è scelto di blindare l’orizzonte per lasciare disarmati i cittadini dinnanzi alle emergenze. Napoli attende il giudizio della terra, consapevole che il Paese, ignaro del tempo breve, è impegnato altrove. A disegnare un piano bellico per l’Europa. Ma non ci sarà nessuna strategia militare capace di fermare l’onda sismica. Adesso è il tempo di riparare. Non domani. Adesso. Non è un’opzione, è un dovere istituzionale. Il tempo non aspetta. Le fondamenta della Città sono fragili e non c’è esercito al mondo che possa sostenerle quando crolleranno. Vanno rafforzati gli edifici in ogni muro in ogni trave, centimetro dopo centimetro. Vanno fortificate le scuole, gli ospedali, le case popolari. Vanno create vie di fuga sicure, punti di raccolta antisismici, rifugi capaci di resistere, perché un paese civile non lascia il proprio popolo esposto all’inevitabile. Non domani, adesso. Prima di arrivare a capire che l’unica guerra vera da combattere era questa, prima che sia troppo tardi. Un Paese che si dice unito non può essere fragile nel cuore; un Governo che si dice giusto non può scegliere di proteggere i confini, contro nemici ipotetici, e lasciare indifese le proprie Città. Il tempo è breve, il momento è adesso. Voi, che state al comando, smettetela con i giochi di guerra. Riparate! E non solo Napoli ma il Paese intero, che si sgretola, frana, esonda, crolla. Voi sapete. Il vostro alibi non sarà più buono. La vostra responsabilità è politica e morale. Lo è stata stanotte, lo sarà domani, lo sarà sempre. Riparate o sarete voi i soli colpevoli. Il tempo è ora, o non sarà mai".
MICHELE CACCAMO, poeta e scrittore, ha scelto come scenario principale della sua ultima opera proprio la città partenopea. Nel libro “Napoli non crede alla morte”, edito da Castelvecchi, ci conduce in un viaggio senza filtri attraverso la disperazione partendo proprio da Napoli. Un romanzo che si fa carne e voce e che respira nelle strade di questa città scossa e violentata non solo dalla natura ma anche dalla indifferenza di chi non l’accoglie e comprende, interrogandosi circa il destino dei suoi figli, sfidando il lettore a domandarsi anche sul senso ultimo dell’esistenza.
di Napoli Magazine
13/03/2025 - 17:56
Lo scrittore Michele Caccamo ha affermato a proposito del fenomeno del bradisismo per poi estendere lo sguardo alla condizione internazionale che stiamo vivendo: "La terra trema e noi costruiamo armi. Un boato dalle viscere di Napoli. Un istante e tutto diventa fragile. La terra si gonfia, preme, scava nei nostri nervi. Viviamo sul bordo di una ferita. Dentro la bocca ardente del bradisismo. Accanto a un mostro che respira. Stiamo sempre in attesa, aggrappati al nulla. Abbiamo il nemico sotto ai piedi, nelle fondamenta corrose, nel cemento logoro delle nostre case, nei soffitti pronti a cedere. Si muove ogni giorno, oscilla in linea con il nostro respiro. Lo ignoriamo perché dobbiamo conviverci, per fatalismo, per eccesso di paura. Trasformiamo il terrore in normalità, il pericolo in routine. C’è da parte nostra un adattamento sottile. Continuiamo a vivere, in questa educazione silenziosa, a salire le scale, a camminare per strada, a far finta di niente, ad addormentarci senza sapere se domani troveremo ancora tutto intatto. Ma fuori da qui nessuno ascolta. Il Paese guarda altrove, discute di deterrenza, di strategie militari, firma accordi per rafforzare confini e limiti. Mentre le nostre città restano vulnerabili. Dicono che dobbiamo difenderci, e allora si finanzia la paura del domani, con missili, caccia, eserciti, bandiere, bombe. Perché serve un nemico tangibile, una frontiera da blindare, un’ombra da temere. Ma noi, qui, abbiamo un nemico che vive nei secoli, nel suolo che si solleva millimetro dopo millimetro, nei palazzi costruiti senza coscienza, nei progetti mai completati, nelle opere mai messe in sicurezza. Avanza ogni giorno, senza avere bisogno di dichiarare guerre, perché sa che ne uscirà vincitore. Se usassimo i miliardi del riarmo per qualcosa di vero, avremmo case che non tremano, quartieri e rifugi più sicuri. Salveremmo vite invece di sacrificarle. Si è scelto di blindare l’orizzonte per lasciare disarmati i cittadini dinnanzi alle emergenze. Napoli attende il giudizio della terra, consapevole che il Paese, ignaro del tempo breve, è impegnato altrove. A disegnare un piano bellico per l’Europa. Ma non ci sarà nessuna strategia militare capace di fermare l’onda sismica. Adesso è il tempo di riparare. Non domani. Adesso. Non è un’opzione, è un dovere istituzionale. Il tempo non aspetta. Le fondamenta della Città sono fragili e non c’è esercito al mondo che possa sostenerle quando crolleranno. Vanno rafforzati gli edifici in ogni muro in ogni trave, centimetro dopo centimetro. Vanno fortificate le scuole, gli ospedali, le case popolari. Vanno create vie di fuga sicure, punti di raccolta antisismici, rifugi capaci di resistere, perché un paese civile non lascia il proprio popolo esposto all’inevitabile. Non domani, adesso. Prima di arrivare a capire che l’unica guerra vera da combattere era questa, prima che sia troppo tardi. Un Paese che si dice unito non può essere fragile nel cuore; un Governo che si dice giusto non può scegliere di proteggere i confini, contro nemici ipotetici, e lasciare indifese le proprie Città. Il tempo è breve, il momento è adesso. Voi, che state al comando, smettetela con i giochi di guerra. Riparate! E non solo Napoli ma il Paese intero, che si sgretola, frana, esonda, crolla. Voi sapete. Il vostro alibi non sarà più buono. La vostra responsabilità è politica e morale. Lo è stata stanotte, lo sarà domani, lo sarà sempre. Riparate o sarete voi i soli colpevoli. Il tempo è ora, o non sarà mai".
MICHELE CACCAMO, poeta e scrittore, ha scelto come scenario principale della sua ultima opera proprio la città partenopea. Nel libro “Napoli non crede alla morte”, edito da Castelvecchi, ci conduce in un viaggio senza filtri attraverso la disperazione partendo proprio da Napoli. Un romanzo che si fa carne e voce e che respira nelle strade di questa città scossa e violentata non solo dalla natura ma anche dalla indifferenza di chi non l’accoglie e comprende, interrogandosi circa il destino dei suoi figli, sfidando il lettore a domandarsi anche sul senso ultimo dell’esistenza.