Cultura & Gossip
CAMPANIA TEATRO FESTIVAL 2025 - La 18esima edizione dal 13 giugno al 13 luglio
18.03.2025 14:07 di Napoli Magazine
CAMPANIA TEATRO FESTIVAL 2025
 
DICIOTTESIMA EDIZIONE DAL 13 GIUGNO AL 13 LUGLIO
 
OSPITI DEL PROGRAMMA INTERNAZIONALE EURIPIDES LASKARIDIS, FC BERGMAN, DANIELE FINZI PASCA, RUBIDORI MANSHAFT E ANGELA DEMATTÈ, PROYECTO MIGRA E GALPON DE GUEVARA CON FLORENT BERGAL, JULIE KTRETZSCHMAR, WILLIAM KENTRIDGE E HANDSPRING PUPPET COMPANY, HANANE HAJJ ALI, BISSANE AL SHARIF E HALA OMRAN, DALAL SULEIMAN, CHRISTIANE JATAHY E JULIA BERNAT.
 
150 EVENTI E 68 DEBUTTI ASSOLUTI IN 31 GIORNI DI PROGRAMMAZIONE
 
Torna il Campania Teatro Festival, pronto a dare il via alla sua diciottesima edizione, la nona diretta da Ruggero Cappuccio. Dal 13 giugno al 13 luglio la rassegna multidisciplinare, realizzata con il sostegno concreto della Regione Campania e organizzata dalla Fondazione Campania dei Festival presieduta da Alessandro Barbano, ritrova la sua collocazione estiva e soprattutto le sue tradizionali sezioni (Internazionale, Prosa Nazionale, Progetti Speciali, Cinema, Musica, SportOpera, Letteratura, Mostre e Osservatorio).
 
Un’offerta ricca di appuntamenti da non perdere, con più di 150 eventi programmati in 31 giorni, con 68 debutti assoluti. Una vera festa del teatro, unica in Italia, che si avvale anche di un contributo annuo del Ministero della Cultura ed è parte rilevante della rete Italia Festival e dell’EFA (European Festival Association).
 
“Battiti per la pace” è lo slogan di questa edizione, a testimonianza del ruolo sociale che l’arte può e deve esercitare, veicolando le giuste pulsazioni emotive e l’ossigeno vitale per ogni democrazia. Un’aria nuova, non solo drammaturgica, che si potrà respirare in 8 teatri napoletani (Mercadante, Nuovo, Sala Assoli, Sannazaro,Trianon, Politeama, Galleria Toledo e Teder), in 6 spazi di Palazzo Reale (Teatro di Corte, Cortile delle Carrozze, Galleria del Genovese, Cortile d’Onore, Giardino Romantico e Biblioteca), ma anche nella Villa Campolieto di Ercolano, al Fiordo di Furore (Sa), nel teatro Verdi  e nella Sala Pasolini di Salerno, nel Centro Sociale Colonna e nei Bipiani di Ponticelli, nel teatro dell’Istituto Colosimo e nella Chiesa di Donnaregina Vecchia a Napoli, nella località di Foresta a Tora e Picilli (Ce), nel teatri Mulino Pacifico e Comunale di Benevento, nel Parco Urbano Pinetamare di Castelvolturno (Ce), nel Palazzo Coppola di Valle/Sessa Cilento (Sa).
 
Anche quest’anno il Maestro Mimmo Paladino donerà al Festival la sua arte e l’immagine grafica della rassegna.
 
 
INTERNAZIONALI
 
Sono 11 gli eventi internazionali del Campania Teatro Festival 2025. Il primo è in programma il 15 giugno, con replica il giorno 16, al teatro Mercadante di Napoli. Lo spettacolo è “Lapis Lazuli”, un arazzo di affascinanti contrasti, originale mix di performance, danza e arti visive nato dal talento creativo di Euripides Laskaridis. L’artista greco continua anche in questo lavoro, una coproduzione internazionale che coinvolge molti Paesi europei, a esplorare i temi della trasformazione e del ridicolo, mettendo insieme gli elementi grotteschi con quelli della commedia e dell’orribile. Ispirato dall’ipnotizzante pietra blu, nota per il suo comportamento imprevedibile sotto pressione, Laskaridis crea un nuovo mondo accattivante ed enigmatico, pieno di intriganti dualità. A partire da quel nome, spesso declinato come pietra del cielo, che ha in sé le contraddizioni dell’arte, della bellezza e della vita. Con Angelos Alafogiannis, Maria Bregianni / Eftychia Stefanou, Euripides Laskaridis, Dimitris Matsoukas, Spyros Ntogas.
 
Al teatro Verdi di Salerno va in scena il 21 e 22 giugno “Works and days” del collettivo teatrale fiammingo Fc Bergman, Nel 700 a.C. il poeta greco Esiodo scrisse una serie di suggerimenti sull’arte dell’agricoltura. Questo lavoro, intitolato “Opere e giorni”, è un vero e proprio almanacco del contadino in forma di versi che associa consigli agricoli con una guida alla vita in generale. Partendo da un testo così lontano nel tempo, è una moderna ed ecologica riflessione, rigorosamente senza parole, sul fragile legame tra gli esseri umani e il pianeta che li ospita. Una ode al potere inarrestabile del gruppo e alla potenza illimitata della natura, mentre una nuova era, con nuove possibilità e desideri, si sta facendo strada. Regia, drammaturgia e scenografia di Stef Aerts, Joé Agemans, Thomas Verstraeten e Marie Vinck (FC Bergman). Con Stef Aerts, Joé Agemans, Maryam Sserwamukoko, Thomas Verstraeten, Marie Vinck, Fumiyo Ikeda, Geert Goossens, Bonnie Elias. Musiche composte ed eseguite dal vivo da Joachim Badenhorst e Sean Carpio.
 
Il teatro Politeama di Napoli ospiterà invece Il 24 e 25 giugno ”Titizé” del regista, attore e coreografo svizzero Daniele Finzi Pasca. Un titolo che allude alle infinite capacità di essere di ognuno di noi, ma anche a un’immagine da sogno che sembra uscita da un film di Fellini. Proprio come questo spettacolo teatrale acrobatico, dove la clowneria ha in sé gli echi della Commedia dell’Arte e dieci straordinari interpreti multidisciplinari ci accompagnano in universi rarefatti nei quali la meraviglia può manifestarsi, volta per volta, in modo ingenuo, ingegnoso o surreale. A venetian dream, come specifica il sottotitolo, con la notte e la sua follia, le cialtronate dei buffoni, oggetti che leviteranno, acrobati che voleranno, pioggia surreale e un continuo ricreare equilibri impossibili. Un teatro dello stupore e della leggerezza, senza dover ricorrere alla parola.
 
Rubidori Manshaft, ovvero Roberta Dori Puddu, e Angela Demattè hanno scritto insieme “Alcune cose da mettere in ordine”, lo spettacolo vincitore del Festival di Lugano nel 2023. Lo portano ora a Napoli, al teatro Mercadante il 25 e il 26 giugno. Nato dopo una lunga esperienza di lavoro in case di cura per anziani, è la storia di una donna che ha da poco superato i sessant’anni. I suoi pensieri, le sue domande sul percorso della vita, i suoi sogni e le sue disillusioni, ci sembrano familiari. Così come i ricordi e i rimpianti di un viaggio interiore e reale, struggente e ironico, nel tentativo di ridisegnare una dimensione umana che forse abbiamo smarrito. Alla ricerca, come scrive Schopenhauer, di un’estetica dell’esistenza. Con Roberta Bosetti e Giacomo Toccaceli. La regia è di Rubidori Manshaft.
 
Dopo 250 repliche a Buenos Aires, accoglienze trionfali in Uruguay, Brasile, Colombia, Messico e 15 sold out al Festival di Montreal, arriva finalmente in Europa “Un domingo”, lo straordinario spettacolo di teatro-circo che si potrà vedere il 28 e il 29 giugno al Nuovo di Napoli. Un progetto indipendente di Proyecto Migra e Galpon de Guevara, diretto dal regista francese Florent Bergal, con in scena Juan Fernadez, Sofia Galliano, Gabriela Parigi, Tomy Sokolowicz, Florencia Valeri e Tato Villanueva. Un’immersione nella vita di una famiglia sfrontata, dove tutto trabocca, amore e odio. Un ospite è la causa di questo disordine o è semplicemente la vittima? La domenica può essere un giorno di festa, ma questa è decisamente speciale. Fondendo la scuola francese di circo contemporaneo con la tradizione argentina del circo “criollo”, il risultato è un fantastico mix di acrobazie, giocoleria, coreografie esotiche e teatro, nel quale i numeri e i virtuosismi circensi non sono fini a sé stessi, ma fanno parte di una vera e propria drammaturgia teatrale.
 
“La mer a changé de couleur” di Julie Kretzschmar è l’appuntamento del 30 giugno, con due repliche nello stesso giorno, alla Sala Assoli. Il mare ha cambiato colore, come scrive Pasolini nel reportage sull’Italia del 1959 “La lunga strada di sabbia”. Una espressione semplice e poetica, ricca di significati, che illustra perfettamente la messa in scena, nata dal progetto che la regista francese ha avviato  al Festival nel 2019 con il pluripremiato fotografo franco-algerino Bruno Boudjelal. La visibilità dei corpi, quella dei migranti africani e anglofoni che si sono stabiliti a Napoli, emerge in tutta la sua forza singolarmente universale nella riscrittura e ricomposizione di frammenti di racconti affascinanti. Narrazioni in tre lingue diverse (francese, italiano e arabo) che si sovrappongono a quelle epiche e compongono il mosaico di presenze che caratterizzano tutte le città delle migrazioni africane contemporanee. Dove tanti giovani in cerca di un sogno e di un futuro, quasi sempre incerto, condividono con gli abitanti del luogo, non senza incertezze e difficoltà, pezzi di cultura e spazi di socialità. 
 
Il 2 e 3 luglio al teatro Mercadante va in scena “Faustus in Africa!”, collaborazione tra William Kentridge e Handspring Puppet Company, rielaborazione della loro pluripremiata produzione del 1995. Faustus parte per un safari, ma il suo viaggio si trasforma ben presto in un concentrato di avidità e passione. Il tradimento del buon senso per un guadagno a breve termine, l’emergenza climatica, i compromessi e gli espedienti alla base del nostro mondo, sono i temi per raccontare una storia senza età e l’irriverente incontro con il patto faustiano, metafora dei nostri tempi. Una miscela armoniosa di teatro e burattini, con le musiche di Warrick Sony e del compianto James Phillips che accompagnano perfettamente le geniali animazioni di Kentridge. Coproduzione della Fondazione Campania dei Festival.
 
Nelle stesse date, il 2 e 3 luglio, Hanane Hajj Ali, figura eminente della scena culturale e artistica libanese, sarà alla Sala Assoli con “Jogging”, drammaturgia di Abdullah Alkafri. Una donna di 50 anni fa la sua corsa quotidiana per le strade di Beirut con lo scopo di combattere in un colpo solo l’osteoporosi, l’obesità e la depressione. È l’occasione per restare con i propri pensieri, rivisitando i suoi sogni, i suoi desideri e le sue delusioni. Sola in scena, Hanane interpella il pubblico, attingendo al ricordo di autori come Euripide, Pasolini, Heiner, Muller e Shakespeare per rivelare la sua identità. Incarnando differenti volti di Medea, le tante che vivono il loro percorso di dolore nella capitale libanese, intrecciandoli l’uno nell’altro come matrioske russe.
 
Il teatro Nuovo, il 3 e 4 luglio, ospita invece “Dressing room”, esordio come regista di Bissane al Charif, drammaturgia di Wael Ali, con l’interpretazione della comica franco-siriana Hala Omran. Un appartamento ideale, dotato di una stanza dedicata agli oggetti, ai vestiti e alle scarpe, dressing room per l’appunto, diventa il posto adatto per concentrare l’attenzione sul corpo femminile, rivisitando l’impatto delle sue trasformazioni nel corso del tempo, i suoi segni, la sua memoria, in un contesto di guerre e crisi politiche e sociali di estrema violenza. Dando voce all’esperienza delle donne provenienti da vari Paesi arabi, vanno in scena la solitudine, il rapporto con il corpo e i luoghi, ma anche la capacità di rispondere con leggerezza, umorismo e autoderisione alle domande sulla menopausa. Quella che in arabo viene tradotta come “l’età della disperazione”.
 
“Reminiscenze” di Dalal Suleiman, è il debutto assoluto in programma il 6 e il 7 luglio al teatro Nuovo. L’attrice italiana di origine palestinese danza e recita, portandoci con lei in un viaggio affascinante dove il protagonista è il Mediterraneo, con la sua bellezza romantica e immortale, ispiratrice dei versi di Omero e Virgilio, ma anche dei poeti arabi e dei lirici greci di ogni tempo. Navigando le sue acque e percorrendo la sua terra, culla di civiltà e di convivenza tra culture diverse, la poesia diventa canto, quello di Alessandra Ravizza con la sua chitarra, accompagnata da Tareq Abu Salameh (oud), Masih Karimi (tanbur e daf) e Salah Namek (cello). Una voce e una musica che attraversano il mare, calpestano la terra e ne assaporano l’essenza. 
 
Il 12 e il 13 luglio si potrà invece vedere per la prima volta a Napoli, al Politeama, uno spettacolo della regista Christiane Jatahy. L’artista brasiliana, nome di punta della scena teatrale contemporanea, propone al Campania Festival “Julia”, lo spettacolo che l’ha rivelata al mondo intero. L’applaudito adattamento de “La signorina Julie” di Strindberg, mix perfetto di teatro e cinema, sposta la vicenda nei quartieri alti del Brasile di oggi, dove la protagonista si innamora dell'autista nero dei suoi genitori. Mademoiselle Julie è interpretata da Julia Bernat, l’attrice preferita di Christiane Jatahy, in scena con Rodrigo Odè. La guerra di classe tra padroni e servi, il confronto amoroso e il condizionamento sociale del desiderio sono evocati in questo lavoro di immagini che associa con abilità scene preregistrate con altre girate dal vivo, offrendo una versione scottante e moderna di una pièce del teatro naturalistico considerata sulfurea già ai suoi tempi.
 
“La mer a changé de couleur”, “Jogging”, “Dressing room”, “Reminiscenze”, oltre al concerto dell’artista italo-palestinese Nabil Bey, rientrano in un focus più ampio che il Festival dedica al Mediterraneo e alle sue creazioni contemporanee.
 
 
PROSA NAZIONALE
 
Sono 41 gli spettacoli della sezione dedicata alla Prosa Nazionale del Campania Teatro Festival 2025, 31 dei quali al debutto assoluto. La maggior parte sono in programma in 7 teatri napoletani (Mercadante, Politeama, Sannazaro, Nuovo, Trianon, Sala Assoli e Galleria Toledo), mentre Villa Campolieto a Ercolano sarà lo scenario suggestivo l’8 e il 9 luglio dell’Edipo Re diretto da Luca De Fusco.
 
Il teatro Mercadante di Napoli ospiterà 7 eventi, a partire dal 18 giugno. Frutto del laboratorio permanente di teatro e disabilità della compagnia transadriatica Factory di Lecce, e in alleanza produttiva con la Fondazione Sipario Toscana, approda sulle tavole dello spazio di piazza Municipio, “(H)amleto”, un’indagine sul corpo non conforme attraverso lo sguardo e le parole non conformi che accompagnano la discesa nell’abisso shakespeariano. Un gruppo misto di persone con e senza disabilità si confronta con la tragedia per eccellenza, ne scandaglia i temi e le possibilità, provando a rivendicare la propria esistenza, quell’esserci, quel “to be” che ci fa aggrappare alla vita anche quando ne perdiamo il senso. Le parole di questo “(H)amleto” sono scritte da una penna non conforme, quella di Fabrizio Tana, autore e attore con la sindrome di Down. Un parto libero di pensieri raccolti per più di un anno, attraverso messaggi e lettere scambiati con le guide, parole in cui persona e personaggio si confondono, inventando una grammatica speciale, essenziale ed esistenziale. 
La narrazione dal punto di vista femminile delle dinamiche nascoste che regolano i rapporti all’interno di una coppia è il tema di “Secondo lei”, lo spettacolo del 19 giugno, scritto e diretto da Caterina Guzzanti, che ne è anche interprete con Federico Vigorito. L’amore, che dovrebbe essere un luogo sicuro e sano, diventa un silenzioso campo di battaglia in cui fraintendimenti e necessità si confondono e affondano in un pantano inevitabile di aspettative tradite e promesse sistematicamente rimosse, imprigionando i due protagonisti in ruoli precisi e precari, mentre bramerebbero solo di essere accettati. Il bisogno di realtà, di cercare una soluzione tangibile alla distanza creatasi, irrompe e rimbomba nelle loro vite, ne condiziona prepotentemente i pensieri e le scelte, lasciandoli sopraffatti da un sentimento di imbarazzo e di inadeguatezza. Un testo teatrale che invita a riflettere su come la nostra cultura e la società continuino a condizionare in modo invalidante le donne e gli uomini nelle scelte principali, nelle relazioni, nei legami più intimi.
 
Uno spettacolo-concerto che intreccia e fonde due mostri sacri della cultura napoletana, Eduardo De Filippo e Pino Daniele, in un unico flusso melodico e poetico, mescolando le tematiche comuni, fino a farle diventare una voce sola, attraverso arrangiamenti musicali e tessiture drammaturgiche. È l’idea originalissima di “Napule è …milionaria”, protagonista Mariangela D’Abbraccio, che lega, a partire dai chiari riferimenti del titolo, due artisti geniali che hanno segnato l’evoluzione moderna del teatro e della musica napoletana e non solo, attingendo sapientemente alle tradizioni popolari, ma emancipandone tematiche e linguaggio. A dieci anni dalla scomparsa di Pino Daniele, Mariangela D’Abbraccio propone questo omaggio congiunto e vitalissimo, accompagnata in scena il 22 giugno al Mercadante, dai Musica da ripostiglio (Luca Pirozzi, Luca Giacomelli, Raffaele Toninelli, Emanuele Pellegrini)  e dalla fisarmonica di Gianluca Casadei, musicisti con i quali collabora da molti anni. La regia è di Francesco Tavassi.
 
Le difficoltà delle donne in un mondo maschile, quello della televisione e dello spettacolo. Affronta un tema scottante “Ragazze all’ingrosso” di Rossella Pugliese, in scena al Mercadante il 28 e 29 giugno. Protagoniste Euridice Axen, Giusy Frallonardo , Lia Zinno e la stessa Pugliese, per la regia di Nadia Baldi, il lavoro teatrale ci riporta, con estrema ironia, musica e atmosfere surreali, negli anni d’oro della televisione, provando anche  a rispondere ad alcune domande: quanto siamo disposti a sporcarci per assecondare desideri e perversioni che vanno oltre la legalità e il buon senso? Quanto siamo disposti a fare e a farci male?  Interrogativi che emergono ripercorrendo la storia vera di alcune donne, oggetti nelle mani di uomini di potere. Quello di ieri, ma soprattutto quello di oggi, espresso attraverso il successo e la notorietà, passando spesso per il giogo della sottomissione e della perdita d’identità. I costumi sono di Carlo Poggioli, le musiche di Ivo Parlati, scenografi Paolo Iammarrone e Vincenzo Fiorillo. Coproduzione della Fondazione Campania dei Festival con l’Associazione Deneb.
 
