A "1 Football Club", programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Carlo Tarallo, giornalista del quotidiano "La Verità":
Cosa la fa arrabbiare di più: il pareggio della Roma nell’ultimo minuto di gioco o il mancato calciomercato del Napoli?
"Diciamo che, dal punto di vista emotivo, fa molto male per come è maturato e per come è avvenuto. Al di là del minuto in cui è successo, è un problema che riguarda anche il Napoli, che non è riuscito a fare ciò che avrebbe dovuto per evitare queste situazioni. Bisogna restare il più possibile lontani dalla propria area di rigore, mantenendo equilibrio e pericolosità anche in attacco".
Possiamo dire che il Napoli, nel secondo tempo, si sia abbassato tanto quanto fece la Juventus la settimana scorsa, proprio contro il Napoli?
"Sì, si è abbassato, però contro una squadra che, onestamente, non mi ha dato l’impressione di essere irresistibile o particolarmente programmata per farlo soffrire. E poi, Luca, vedere Angelino completamente solo, in una posizione così favorevole per battere a rete, fa rabbia. Mi fa male. Ma sa cosa mi fa ancora più male? Il pensiero unico dominante. Napoli, che era la città dell’effervescenza intellettuale, è diventata la città dell’omologazione totale, anche a livello dialettico. Appena provi a dire qualcosa di diverso, ti ritrovi circondato da ‘laureati all’università del pallone’ che ti spiegano che sette punti su nove sono un ottimo bottino. Lo so anch’io che avremmo firmato per sette punti su nove, ma se ne avessimo fatti nove avremmo firmato lo stesso, o no? Oggi non si può più parlare liberamente di calcio. Una volta si discuteva, si aveva un confronto aperto. Ora, invece, se dici che il Napoli ha buttato due punti all’aria, ti rispondono che non capisci niente. E magari chi lo dice ha quarant’anni di esperienza nel settore, ma non conta nulla. Capisce cosa intendo? Questa cosa mi fa più male delle sconfitte. Napoli sta perdendo anche il diritto di dire una sciocchezza".
Dunque lei pensa che questa situazione sia un classico esempio di "divide et impera", magari voluto anche dal presidente De Laurentiis?
"Diciamo che c’è un’omologazione dei media, ma solo di quelli piccoli, dei siti minori. I giornali nazionali, invece, fortunatamente, ospitano ancora un dibattito di alto livello, con posizioni diverse. Il problema vero è il mix tra opinione pubblica e social network. Le persone non leggono più i giornali, ma si informano attraverso opinionisti improvvisati sui social, che hanno tutto l’interesse a dire che va sempre tutto bene. Questo anche per motivi banali, come mantenere buoni rapporti con gli addetti ai lavori. Lei è nell’ambiente e lo sa meglio di me. Mi fa rabbia che dobbiamo essere tutti contenti a prescindere. Io non lo sono, né per il mercato né per i risultati. Non posso dire che chi è stato pagato per fare trattative abbia lavorato bene, perché vedo che il giocatore più forte della rosa è stato venduto quando la squadra era prima in classifica, e non è stato sostituito adeguatamente, c’era il dovere di farlo. Oggi il Napoli si ritrova con Neres e Politano come unici esterni offensivi, mentre Raspadori non è un vero esterno. Non capisco la logica di certe operazioni. Ngonge? Se Ngonge non viene impiegato, evidentemente non è considerato dall’allenatore. Insomma, ci avevano detto che sarebbero arrivati rinforzi, e ora invece abbiamo meno alternative di prima. Non serve una laurea in astrofisica per capirlo, no?".
Qual era l’unico cambio possibile?
“L’unico cambio era quello di spostare Politano a sinistra, ma ora non si può più fare perché manca la profondità in rosa. E non dimentichiamo che serviva un giocatore in grado di tenere palla lontana dalla propria area per evitare di subire gol nel finale. Se avessero voluto farlo, avrebbero potuto inserire un attaccante forte fisicamente".
Questa partita può essere un campanello d’allarme o è meglio evitare certi psicodrammi?
“Il problema è che ormai il calcio viene vissuto in modo esasperato. Non esiste più il classico dibattito del lunedì mattina tra tifosi, che una volta durava tutta la settimana. Oggi tutto si consuma in fretta e nessuno accetta più le critiche. Purtroppo, oggi è difficile anche commentare il calcio. Si può parlare di politica internazionale, si può difendere la libertà di espressione ovunque, ma sul pallone non si può dire nulla. Napoli, che un tempo era una città di bastian contrari, ora sembra soffocata. È terribile. Ci vuole più democrazia anche nel calcio".
di Napoli Magazine
03/02/2025 - 11:35
A "1 Football Club", programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Carlo Tarallo, giornalista del quotidiano "La Verità":
Cosa la fa arrabbiare di più: il pareggio della Roma nell’ultimo minuto di gioco o il mancato calciomercato del Napoli?
