Le immagini delle telecamere, che in contemporanea trasmettono un video delle dirette della navigazione, cominciano a spegnersi con le prime manovre di abbordaggio dei soldati: in meno di un'ora le connessioni cadono man mano, formando sul display una scacchiera che porta fino al nero totale dello schermo.
Si chiude così il sipario sul braccio di ferro tra la Sumud Flotilla e Israele, dopo una giornata passata dagli attivisti a guardare l'orizzonte per capire quando sarebbe spuntato il blocco navale delle forze speciali, arrivato al largo di Gaza ad appena 70 miglia dalla Striscia.
Le navi militari hanno prima affiancato gli equipaggi per poi salire su alcune imbarcazioni fermando gli attivisti: loro, che aspettavano sul ponte con i giubbotti di salvataggio, non hanno reagito.
Le forze israeliane hanno isolato la nave 'madre' della flotta, l'Alma, e poco prima delle 21 italiane, sono salite a bordo procedendo con il fermo del membri dell'equipaggio.
Una accelerazione nelle operazioni che era, quindi, attesa. Tocca al ministro degli esteri, Antonio Tajani, spiegare quale sarà - con ogni probabilità - la strategia delle autorità locali per gli attivisti coinvolti nella missione. "Abbiamo dato mandato all'ambasciata a Tel Aviv e ai consolati di Gerusalemme - spiega il capo della Farnesina - di assistere tutti gli italiani che verranno portati nel porto di Ashdod ma poi verranno espulsi, credo ci sarà un volo che li accompagnerà in Europa insieme agli altri entro un paio di giorni": un tempo più lungo visto che in Israele si celebra lo Yom Kippur fino a giovedì sera. Dal canto suo il ministro della Difesa, Guido Crosetto spiega che la Flotilla non è stata oggetto di un "attacco ma di un blocco" augurandosi che "tutto avvenga con calma e razionalità, senza che ci sia alcun problema".
L'epilogo del viaggio della flotta umanitaria è cominciato a notte fonda con l'ultimo alert della fregata Alpino della Marina italiana che, prima di fermarsi, aveva diramato il secondo e ultimo avviso ufficiale a tutte le imbarcazioni al limite delle 150 miglia nautiche dalle coste di Gaza. Quello è stato il punto di non ritorno: da lì in poi erano soli, proseguendo nessuno degli attivisti avrebbe più potuto decidere di salire a bordo della nave militare italiana.
Da allora è cominciata la traversata più difficile verso la zona ad alto rischio, da subito piena di pericoli. I primi segnali della presenza dell'Idf sono stati avvertiti fin da subito, nel buio pesto, intorno alle tre del primo ottobre a 120 miglia dalla meta. In campo sono intervenuti circa 1.200 uomini dello Shayetet 13, le forze speciali navali di Israele, mentre altri 600 erano a terra: vista la ricorrenza ebraica hanno tutti avuto il permesso del rabbinato per entrare in azione.
"Imbarcazioni non identificate si sono avvicinate nella notte a diverse nostre barche, alcune anche con luci spente, per poi allontanarsi", segnalavano gli equipaggi: movimenti tattici dei soldati, che sarebbero serviti alle forze israeliane per prendere le misure dei natanti e identificare le potenziali capacità offensive delle persone a bordo.
Le imbarcazioni Sirius e Alma, sulla quale viaggiava anche uno degli attivisti già arrestati durante l'abbordaggio del luglio scorso, Tony La Piccirella, sono quelle finite da subito nel mirino degli Shayetet 13, che alcune ore prima avevano lanciato un attacco informatico ai dispositivi di navigazione: il capitano di una delle due imbarcazioni in testa alla flotta ha evitato una collisione frontale, con le comunicazioni di bordo disattivate a distanza mentre la nave da guerra procedeva vicina per diversi minuti. Sirius e Alma sarebbero poi state le prime ad essere abbordate da gommoni e battelli militari armati e a luci spente con cannoni e fucili a prua. Poi mano mano è stato il turno di tutte le barche. Alcune saranno necessariamente affondate: finiranno nei fondali del Mediterraneo, un cimitero di barche umanitarie arrivate a un soffio nautico dalla disperazione di Gaza.
di Napoli Magazine
01/10/2025 - 21:53
Le immagini delle telecamere, che in contemporanea trasmettono un video delle dirette della navigazione, cominciano a spegnersi con le prime manovre di abbordaggio dei soldati: in meno di un'ora le connessioni cadono man mano, formando sul display una scacchiera che porta fino al nero totale dello schermo.