Un racconto perfetto. Così i critici di ogni tempo hanno definito “Scottature”, piccolo gioiello della letteratura firmato da Dolores Prato nel quale si condensa l’universo poetico di una grande scrittrice del ‘900. Elegante, suadente, scorrevole, ricco di simbolismi e di immagini formidabili, questo inno alla vita e alla poesia diventa ora melologo, una messa in scena di Michela Cescon interpretata da Anna Foglietta e da una polistrumentista, in programma al Mercadante il 5 luglio. Una partitura, un pentagramma, per raccontare la storia dell’uscita nel mondo di una ragazza cresciuta in convento. Una scelta che per gli altri significa scottarsi, bruciarsi, ma che la giovane compie per diventare veramente sé stessa. Tra ustioni e accartocciamenti, riesce così, con una rivoluzione silenziosa e implacabile, a essere donna a modo suo. È l’inizio dell’età adulta, delle prime scelte importanti, di un senso di estraneità e di abbandono che Dolores Prato, la più grande narratrice italiana del secolo, secondo il critico Andrea Cortellessa, si trascinerà per l’intera esistenza. 
 
Uno dei più grandi pianisti del Novecento, Arturo Benedetti Michelangeli, famoso per la perfezione delle sue esecuzioni e per la cura maniacale delle sue interpretazioni, viene raccontato in una notte di incontri immaginari con i suoi compositori preferiti (Chopin, Rachmaninoff, Beethoven, Mozart, Ravel), quelli su cui ha speso tutta la sua arte oltre che l'intera vita. È questo il plot narrativo di “Una notte di Arturo Benedetti Michelangeli (con i suoi fantasmi)”, drammaturgia e regia di Giovanni Greco, protagonista Moni Ovadia. Prodotto da La Fabbrica dell’Attore Teatro Vascello, lo spettacolo, in scena il 7 luglio al Mercadante, prende spunto dalla biografia del grande artista ed è ambientato nel suo esilio in Svizzera, alle prese con la preparazione di un concerto unico. Un omaggio alla musica come linguaggio universale e un viaggio nella solitudine popolata di presenze di uno dei più grandi compositori di tutti i tempi, proposto attraverso le sue memorabili performances, anche dialettiche.  “La cattiva musica mi disturba, ma la musica meravigliosa mi disturba ancora di più”, sosteneva. Virtuosismo, disciplina e verità.
 
“La storia di un amore, ma anche la storia di un sogno, un sogno d’amore per una donna mai conosciuta, ma ammirata sempre da lontano, nel silenzio e nel buio. Insieme a migliaia di altri occhi. Questa donna è Pina Bausch”. Così Giuseppe Sollazzo presenta, nell’incipit delle note di regia, il suo “Quando la finirai con Pina Bausch?”, lo spettacolo in scena il 12 e il 13 luglio al Mercadante, con i movimenti coreografici di Beatrice Libonati, danzatrice e storica collaboratrice della Bausch. La drammaturgia, curata dallo stesso Sollazzo, attinge a diverse fonti. “Da una parte le suggestioni ispirate all’immaginario di Pina Bausch, dall’altra a frammenti della sua vita: dalla partenza per New York, all’infanzia nel ristorante dei genitori, ai rapporti con i danzatori. Dando ad una voce off il compito di restituire la semplicità e la profondità delle sue parole. In scena agisce un nucleo di attori e danzatori professionisti, ai quali si aggiungono interpreti non professionisti. Con Paolo Romano Roberta Cacace Maurizio Murano, Michele Romeo, Fortuna Montariello, Massimo Nota, Antonio Tomberli, Brunello de Feo, Cristina Sica, Enzo Barone, Stefania Valli.
 
Sono 8 gli spettacoli in programma anche al teatro Nuovo di Napoli. Il 14 giugno Massimo Venturiello e il Quartetto Klezmer propongono nello spazio di via Montecalvario “La creatura del desiderio”, tratto dall’omonimo libro di Andrea Camillleri, del quale si celebra quest’anno il centenario della nascita. Siamo nel 1912. Un anno dopo la morte di Gustav Mahler, la sua giovane vedova, Alma, incontra il pittore Oskar Kokoschka. Tra i due nasce una storia d’amore dirompente, fatta di erotismo, creatività e drammatica intensità, ma dopo due anni la donna pone fine a questa febbrile relazione. Kokoschka, devastato dall’abbandono, parte per la guerra con il cuore in pezzi. Al suo ritorno, traumatizzato dal conflitto e incapace di superare il dolore della perdita, commissiona una bambola con le sembianze di Alma, un surrogato inquietante della donna amata. In un tempo in cui le relazioni si riflettono sempre più spesso nella superficialità del virtuale, l’adattamento e la regia di Venturiello esplorano dinamiche antiche e attualissime: il bisogno d’amore che si confonde con il dominio, il confine sottile tra passione e ossessione, il tragico destino di chi non riesce ad accettare il rifiuto.
 
Il 16 giugno il Teatro Filodrammatici di Milano porta in scena al Nuovo “Wild. Chi ricorda Edward Snowden?” del drammaturgo britannico Mike Bartlett, adattamento e regia di Bruno Fornasari, con Marta Belloni, Michele Correra ed Enrico Pittaluga. Ispirato a fatti reali, lo spettacolo racconta la storia di un ex tecnico della Cia, ricercato numero uno al mondo dopo Julian Assange, accusato di aver svelato un sistema di sorveglianza di massa che permetteva alla Nsa americana di spiare chiunque. Andrew, il protagonista, ospitato in una stanza d’albergo dalla Russia di Putin, che cavalca una ghiotta occasione di apparire liberale e attento alla protezione della privacy dei cittadini di tutto il mondo, riceve la visita separata di due persone, nominate solo come Uomo e Donna, che gli offrono protezione. Nessuno può essere sicuro della loro onestà. L’opera teatrale, che ha in sé lievi echi kafkiani, esplora l’idea che l’identità individuale sia la prima vittima di un mondo pericolosamente incerto e controllato dalla tecnologia. E pensare che il testo di Bartlett è stato scritto nove anni fa….
 
“Venere e Adone” e “Lo stupro di Lucrezia” sono due poemetti narrativi, composti da Shakespeare tra il 1593 e il 1594, quando i teatri londinesi erano chiusi a causa della peste. Dei due capolavori shakespeariani, gli unici attribuibili con certezza al Bardo, Valter Malosti ha prima elaborato una policroma traduzione e poi, a partire dai suoi precedenti spettacoli del 2007 e del 2012, ha ideato, in collaborazione con GUP Alcaro, altrettante versioni in forma di concerto e senza più scena, se non quella, ricchissima e potentissima, creata da voce e suono. Ne è nato “Shakespeare/Poemetti”, in programma al Nuovo il 18 e il 19 giugno. Un’occasione per riscoprire questo straordinario dittico contrappuntato e, attraverso il genio del suo autore, le infinite variazioni, declinazioni e contraddizioni dell’amore, ma anche, riprendendo un episodio dell’antica storia romana, le conseguenze dello stupro visto dalla parte di una donna e l’acutissima e attualissima indagine nella psiche del carnefice.
 
La vita di Eduardo è uno scrigno di meraviglie e di fatti inattesi, poco conosciuti o addirittura tenuti celati, nascosti dal tempo e da un silenzio dissuasivo. Dopo un’accurata ricerca, Fabio Pisano porta in scena con “Eduardo c’est moi”, lo spettacolo atteso al Nuovo il 21 giugno, alcuni aspetti particolari del grande drammaturgo napoletano: la giovinezza, i sentimenti, il rapporto con la politica e quelli familiari. Un racconto fatto di immagini, di flashback, di curiosità e di vere e proprie scoperte. Perchè se è vero che di un artista restano le opere, è ancor più vero che di un uomo resta la vita. Con Fabio Pisano, Raffaele Ausiello, Francesca Borriero e Sergio Del Prete. Musiche originali eseguite dal vivo da Giuseppe Di Taranto. 
 
Una piccola penisola affacciata sul mare, un luogo sospeso nel tempo, ancorato a un passato quasi primitivo. Qui, sopravvive una comunità minuscola, aggrappata a una quotidianità e a ritmi a noi ormai quasi del tutto estranei. Partendo da questo habitat, “Misurare il salto delle rane” - tredicesima produzione di Carrozzeria Orfeo – in scena il 24 e 25 giugno al teatro Nuovo, si propone come un’indagine poetica e tragicomica sulla condizione umana contemporanea: un viaggio nell'intimità di tre esistenze femminili, interpretate da Elsa Bossi, Chiara Stoppa e Marina Occhionero, che si specchiano l'una nell'altra in un dialogo costante tra passato e presente. Misurare il salto delle rane è un titolo enigmatico, evocativo, che rimanda ad un immaginario concreto, ma allo stesso tempo simbolico e misterioso. La rana, creatura anfibia, vive tra due mondi: l’acqua e la terra. È il simbolo del passaggio, della metamorfosi, della capacità di adattarsi e trasformarsi, ma è anche una creatura resiliente, simbolo di fecondità e di forza primitiva. Misurare il salto delle rane è, di conseguenza, un atto che richiama la volontà di comprendere l’incomprensibile, di fissare l’indefinito: quanto è grande il nostro slancio? Dove ci porta il nostro coraggio? E soprattutto, cosa accade nello spazio tra il punto di partenza e quello di arrivo? Lo spettacolo, geniale drammaturgia di Gabriele Di Luca, che ne è anche regista con Massimiliano Setti, è dunque un invito a confrontarsi con i propri limiti, a cercare la bellezza nei gesti semplici e nei momenti di sospensione. Coproduzione della Fondazione Campania dei Festival.
 
Pochi in Italia conoscono Nikola Tesla, geniale scienziato ed inventore. L’occasione di scoprire la sua personalità, controversa e originale, ci viene offerta da “Nikola Tesla-Genio compreso” in scena il 9 luglio al Nuovo, scritto, diretto e interpretato da Max Mazzotta. Trasferitosi a New York dalla Croazia, Tesla non solo contribuì allo sviluppo di strumenti e tecnologie che si basavano su studi teorici, ma era anche convinto che l’energia si potesse ottenere dalla natura terrestre senza inquinarla e che potesse essere gratuita per tutti. Questa “utopia”, come sappiamo, non si realizzò mai. Lo spettacolo vuole essere, dunque, una riflessione più ampia sui danni irreparabili e le conseguenze etiche e morali che il progresso senza scrupoli ha avuto sul clima, sulla salute del nostro pianeta e sugli uomini. Con Marina Sorrenti, Francesco Maria Cordella, Alessandro Castriota Scanderbeg, Graziella Spadafora, Pasquale Mammoliti e Claudia Rizzuti.
 
Il desiderio di approfondire il delicatissimo equilibrio e l’indefinibile fuggevolezza dei meccanismi sentimentali e comportamentali della relazione a due, con particolare attenzione alla forma del dialogo, è il punto di partenza di “Due”, progetto, drammaturgia, regia e interpretazione di Elena Bucci e Marco Sgrosso, in programma al Nuovo l’11 luglio. In un luogo deserto, una vecchia casa con grandi finestre è circondata dall’acqua. Dentro ci sono due esseri: sono umani o di un altro pianeta? Sembrano uomo e donna, ma ruoli e generi slittano e si invertono. Sono moglie e marito, sorella e fratello, amanti, figlio e madre, padre e figlia, sono duellanti e complici, nemici e alleati, vittima e carnefice? Litigano, duettano, cantano. Sono vivi o morti, veri o finti? Attori in prova o fantasmi generati dall’immaginazione di un autore che poi li ha messi alla porta, escludendoli dalle sue opere? I due passano attraverso le molteplici sfumature della loro relazione dialogando quasi ininterrottamente, come se il silenzio fosse insopportabile o come se, tacendo, diventassero più presenti le minacce che arrivano dal misterioso mondo di fuori. È la solitudine? È la fine? Si consolano raccontando favole antiche mai scritte o riesumate da libri ormai introvabili, distrutti dall’acqua che si è infiltrata ovunque. Siamo in un teatro o su un set? I mormorii e le urla che si odono in lontananza sono veri o ricreati ad arte? Sono segni di guerra, di disperazione o di una pacifica rivoluzione?
 
“Non ce la faccio più a sentir parlare di patria: un trogolo dove tutti ci mettono il muso per non ascoltare la propria coscienza”. È questa una delle battute più efficaci e più attuali di “Sissi l’imperatrice”, scritto e diretto da Roberto Cavosi, protagonista Federica Luna Vincenti con Milutin Dapcevic, Ira Nohemi Fronten, Claudia A. Marsicano e Miana Merisi. Lo spettacolo, che si potrà vedere al teatro Nuovo il 13 luglio, è il racconto dell’inquieta e tormentata vita di Elisabetta d’Austria, nota al grande pubblico per la fortunata trilogia cinematografica con Romy Schneider. Attenta alle questioni sociali, antimperialista e disgustata dalle atrocità delle guerre che divampano, in eterno lutto per la scomparsa assurda di due dei suoi figli, Sissi si dedica maniacalmente alla cura del suo corpo, alla scelta della sua acconciatura e delle scarpe, forse proprio per creare una barriera al senso di morte che le aleggia intorno. Profetessa dell’imminente crollo dell’Impero Asburgico, ci mostra quel mondo come paradigma del nostro mondo, di un presente in cui le piaghe della sopraffazione, del razzismo e della guerra sono più virulente che mai. La sua sensibilità ferita parla a tutti noi, alle nostre ferite. “Vi prego, dottore: ordinatemi di vivere”.  
 
Alla Sala Assoli di Napoli sono in programma 10 appuntamenti di Prosa Nazionale. Il 14 giugno il Campania Teatro Festival e il suo direttore artistico Ruggero Cappuccio rendono omaggio a Enzo Moscato ospitando Pièce Noire (Canaria), il testo vincitore del Premio Riccione per la drammaturgia nel 1985 che impose Moscato all’attenzione del panorama teatrale nazionale. Una scrittura in cui emersero tutti gli elementi che poi hanno caratterizzato il suo teatro, in particolare l’invenzione di una lingua capace di unire tradizione e contemporaneità, che lo ha connesso con altri autori del Novecento come Artaud, Genet e Pasolini. A quarant’anni esatti si ricorda quell’evento con un nuovo allestimento del lavoro, con l’adattamento e la regia di Giuseppe Affinito, attore della Compagnia Enzo Moscato cresciuto nel solco del grande drammaturgo, e con in scena Cristina Donadio, interprete storica del teatro di Moscato. Ad accompagnarli una compagnia di giovani e talentuosi interpreti.
 
Uno spettacolo che nasce dall’esigenza di approfondire attraverso le arti performative le connessioni tra la cultura turca e quella italiana, lavorando sulle suggestioni scaturite dalle possibili contaminazioni. Questo è “exPOST”, ideazione, drammaturgia, regia e azione di Mauro Maurizio Palumbo, in scena alla Sala Assoli il 16 giugno, dopo il debutto del mese precedente a Istanbul. Partendo dal titolo, che prende spunto dal latino e indica qualcosa “fatta dopo”, si vuole far riflettere sulla storia dell’uomo nelle relazioni temporali, con uno sguardo inevitabile all’attuale iperconnessione che vive attraverso i social network. L’osservazione di relazioni interpersonali e il concetto di alterità sono il motore di un processo creativo in costante divenire.
 
Il 19 e 20 giugno va in scena invece “In riva al mare” dell’autrice francese Véronique Olmi, un progetto di Francesco Frongia, con Ginestra Paladino e l’intervento per la parte visiva e scenografica di Mimmo Paladino. Una madre decide di regalare ai suoi due piccoli figli una gita al mare. Gli fa saltare la scuola, li porta sull’autobus, in un difficile viaggio notturno sotto una pioggia battente. Lei ha paura di farsi notare e anche i suoi figli provano un certo imbarazzo: la vergogna dei poveri. Quando arrivano a destinazione, i sogni si scontrano con la realtà. Ispirato a una drammatica storia vera, questo breve e intenso monologo ci racconta, attraverso una scrittura lirica, la disperazione di una madre che ama e si illude di poter rendere felici i suoi figli, ma anche di un mondo che non sa più aiutare. “In riva al mare”, come scrive Francesco Frongia nelle note di regia, è un grido disperato che arriva al cuore, denunciando il male peggiore della nostra epoca: l’indifferenza. Produzione del Teatro dell’Elfo di Milano con la Fondazione Campania dei Festival.
 
Liberamente ispirato a “Diario di una scrittrice “ di Virginia Woolf è “Diario di un’attrice”, lo spettacolo di e con Federica Bognetti, che ne cura anche la regia, in scena alla Sala Assoli il 22 giugno. “Come per la scrittrice l’inizio è una pagina vuota, così nella vita dell’attrice la scena è vuota, una pagina bianca da riempire, sulla quale creare, immaginare. Il paradosso dell’attore è quello di essere al contempo la pagina bianca e colui che la riempie e la fa vivere”, scrive Federica-Virginia. E affronta, attraverso un flusso di coscienza nel quale prendono corpo e voce, alcuni temi cari alla Woolf come la memoria, la creazione e la guerra. Attingendo non solo dal suo diario, ma anche da “Momenti di essere”, raccolta di ricordi e scritti autobiografici, e  da “Le Onde”, certamente la sua opera più sperimentale.
 
Sempre alla Sala Assoli, il 25 giugno è in programma “Geltrude, Lucia e le altre” di e con Eleonora Mazzoni, con la regia di Simonetta Solder e la voce fuori campo di Lino Guanciale. Liberamente tratto da “Il cuore è un guazzabuglio” della stessa Mazzoni, lo spettacolo ci fa scoprire, partendo dai personaggi femminili più emblematici dei “Promessi Sposi” e da Giulia Beccaria ed Enrichetta Blondel, un Manzoni dinamico, inquieto, libero, sempre alla ricerca del nuovo e dell’avanguardia in ogni campo. Anche attraverso la creazione nel suo capolavoro letterario di figure di donne in grado di rappresentare un universo ricco e variegato. Ironico e affabile conversatore, ambizioso, ma sempre alla mano, l’uomo Manzoni che riaffiora dalle quasi duemila lettere che ci ha lasciato è lontano anni luce dal personaggio austero e impolverato che ci è stato tramandato tra i banchi di scuola. Con lo sguardo grave e mesto, come nel celebre ritratto di Francesco Hayez che troneggia su ogni libro a lui dedicato.
 
Una storia, ispirata a una vicenda reale, di violenza tra donne, solidarietà mancata e amore difficile e nascosto. Questo è, in estrema sintesi, “Hijos de Buddha” di Nicolò Sordo, regia di Alessandro Rossetto, il lavoro teatrale ospitato in Sala Assoli il 27 giugno. Maria Sanchez Misericordia è una badante buddista, cleptomane e quasi alcolizzata, che cerca disperatamente l’amore in chiunque sia disposto a darglielo. E’ spagnola, approdata a Roma per motivi che forse anche lei non ricorda. Sfrutta la bellezza di GiraGira, una ragazza arrivata dall’Africa con un figlio, facendola prostituire per un permesso di soggiorno che non è in grado di farle avere. Quando GiraGira estinguerà il suo debito e otterrà i documenti, Maria Sanchez pagherà la propria infelicità a prezzo intero. Intanto, Maria parla con Buddha…che le risponde. Un racconto working class, senza work e senza class, dove uscire dalla miseria non è solo una questione di soldi. Con Marina Romondia, Fatou Malsert e Alejandro Bruni.
 
Tre fratelli, Gabriele, il più grande, con la passione per i viaggi. Ha lasciato casa da poco, alla ricerca di qualcosa di nuovo. Anna, quella di mezzo, sempre attaccata alla sua macchina fotografica. Davide, giovane e ribelle, sicuro delle sue idee, arrabbiato e ingenuo. Sono i protagonisti di “Sarajevo” di Biagio Di Carlo e Mario Gelardi, che è anche regista dello spettacolo in programma alla Sala Assoli il 6 luglio. Gabriele torna a casa dopo una lunga assenza, vuole parlare solo con i suoi fratelli, ricostruire i pezzi di una vita segnata da un segreto. Il padre è morto da poco, la madre, fotografa di guerra, attaccata alla bottiglia per la maggior parte del tempo. Sullo sfondo di una guerra etnica che ha lasciato ferite indelebili, ci sono nuove vittime che cercano posto a Sarajevo. Che cos’è una famiglia? Occorre avere lo stesso sangue per definirsi fratelli? Una storia sul valore della propria identità, sull’idea di chi siamo e di chi vorremmo essere. Con Giovanna Sannino, uno dei volti più amati di “Mare fuori”, Luca Ambrosino e Franceso Ferrante, interpreti della serie Rai “Il Clan”.
 