"Diciamo che, dal punto di vista emotivo, fa molto male per come è maturato e per come è avvenuto. Al di là del minuto in cui è successo, è un problema che riguarda anche il Napoli, che non è riuscito a fare ciò che avrebbe dovuto per evitare queste situazioni. Bisogna restare il più possibile lontani dalla propria area di rigore, mantenendo equilibrio e pericolosità anche in attacco".
Possiamo dire che il Napoli, nel secondo tempo, si sia abbassato tanto quanto fece la Juventus la settimana scorsa, proprio contro il Napoli?
"Sì, si è abbassato, però contro una squadra che, onestamente, non mi ha dato l’impressione di essere irresistibile o particolarmente programmata per farlo soffrire. E poi, Luca, vedere Angelino completamente solo, in una posizione così favorevole per battere a rete, fa rabbia. Mi fa male. Ma sa cosa mi fa ancora più male? Il pensiero unico dominante. Napoli, che era la città dell’effervescenza intellettuale, è diventata la città dell’omologazione totale, anche a livello dialettico. Appena provi a dire qualcosa di diverso, ti ritrovi circondato da ‘laureati all’università del pallone’ che ti spiegano che sette punti su nove sono un ottimo bottino. Lo so anch’io che avremmo firmato per sette punti su nove, ma se ne avessimo fatti nove avremmo firmato lo stesso, o no? Oggi non si può più parlare liberamente di calcio. Una volta si discuteva, si aveva un confronto aperto. Ora, invece, se dici che il Napoli ha buttato due punti all’aria, ti rispondono che non capisci niente. E magari chi lo dice ha quarant’anni di esperienza nel settore, ma non conta nulla. Capisce cosa intendo? Questa cosa mi fa più male delle sconfitte. Napoli sta perdendo anche il diritto di dire una sciocchezza".
Dunque lei pensa che questa situazione sia un classico esempio di "divide et impera", magari voluto anche dal presidente De Laurentiis?
"Diciamo che c’è un’omologazione dei media, ma solo di quelli piccoli, dei siti minori. I giornali nazionali, invece, fortunatamente, ospitano ancora un dibattito di alto livello, con posizioni diverse. Il problema vero è il mix tra opinione pubblica e social network. Le persone non leggono più i giornali, ma si informano attraverso opinionisti improvvisati sui social, che hanno tutto l’interesse a dire che va sempre tutto bene. Questo anche per motivi banali, come mantenere buoni rapporti con gli addetti ai lavori. Lei è nell’ambiente e lo sa meglio di me. Mi fa rabbia che dobbiamo essere tutti contenti a prescindere. Io non lo sono, né per il mercato né per i risultati. Non posso dire che chi è stato pagato per fare trattative abbia lavorato bene, perché vedo che il giocatore più forte della rosa è stato venduto quando la squadra era prima in classifica, e non è stato sostituito adeguatamente, c’era il dovere di farlo. Oggi il Napoli si ritrova con Neres e Politano come unici esterni offensivi, mentre Raspadori non è un vero esterno. Non capisco la logica di certe operazioni. Ngonge? Se Ngonge non viene impiegato, evidentemente non è considerato dall’allenatore. Insomma, ci avevano detto che sarebbero arrivati rinforzi, e ora invece abbiamo meno alternative di prima. Non serve una laurea in astrofisica per capirlo, no?".
Qual era l’unico cambio possibile?
“L’unico cambio era quello di spostare Politano a sinistra, ma ora non si può più fare perché manca la profondità in rosa. E non dimentichiamo che serviva un giocatore in grado di tenere palla lontana dalla propria area per evitare di subire gol nel finale. Se avessero voluto farlo, avrebbero potuto inserire un attaccante forte fisicamente".
Questa partita può essere un campanello d’allarme o è meglio evitare certi psicodrammi?
“Il problema è che ormai il calcio viene vissuto in modo esasperato. Non esiste più il classico dibattito del lunedì mattina tra tifosi, che una volta durava tutta la settimana. Oggi tutto si consuma in fretta e nessuno accetta più le critiche. Purtroppo, oggi è difficile anche commentare il calcio. Si può parlare di politica internazionale, si può difendere la libertà di espressione ovunque, ma sul pallone non si può dire nulla. Napoli, che un tempo era una città di bastian contrari, ora sembra soffocata. È terribile. Ci vuole più democrazia anche nel calcio".