Si chiude così il sipario sul braccio di ferro tra la Sumud Flotilla e Israele, dopo una giornata passata dagli attivisti a guardare l'orizzonte per capire quando sarebbe spuntato il blocco navale delle forze speciali, arrivato al largo di Gaza ad appena 70 miglia dalla Striscia.
Le navi militari hanno prima affiancato gli equipaggi per poi salire su alcune imbarcazioni fermando gli attivisti: loro, che aspettavano sul ponte con i giubbotti di salvataggio, non hanno reagito.
Le forze israeliane hanno isolato la nave 'madre' della flotta, l'Alma, e poco prima delle 21 italiane, sono salite a bordo procedendo con il fermo del membri dell'equipaggio.
Una accelerazione nelle operazioni che era, quindi, attesa. Tocca al ministro degli esteri, Antonio Tajani, spiegare quale sarà - con ogni probabilità - la strategia delle autorità locali per gli attivisti coinvolti nella missione. "Abbiamo dato mandato all'ambasciata a Tel Aviv e ai consolati di Gerusalemme - spiega il capo della Farnesina - di assistere tutti gli italiani che verranno portati nel porto di Ashdod ma poi verranno espulsi, credo ci sarà un volo che li accompagnerà in Europa insieme agli altri entro un paio di giorni": un tempo più lungo visto che in Israele si celebra lo Yom Kippur fino a giovedì sera. Dal canto suo il ministro della Difesa, Guido Crosetto spiega che la Flotilla non è stata oggetto di un "attacco ma di un blocco" augurandosi che "tutto avvenga con calma e razionalità, senza che ci sia alcun problema".
L'epilogo del viaggio della flotta umanitaria è cominciato a notte fonda con l'ultimo alert della fregata Alpino della Marina italiana che, prima di fermarsi, aveva diramato il secondo e ultimo avviso ufficiale a tutte le imbarcazioni al limite delle 150 miglia nautiche dalle coste di Gaza. Quello è stato il punto di non ritorno: da lì in poi erano soli, proseguendo nessuno degli attivisti avrebbe più potuto decidere di salire a bordo della nave militare italiana.
Da allora è cominciata la traversata più difficile verso la zona ad alto rischio, da subito piena di pericoli. I primi segnali della presenza dell'Idf sono stati avvertiti fin da subito, nel buio pesto, intorno alle tre del primo ottobre a 120 miglia dalla meta. In campo sono intervenuti circa 1.200 uomini dello Shayetet 13, le forze speciali navali di Israele, mentre altri 600 erano a terra: vista la ricorrenza ebraica hanno tutti avuto il permesso del rabbinato per entrare in azione.
"Imbarcazioni non identificate si sono avvicinate nella notte a diverse nostre barche, alcune anche con luci spente, per poi allontanarsi", segnalavano gli equipaggi: movimenti tattici dei soldati, che sarebbero serviti alle forze israeliane per prendere le misure dei natanti e identificare le potenziali capacità offensive delle persone a bordo.
Le imbarcazioni Sirius e Alma, sulla quale viaggiava anche uno degli attivisti già arrestati durante l'abbordaggio del luglio scorso, Tony La Piccirella, sono quelle finite da subito nel mirino degli Shayetet 13, che alcune ore prima avevano lanciato un attacco informatico ai dispositivi di navigazione: il capitano di una delle due imbarcazioni in testa alla flotta ha evitato una collisione frontale, con le comunicazioni di bordo disattivate a distanza mentre la nave da guerra procedeva vicina per diversi minuti. Sirius e Alma sarebbero poi state le prime ad essere abbordate da gommoni e battelli militari armati e a luci spente con cannoni e fucili a prua. Poi mano mano è stato il turno di tutte le barche. Alcune saranno necessariamente affondate: finiranno nei fondali del Mediterraneo, un cimitero di barche umanitarie arrivate a un soffio nautico dalla disperazione di Gaza.