“Un testo che insegue la possibilità di stare al mondo con decenza. Per farlo a noi umani non resta che accettare la nostra dimensione temporale, il nostro essere di passaggio, la necessità di una contrattazione in continuo movimento dei gesti civili e sentimentali”. Così Silvio Perrella, scrittore e critico letterario, descrive il suo “Purgatorio dei viventi”, opera teatrale diretta da Ettore Nigro e con Anna e Clara Bocchino, in programma alla Sala Assoli l’8 luglio. Il Purgatorio come regno del tempo, luogo dell’abitare, pronto ad accogliere comunità di umani in dialogo tra loro, mutevole come il mare, dove ogni cosa viene misurata dai confini della prossimità. “E’ per questo – rivela Perrella- che nel “Purgatorio dei viventi” si tesse l’elogio del grigio, un colore che sembrerebbe minore rispetto a cromie più squillanti e perentorie, ma che invece ha nel suo grembo tutta la gamma degli altri colori, perché è per l’appunto una cromia relazionale, l’emblema di chi sa e vuole stringere la mano altrui”.
 
La Sala Assoli ospita il 10 luglio anche “Ninfa plebea. La fiaba”, l’adattamento di Rosalba di Girolamo del romanzo di Domenico Rea che si aggiudicò il premio Strega nel 1993. La storia di Miluzza, adolescente traboccante sensualità e purezza, rivive nella sua ambientazione da fiaba, attraverso il linguaggio sporco e incantato, dolcissimo e brutale dello scrittore e giornalista napoletano. Una favola contemporanea grigia e colorata, una riflessione sull’abuso del forte sul debole e del grande sul piccolo, che racconta le esperienze di vita di una stella terrena che in un mondo fatto di orchi, streghe e matrigne riesce comunque a trovare una strada, la sua strada. In scena Peppe Lanzetta (Nonno Fafele) e Rosalba Di Girolamo (Miluzza adulta) fanno da narratori, assumendo, in un continuo gioco di ruoli, i volti e le voci dei tanti personaggi evocati, mentre una cantante e una giovanissima danzatrice ne sono il contraltare e incarnano Miluzza in altri momenti della vita. Consulenza alla sceneggiatura di Lucia Rea.
 
“Mirare-sparare-fiorire”, studio per un innesco, è lo spettacolo di e con Martina Carpino, Simona Fredella e Francesca Morgante, in scena alla Sala Assoli l’11 luglio. Mantenere un’integrità psico-fisica ben salda. Questa è la condizione esistenziale fondamentale per tre individui adulti di sesso femminile. Il venerdì si allenano insieme in palestra con il loro personal trainer, dividendo il costo della lezione. Mentre le implacabili voci della radio scandiscono e riempiono lo spazio-tempo, il chiacchiericcio sul processo evolutivo delle loro vite diventa sempre più incalzante, fino a quando un evento non previsto le metterà faccia a faccia con il senso di vuoto. Da attraversare senza averne paura, mettendosi in discussione, rimboccandosi le maniche. Pronte a fiorire.
 
Il teatro Sannazaro ospiterà 6 spettacoli di Prosa Nazionale. Il primo, il 20 e 21 giugno, è “La Principessa di Lampedusa” di Ruggero Cappuccio, diretto e interpretato da Sonia Bergamasco. Una partitura di sentimenti e un concerto di emozioni, raccontate attraverso il vitalismo di un’anima sublime. Quella di Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò, madre di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, l’autore de “Il Gattopardo”. Una donna coraggiosa, carismatica, risoluta e complessa, che si staglia con la sua modernità tra le macerie di una Palermo ferita dai bombardamenti del maggio 1943. Trovando le parole per lasciarsi trasportare e trasportarci nell’ “impetuoso flusso onirico” dei ricordi che assediano la vita terrena, anche attraverso una linea musicale orchestrata con sapienza dal compositore Marco Betta e da Ivo Parlati. “La forza della natura siciliana, la seduzione di oscure energie elleniche, gli dèi, il sangue, le guerre e l’anelito alla bellezza -come scrive Cappuccio-sono il campo magnetico in cui la Principessa, ancora attratta dal fascino dei corpi, apre un duello per raggiungere la liberazione”. Coproduzione della Fondazione Campania dei Festival.
 
Un percorso di ricerca rivolto a un pubblico esclusivamente di donne (cis, trans e non binary). Questo, e non solo questo, è l’originale “Svelarsi”, diretto da Silvia Gallerano, spettacolo, esperimento, serata, happening, sabba, pigiama party, assemblea… qualcosa di indefinito e di indefinibile, proposto al Sannazaro il 22 giugno. Un momento di riflessione piuttosto allegro su temi come il femminismo, l’umiliazione, la rivalsa, il senso di colpa, l’autodeterminazione. Una serata per sole donne, che genera parecchie risate e una smodata sorellanza. A partire da quella nuda primavera del corpo femminile che il titolo rivela. Un’esperienza immersiva, necessaria, contagiosa, da far vedere a più donne e ragazze possibili. Risponde chi se la sente ed è interessata a rispecchiarsi. Di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini, Silvia Gallerano, con il contributo di Serena Dibiase e la voce di Greta Marzano.
 
Sempre al Sannazaro il 23 giugno è atteso e spicca “Il volo”, spettacolo multisensoriale per bambine e bambini neurodivergenti creato e diretto da Francesco Campanile, che ne è anche interprete con Elena Francesca Tarallo. La storia di Kim, un uccellino che desidera volare, ma ha le ali troppo piccole per farlo, diventa quella dell’incontro da cui nascerà una tenera amicizia e l’aiuto per librarsi finalmente in cielo. Un viaggio di scoperta che prevede l’animazione di un colorato pupazzo e l’utilizzo di oggetti dai materiali diversi, di suoni, odori e atmosfere, per favorire le risposte adattive agli stimoli esterni e lo scambio affettivo con i performers. Un progetto di Teatri di Carta, in collaborazione con il teatro Sannazaro.
 
Il teatro Franco Parenti di Milano, in coproduzione con il Centro Teatrale Bresciano e con la Fondazione Campania dei Festival, propone il 26 e il 27 giugno al teatro Sannazaro “La Storia”, liberamente ispirato all’omonimo capolavoro di Elsa Morante. Lo spettacolo, ideato e diretto da Franco Cabra, è un viaggio appassionato nelle vicende di Iduzza, dei suoi due figli Nino e Useppe e dei numerosi personaggi del romanzo. Un corale e commovente intreccio di destini in lotta con gli ingranaggi spesso incomprensibili della Storia. Quella con la S maiuscola, lo scandalo che dura da diecimila anni, come era scritto nel sottotitolo di copertina della prima edizione del 1974. La drammaturgia, serrata e affascinante, è dello scrittore Marco Archetti. Gli interpreti sono Franca Penone, Alberto Onofrietti e Francesco Sferrazza Papa.
 
Un interessante sequel uscito dalla penna di Livia Castiglioni, in scena il 29 giugno al Sannazaro con la regia di Alberto Oliva, è “After Kostja-il Gabbiano di Cechov vent’anni dopo”. A distanza di tanto tempo dal tragico finale del capolavoro che tutti conosciamo, ritroviamo Nina e Arkadina, interpretate da Sarah Biacchi e Alessandra Frabetti. La Russia è investita dal vento della rivoluzione, ed è in quel profondo vento invernale che Nina bussa alla porta dell’antica casa del lago per salvare Arkadina, che vive completamente sola, dagli attacchi dei contadini. Arkadina, tuttavia, le propone un gioco al massacro fra attrici, non avendole mai perdonato mai né la morte di Kostja, né la riconquista di Trigorin. Sono due donne sole, una ha 43 anni, l’altra 70, che si stringono nella neve cercando il pulviscolo della vita e dei dolori che le hanno trafitte. Tutto può accadere, è l’alba della Rivoluzione d’Ottobre. 
 
Cinque quadri scenici e altrettante declinazioni diverse della verità, in un curioso sovrapporsi di immagini e parole. Questo è il gioco teatrale di “Ipoacusia”, libero adattamento di Angela de Matteo, Massimo de Matteo e Peppe Miale del divertente e intelligente “Confusioni” del drammaturgo britannico Alan Ayckbourn atteso al Sannazaro il 1° luglio. “La vicina di casa ed il marito non rimproverano alla “Figura materna” il suo comportamento maternamente parossistico, ma anzi diventano essi stessi bambini. Harry, marito scontento in trasferta di lavoro, corteggia goffamente “Al bar”, laddove una immediata rivelazione delle sue intenzioni avrebbe avuto forse un successo immediato sulle due svagate e annoiate stagiste; due coppie di coniugi battibeccano furiosamente ad un ristorante, “Tra un boccone e l’altro”, incuranti di un imperturbabile maitre ed ancor di più dell’inutilità dell’essere altrove dalle proprie case; tutti i protagonisti della “Festa di Gosforth” continuano a dibattersi  per la  buona riuscita di un evento che sembra fondamentale per la loro vita mentre gli accadimenti farseschi lo rendono invece  progressivamente secondario, e poi insignificante, e poi ancora meno……  La verità fa capolino ed esplode poi fragorosa quando i protagonisti, scambiandosi, come da titolo del quadro finale, “Due chiacchiere al parco”, parlano con sincerità, ma nessuno, anche ora, ascolta l’altro.  Forse perché è ormai troppo tardi e sullo spettacolo (o sulla vita?) cala la tela. Peccato per la vita. Sarebbe stato sufficiente sentire e guardare per riconoscersi. Meglio per il teatro. Capire quasi mai fa rima con ridere”, scrive il regista Peppe Miale. In scena Angela de Matteo e Massimo de Matteo.
 
Sei sono gli spettacoli di Prosa Nazionale anche al teatro Trianon di Napoli. Definita da Virginia Woolf “la più perfetta artista tra le donne, la scrittrice i cui libri sono tutti immortali”, Jane Austen ha ispirato con “Orgoglio e pregiudizio”, il suo romanzo più famoso, autori di ogni epoca. Con la straordinaria interpretazione di Laura Morante e le coreografie originali Regency della Compagnia nazionale di danza Storica diretta dal Maestro Nino Graziano Luca, il capolavoro della Austen, della quale nel 2025 si celebrano i 250 anni dalla nascita, approda al Festival il 14 giugno. Fin dal primo incontro tra Elizabeth e Mr Darcy in una sala da ballo, assistiamo a un gioco di note, emozioni e silenzi che vede i due protagonisti cercarsi, detestarsi, fraintendersi, ritrovarsi, amarsi. Finché l’una abbandonerà il pregiudizio e l’altro deporrà l’orgoglio. La regia è di Nino Graziano Luca.
 
Lo scontro brillante, drammatico e feroce, ma a tratti anche comico, tra Giordano Bruno e il cardinale Roberto Bellarmino diventa drammaturgia in “Le ultime ore di Giordano Bruno”, atto unico di Stefano Reali, interpretato da Giuseppe Zeno e Massimo Wertmuller. Lo spettacolo, in scena al Trianon il 16 giugno, partendo dall’indignazione del filosofo nolano contro ogni forma di censura al libero pensiero, affronta argomenti sempre attuali. Il confronto serrato è sull’idea stessa di libertà, ma non mancano riflessioni altrettanto interessanti. Non sempre è evidente, infatti, chi è davvero libero, anche se si tratta di un Inquisitore del Vaticano, e chi invece è schiavo della propria immagine. Pronto a rimetterci la vita piuttosto che rinunciare all’immortalità di eroe del pensiero.
 
La filosofia, il linguaggio e la modernità del più famoso atto unico di Pirandello. C’è tutto questo e qualcosa in più in “La patente-‘u picciu”, adattamento e regia di Fulvio Cauteruccio, in scena insieme a Flavia Pezzo e a Massimiliano Bevilacqua il 19 giugno al Trianon. La figura di Rosario Chiarchiaro, reso iconico da Totò nel film del 1954 diretto da Luigi Zampa, assume in questo caso una nuova dimensione, coniugando l’uso dell’intelligenza artificiale con quella dell’attore in carne ed ossa. Vittima di un’ingiustizia, di credenze e dicerie, non solo il Chiarchiaro di Cauteruccio si ribellerà e farà sentire la sua voce, ma chiederà al pubblico di esercitare a sua volta la professione iettatoria. Gufando contro i mali generati dal post-capitalismo e dal buonismo ipocrita, intollerante alle differenze e amante del pensiero unico. La voce recitante è di Ninni Bruschetta.
 
Sempre al teatro Trianon, il 21 giugno approda “Metadietro”, spettacolo (mai) scritto da Antonio Rezza, habitat di Flavia Mastrella. “L’ammutinamento è sempre auspicabile in un organismo sano. Un ammiraglio blu elettrico tenta di portare in salvo la sua nave spalleggiato da una frotta che lo stordisce con ossessioni di mercato: la salvezza di chi ti è vicino non è la via di fuga per chi vive delle proprie idee. In ogni caso nessuno è colpevole, c’è solo un gran divario nello stare al mondo. Tra visioni difformi si consuma l’ennesimo espatrio, che non è la migrazione di un popolo, ma l’allontanamento inesorabile dalla propria volontà. E vissero tutti relitti e portenti. Tornare alla dimensione naturale e selvaggia è impossibile. Viviamo una nuova preistoria; la mansione umana è mortificata, confusa e inadeguata, nello spazio virtuale fatto materia, un ecopentagono provoca il vuoto, personaggi invisibili fiancheggiano l’egocentrico edificio: non sono fantasmi, ma sollecitazioni induttive e, nonostante tutto, la realtà non è mai uniforme, scombina sempre i programmi prestabiliti e nutre in modo imprevedibile la funzione della fantasia. La crudeltà tecnologica è la nuova violenza. In realtà la libertà di non essere presente alle faccende quotidiane è un’illusione; telecomandati a distanza potremmo avere la sensazione di vivere. E’ la scomparsa dell’eroe”. In scena con Antonio Rezza c’è Daniele Cavaioli.
 
“Netamiau perché sei morta-ingiunzione a una bambina” di Marco Gobetti, che ne è anche interprete e co-direttore con Chiara Galliano (recitazione, violoncello e voce), è la proposta del 23 giugno al teatro Trianon. Un uomo parla a una bambina: le promette prodigi meravigliosi; ma lei non può rispondere e i prodigi si riveleranno terribili. Una fiaba cruda che si fa satira feroce e spinge a riflettere su temi attuali: la strategia della menzogna imperante, i genocidi subiti, usati come carta di credito per commetterne altri, l'industria della violenza e le guerre sistematiche che riducono interi popoli a carne da macello, mero fattore di un calcolo economico e geostrategico. Un lavoro teatrale che si fa gesto politico, a partire dal titolo chiaramente allusivo, e usa la poesia per sollecitare un “pensiero largo”, motore imprescindibile di azioni consapevoli e di un vigoroso moto vitale.
La cronaca diventa teatro in “Notte a Teheran”, l’ultimo spettacolo della sezione Prosa Nazionale in programma al teatro Trianon il 12 luglio. Protagonista la giornalista Cecilia Sala, che lo ha scritto insieme al regista Bruno Fornasari, è il racconto in presa diretta da un Paese che brucia. Cecilia Sala ci porta con sé in un viaggio tra le storie dell’Iran contemporaneo. Dalle feste clandestine nelle case alle proteste nelle piazze, dalla guerriglia nelle università alle parole soffocate dietro le sbarre del carcere di Evin, dove lei stessa è stata detenuta per 21 giorni. La narrazione dello spettacolo intreccia i viaggi di Cecilia Sala in Iran, e la sua storia, alle storie che ha raccolto sul campo, restituendo un ritratto potente di un paese in bilico e della generazione di arrabbiati che lo abita. In un dialogo tra parole e musica che è reportage, memoria e scoperta.
 
Oltre a due spettacoli della sezione Internazionale, il palcoscenico del teatro Politeama di Napoli accoglierà il 27 giugno uno show che si annuncia come garanzia assoluta di divertimento. È il “So’ Peppe Therapy”, con Peppe Iodice, che lo ha scritto insieme a Marco Critelli e Francesco Burzo. Una forma di auto-analisi con risata incorporata, condividendo, liberamente e senza filtri, segreti e piccole manie. Quelle che sono comuni a tutti, ma che ci appaiono in tutta la loro evidenza attraverso l’ironia e l’umorismo sapiente di un beniamino del pubblico come Iodice. In questa “seduta” collettiva, che solo il teatro può ancora garantire, confluiscono i pensieri, i dubbi e le esperienze di una vis comica irriverente e sincera. Per dirsi “tutto, ma proprio tutto, tanto alla fine resta tra di noi”. Come promette, in “ultima analisi”, il regista-terapista Francesco Mastandrea.
 
È l’incitamento alla vendetta il motivo dominante de “Le Coefore” di Eschilo. Lo sa bene Laura Angiulli, regista dello spettacolo atteso a Galleria Toledo di Napoli il 3 luglio. Tracciando un filo di contatto con la “Cassandra”, tragedia che porta in scena con successo già da qualche anno, la Angiulli conserva una formazione al femminile (Elettra è Alessandra D’Elia, Caterina Pontrandolfo il primo coro) e la integra con la necessaria figura del vendicatore Oreste (Gennaro Di Colandrea) e con quella di Pilade (Paolo Aguzzi). Centrale è la voce collettiva del Coro, che nelle “Coefore” non ha certo un ruolo pacificatore, ma pronuncia espressioni di ferocia assolutamente in tono con quella che stringe l’anima dei due fratelli. Un alito acre, gravido di odio e ribrezzo, flagella la prora del cuore. Il sangue che goccia chiazza la terra, delitto strepitando attira vendetta. La drammaturgia, con approccio personale alla traduzione, è di Laura Angiulli.
 
Cento anni fa Francis Scott Fitzgerald concludeva a Capri il romanzo che lo consacrerà come il più grande scrittore della sua generazione. “Il grande Gatsby” sarà pubblicato il 10 aprile del 1925. “Una notte con “Il grande Gatsby”, mise en space di Euridice Axen, in scena il 7 luglio nel Cortile della Carrozze di Palazzo Reale, è un incontro- spettacolo per raccontare la magica e misteriosa atmosfera che circonda Francis Scott Fitzgerald e sua moglie Zelda Sayre, la coppia dell’età del jazz, una vita sempre insieme fatta di amori, litigi, feste, sperperi: momenti in cui la realtà si confonde spesso con la finzione. Un racconto appassionante per capire se il romanzo è stato la loro vita oppure hanno spinto oltre ogni eccesso la loro vita per renderla un romanzo? 
 
Le relazioni umane, i desideri più cupi, la sfida intellettuale, la cecità come risposta all’incomprensibilità del mondo. Sono tra i mille elementi dell’”Edipo re” di Sofocle, il testo classico che, nell’adattamento di Gianni Carrera e Luca De Fusco, va in scena il 9 e 10 luglio nella Villa Campolieto di Ercolano. Un vero e proprio “thriller”, nella chiave registica scelta da De Fusco, dove i personaggi si muovono come al buio, nessuno conosce e comprende l’identità e la relazione con l’altro, mentre su tutti grava una sorta di maledizione e un “oracolo” che profetizza sventura. Protagonista dello spettacolo, vero e proprio percorso psicoanalitico all’interno della psiche di Edipo, è Luca Lazzareschi, che interpreta anche l’indovino Tiresia e il primo e il secondo contadino.
 
 
 
PROGETTI SPECIALI.
 
Tornano i Progetti Speciali. E si rinnova in questa Sezione la virtuosa sinergia con Pompeii Theatrum Mundi. Una collaborazione che quest’anno si sostanzia nella co-produzione di due spettacoli della rassegna. La Fondazione Campania dei Festival fornirà il suo sostegno anche al concerto “Pino è-Il viaggio del Musicante” che si terrà il 18 settembre in piazza del Plebiscito a Napoli.
 
Suscita grande interesse, e dal 2021 ha un pubblico di veri appassionati, “Il Sogno Reale. I Borbone di Napoli”, evento ideato da Ruggero Cappuccio e prodotto dalla Fondazione Campania dei Festival, a cura di Marco Perillo. Nel Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale, dal 3 al 13 luglio alcuni attori di rilievo nazionale, in questa edizione saranno di volta in volta Claudio Di Palma, Antonella Stefanucci, Milena Vukotic, Anna Foglietta, Anna Bonaiuto con Roberto De Francesco e Aura Ghezzi, presteranno la loro arte a cinque racconti brevi ispirati all’epoca borbonica. Narrazioni inedite, scritte per l’occasione da Valeria Parrella, Anna Marchitelli, Giuseppe Rocca, Maurizio Ponticello, Maurizio De Giovanni. Letture drammatizzate che, come scrive Cappuccio nella nota di presentazione del progetto, ha l’obiettivo di “attivare il turbamento del passato/presente e accoglierlo senza paura. La Storia, infatti, non può essere considerata una disciplina che esamina fatti conclusi, ma una conoscenza che esplora i rapporti tra memoria e divenire. Nel Gattopardo, Tomasi di Lampedusa, alludendo alla Sicilia e al Sud, dice che i monumenti del passato che ci circondano sono magnifici ma non edificati da noi; dice che questi monumenti ci stanno intorno come bellissimi fantasmi muti. Il Sogno Reale vuole indagare intorno alle emozioni e ai sentimenti che li produssero e indagare, anche, sul perché il Sud abbia tanto invocato questi fantasmi con i quali ha un rapporto di amorosa, conflittuale, irrisolta passione”. Prevista anche, come da apprezzata tradizione, la redazione e pubblicazione di una guida stampata dei siti borbonici commissionati e realizzati dai Reali e destinati alle diverse attività: residenze, riserve di caccia e pesca, attività agricole, industriali, scientifiche e innovative, collezioni d’arte e musica. Il prezioso volume sarà distribuito gratuitamente al pubblico che assisterà agli eventi del progetto.
 
Il Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale ospiterà il 22 giugno anche la cerimonia finale della quinta edizione del premio che rende omaggio alla memoria di un grande attore: Carlo Croccolo, scomparso il 12 ottobre di 6 anni fa. Un appuntamento, ma soprattutto un atto d’amore, affidato all’iniziativa appassionata di Daniela Cenciotti, fondatrice del Festival del Cinema di Castel Volturno e moglie di uno dei pochi talenti capace di tenere testa all’inventiva esplosiva di un genio della comicità come Totò. Al vincitore sarà consegnata un’opera, “Il baule dell’attore”, del giovane scultore di origine africane Agy Evans, che riproduce in scala il prezioso oggetto che ha accompagnato Croccolo durante la sua carriera e contiene un lingotto d’oro. Un riconoscimento che va a un artista che ha già lasciato un segno nel mondo dello spettacolo, ma ha ancora un lungo viaggio da fare.
 
Può la poesia, il teatro, trovare un reale contatto con il mondo esterno e cercare di rigenerarlo? A questa e a una serie di altre domande prova a dare una risposta “Via Santa Maria della Speranza/Il cielo sopra” di Maria Angela Robustelli, epilogo di una trilogia ispirata a “I giganti della montagna”, dramma incompiuto di Luigi Pirandello. Il terzo e ultimo spettacolo, in programma l’11 luglio,avrà un carattere itinerante e performativo. Si aprirà in strada, in piazza Municipio, dove il pubblico arriverà a bordo del bus “Senzatempo” e dove si svolgerà la prima parte della performance che prevede un lavoro di videomapping a cura di Martina Magri, videoartista e documentarista. Le immagini saranno quelle del documentario sulla Trilogia, missate con un fiction collage ispirato a testimonianze di Leo De Berardinis, Eduardo, Valenzi, Camilleri, e riproduzioni di altri grandi artisti del passato. Il pubblico si sarà radunato lì, e Ilse, l’attrice, una donna con un logoro abito di scena, è in mezzo a loro. Successivamente, lei condurrà gli spettatori per un breve tratto di via Toledo, passando per via Speranzella e arrivando al Teatro di Corte di Palazzo Reale. Questa immagine/metafora della condizione del Teatro e dell’Arte in genere del nostro tempo sarà per Ilse uno sturm und drang emotivo ed espressivo. Il-sé è tornata a casa, ma cosa resta della sua casa? Un’esperienza da condividere con il pubblico presente. Con Maria Angela Robustelli e Ars Nova orchestra. E con Silvia Pignataro, Alice Ricciardi, Elena Pandolfi, Salvatore Torregrossa, Genny De Rosa, Rosalba Alfano e Giulia Rizzo. Teatro di Corte di Palazzo Reale
 
Sempre a Palazzo Reale, ma nello spazio del Giardino Romantico, torna quest’anno il Dopofestival. Dal 28 giugno al 13 luglio, al termine degli spettacoli ci sarà la possibilità di continuare la serata all’insegna della buona musica e del divertimento. Il programma dei concerti verrà pubblicato successivamente sul sito della Fondazione.
 
Speciale è anche il progetto prodotto da “La Scugnizzeria”. Il 28 giugno al Trianon va in scena “Eden Teatro”, drammaturgia di Rosario Esposito La Rossa liberamente ispirata all’omonimo testo di Raffaele Viviani del 1919. Dopo oltre un secolo, nella periferia napoletana per dieci mesi 100 ragazzi dai 5 ai 25 anni dell’hinterland di Napoli nord, partendo dai versi e dalle musiche del grande commediografo stabiese, hanno dato vita a una compagnia sull’orlo del baratro, portando in scena dive, cantanti, ballerini e attori. Artisti senza talento che si vendono per un pizzico di popolarità. La mediocrità come punto di arrivo. La sopraffazione dell’altro pur di raggiungere l’obiettivo dei riflettori, il successo ad ogni costo. In un mondo governato dai social e dai follower 100 ragazzi si mettono in discussione sulle tavole di un palcoscenico. La regia è di Maddalena Stornaiuolo. 
 
Un particolare significato sociale, e dunque politico, ha anche #Foodistribution VIII ∞, un progetto di Manovalanza a cura di Davide Scognamiglio e Daniele Ciprì, con la regia di Adriana Follieri. Lo spazio scenico per il quarto anno consecutivo è quello dei Bipiani a Ponticelli, dove una storia reale che ispira il racconto simbolico si fonde con esso: il passato denso che evolve nel futuro con la costruzione e l’assegnazione delle nuove case, portando con sé la sua ambigua conflittualità. Protagonisti dello spettacolo, in programma il 6 luglio, sono artisti professionisti e gli abitanti del luogo, mediante l’azione di creazione artistica e di coesione sociale - con la consulenza scientifica del professor Rosario Sommella - attraverso cui piccole e grandi comunità urbane, perlopiù di aree periferiche, entrano in relazione diretta e continuativa con le arti della scena, partecipando attivamente alle varie fasi che precedono il conclusivo allestimento teatrale. #Foodistribution VIII ∞ parte dal desiderio, dopo 45 anni di vita nei prefabbricati, di avere una casa in muratura, una casa vera, le cui particelle aeree e sonore possano finalmente smettere di penetrare fin dentro i polmoni, fin dentro l’anima. Questo desiderio, che chiede come una preghiera di essere esaudito, è l’inizio della drammaturgia.
 
La sezione dei Progetti speciali rende quest’anno anche un omaggio ad Anna Magnani. L’associazione Arnia Tetris propone infatti “Ciò che fu, ciò che è, ciò che sarà” -il cinema di Nannarella. La location individuata per declinare il progetto artistico è la fiabesca cornice del Fiordo di Furore, alcova naturale nel cuore della Costa d’Amalfi. In questo luogo magico sarà strutturata un’arena cinematografica sui generis, capace di valorizzare il territorio e la sua conformazione naturale, preservandone l’equilibrio dell’ecosistema attraverso l’utilizzo del paesaggio come schermo per cortometraggi, film e proiezioni fisse di visual art, integrandosi armoniosamente con l’ambiente. I contenuti proposti rappresenteranno un focus sulle figure di Anna Magnani e Roberto Rossellini, con opere come “L'amore” (1948), pellicola in due episodi diretta da Rossellini, con una straordinaria interpretazione della Magnani. Appuntamento con i film ogni sabato dal 13 giugno al 13 luglio, mentre l’installazione sarà visitabile per tutto il periodo.
 
A Palazzo Coppola di Valle/Sessa Cilento (Sa) si proietta invece il 12 luglio, con replica il 13, “Il tesoro”, soggetto, sceneggiatura, regia e musiche di Renato Salvetti, actor coach e aiuto regia Franca Abategiovanni e Marina Sorrenti. In un tranquillo paesino di montagna, un gruppo di giovanissimi trova per caso una vecchia pergamena redatta da un brigante che, secondo una leggenda locale, sarebbe vissuto anni addietro nei boschi della zona. Il brigante indica il punto di partenza di due strade, che si possono percorrere solo risolvendo una serie di enigmi e che portano a due mete diverse: una cela un tesoro, l’altra una cosa di cui non rivela la natura. Gli amici, affascinati dalla possibilità di vivere un'avventura straordinaria e dalla speranza di arricchirsi e cambiare vita, decidono di provare l’impresa. Tuttavia, in disaccordo sulla strada da imboccare, si dividono in due gruppi: quello che troverà il tesoro non lo dividerà con l’altro. Una piccola grande opera per imparare l’importanza della fiducia e della collaborazione, ma anche a superare le proprie paure e ad affrontare la vita. Interpreti d’eccezione i giovani della comunità cilentana che partecipano ai laboratori dell’associazione Articolart.
 
CINEMA
 
Il Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale ospiterà anche, dal 29 giugno al 13 luglio, la sezione Cinema, articolata in una prima parte, a cura di Titta Fiore, presidente di Film Commission Campania, con 7 proiezioni e relativi ospiti tra registi e interpreti, e una seconda, affidata a Roberto D’Avascio, che concentrerà la sua attenzione sui docufilm. In questo segmento sarà proiettato anche “Si dice di me”, di Isabella Mari, protagoniste Marina Rippa e le donne del suo laboratorio teatrale. Nel cuore di Napoli, in quartieri complessi, la Rippa guida da trent’anni donne di tutte le età attraverso il teatro, trasformando un laboratorio in uno spazio vitale di libertà e di emancipazione. Mentre le loro storie intrecciano passato, presente e futuro, lo spazio scenico diventa il luogo dove riscrivono le loro vite e trovano la forza nella sorellanza, dimostrando che la condivisione è il vero strumento di riscatto. Il film racconta questo viaggio di emancipazione e autodeterminazione che trasforma lo spazio scenico in un luogo sacro, dove storie di ribellioni e riscatto prendono vita. Il programma dettagliato sarà presto comunicato sui canali social del Campania Teatro Festival. Da segnalare che tutte le proiezioni saranno fruibili anche per persone non udenti e non vedenti.
 
MUSICA
 
Sono 12 gli eventi della Sezione Musica. Otto saranno ospitati nel Cortile della Carrozze di Palazzo Reale a Napoli, uno, quello di apertura, nel Cortile d’Onore, e altri tre rispettivamente nel Teatro di Corte, in Sala Assoli e nella Villa Campolieto di Ercolano. Si parte il 13 giugno con l’atteso concerto di Elisabetta Serio e Sarah Jane Morris, inaugurazione del Campania Teatro Festival. La talentuosa pianista, compositrice e band leader italiana, che ha collaborato dal 2012 al 2015 con Pino Daniele e poi con tanti altri nomi di prestigio del panorama nazionale e internazionale, si esibirà ancora una volta insieme ad una delle più note e apprezzate interpreti della scena jazz e soul britannica. Un appuntamento all’insegna della buona musica, per riscoprire attraverso le note la poetica e complessa semplicità della vita. 
 
La nascita dell’opera lirica più conosciuta, amata e rappresentata al mondo, attraverso le lettere tra Giuseppe Verdi e Giuseppina Strepponi. E’ questo lo schema narrativo e musicale di “La Traviata sono io”, in programma il 15 giugno, voce recitante Alessio Boni, in scena con il Duo Miroirs, ovvero i pianisti Antonello D’Onofrio e Claudio Soviero. La scelta della fonte letteraria francese – “La Dame aux camélias” di Alexandre Dumas figlio – che è alla base del libretto, fu dettata da una possente spinta emotiva autobiografica: il legame sbocciato a dispetto delle convenzioni sociali tra il compositore e quella che sarebbe diventata la sua seconda moglie. Le lettere, soprattutto di Giuseppina, elegante e raffinata signora del bel mondo parigino, saranno per il “contadino” Verdi una vera e propria “educazione sentimentale”, la rivelazione di un crescendo di passione e bellezza.
 
Un raffinato concerto acustico, con la voce di Roberta Rossi e il pianoforte di Sebastian Marino, è “Lisbona-Palermo A/R”, itinerario di andata e ritorno che il 16 giugno traccia il legame profondo che ha unito la musica portoghese a quella della grande tradizione popolare italiana. Un’elaborazione artistica che trae ispirazione dal genio letterario di due grandi personaggi, il poeta Fernando Pessoa e Luigi Pirandello, a disegnare le trame di culture che hanno insospettabili orizzonti di comunicazione e condivisione.
 
Il 17 giugno torna al Festival con “Harmonie” la voce rivelazione di Erika Pagan, già apprezzata dal pubblico nel 2022 nell’emozionante concerto con Danilo Rea. Anche questa volta al suo fianco c’è un genio musicale, quello di Luciano Biondini alla fisarmonica. Il repertorio proposto per la serata sarà un vero e proprio “viaggio” attraverso le fascinose stratificazioni della forma-canzone, in cui le celebri arie della tradizione musicale classica, spaziando dal lirico al moderno, rivivranno di nuove sonorità e sperimentazioni, raccontando la bellezza dei mondi femminili e creando un dialogo tra passato e presente in un’innovativa chiave jazz. Accompagnando lo spettatore tra sensuali malinconie ed esplosioni vitalistiche, anche grazie a uno strumento capace di evocare atmosfere intime e allo stesso tempo energiche. 
 
Da un'idea di Maurizio Capone, fondatore e leader del gruppo Capone & BungtBangt, alfieri della eco music a livello internazionale, nasce “Come suona il caos”, l’evento musicale con prologo formativo, attraverso laboratori e workshop, su tematiche ambientali e sociali. Un’esibizione live, in programma il 18 giugno, per la quale vengono utilizzati strumenti generati da materiale di risulta, raccolto con un’azione urbana collettiva sul territorio che ospita il concerto. Direzione artistica e concettuale dello stesso Capone. La regia è di Raffaele Di Florio.
 
Un gruppo decisamente sui generis, una band composta da musicisti di appena 16, 14 e 10 anni, rispettivamente i fratelli Davide (batteria), Diego (voce e pianoforte) e Amanda Della Martora (basso). Sono i Sonic Rootz, protagonisti del concerto del 19 giugno al Campania Teatro Festival. Un’esplosione di talenti che con l’album di esordio, “The electric babies revolution”, ha catturato l’attenzione e ricevuto il plauso di una star della musica come David Coverdale, famoso cantante dei Deep Purple. Linfa vitale del loro percorso artistico sono il sound tipico del cosiddetto blues britannico, il rock americano e il soul della Motown. Un insieme di generi veicolati anche dalla passione del loro papà, Guido, polistrumentista e produttore musicale.
 
Può la musica superare ogni barriera, ogni muro, ogni ostacolo? Possono le parole, le emozioni, gli stati d’animo raccontare storie vicine e lontane che ci riguardano? La musica riesce, in una forma armonica e magica ad essere trasversale, audace e libera. “Portami là fuori” è un approccio, un progetto, un concerto che il 20 giugno vedrà coinvolti nel Cortile delle Carrozze artisti dentro e fuori le sbarre in una serata dedicata alla musica, alle parole e alle storie da raccontare. Questo evento è frutto del progetto nazionale “Presidio culturale permanente negli istituti penali per minorenni”, un laboratorio continuativo e settimanale di scrittura e musica rap all’interno delle carceri minorili a cura di CCO Crisi Come Opportunità. I formatori del progetto di musica rap ad Airola (Bn) e Nisida sono Luca Caiazzo in arte Lucariello, Enzo Musto in arte Oyoshe, Gianmarco Cioffi in arte Shada San, e Federico di Napoli. i formatori teatrali sono invece Pino Beato, Lello Genovese e Fabrizio Nardi.
 
Che cosa lega insieme Harry Belafonte, Bruno Mars, i Beatles, i Queen, Paolo Conte, Massimo Ranieri, le Spice Girls, le canzoni per bambini, Pino Daniele, gli Ska-P e Stevie Wonder? Assolutamente niente. Se non una generosa dose di irrazionalità, follia e divertimento che da oltre vent'anni spinge il gruppo vocale a cappella Anonima Armonisti sui palchi, gli schermi e le frequenze di tutta Italia. Il pop, l'elettronica, il rock and roll, il country e l'improvvisazione sono gli ingredienti con cui vengono smontati e rimontati i brani in arrangiamenti originali per sette voci e senza l'ausilio di alcuno strumento musicale, effetto, campionatura, basi o alterazioni da autotune. Armonia, arditi solismi, battute a raffica e un viaggio nella musica di tutto il mondo, con un irriverente coinvolgimento del pubblico, fanno di questo concerto, atteso al Festival il 21 giugno, uno spericolato spettacolo per voci e divertimento. Con Lorenzo Arduini, Daniele D’Alberti, Andrea (Dap) D’Apolito, Davide Di Paola (aka Alien Dee), Davide (Daev) Fusaro, Alessandro Gnolfo, Sergio Lo Gatto, Claudio Mirone, Davide Paciolla, Alessandro Rigotti, Fernando Tofani, Ludovico (Dodo) Versino.
 
Una produzione musicale e letteraria per molti versi eretica fu quella di Fabrizio De Andrè. Interamente a lui Neri Marcorè dedica, dopo il successo dello scorso anno al Festival con l’omaggio a Faber ma anche a Gaber, un concerto che, come è facile prevedere, incontrerà nuovamente il gradimento del pubblico. L’appuntamento, con i grandi e intramontabili classici del cantautore genovese e con un talento che frequenta con eguale bravura le varie forme dell’arte, è fissato per il 24 giugno nel Cortile delle Carrozze.
 
In programma il 4 luglio, ma alla Sala Assoli, c’è “Ghibli”, un concerto che vede unite due delle voci più importanti della world music italiana e del pop mediterraneo: l’italo-palestinese Nabil Bey (voce dei Radiodervish, collaboratore di Battiato e altri artisti) e il pugliese Fabrizio Piepoli (che ha lavorato con Raiz e Teresa De Sio). Insieme esploreranno gli universi musicali pugliese e arabo-mediorientale, in una trama che abbraccia la storia della musica mediterranea, mescolando suoni acustici ed elettronica. Lasciandosi trasportare da quel vento di scirocco che arriva da sud-est e promette una pioggia di suggestioni.
 
Nello stesso giorno, il 4 luglio, Villa Campolieto di Ercolano ospiterà il concerto di Mario Biondi, una delle voci più amate del panorama musicale italiano. Il soul jazz del cantautore siciliano promette emozioni sotto le stelle in uno scenario di grande fascino, incastonato nel famoso Miglio d’oro. Biondi proporrà uno spettacolo elegante ed essenziale, calandosi in un’atmosfera più intima e raccolta, accompagnato sul palco da un trio inedito: Elisabetta Serio al pianoforte, Aldo Capasso al basso e contrabbasso e Francesca Remigi alla batteria. Con questa nuova formazione, l’artista andrà ad arricchire e rinnovare ulteriormente il proprio repertorio live, proponendo nuovi brani oltre ai maggiori successi e ai progetti di più recente pubblicazione (Crooning Undercover, L’Oro) che verranno arrangiati ad hoc per questo trio ricco di talento. Una tappa al Festival prima di riprendere la tournée europea che pochi giorni dopo porterà Biondi in Portogallo e Germania e a ottobre in Svizzera.
 
Infine, si annuncia particolarmente suggestiva la “Cantata per un eretico” di Alessandro De Simone, in programma nel Teatro di Corte di Palazzo Reale il 10 luglio. Una composizione per soli, coro e gruppo strumentale su testi sacri e frammenti tratti da opere di Giordano Bruno, Carducci, Lermontov, Lorca, Pessoa e Roberto De Simone. Trentadue sono gli elementi del coro, 22 quelli del gruppo strumentale, ai quali vanno aggiunti 2 tenori, altrettanti mezzosoprani, un baritono e un soprano. Oltre naturalmente al direttore d’orchestra. 
 
SPORTOPERA
 
Sono 4, ospitati nel Cortile delle Carrozze e nella Galleria del Genovese di Palazzo Reale, gli appuntamenti di Sportopera, la sezione del Festival dedicata al teatro a tema sportivo.
 
Quando Osvaldo Soriano scrive di calcio, tutti sono autorizzati a giocare e a lasciarsi ispirare dallo scrittore argentino scomparso nel 1997. “Forte e` la tentazione di fare del calcio una metafora della vita, cosi` come quella di farne semplicemente un gioco e goderselo. È tra queste due porte che Peppe Servillo alla voce e Cristiano Califano alla chitarra tirano i loro palloni, finendo a volte senza fiato ma felici". Con questo biglietto da visita, i due artisti presentano “Fùtbol”, lo spettacolo concerto in scena il 27 giugno al Cortile delle Carrozze, ispirato alla raccolta “Fùtbol - Storie di calcio” di Osvaldo Soriano. Una lettura intervallata da canzoni che ha come filo conduttore una delle passioni più contagiose per il genere umano, in qualsiasi latitudine si trovi: il calcio, o Fùtbol, come viene chiamato in America Latina, senza la doppia “O” dell’originaria parola anglosassone. Storie di vita, d’amore, di gioie, delusioni, dissapori, lo spirito di squadra, l’assolo del fantasista, gli egoismi, la vittoria e la sconfitta.  
 
Il 28 giugno, sempre al Cortile della Carrozze, si potrà invece assistere a “Gli emerodromi”, frutto di un laboratorio, a cura di Manuel di Martino e Claudio Di Palma, che si terrà dal 15 al 25 dello stesso mese. Gli emerodromi erano messaggeri addestrati per le lunghe corse, capaci di correre per un giorno intero. Filippide tra loro il più famoso e con lui la città di Maratona. Informazioni, dispacci, notizie avevano come corrieri questi atleti fenomenali. Quarantadue eventi in un giorno, lo stesso numero dei chilometri della maratona. Atleti, musicisti, attori, scrittori, semplici amatori saranno artefici di una staffetta ludico-culturale in cui letture, interviste, concerti, cortometraggi, performance d'arte varia tracceranno quarantadue segmenti narrativi in ognuno dei quali si racconterà un passo/chilometro di esistenza fatto a ritmo di corsa, di bracciata, di remo, di salto. Quarantadue chilometri di storie come sintesi ed apoteosi della conoscenza e sconoscenza di sé. In scena 10 giovani attrici ed attori.
 
Il 29 giugno scende in campo nella Galleria del Genovese di Palazzo Reale “Il gioco sacro” di Albert Ostermaier , liberamente tratto da “Reportage sul Dio” di Pier Paolo Pasolini. Con Riccardo Festa, che cura anche la regia, e le musiche eseguite dal vivo da Francesco Forni. Pasolini amava il calcio. Suona contraddittorio. Quasi blasfemo. Addirittura implausibile. Come se la levatura intellettuale del Poeta, il portato etico della sua scrittura e quello politico di un’azione artistica mai disgiunta da quella civile, non potessero abbassarsi ad un piacere così triviale. Eppure a Pasolini il calcio piaceva proprio tanto. Giocava partite interminabili con un agonismo insospettabile, che fossero squadre di ragazzetti di borgata o sfide tra colleghi e amici. Era tifoso del Bologna. Commentava con competenza formazioni e moduli tattici. E, soprattutto, ne ragionava e ne scriveva. Immaginava storie e scenari, cercava intorno al fatto sportivo il suo episteme, la ragione di uno spazio che ne creasse i presupposti e gli esiti. Lo colpiva la dimensione collettiva e rituale, la danza tribale delle domeniche tra bar, stadio e radiocronache, l’eterna predisposizione del maschio a dividersi in tribù, a creare affiliazioni inattese e alleanze improbabili. Coglieva del calcio la dimensione sacra, inscindibile dal gioco stesso, quella partecipazione collettiva che portava ad isterismi e passioni destinate solitamente al culto, una moderna religione, con santi e miracoli annessi. Impossibile da snobbare. Impossibile per Pier Paolo non calarsi nel gioco totalmente, con quella furia di vivere che lo ha sempre segnato.
 
Cinque traiettorie di sport sono lo schema vincente di “Pentathlon”, vera e propria mostra sportiva in cinque installazioni narranti in programma il 30 giugno nella Sala del Genovese e  il 1° luglio nel Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale. La prima è “Tennis Tornado e Trigonometria”, la riduzione, affidata all’interpretazione di Silvia Ajelli, che Luca Bargagna ha fatto del quasi omonimo libro di David Foster Wallace. “Troverete che il tennis agonistico, come il biliardo professionistico, richiede una mente geometrica, l’abilità di calcolare non soltanto le vostre angolazioni, ma anche le angolazioni di risposta alle vostre angolazioni. Poiché la crescita delle possibilità di risposta è quadratica, siete costretti a pensare in anticipo a un numero n di colpi, dove n è una funzione iperbolica limitata dal seno della bravura dell’avversario e dal coseno del numero di colpi scambiati fino a quel momento (approssimativamente). Io lo sapevo fare. (…). Riuscivo a pensare in base otto”. Insomma “è come giocare a scacchi correndo”. Questo breve passo dal libro dello scrittore statunitense morto nel 2008 già spiega di per sé la scelta di misurare le equazioni possibili tra tennis, biliardo e gioco degli scacchi. Come accade per “Bobby vs Fisher”, con Gilles Coullet, liberamente ispirato a “La mossa del matto” di Alessandro Barbaglia, riduzione e voce Claudio Di Palma, ma anche nel caso di “Bilie d’Avorio - Lo Snooker”, protagonista Nello Mascia, che trae invece ispirazione da “Steccate poetiche” di Stefano Duranti Poccetti. A tutto ciò, in “Pentathlon”, si aggiungono con “Essere o non essere” di Fabio Pisano, da Shakespeare e con Patrizio Oliva, le traiettorie interiori dello stato fisico, tra azione e non azione, di un pugile amletico, e si arriva con “Unico fiore nel deserto” alla naturale e completa chiusura del cerchio attraverso il giro di pista di una giovane atleta napoletana descritta dalle traiettorie letterarie di Antonio Ghirelli. Una performance che vede in scena una regina del teatro come Isa Danieli ed Estelle Maria Presciutti. Le coordinate del moto fisico diventano così in “Pentathlon” inevitabili direttive della mente, del pensiero, del cuore.
 
 
LETTERATURA
 
Vesuvioteatro organizza anche la sezione Letteratura, a cura dello scrittore Silvio Perrella. Cinque appuntamenti, dal 21 al 25 giugno nel Giardino Romantico di Palazzo Reale, che hanno come magico filo conduttore una parola che ha origine forse dall’aramaico, ma è comprensibile a tutti: “Abracadabra”. “Un’alchimia di sillabe colorate, sfida alla paura che è sempre più ovunque e sempre più divora le nostre cellule percettive”, come scrive Perrella nella nota di presentazione alla rassegna. Si parte sabato 21 giugno con Vivian Lamarque, Premio Strega nel 2023 con la raccolta “L’amore da vecchia” (Mondadori). Versi che vanno alla ricerca di una possibile leggerezza amorosa e della profondità di sentimenti diversi in ogni stagione della vita. La poetessa e traduttrice italiana sa bene quanto ogni età abbia il suo amore e sa che a saperlo pronunciare l’abracadabra non è solo una formula magica, ma un’inaspettata pratica della quotidianità. 
Per Erri De Luca, ospite il 22 giugno, le lingue antecedenti, quelle che sono nate ai primordi del mondo, sono fonti alle quali abbeverarsi quanto più si può. Ed è da una di queste lingue che nasce la parola abracadabra. Dunque è lui la persona più adatta non solo per intonarla ma per partire con lei in avanscoperta per ripercorrere la sua “opera sull’acqua”. In collaborazione con la Casa della Poesia di Baronissi. 
Estroso, leggero, colorato, il mondo di Silvio Raffo, atteso il 23 giugno, si muove saltellando. Traduttore d’eccezione, creatore di universi paralleli dell’immaginazione, Raffo è soprattutto un poeta che sa con esattezza millimetrica cosa sia un abracadabra. Sarà affidato al suo estro la possibilità di eseguirla attraverso il suo “specchio attento”. 
Martedì 24 giugno tocca a Tonino Taiuti, uno dei pochi che possa dare nuova linfa al mito di Totò. Il re dei giochi di parole e l’attore napoletano si affratellano a tal punto che anche “’A livella” viene reinterpretata come l’opera di un balbuziente, ovvero di chi sa quanto parlare con i morti sia il primo abracadabra da fare.
 L’ultimo appuntamento della sezione Letteratura è in programma il 25 giugno con i giochi di parole, le polifonie, le risate e le malinconie di Alessandro Bergonzoni. Un artista capace come nessun altro di legare le parole a un corpo, alla ricerca di una condivisione stramba e sghemba. Per creare subito lo spazio nel quale la poesia si fa manutenzione dell’ignoto. 
 
 
MOSTRE
 
Sono 6 le mostre che accompagneranno, dal 13 giugno al 13 luglio, l’intero percorso del Festival: L’esposizione dedicata a Toni Servillo vuole celebrare il talento di un artista che è già oggi un mito vivente, conosciuto e apprezzato anche in ambito internazionale, mentre le altre 5 rappresentano un omaggio a Roberto Herlitzka, Luisa Conte, Enzo Cannavale e Eduardo Scarpetta) e ai luoghi misteriosi dell’arte teatrale. 
 
“Toni Servillo tra cinema e teatro. Un racconto fotografico” è un progetto di Riccione Teatro, a cura di Antonio Maraldi, articolato in quattro parti, tre sul cinema e la quarta sul teatro: “In primo piano”, “Compagne e compagni di ventura”, “Tra scena e set” e “Sul palcoscenico”. Un viaggio emozionante nella straordinaria carriera artistica dell’attore campano, attraverso gli scatti, diversi dei quali inediti, di eccellenti fotografe e fotografi di scena.
 
 “La stanza di Herlitzka”, prodotta dalla Fondazione Campania dei Festival e a cura della regista Nadia Baldi, è un percorso di vita e di arte nel mondo di un attore dagli infiniti registri, capace di passare con eguale maestria dalla commedia al dramma.  La Baldi, che ha avuto il privilegio di dirigerlo sia a cinema che a teatro, ci ripropone il talento di Roberto Herlitzka in una dimensione non solo pubblica, ma anche intima e poetica, a tessere la tela di sentimenti che, a distanza di quasi otto mesi dalla sua scomparsa, restano e resteranno immortali. 
 
Le mostre su Luisa Conte e Enzo Cannavale, che sono stati anche straordinari compagni di scena, vengono curate rispettivamente da Lara Sansone, erede a buon titolo di un’arte teatrale che è nel suo dna, e da Alessandro Cannavale, figlio di Enzo e produttore cinematografico. All’interno dello spazio espositivo dedicato alla regina del Sannazaro si potranno osservare dal vivo fotografie, abiti di scena e un angolo del mitico camerino di un’attrice che ha saputo dare nuova linfa espressiva alla potenza di una comicità che ha radici nella cultura di un popolo. Nella mostra di Enzo Cannavale il visitatore troverà invece una selezione di locandine originali da collezione, il racconto attraverso le immagini esclusive dell’archivio di famiglia e una ricostruzione fedele del suo celebre studio, dove potrà toccare e sfogliare i suoi reali oggetti di lavoro. Un’esperienza sensoriale e intima, che permette di sentire la sua presenza attraverso le sue cose. 
 
A Mariano d’Amora, fondatore dell’Istituto del Dramma Napoletano, è invece affidata la cura della mostra documentaria e iconografica “Scarpetta 100”. Per la prima volta, saranno mostrati al pubblico materiali inediti di Scarpetta provenienti dall’Archivio personale dell’autore (e dei vari eredi). A ciò si aggiungerà anche quanto risulta presente nella sezione Lucchesi Palli della Biblioteca Nazionale e quanto presente nella Biblioteca teatrale della SIAE. Per celebrare i 100 anni dalla morte, avvenuta il 29 novembre 1925, saranno esposti, oltre ai manoscritti originali dei noti capolavori, i diari privati, le missive, i contratti di lavoro, le locandine d’epoca, le foto private e di scena, i componimenti poetici, le riflessioni ed altri oggetti privati quali: la scrivania, un busto in bronzo e dipinti raffiguranti Scarpetta. La mostra avrà una sua natura multimediale. Sebbene non sia possibile mostrare le pellicole interpretate dall’autore poiché lo stesso volle darle alle fiamme non essendo soddisfatto del risultato ottenuto, sarà tuttavia possibile usufruire di alcune registrazioni audio nonché della possibilità di consultare digitalmente i manoscritti esposti attraverso monitor presenti in sala. A ciò si aggiungeranno altre istallazioni video che raffigureranno il vissuto artistico e privato di Scarpetta.
 
Dopo il successo della scorsa edizione, torna a Palazzo Reale per tutta la durata del Festival “Dietro le Quinte Experience”, una mostra virtuale immersiva che punta a far conoscere la bellezza di alcuni luoghi nascosti e sconosciuti del teatro, dove prestano la loro opera le preziose maestranze che lavorano dietro le quinte. Si offre dunque, grazie alla regia di Claudio Di Palma, con la voce narrante di Francesco Pannofino e la partecipazione straordinaria di Isa Danieli, la possibilità al pubblico di “accedere” a quei luoghi ricchi di fascino e necessari per la messa in scena, fruibili solo agli addetti ai lavori, solitamente interdetti a chi gode dell’unica prospettiva dalla platea. Un atto di amore per il teatro e i suoi interpreti indispensabili e sconosciuti. Il progetto è Ideato e prodotto dalla società di servizi per lo spettacolo Dietro le Quinte s.r.l, ha come main partner il Teatro Pubblico Campano ed è in collaborazione con Fondazione Eduardo De Filippo, Teatro di Napoli, Teatro Municipale Giuseppe Verdi di Salerno, Fondazione Campania dei Festival e Campania Teatro Festival.
 
 
OSSERVATORIO 
 
Sono 23 gli spettacoli di Osservatorio, oltre ai 9 che aprono nella stessa sezione una finestra dedicata a Quartieri di Vita, la rassegna di formazione e teatro sociale organizzata dalla Fondazione Campania dei Festival. Si parte il 14 giugno al teatro Teder di Napoli, che ospiterà 22 dei 23 spettacoli, con “Memori”, di e con Nicola Lorusso e Giulio Macrì. Due vecchi amici e un possibile incidente che li accomuna, anime disperse nel silenzio, alla disperata ricerca della propria identità. Spaziando, in un viaggio che ha in sé sogno, realtà, dolcezza e nostalgia, dalla paura di un non-luogo ostile e indefinito a una possibile risposta a tutti gli interrogativi irrisolti delle loro vite. 
Nello stesso spazio, il giorno successivo andrà in scena “Meat” di Gillian Greer, con Giulio Mezza, Caterina Grosoli e Elena Orsini, per la regia di Martina Glenda.  Una blogger entra nell’esclusivo ristorante del suo ex, ora chef di prestigio. C’è una resa dei conti da affrontare e un teatro di battaglia nel quale la carne è il simbolo della morte, del perverso gusto dell’uomo di nutrirsi di essa, in un insondabile confronto tra il consumare e il consumarsi. Osservatrice esterna è la cameriera Joe, con il suo percorso culinario al confine con la mostruosità dei sensi. 
 
“Disperato eretico show”, spettacolo diretto da Beatrice Mitruccio, drammaturgia di Paolo Perrone, è la proposta del 17 giugno sempre al Teatro del Ridotto. Il soliloquio di un giovane attore, interpretato da Ludovico Cinalli, costretto a reinventarsi rider, con titolo ispirato dalla famosa canzone di Dalla e lo Stabat Mater di Tarantino come testo di riferimento. 
E’ liberamente tratto invece da “L’idiota” di Dostoevskij “Il cavaliere povero”, di e con Valerio Pietrovita, che si potrà vedere nello stesso spazio di via Flavio Gioia a Napoli il 18 giugno. Lo spettacolo segue le vicende del romanzo attraverso gli occhi del suo protagonista, il principe Myskin, un uomo arrivato dalla lontana Svizzera, convinto che “la bellezza salverà il mondo”. Un’impresa praticamente impossibile, da idiota per l’appunto, forse proprio come quella dei teatranti nell’Italia di oggi. E non a caso lo spettacolo esalta una dimensione meta-teatrale, già presente nel romanzo.
 
Interroga il pubblico sul ruolo che ognuno di noi ha in una società ossessionata dalla competizione e dall’apparenza, “Secondi-storie di chi la storia ha dimenticato”, da un’idea di Nicola Le Donne, che è in scena al Teder il 19 giugno assieme a Ciro Capano, Roberta Astuti e Alessandro Balletta. Una riflessione sulla gloria e sull’oblio, sul valore unico e irripetibile di chi opera dietro le quinte, ma anche sui secondi, intesi come tempo, più importanti della nostra vita. 
 
 Il giorno successivo al Teatro del Ridotto ci sarà “Rumore bianco”, di e con Danilo Napoli. Il rumore del titolo è quello di una vecchia tv quando i canali non sono sintonizzati. Poi, all’improvviso, una notizia dal tg: è stata ritrovata l’ennesima vittima di un serial killer di donne transgender. Lo spettacolo, un thriller psicologico mascherato da tragicommedia teatrale, focalizza l’attenzione sul tema dell’omofobia e della transfobia dilaganti in Italia, mettendo in luce i lati oscuri dell’umanità e le sfumature tra amore e odio, pazzia e normalità. La regia è di Yuri Gugliucci.
 
 La persistenza degli opposti, la paradossale coesistenza di elementi antitetici, fa da filo conduttore a “Io ti riabilito” di e con Silvia Santagata, in programma il 21 giugno. Il tema dell’abuso sessuale si fonde con il Mistero e riabilita perfino la Morte nel suo binomio inscindibile con la necessaria Rigenerazione. Il vero potere è quello di trasformare e risorgere dalle ceneri vita natural durante. 
 
Parte da una necessità e da una provocazione “Senza titolo”, lo spettacolo divertente e spensierato, scritto e diretto da Gianluca Lombardi, in scena al Teder il 22 giugno. Un gruppo di attori si ritrova in un luogo indefinito, ma proprio quando il tempo dell’esibizione sta per arrivare, si accorgono che la loro opera non ha un titolo. Attraverso un viaggio tra comicità e avventura, gli attori scopriranno la magia del “luogo” per farne teatro e impareranno che anche un luogo “indefinito” può accoglierli ed evocare la loro arte. Con Gianluca Lombardi, Tiberio Ettore Muccitelli, Caterina Canino e Leonardo Caione.
 
La scultura come strumento di rituale collettivo è il motore drammaturgico di “Veneri”, testo, regia e attoriato di Serena Francesca Catapano, Rosa Cerullo e Ludovica Franco, in programma nello stesso spazio il 24 giugno. Tre artigiane all’interno di una bottega con pochi elementi, intendono vendere alla folla copie di statuette della Venere di Willendorf. Per provare a capire se c’è la possibilità di ritrovare attraverso l’arte la via d’uscita all’interno di una società individualista. 
 
Un uomo passa i suoi giorni chiuso in casa, senza mai uscire, isolato dal resto mondo. Pochi i contatti con l’esterno, quasi sempre virtuali, quasi mai sinceri. Bloccato nello spazio della scena, si muove come un animale in gabbia, prigioniero e carceriere allo stesso tempo. È la situazione di stallo dello schema drammaturgico de “Il passo”, in scena il 25 giugno al Teder,
testo e regia di Darioush Forooghi, che ne è anche interprete con Barbara Lauletta. C’è chi tenta di aiutare il solitario protagonista, di trascinarlo fuori dalla sua condizione, ma il passo, quello decisivo, può venire solo da dentro. Spinti sempre più verso l’estraniamento e la virtualità, diventiamo isole umane, perpetuamente incastrate nell’affannosa ricerca di un senso. La tristezza, il male del secolo, ci paralizza, ci toglie ogni speranza, ci rende mostri capaci di divorare noi stessi. 
 
Nell’era della dematerializzazione, dell’iperrealtà, che partita si è aperta con la morte? Come affrontarla? Come ritrovare il senso dell’immortalità? Sono queste le impegnative domande di “Sigillo Play”, lo spettacolo del 26 giugno con la regia di Lucilla Mininno, che lo ha scritto e ne è anche interprete con Francesco Godina, Francesco Zecca, Ilaria delli Paoli e Giovanni La Fauci. Partendo da “L’epopea di Gilgameš”, la più antica opera letteraria dell’umanità, dove il protagonista compie un viaggio alla ricerca dell’immortalità, si approda a “Il settimo sigillo”, nel quale Bergman racconta i dubbi dell’uomo moderno, orfano di una narrazione collettiva che dia senso alla fine e, con essa, alla vita. Dilaniato dalla crisi delle certezze del dogma religioso, si ritrova solo, stretto nelle maglie del tempo logico della scienza che procede in un’unica direzione. La morte vince, la scienza rinuncia ad ogni spiegazione e narrazione possibile del dopo. Nella seconda parte il cerchio della performance diventa quello del dialogo, innesco di un dispositivo di riflessione non più individuale.
 
”Un flusso di coscienza irriverente, sconcertato e sconcertante, de-divinizzante e totalmente, amorevolmente scanzonato”. Così si annuncia “Generazione Pasolini” di Marta Bulgherini, che ne è anche regista e attrice, in scena con Nicolas Zappa il 27 giugno al Teder. Lo spettacolo su Pasolini che su Pasolini non è, ci conduce in un percorso teatrale di ignota destinazione, accompagnati da domande spinose che non hanno risposte, ma che è comunque giusto farsi. 
 
Nello stesso giorno, al teatro Mulino Pacifico di Benevento, andrà in scena “Frida-sulle mie rovine”, drammaturgia di Riccardo Festa, regista e interprete Noemi Francesca. Un originale lavoro teatrale, dove l’evocazione sulla scena di Frida Khalo dischiude il tema dell’autoritratto come atto di memoria e di resistenza, alternando intervalli di discussione filosofica, a partire dalle tesi di Jacques Derrida, ai momenti salienti della vita della pittrice messicana. Dal famoso incidente del 1925 fino alla scoperta della pittura, dell’amore e dell’interesse politico. La figura di Frida viene utilizzata come esempio di un movimento di trasfigurazione del dolore, (operato sulla scena grazie alla pittura dal vivo dell’artista Luisa Corcione) il tracciato di un’esperienza, la rovina che è all’origine dell’opera.
 
Daniele Ridolfi è invece il mattatore di “La vita di Vito”, in scena il giorno dopo nello stesso spazio. Una performance nella quale il corpo diventa protagonista assoluto di un viaggio irriverente e profondo attraverso le tappe dell’esistenza. Dal momento della nascita fino alla sua morte, Vito affronta ogni fase della vita, interagendo con il pubblico e servendo un cocktail delicato e ironico, in uno show che alterna momenti di spensierata ilarità a spunti di riflessione. Testo dello stesso Ridolfi e di Roberto Costantini, che cura anche la regia.
 
 “In via del tutto eccezionale”, con Claudio Fidia, è la proposta di Osservatorio del 29 giugno. Un ristorante diventa il luogo simbolo, finestra sul fuori, punto di incontro di serviti e servitori, di chi se lo può permettere e chi no. Immagine del mondo in sei portate, ordinate direttamente dagli spettatori. Come un Arlecchino contemporaneo, il cameriere-attore universalizza un’esperienza che schiaccia e mette in contatto con quello smarrimento e quella stanchezza che spesso toccano chi ancora non ha trovato il suo posto nel mondo. Regia e drammaturgia di Alessandro Paschitto. 
 
Un’invocazione all’amore come pratica rivoluzionaria contro l’ordine del mondo, all’arte come scelta di vita. Questo è “Il canto sulla polvere”, di e con Alessandra Chieli, in scena il 1° luglio. Un viaggio profondo nella parola poetica dell’austriaca Ingeborg Bachmann, che ha come elemento portante dello spettacolo il radiodramma noir e surreale “Il buon Dio di Manhattan”. Sviluppando, su diversi piani temporali, un gioco combinatorio molto vicino al linguaggio cinematografico, nel quale luce, voce, suono e corpo si fondono, danzando insieme come linee drammaturgiche di un’unica partitura. Il disegno coreografico è di Julianne Ricciardi, quello sonoro di Michele Mandrelli e Alessandra Chieli.
 
Esplora il tema dell’infanzia, ma anche quello della morte in relazione con lo spazio, “Safari” di Carlo Galiero, in programma il 2 luglio, regia di Chiarastella Sorrentino, con Giulia Chiaromonte e Loris de Luna. Il titolo fa riferimento a un gioco, quello di imitare animali fantastici e provare a riconoscerli, che un fratello e una sorella facevano da bambini, ma anche all’attività di ricerca di un dialogo interrotto. La morte della madre e la gestione dell’immobile che hanno ereditato diventa l’occasione per i due protagonisti di decidere che tipo di relazione ricostruire tra di loro e con la casa: amore o rifiuto, accettazione o negazione. 
 
Coinvolge attivamente il pubblico attraverso un contagio coreografico, “Troffea” di e con Claudia Calderano, la performance transdisciplinare site-adaptive, in scena il 3 luglio al Teder. Una conferenza danzata ispirata al fenomeno storico dell’epidemia del ballo a Strasburgo nel 1518, ma anche un modo per indagare il presente, esplorando come l’energia collettiva e il dissenso possano trasformarsi in strumenti di resistenza contro l’alienazione e il controllo. Ispirandosi ai sintomi descritti nei resoconti storici, l’artista dialoga con i corpi in sala e quelli lontani, tra cronaca, testimonianze e immaginazione, accompagnata dalla musica di Filippo Conti. 
 
Un confronto serrato con il vuoto, con l’attesa e con il silenzio è invece l’anteprima di  “Spleen records” di Carlo Galiero, l’appuntamento del 4 luglio al Tender, dove si alternano dialoghi, gag da commedia slapstick, canzoni dei Radiohead, monologhi di impegno politico, la storia di due amanti sfortunati a Berlino negli anni del muro. Gloria e Perkins sono le maschere chiamate ad intrattenere il pubblico a causa di un inqualificabile ritardo. Due i temi principali: la crisi dei riti civili e della civiltà urbana, il rapporto tra coppia e società. I protagonisti vorrebbero comunicare, ma riescono a farlo solo nella misura in cui proiettano le loro aspettative sulla massa. Con Mariasilvia Greco e Giuseppe Brunetti, regia dello stesso Galiero. 
 
Il 5 luglio la sezione Osservatorio propone “Manifesto di un morto a cavallo” di Matteo Porru e Francesco Spiedo, con Valerio Lombardi, Roberta Astuti e Simone Somma, che cura anche la regia. Il disincanto della vita di un uomo sospeso nell’attesa di un calesse che sembra non arrivare mai. L’unica certezza che ha, mentre il tempo e lo spazio non coincidono e anzi si ostacolano, è quel poco che riemerge in una mattinata dai contorni opachi: volti, aneddoti e nomi delle persone che ha amato. Luci, ma soprattutto ombre, che confondono e accudiscono.
 
 “Giuseppe”, con Orazio Condorelli, autore della drammaturgia insieme con Alessandro Miele, è l’appuntamento del 6 luglio. Tratto dal racconto “Martedina”, con alcuni passaggi dal romanzo “L’enorme tempo”, opere dello scrittore siciliano Giuseppe Bonaviri, più volte entrato nella rosa dei candidati al Nobel per la letteratura, lo spettacolo racconta la storia di un giovane medico, che, stanco della routine familiare e del contesto provinciale in cui vive, decide di unirsi a una missione spaziale verso Plutone nel tentativo di dare un senso alla propria esistenza. Scoprirà che anche nella vastità dell’universo, sarà difficile allontanarsi dall’orizzonte dei propri ricordi. 
 
Ispirato a “Il profumo del tempo” e “La scomparsa dei riti” del filosofo coreano Byung-Chul Han è “Il corpo del tempo” di e con Anna Dego e Anna Stante, in programma l’8 luglio. Due donne, attrici e amiche di lunga data, si ritrovano dopo 30 anni. Equilibriste in borghese sulla soglia incerta del tempo, frantumato e scomposto in tanti attimi presenti. Un tempo che, attraverso la relazione dinamica con il corpo, diventa visibile, ricorda ciò che è presente e ciò che è assente, custodisce la memoria, ma anche la sua perdita. Non è più un concetto astratto, ma è vita, la vita di tutti noi. Un viaggio ironico e poetico, con la prua rivolta alla sacra serietà del gioco.
 
Interrogarsi sulla fiaba come modello performativo significa riflettere sul rapporto che il mondo adulto intrattiene con la giovinezza. Lo fa con particolare lucidità, ma sarebbe più giusto dire in maniera tagliente, “Con la lingua sulla lama/secondo studio”, lo spettacolo di Tolja Djokovic, con Aura Ghezzi, in scena il 12 luglio. Prendendo spunto da alcuni film del neorealismo italiano, in particolare da Europa 51 di Rossellini, l’innesco dello spettacolo è il suicidio di una persona giovane. Una tragedia, richiamata solo da alcuni segni scenici, per affrontare temi come l’insufficienza del discorso ordinato e l’importanza di un’altra lingua, quella illogica eppure chiarissima della fiaba. 
 
OSSERVATORIO (QUARTIERI DI VITA) 
 
Sono 9 gli spettacoli che la Sezione Osservatorio coopta da Quartieri di Vita, il Festival di formazione e teatro sociale ideato e diretto da Ruggero Cappuccio. Cinque perfezionano con la nuova messa in scena il lavoro laboratoriale del 2024, altri quattro rappresentano una novità assoluta. Alla Sala Pasolini di Salerno tornerà dunque il 21 giugno “A match” (Una partita), progetto a cura di Oscar Briou (Fiandre), in collaborazione con Gina Ferri del Centro di solidarietà La Tenda di Salerno, destinato a uomini con problemi di dipendenza. L’evento è in partenariato con la Rappresentanza Generale della Comunità fiamminga e della Regione delle Fiandre in Italia. Il Parco urbano Pinetamare di Castelvolturno (Ce) ospiterà  il 12 luglio Umpteen Antigones (Le mill’Antigoni), progetto a cura di Christian Costa (Polonia), in collaborazione con Antonio Nardelli del Teatro Folli Idee, destinato ad adolescenti di varie nazionalità e ragazzi italiani di Grazzanise e Castelvolturno. In partenariato con l’Istituto Polacco di Roma. Il Teder di Napoli sarà lo spazio teatrale di altri tre eventi: il 6 luglio “The Present Body” (Il corpo presente), laboratorio di danza contemporanea a cura di Arcadie Rusu (Romania), in collaborazione con Giulia Amodio dell’Associazione N:EA (Napoli: Europa Africa) di Ponticelli (NA), destinato a giovani residenti della periferia orientale della città di Napoli, con assistenza artistica di Daniela Montella e in partenariato con l’Accademia di Romania a Roma; il 10 luglio “Chronicle of creeping feelings or everything is always already there (Cronaca di sentimenti striscianti o tutto è sempre già lì), progetto a cura di Ed. Hauswirth (Austria), in collaborazione con Nadia Carlomagno, docente del Master di “Teatro, pedagogia e didattica. Metodi, tecniche e pratiche delle arti sceniche” all’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa, e in partenariato con il Forum Austriaco di Cultura a Roma; l’11 luglio “Theatre: Collective Statement” (Affermazione collettiva), progetto a cura di Ondrej Štefanák (Repubblica Ceca), in collaborazione con Rossella Massari e Roberta Prisco dell’Associazione Vernicefresca Teatro di Avellino. In partenariato con il Centro Ceco di Roma e l’Ambasciata della Repubblica Ceca in Italia.
 
Non meno interessanti sono le proposte del “Quartieri di vita” che verrà. Il 3 luglio nella Chiesa di Donnaregina Vecchia a Napoli andrà in scena “Sibille-oracoli e profezie tra passato, presente e futuro”, ideazione e composizione della regista Marina Rippa. Uno spettacolo con le donne del progetto “La scena delle donne” - percorsi teatrali con le donne a Forcella. La storia delle Sibille, e in particolare di quella Cumana, è lo strumento per ragionare su questioni che riguardano l’attesa, il destino, il senso delle richieste di profezie, il lasciare a caso le risposte. In scena una ventina di donne, ciascuna con il proprio oggetto magico e divinatorio, legato a tradizioni o invenzioni. Attraverso questi oggetti, e la simbologia che esprimono, le protagoniste interagiranno con il pubblico, accompagnate dall’alloro, pianta consacrata ad Apollo e cibo sacro delle Sibille. Profano, sacro, antico, moderno e lingua latina in un mix che vuole dare voce (e corpo) alla leggenda raccontata da Ovidio e Virgilio.
 
Di grande impatto sociale è anche il 24 giugno nello spazio dell’Istituto Colosimo di Napoli “Fareteatro… oltre lo sguardo”, un progetto di Muricena Teatro che coinvolge persone non vedenti e ipovedenti. Una scrittura teatrale che nasce principalmente dai racconti degli interpreti, attraverso un percorso di ricerca e creazione di natura simbolica, sensoriale, emotiva, testuale, musicale e sonora, iconografica e poetica. Storie, ricordi, sogni infranti e mai realizzati, capaci di toccare il cuore delle persone, creando quell’illusione magica che le condurrà nel mondo dell’invisibile. Uno spettacolo politico, con la conduzione del laboratorio, la drammaturgia e la regia di Raffaele Parisi, per riflettere su quanto il processo di inclusione di soggetti affetti da disabilità visiva abbia bisogno di una maggiore attenzione e partecipazione sociale. 
 
Il Centro Colonna di Ponticelli, a Napoli Est, ospiterà invece l’11 luglio “Frammenti di un discorso amoroso”, un progetto di Teatro Ricerca Educazione-Trerrote e Maestri di Strada, a cura del regista Nicola Laieta. L’omaggio al titolo del libro di Roland Barthes viene naturale per questa raccolta di parole, gesti ed esperienze sull’amore, innescata dal confronto con i personaggi de “Gli innamorati” di Goldoni. Un testo dove la conversazione trionfa nettamente sull’azione, capace come pochi altri di stimolare i giovanissimi del tempo presente. Ragazzi alle prese con i loro primi amori: infelici, non corrisposti, deliranti, tossici, interrotti, impossibili, intermittenti, che ti consumano, ti isolano, ti sconvolgono, ti inchiodano, ma che ti fanno sentire vivo. Una tragedia tutta interiore, rimuginata, parlata, che, grazie allo spazio traslato e protetto del teatro, può diventare commedia, farsa, operetta buffa, rappresentazione catartica per i giovani attori e per il loro pubblico.. 
 
Quelle stesse fragilità che il regista Enzo Mirone mette in relazione con l’opera e la poetica di Samuel Beckett in “Non Io …”, lo spettacolo che si potrà vedere il 3 luglio al teatro Comunale di Benevento. Un gruppo di lavoro, all’interno del quale convivono e vengono condivise forme differenti di disagio e di disabilità, racconta volta per volta il suo Beckett, portando in scena quel punto o quel momento preciso in cui il proprio vissuto coincideva o entrava in contatto/collisione con l’autore. Consapevoli tutti, e sempre di più, che le lacrime del mondo sono immutabili.
 
La data di apertura della biglietteria sarà comunicata nei prossimi giorni sui canali social della Fondazione Campania dei Festival. Un botteghino sarà allestito ogni sera nei luoghi che ospiteranno gli eventi. Confermata ancora una volta la politica dei prezzi popolari voluta dal direttore artistico Ruggero Cappuccio. Il costo del biglietto per assistere agli spettacoli del Campania Teatro Festival 2025 resta quello di sempre: da 8 a 5 euro, con ingresso gratuito per le fasce sociali più deboli. Nel segno della continuità sarà anche l’anima green della rassegna e la virtuosa e sempre proficua sinergia con le Università e con Eunic, la rete degli istituti di cultura nazionali dell’Unione Europea.
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CAMPANIA TEATRO FESTIVAL 2025 - La 18esima edizione dal 13 giugno al 13 luglio

di Napoli Magazine

18/03/2025 - 14:07

CAMPANIA TEATRO FESTIVAL 2025
 
DICIOTTESIMA EDIZIONE DAL 13 GIUGNO AL 13 LUGLIO
 
OSPITI DEL PROGRAMMA INTERNAZIONALE EURIPIDES LASKARIDIS, FC BERGMAN, DANIELE FINZI PASCA, RUBIDORI MANSHAFT E ANGELA DEMATTÈ, PROYECTO MIGRA E GALPON DE GUEVARA CON FLORENT BERGAL, JULIE KTRETZSCHMAR, WILLIAM KENTRIDGE E HANDSPRING PUPPET COMPANY, HANANE HAJJ ALI, BISSANE AL SHARIF E HALA OMRAN, DALAL SULEIMAN, CHRISTIANE JATAHY E JULIA BERNAT.
 
150 EVENTI E 68 DEBUTTI ASSOLUTI IN 31 GIORNI DI PROGRAMMAZIONE
 
Torna il Campania Teatro Festival, pronto a dare il via alla sua diciottesima edizione, la nona diretta da Ruggero Cappuccio. Dal 13 giugno al 13 luglio la rassegna multidisciplinare, realizzata con il sostegno concreto della Regione Campania e organizzata dalla Fondazione Campania dei Festival presieduta da Alessandro Barbano, ritrova la sua collocazione estiva e soprattutto le sue tradizionali sezioni (Internazionale, Prosa Nazionale, Progetti Speciali, Cinema, Musica, SportOpera, Letteratura, Mostre e Osservatorio).
 
Un’offerta ricca di appuntamenti da non perdere, con più di 150 eventi programmati in 31 giorni, con 68 debutti assoluti. Una vera festa del teatro, unica in Italia, che si avvale anche di un contributo annuo del Ministero della Cultura ed è parte rilevante della rete Italia Festival e dell’EFA (European Festival Association).
 
“Battiti per la pace” è lo slogan di questa edizione, a testimonianza del ruolo sociale che l’arte può e deve esercitare, veicolando le giuste pulsazioni emotive e l’ossigeno vitale per ogni democrazia. Un’aria nuova, non solo drammaturgica, che si potrà respirare in 8 teatri napoletani (Mercadante, Nuovo, Sala Assoli, Sannazaro,Trianon, Politeama, Galleria Toledo e Teder), in 6 spazi di Palazzo Reale (Teatro di Corte, Cortile delle Carrozze, Galleria del Genovese, Cortile d’Onore, Giardino Romantico e Biblioteca), ma anche nella Villa Campolieto di Ercolano, al Fiordo di Furore (Sa), nel teatro Verdi  e nella Sala Pasolini di Salerno, nel Centro Sociale Colonna e nei Bipiani di Ponticelli, nel teatro dell’Istituto Colosimo e nella Chiesa di Donnaregina Vecchia a Napoli, nella località di Foresta a Tora e Picilli (Ce), nel teatri Mulino Pacifico e Comunale di Benevento, nel Parco Urbano Pinetamare di Castelvolturno (Ce), nel Palazzo Coppola di Valle/Sessa Cilento (Sa).
 
Anche quest’anno il Maestro Mimmo Paladino donerà al Festival la sua arte e l’immagine grafica della rassegna.
 
 
INTERNAZIONALI
 
Sono 11 gli eventi internazionali del Campania Teatro Festival 2025. Il primo è in programma il 15 giugno, con replica il giorno 16, al teatro Mercadante di Napoli. Lo spettacolo è “Lapis Lazuli”, un arazzo di affascinanti contrasti, originale mix di performance, danza e arti visive nato dal talento creativo di Euripides Laskaridis. L’artista greco continua anche in questo lavoro, una coproduzione internazionale che coinvolge molti Paesi europei, a esplorare i temi della trasformazione e del ridicolo, mettendo insieme gli elementi grotteschi con quelli della commedia e dell’orribile. Ispirato dall’ipnotizzante pietra blu, nota per il suo comportamento imprevedibile sotto pressione, Laskaridis crea un nuovo mondo accattivante ed enigmatico, pieno di intriganti dualità. A partire da quel nome, spesso declinato come pietra del cielo, che ha in sé le contraddizioni dell’arte, della bellezza e della vita. Con Angelos Alafogiannis, Maria Bregianni / Eftychia Stefanou, Euripides Laskaridis, Dimitris Matsoukas, Spyros Ntogas.
 
Al teatro Verdi di Salerno va in scena il 21 e 22 giugno “Works and days” del collettivo teatrale fiammingo Fc Bergman, Nel 700 a.C. il poeta greco Esiodo scrisse una serie di suggerimenti sull’arte dell’agricoltura. Questo lavoro, intitolato “Opere e giorni”, è un vero e proprio almanacco del contadino in forma di versi che associa consigli agricoli con una guida alla vita in generale. Partendo da un testo così lontano nel tempo, è una moderna ed ecologica riflessione, rigorosamente senza parole, sul fragile legame tra gli esseri umani e il pianeta che li ospita. Una ode al potere inarrestabile del gruppo e alla potenza illimitata della natura, mentre una nuova era, con nuove possibilità e desideri, si sta facendo strada. Regia, drammaturgia e scenografia di Stef Aerts, Joé Agemans, Thomas Verstraeten e Marie Vinck (FC Bergman). Con Stef Aerts, Joé Agemans, Maryam Sserwamukoko, Thomas Verstraeten, Marie Vinck, Fumiyo Ikeda, Geert Goossens, Bonnie Elias. Musiche composte ed eseguite dal vivo da Joachim Badenhorst e Sean Carpio.
 
Il teatro Politeama di Napoli ospiterà invece Il 24 e 25 giugno ”Titizé” del regista, attore e coreografo svizzero Daniele Finzi Pasca. Un titolo che allude alle infinite capacità di essere di ognuno di noi, ma anche a un’immagine da sogno che sembra uscita da un film di Fellini. Proprio come questo spettacolo teatrale acrobatico, dove la clowneria ha in sé gli echi della Commedia dell’Arte e dieci straordinari interpreti multidisciplinari ci accompagnano in universi rarefatti nei quali la meraviglia può manifestarsi, volta per volta, in modo ingenuo, ingegnoso o surreale. A venetian dream, come specifica il sottotitolo, con la notte e la sua follia, le cialtronate dei buffoni, oggetti che leviteranno, acrobati che voleranno, pioggia surreale e un continuo ricreare equilibri impossibili. Un teatro dello stupore e della leggerezza, senza dover ricorrere alla parola.
 
Rubidori Manshaft, ovvero Roberta Dori Puddu, e Angela Demattè hanno scritto insieme “Alcune cose da mettere in ordine”, lo spettacolo vincitore del Festival di Lugano nel 2023. Lo portano ora a Napoli, al teatro Mercadante il 25 e il 26 giugno. Nato dopo una lunga esperienza di lavoro in case di cura per anziani, è la storia di una donna che ha da poco superato i sessant’anni. I suoi pensieri, le sue domande sul percorso della vita, i suoi sogni e le sue disillusioni, ci sembrano familiari. Così come i ricordi e i rimpianti di un viaggio interiore e reale, struggente e ironico, nel tentativo di ridisegnare una dimensione umana che forse abbiamo smarrito. Alla ricerca, come scrive Schopenhauer, di un’estetica dell’esistenza. Con Roberta Bosetti e Giacomo Toccaceli. La regia è di Rubidori Manshaft.
 
Dopo 250 repliche a Buenos Aires, accoglienze trionfali in Uruguay, Brasile, Colombia, Messico e 15 sold out al Festival di Montreal, arriva finalmente in Europa “Un domingo”, lo straordinario spettacolo di teatro-circo che si potrà vedere il 28 e il 29 giugno al Nuovo di Napoli. Un progetto indipendente di Proyecto Migra e Galpon de Guevara, diretto dal regista francese Florent Bergal, con in scena Juan Fernadez, Sofia Galliano, Gabriela Parigi, Tomy Sokolowicz, Florencia Valeri e Tato Villanueva. Un’immersione nella vita di una famiglia sfrontata, dove tutto trabocca, amore e odio. Un ospite è la causa di questo disordine o è semplicemente la vittima? La domenica può essere un giorno di festa, ma questa è decisamente speciale. Fondendo la scuola francese di circo contemporaneo con la tradizione argentina del circo “criollo”, il risultato è un fantastico mix di acrobazie, giocoleria, coreografie esotiche e teatro, nel quale i numeri e i virtuosismi circensi non sono fini a sé stessi, ma fanno parte di una vera e propria drammaturgia teatrale.
 
“La mer a changé de couleur” di Julie Kretzschmar è l’appuntamento del 30 giugno, con due repliche nello stesso giorno, alla Sala Assoli. Il mare ha cambiato colore, come scrive Pasolini nel reportage sull’Italia del 1959 “La lunga strada di sabbia”. Una espressione semplice e poetica, ricca di significati, che illustra perfettamente la messa in scena, nata dal progetto che la regista francese ha avviato  al Festival nel 2019 con il pluripremiato fotografo franco-algerino Bruno Boudjelal. La visibilità dei corpi, quella dei migranti africani e anglofoni che si sono stabiliti a Napoli, emerge in tutta la sua forza singolarmente universale nella riscrittura e ricomposizione di frammenti di racconti affascinanti. Narrazioni in tre lingue diverse (francese, italiano e arabo) che si sovrappongono a quelle epiche e compongono il mosaico di presenze che caratterizzano tutte le città delle migrazioni africane contemporanee. Dove tanti giovani in cerca di un sogno e di un futuro, quasi sempre incerto, condividono con gli abitanti del luogo, non senza incertezze e difficoltà, pezzi di cultura e spazi di socialità. 
 
Il 2 e 3 luglio al teatro Mercadante va in scena “Faustus in Africa!”, collaborazione tra William Kentridge e Handspring Puppet Company, rielaborazione della loro pluripremiata produzione del 1995. Faustus parte per un safari, ma il suo viaggio si trasforma ben presto in un concentrato di avidità e passione. Il tradimento del buon senso per un guadagno a breve termine, l’emergenza climatica, i compromessi e gli espedienti alla base del nostro mondo, sono i temi per raccontare una storia senza età e l’irriverente incontro con il patto faustiano, metafora dei nostri tempi. Una miscela armoniosa di teatro e burattini, con le musiche di Warrick Sony e del compianto James Phillips che accompagnano perfettamente le geniali animazioni di Kentridge. Coproduzione della Fondazione Campania dei Festival.
 
Nelle stesse date, il 2 e 3 luglio, Hanane Hajj Ali, figura eminente della scena culturale e artistica libanese, sarà alla Sala Assoli con “Jogging”, drammaturgia di Abdullah Alkafri. Una donna di 50 anni fa la sua corsa quotidiana per le strade di Beirut con lo scopo di combattere in un colpo solo l’osteoporosi, l’obesità e la depressione. È l’occasione per restare con i propri pensieri, rivisitando i suoi sogni, i suoi desideri e le sue delusioni. Sola in scena, Hanane interpella il pubblico, attingendo al ricordo di autori come Euripide, Pasolini, Heiner, Muller e Shakespeare per rivelare la sua identità. Incarnando differenti volti di Medea, le tante che vivono il loro percorso di dolore nella capitale libanese, intrecciandoli l’uno nell’altro come matrioske russe.
 
Il teatro Nuovo, il 3 e 4 luglio, ospita invece “Dressing room”, esordio come regista di Bissane al Charif, drammaturgia di Wael Ali, con l’interpretazione della comica franco-siriana Hala Omran. Un appartamento ideale, dotato di una stanza dedicata agli oggetti, ai vestiti e alle scarpe, dressing room per l’appunto, diventa il posto adatto per concentrare l’attenzione sul corpo femminile, rivisitando l’impatto delle sue trasformazioni nel corso del tempo, i suoi segni, la sua memoria, in un contesto di guerre e crisi politiche e sociali di estrema violenza. Dando voce all’esperienza delle donne provenienti da vari Paesi arabi, vanno in scena la solitudine, il rapporto con il corpo e i luoghi, ma anche la capacità di rispondere con leggerezza, umorismo e autoderisione alle domande sulla menopausa. Quella che in arabo viene tradotta come “l’età della disperazione”.
 
“Reminiscenze” di Dalal Suleiman, è il debutto assoluto in programma il 6 e il 7 luglio al teatro Nuovo. L’attrice italiana di origine palestinese danza e recita, portandoci con lei in un viaggio affascinante dove il protagonista è il Mediterraneo, con la sua bellezza romantica e immortale, ispiratrice dei versi di Omero e Virgilio, ma anche dei poeti arabi e dei lirici greci di ogni tempo. Navigando le sue acque e percorrendo la sua terra, culla di civiltà e di convivenza tra culture diverse, la poesia diventa canto, quello di Alessandra Ravizza con la sua chitarra, accompagnata da Tareq Abu Salameh (oud), Masih Karimi (tanbur e daf) e Salah Namek (cello). Una voce e una musica che attraversano il mare, calpestano la terra e ne assaporano l’essenza. 
 
Il 12 e il 13 luglio si potrà invece vedere per la prima volta a Napoli, al Politeama, uno spettacolo della regista Christiane Jatahy. L’artista brasiliana, nome di punta della scena teatrale contemporanea, propone al Campania Festival “Julia”, lo spettacolo che l’ha rivelata al mondo intero. L’applaudito adattamento de “La signorina Julie” di Strindberg, mix perfetto di teatro e cinema, sposta la vicenda nei quartieri alti del Brasile di oggi, dove la protagonista si innamora dell'autista nero dei suoi genitori. Mademoiselle Julie è interpretata da Julia Bernat, l’attrice preferita di Christiane Jatahy, in scena con Rodrigo Odè. La guerra di classe tra padroni e servi, il confronto amoroso e il condizionamento sociale del desiderio sono evocati in questo lavoro di immagini che associa con abilità scene preregistrate con altre girate dal vivo, offrendo una versione scottante e moderna di una pièce del teatro naturalistico considerata sulfurea già ai suoi tempi.
 
“La mer a changé de couleur”, “Jogging”, “Dressing room”, “Reminiscenze”, oltre al concerto dell’artista italo-palestinese Nabil Bey, rientrano in un focus più ampio che il Festival dedica al Mediterraneo e alle sue creazioni contemporanee.
 
 
PROSA NAZIONALE
 
Sono 41 gli spettacoli della sezione dedicata alla Prosa Nazionale del Campania Teatro Festival 2025, 31 dei quali al debutto assoluto. La maggior parte sono in programma in 7 teatri napoletani (Mercadante, Politeama, Sannazaro, Nuovo, Trianon, Sala Assoli e Galleria Toledo), mentre Villa Campolieto a Ercolano sarà lo scenario suggestivo l’8 e il 9 luglio dell’Edipo Re diretto da Luca De Fusco.
 
Il teatro Mercadante di Napoli ospiterà 7 eventi, a partire dal 18 giugno. Frutto del laboratorio permanente di teatro e disabilità della compagnia transadriatica Factory di Lecce, e in alleanza produttiva con la Fondazione Sipario Toscana, approda sulle tavole dello spazio di piazza Municipio, “(H)amleto”, un’indagine sul corpo non conforme attraverso lo sguardo e le parole non conformi che accompagnano la discesa nell’abisso shakespeariano. Un gruppo misto di persone con e senza disabilità si confronta con la tragedia per eccellenza, ne scandaglia i temi e le possibilità, provando a rivendicare la propria esistenza, quell’esserci, quel “to be” che ci fa aggrappare alla vita anche quando ne perdiamo il senso. Le parole di questo “(H)amleto” sono scritte da una penna non conforme, quella di Fabrizio Tana, autore e attore con la sindrome di Down. Un parto libero di pensieri raccolti per più di un anno, attraverso messaggi e lettere scambiati con le guide, parole in cui persona e personaggio si confondono, inventando una grammatica speciale, essenziale ed esistenziale. 
La narrazione dal punto di vista femminile delle dinamiche nascoste che regolano i rapporti all’interno di una coppia è il tema di “Secondo lei”, lo spettacolo del 19 giugno, scritto e diretto da Caterina Guzzanti, che ne è anche interprete con Federico Vigorito. L’amore, che dovrebbe essere un luogo sicuro e sano, diventa un silenzioso campo di battaglia in cui fraintendimenti e necessità si confondono e affondano in un pantano inevitabile di aspettative tradite e promesse sistematicamente rimosse, imprigionando i due protagonisti in ruoli precisi e precari, mentre bramerebbero solo di essere accettati. Il bisogno di realtà, di cercare una soluzione tangibile alla distanza creatasi, irrompe e rimbomba nelle loro vite, ne condiziona prepotentemente i pensieri e le scelte, lasciandoli sopraffatti da un sentimento di imbarazzo e di inadeguatezza. Un testo teatrale che invita a riflettere su come la nostra cultura e la società continuino a condizionare in modo invalidante le donne e gli uomini nelle scelte principali, nelle relazioni, nei legami più intimi.
 
Uno spettacolo-concerto che intreccia e fonde due mostri sacri della cultura napoletana, Eduardo De Filippo e Pino Daniele, in un unico flusso melodico e poetico, mescolando le tematiche comuni, fino a farle diventare una voce sola, attraverso arrangiamenti musicali e tessiture drammaturgiche. È l’idea originalissima di “Napule è …milionaria”, protagonista Mariangela D’Abbraccio, che lega, a partire dai chiari riferimenti del titolo, due artisti geniali che hanno segnato l’evoluzione moderna del teatro e della musica napoletana e non solo, attingendo sapientemente alle tradizioni popolari, ma emancipandone tematiche e linguaggio. A dieci anni dalla scomparsa di Pino Daniele, Mariangela D’Abbraccio propone questo omaggio congiunto e vitalissimo, accompagnata in scena il 22 giugno al Mercadante, dai Musica da ripostiglio (Luca Pirozzi, Luca Giacomelli, Raffaele Toninelli, Emanuele Pellegrini)  e dalla fisarmonica di Gianluca Casadei, musicisti con i quali collabora da molti anni. La regia è di Francesco Tavassi.
 
Le difficoltà delle donne in un mondo maschile, quello della televisione e dello spettacolo. Affronta un tema scottante “Ragazze all’ingrosso” di Rossella Pugliese, in scena al Mercadante il 28 e 29 giugno. Protagoniste Euridice Axen, Giusy Frallonardo , Lia Zinno e la stessa Pugliese, per la regia di Nadia Baldi, il lavoro teatrale ci riporta, con estrema ironia, musica e atmosfere surreali, negli anni d’oro della televisione, provando anche  a rispondere ad alcune domande: quanto siamo disposti a sporcarci per assecondare desideri e perversioni che vanno oltre la legalità e il buon senso? Quanto siamo disposti a fare e a farci male?  Interrogativi che emergono ripercorrendo la storia vera di alcune donne, oggetti nelle mani di uomini di potere. Quello di ieri, ma soprattutto quello di oggi, espresso attraverso il successo e la notorietà, passando spesso per il giogo della sottomissione e della perdita d’identità. I costumi sono di Carlo Poggioli, le musiche di Ivo Parlati, scenografi Paolo Iammarrone e Vincenzo Fiorillo. Coproduzione della Fondazione Campania dei Festival con l’Associazione Deneb.
 
Un racconto perfetto. Così i critici di ogni tempo hanno definito “Scottature”, piccolo gioiello della letteratura firmato da Dolores Prato nel quale si condensa l’universo poetico di una grande scrittrice del ‘900. Elegante, suadente, scorrevole, ricco di simbolismi e di immagini formidabili, questo inno alla vita e alla poesia diventa ora melologo, una messa in scena di Michela Cescon interpretata da Anna Foglietta e da una polistrumentista, in programma al Mercadante il 5 luglio. Una partitura, un pentagramma, per raccontare la storia dell’uscita nel mondo di una ragazza cresciuta in convento. Una scelta che per gli altri significa scottarsi, bruciarsi, ma che la giovane compie per diventare veramente sé stessa. Tra ustioni e accartocciamenti, riesce così, con una rivoluzione silenziosa e implacabile, a essere donna a modo suo. È l’inizio dell’età adulta, delle prime scelte importanti, di un senso di estraneità e di abbandono che Dolores Prato, la più grande narratrice italiana del secolo, secondo il critico Andrea Cortellessa, si trascinerà per l’intera esistenza. 
 
Uno dei più grandi pianisti del Novecento, Arturo Benedetti Michelangeli, famoso per la perfezione delle sue esecuzioni e per la cura maniacale delle sue interpretazioni, viene raccontato in una notte di incontri immaginari con i suoi compositori preferiti (Chopin, Rachmaninoff, Beethoven, Mozart, Ravel), quelli su cui ha speso tutta la sua arte oltre che l'intera vita. È questo il plot narrativo di “Una notte di Arturo Benedetti Michelangeli (con i suoi fantasmi)”, drammaturgia e regia di Giovanni Greco, protagonista Moni Ovadia. Prodotto da La Fabbrica dell’Attore Teatro Vascello, lo spettacolo, in scena il 7 luglio al Mercadante, prende spunto dalla biografia del grande artista ed è ambientato nel suo esilio in Svizzera, alle prese con la preparazione di un concerto unico. Un omaggio alla musica come linguaggio universale e un viaggio nella solitudine popolata di presenze di uno dei più grandi compositori di tutti i tempi, proposto attraverso le sue memorabili performances, anche dialettiche.  “La cattiva musica mi disturba, ma la musica meravigliosa mi disturba ancora di più”, sosteneva. Virtuosismo, disciplina e verità.
 
“La storia di un amore, ma anche la storia di un sogno, un sogno d’amore per una donna mai conosciuta, ma ammirata sempre da lontano, nel silenzio e nel buio. Insieme a migliaia di altri occhi. Questa donna è Pina Bausch”. Così Giuseppe Sollazzo presenta, nell’incipit delle note di regia, il suo “Quando la finirai con Pina Bausch?”, lo spettacolo in scena il 12 e il 13 luglio al Mercadante, con i movimenti coreografici di Beatrice Libonati, danzatrice e storica collaboratrice della Bausch. La drammaturgia, curata dallo stesso Sollazzo, attinge a diverse fonti. “Da una parte le suggestioni ispirate all’immaginario di Pina Bausch, dall’altra a frammenti della sua vita: dalla partenza per New York, all’infanzia nel ristorante dei genitori, ai rapporti con i danzatori. Dando ad una voce off il compito di restituire la semplicità e la profondità delle sue parole. In scena agisce un nucleo di attori e danzatori professionisti, ai quali si aggiungono interpreti non professionisti. Con Paolo Romano Roberta Cacace Maurizio Murano, Michele Romeo, Fortuna Montariello, Massimo Nota, Antonio Tomberli, Brunello de Feo, Cristina Sica, Enzo Barone, Stefania Valli.
 
Sono 8 gli spettacoli in programma anche al teatro Nuovo di Napoli. Il 14 giugno Massimo Venturiello e il Quartetto Klezmer propongono nello spazio di via Montecalvario “La creatura del desiderio”, tratto dall’omonimo libro di Andrea Camillleri, del quale si celebra quest’anno il centenario della nascita. Siamo nel 1912. Un anno dopo la morte di Gustav Mahler, la sua giovane vedova, Alma, incontra il pittore Oskar Kokoschka. Tra i due nasce una storia d’amore dirompente, fatta di erotismo, creatività e drammatica intensità, ma dopo due anni la donna pone fine a questa febbrile relazione. Kokoschka, devastato dall’abbandono, parte per la guerra con il cuore in pezzi. Al suo ritorno, traumatizzato dal conflitto e incapace di superare il dolore della perdita, commissiona una bambola con le sembianze di Alma, un surrogato inquietante della donna amata. In un tempo in cui le relazioni si riflettono sempre più spesso nella superficialità del virtuale, l’adattamento e la regia di Venturiello esplorano dinamiche antiche e attualissime: il bisogno d’amore che si confonde con il dominio, il confine sottile tra passione e ossessione, il tragico destino di chi non riesce ad accettare il rifiuto.
 
Il 16 giugno il Teatro Filodrammatici di Milano porta in scena al Nuovo “Wild. Chi ricorda Edward Snowden?” del drammaturgo britannico Mike Bartlett, adattamento e regia di Bruno Fornasari, con Marta Belloni, Michele Correra ed Enrico Pittaluga. Ispirato a fatti reali, lo spettacolo racconta la storia di un ex tecnico della Cia, ricercato numero uno al mondo dopo Julian Assange, accusato di aver svelato un sistema di sorveglianza di massa che permetteva alla Nsa americana di spiare chiunque. Andrew, il protagonista, ospitato in una stanza d’albergo dalla Russia di Putin, che cavalca una ghiotta occasione di apparire liberale e attento alla protezione della privacy dei cittadini di tutto il mondo, riceve la visita separata di due persone, nominate solo come Uomo e Donna, che gli offrono protezione. Nessuno può essere sicuro della loro onestà. L’opera teatrale, che ha in sé lievi echi kafkiani, esplora l’idea che l’identità individuale sia la prima vittima di un mondo pericolosamente incerto e controllato dalla tecnologia. E pensare che il testo di Bartlett è stato scritto nove anni fa….
 
“Venere e Adone” e “Lo stupro di Lucrezia” sono due poemetti narrativi, composti da Shakespeare tra il 1593 e il 1594, quando i teatri londinesi erano chiusi a causa della peste. Dei due capolavori shakespeariani, gli unici attribuibili con certezza al Bardo, Valter Malosti ha prima elaborato una policroma traduzione e poi, a partire dai suoi precedenti spettacoli del 2007 e del 2012, ha ideato, in collaborazione con GUP Alcaro, altrettante versioni in forma di concerto e senza più scena, se non quella, ricchissima e potentissima, creata da voce e suono. Ne è nato “Shakespeare/Poemetti”, in programma al Nuovo il 18 e il 19 giugno. Un’occasione per riscoprire questo straordinario dittico contrappuntato e, attraverso il genio del suo autore, le infinite variazioni, declinazioni e contraddizioni dell’amore, ma anche, riprendendo un episodio dell’antica storia romana, le conseguenze dello stupro visto dalla parte di una donna e l’acutissima e attualissima indagine nella psiche del carnefice.
 
La vita di Eduardo è uno scrigno di meraviglie e di fatti inattesi, poco conosciuti o addirittura tenuti celati, nascosti dal tempo e da un silenzio dissuasivo. Dopo un’accurata ricerca, Fabio Pisano porta in scena con “Eduardo c’est moi”, lo spettacolo atteso al Nuovo il 21 giugno, alcuni aspetti particolari del grande drammaturgo napoletano: la giovinezza, i sentimenti, il rapporto con la politica e quelli familiari. Un racconto fatto di immagini, di flashback, di curiosità e di vere e proprie scoperte. Perchè se è vero che di un artista restano le opere, è ancor più vero che di un uomo resta la vita. Con Fabio Pisano, Raffaele Ausiello, Francesca Borriero e Sergio Del Prete. Musiche originali eseguite dal vivo da Giuseppe Di Taranto. 
 
Una piccola penisola affacciata sul mare, un luogo sospeso nel tempo, ancorato a un passato quasi primitivo. Qui, sopravvive una comunità minuscola, aggrappata a una quotidianità e a ritmi a noi ormai quasi del tutto estranei. Partendo da questo habitat, “Misurare il salto delle rane” - tredicesima produzione di Carrozzeria Orfeo – in scena il 24 e 25 giugno al teatro Nuovo, si propone come un’indagine poetica e tragicomica sulla condizione umana contemporanea: un viaggio nell'intimità di tre esistenze femminili, interpretate da Elsa Bossi, Chiara Stoppa e Marina Occhionero, che si specchiano l'una nell'altra in un dialogo costante tra passato e presente. Misurare il salto delle rane è un titolo enigmatico, evocativo, che rimanda ad un immaginario concreto, ma allo stesso tempo simbolico e misterioso. La rana, creatura anfibia, vive tra due mondi: l’acqua e la terra. È il simbolo del passaggio, della metamorfosi, della capacità di adattarsi e trasformarsi, ma è anche una creatura resiliente, simbolo di fecondità e di forza primitiva. Misurare il salto delle rane è, di conseguenza, un atto che richiama la volontà di comprendere l’incomprensibile, di fissare l’indefinito: quanto è grande il nostro slancio? Dove ci porta il nostro coraggio? E soprattutto, cosa accade nello spazio tra il punto di partenza e quello di arrivo? Lo spettacolo, geniale drammaturgia di Gabriele Di Luca, che ne è anche regista con Massimiliano Setti, è dunque un invito a confrontarsi con i propri limiti, a cercare la bellezza nei gesti semplici e nei momenti di sospensione. Coproduzione della Fondazione Campania dei Festival.
 
Pochi in Italia conoscono Nikola Tesla, geniale scienziato ed inventore. L’occasione di scoprire la sua personalità, controversa e originale, ci viene offerta da “Nikola Tesla-Genio compreso” in scena il 9 luglio al Nuovo, scritto, diretto e interpretato da Max Mazzotta. Trasferitosi a New York dalla Croazia, Tesla non solo contribuì allo sviluppo di strumenti e tecnologie che si basavano su studi teorici, ma era anche convinto che l’energia si potesse ottenere dalla natura terrestre senza inquinarla e che potesse essere gratuita per tutti. Questa “utopia”, come sappiamo, non si realizzò mai. Lo spettacolo vuole essere, dunque, una riflessione più ampia sui danni irreparabili e le conseguenze etiche e morali che il progresso senza scrupoli ha avuto sul clima, sulla salute del nostro pianeta e sugli uomini. Con Marina Sorrenti, Francesco Maria Cordella, Alessandro Castriota Scanderbeg, Graziella Spadafora, Pasquale Mammoliti e Claudia Rizzuti.
 
Il desiderio di approfondire il delicatissimo equilibrio e l’indefinibile fuggevolezza dei meccanismi sentimentali e comportamentali della relazione a due, con particolare attenzione alla forma del dialogo, è il punto di partenza di “Due”, progetto, drammaturgia, regia e interpretazione di Elena Bucci e Marco Sgrosso, in programma al Nuovo l’11 luglio. In un luogo deserto, una vecchia casa con grandi finestre è circondata dall’acqua. Dentro ci sono due esseri: sono umani o di un altro pianeta? Sembrano uomo e donna, ma ruoli e generi slittano e si invertono. Sono moglie e marito, sorella e fratello, amanti, figlio e madre, padre e figlia, sono duellanti e complici, nemici e alleati, vittima e carnefice? Litigano, duettano, cantano. Sono vivi o morti, veri o finti? Attori in prova o fantasmi generati dall’immaginazione di un autore che poi li ha messi alla porta, escludendoli dalle sue opere? I due passano attraverso le molteplici sfumature della loro relazione dialogando quasi ininterrottamente, come se il silenzio fosse insopportabile o come se, tacendo, diventassero più presenti le minacce che arrivano dal misterioso mondo di fuori. È la solitudine? È la fine? Si consolano raccontando favole antiche mai scritte o riesumate da libri ormai introvabili, distrutti dall’acqua che si è infiltrata ovunque. Siamo in un teatro o su un set? I mormorii e le urla che si odono in lontananza sono veri o ricreati ad arte? Sono segni di guerra, di disperazione o di una pacifica rivoluzione?
 
“Non ce la faccio più a sentir parlare di patria: un trogolo dove tutti ci mettono il muso per non ascoltare la propria coscienza”. È questa una delle battute più efficaci e più attuali di “Sissi l’imperatrice”, scritto e diretto da Roberto Cavosi, protagonista Federica Luna Vincenti con Milutin Dapcevic, Ira Nohemi Fronten, Claudia A. Marsicano e Miana Merisi. Lo spettacolo, che si potrà vedere al teatro Nuovo il 13 luglio, è il racconto dell’inquieta e tormentata vita di Elisabetta d’Austria, nota al grande pubblico per la fortunata trilogia cinematografica con Romy Schneider. Attenta alle questioni sociali, antimperialista e disgustata dalle atrocità delle guerre che divampano, in eterno lutto per la scomparsa assurda di due dei suoi figli, Sissi si dedica maniacalmente alla cura del suo corpo, alla scelta della sua acconciatura e delle scarpe, forse proprio per creare una barriera al senso di morte che le aleggia intorno. Profetessa dell’imminente crollo dell’Impero Asburgico, ci mostra quel mondo come paradigma del nostro mondo, di un presente in cui le piaghe della sopraffazione, del razzismo e della guerra sono più virulente che mai. La sua sensibilità ferita parla a tutti noi, alle nostre ferite. “Vi prego, dottore: ordinatemi di vivere”.  
 
Alla Sala Assoli di Napoli sono in programma 10 appuntamenti di Prosa Nazionale. Il 14 giugno il Campania Teatro Festival e il suo direttore artistico Ruggero Cappuccio rendono omaggio a Enzo Moscato ospitando Pièce Noire (Canaria), il testo vincitore del Premio Riccione per la drammaturgia nel 1985 che impose Moscato all’attenzione del panorama teatrale nazionale. Una scrittura in cui emersero tutti gli elementi che poi hanno caratterizzato il suo teatro, in particolare l’invenzione di una lingua capace di unire tradizione e contemporaneità, che lo ha connesso con altri autori del Novecento come Artaud, Genet e Pasolini. A quarant’anni esatti si ricorda quell’evento con un nuovo allestimento del lavoro, con l’adattamento e la regia di Giuseppe Affinito, attore della Compagnia Enzo Moscato cresciuto nel solco del grande drammaturgo, e con in scena Cristina Donadio, interprete storica del teatro di Moscato. Ad accompagnarli una compagnia di giovani e talentuosi interpreti.
 
Uno spettacolo che nasce dall’esigenza di approfondire attraverso le arti performative le connessioni tra la cultura turca e quella italiana, lavorando sulle suggestioni scaturite dalle possibili contaminazioni. Questo è “exPOST”, ideazione, drammaturgia, regia e azione di Mauro Maurizio Palumbo, in scena alla Sala Assoli il 16 giugno, dopo il debutto del mese precedente a Istanbul. Partendo dal titolo, che prende spunto dal latino e indica qualcosa “fatta dopo”, si vuole far riflettere sulla storia dell’uomo nelle relazioni temporali, con uno sguardo inevitabile all’attuale iperconnessione che vive attraverso i social network. L’osservazione di relazioni interpersonali e il concetto di alterità sono il motore di un processo creativo in costante divenire.
 
Il 19 e 20 giugno va in scena invece “In riva al mare” dell’autrice francese Véronique Olmi, un progetto di Francesco Frongia, con Ginestra Paladino e l’intervento per la parte visiva e scenografica di Mimmo Paladino. Una madre decide di regalare ai suoi due piccoli figli una gita al mare. Gli fa saltare la scuola, li porta sull’autobus, in un difficile viaggio notturno sotto una pioggia battente. Lei ha paura di farsi notare e anche i suoi figli provano un certo imbarazzo: la vergogna dei poveri. Quando arrivano a destinazione, i sogni si scontrano con la realtà. Ispirato a una drammatica storia vera, questo breve e intenso monologo ci racconta, attraverso una scrittura lirica, la disperazione di una madre che ama e si illude di poter rendere felici i suoi figli, ma anche di un mondo che non sa più aiutare. “In riva al mare”, come scrive Francesco Frongia nelle note di regia, è un grido disperato che arriva al cuore, denunciando il male peggiore della nostra epoca: l’indifferenza. Produzione del Teatro dell’Elfo di Milano con la Fondazione Campania dei Festival.
 
Liberamente ispirato a “Diario di una scrittrice “ di Virginia Woolf è “Diario di un’attrice”, lo spettacolo di e con Federica Bognetti, che ne cura anche la regia, in scena alla Sala Assoli il 22 giugno. “Come per la scrittrice l’inizio è una pagina vuota, così nella vita dell’attrice la scena è vuota, una pagina bianca da riempire, sulla quale creare, immaginare. Il paradosso dell’attore è quello di essere al contempo la pagina bianca e colui che la riempie e la fa vivere”, scrive Federica-Virginia. E affronta, attraverso un flusso di coscienza nel quale prendono corpo e voce, alcuni temi cari alla Woolf come la memoria, la creazione e la guerra. Attingendo non solo dal suo diario, ma anche da “Momenti di essere”, raccolta di ricordi e scritti autobiografici, e  da “Le Onde”, certamente la sua opera più sperimentale.
 
Sempre alla Sala Assoli, il 25 giugno è in programma “Geltrude, Lucia e le altre” di e con Eleonora Mazzoni, con la regia di Simonetta Solder e la voce fuori campo di Lino Guanciale. Liberamente tratto da “Il cuore è un guazzabuglio” della stessa Mazzoni, lo spettacolo ci fa scoprire, partendo dai personaggi femminili più emblematici dei “Promessi Sposi” e da Giulia Beccaria ed Enrichetta Blondel, un Manzoni dinamico, inquieto, libero, sempre alla ricerca del nuovo e dell’avanguardia in ogni campo. Anche attraverso la creazione nel suo capolavoro letterario di figure di donne in grado di rappresentare un universo ricco e variegato. Ironico e affabile conversatore, ambizioso, ma sempre alla mano, l’uomo Manzoni che riaffiora dalle quasi duemila lettere che ci ha lasciato è lontano anni luce dal personaggio austero e impolverato che ci è stato tramandato tra i banchi di scuola. Con lo sguardo grave e mesto, come nel celebre ritratto di Francesco Hayez che troneggia su ogni libro a lui dedicato.
 
Una storia, ispirata a una vicenda reale, di violenza tra donne, solidarietà mancata e amore difficile e nascosto. Questo è, in estrema sintesi, “Hijos de Buddha” di Nicolò Sordo, regia di Alessandro Rossetto, il lavoro teatrale ospitato in Sala Assoli il 27 giugno. Maria Sanchez Misericordia è una badante buddista, cleptomane e quasi alcolizzata, che cerca disperatamente l’amore in chiunque sia disposto a darglielo. E’ spagnola, approdata a Roma per motivi che forse anche lei non ricorda. Sfrutta la bellezza di GiraGira, una ragazza arrivata dall’Africa con un figlio, facendola prostituire per un permesso di soggiorno che non è in grado di farle avere. Quando GiraGira estinguerà il suo debito e otterrà i documenti, Maria Sanchez pagherà la propria infelicità a prezzo intero. Intanto, Maria parla con Buddha…che le risponde. Un racconto working class, senza work e senza class, dove uscire dalla miseria non è solo una questione di soldi. Con Marina Romondia, Fatou Malsert e Alejandro Bruni.
 
Tre fratelli, Gabriele, il più grande, con la passione per i viaggi. Ha lasciato casa da poco, alla ricerca di qualcosa di nuovo. Anna, quella di mezzo, sempre attaccata alla sua macchina fotografica. Davide, giovane e ribelle, sicuro delle sue idee, arrabbiato e ingenuo. Sono i protagonisti di “Sarajevo” di Biagio Di Carlo e Mario Gelardi, che è anche regista dello spettacolo in programma alla Sala Assoli il 6 luglio. Gabriele torna a casa dopo una lunga assenza, vuole parlare solo con i suoi fratelli, ricostruire i pezzi di una vita segnata da un segreto. Il padre è morto da poco, la madre, fotografa di guerra, attaccata alla bottiglia per la maggior parte del tempo. Sullo sfondo di una guerra etnica che ha lasciato ferite indelebili, ci sono nuove vittime che cercano posto a Sarajevo. Che cos’è una famiglia? Occorre avere lo stesso sangue per definirsi fratelli? Una storia sul valore della propria identità, sull’idea di chi siamo e di chi vorremmo essere. Con Giovanna Sannino, uno dei volti più amati di “Mare fuori”, Luca Ambrosino e Franceso Ferrante, interpreti della serie Rai “Il Clan”.
 
“Un testo che insegue la possibilità di stare al mondo con decenza. Per farlo a noi umani non resta che accettare la nostra dimensione temporale, il nostro essere di passaggio, la necessità di una contrattazione in continuo movimento dei gesti civili e sentimentali”. Così Silvio Perrella, scrittore e critico letterario, descrive il suo “Purgatorio dei viventi”, opera teatrale diretta da Ettore Nigro e con Anna e Clara Bocchino, in programma alla Sala Assoli l’8 luglio. Il Purgatorio come regno del tempo, luogo dell’abitare, pronto ad accogliere comunità di umani in dialogo tra loro, mutevole come il mare, dove ogni cosa viene misurata dai confini della prossimità. “E’ per questo – rivela Perrella- che nel “Purgatorio dei viventi” si tesse l’elogio del grigio, un colore che sembrerebbe minore rispetto a cromie più squillanti e perentorie, ma che invece ha nel suo grembo tutta la gamma degli altri colori, perché è per l’appunto una cromia relazionale, l’emblema di chi sa e vuole stringere la mano altrui”.
 
La Sala Assoli ospita il 10 luglio anche “Ninfa plebea. La fiaba”, l’adattamento di Rosalba di Girolamo del romanzo di Domenico Rea che si aggiudicò il premio Strega nel 1993. La storia di Miluzza, adolescente traboccante sensualità e purezza, rivive nella sua ambientazione da fiaba, attraverso il linguaggio sporco e incantato, dolcissimo e brutale dello scrittore e giornalista napoletano. Una favola contemporanea grigia e colorata, una riflessione sull’abuso del forte sul debole e del grande sul piccolo, che racconta le esperienze di vita di una stella terrena che in un mondo fatto di orchi, streghe e matrigne riesce comunque a trovare una strada, la sua strada. In scena Peppe Lanzetta (Nonno Fafele) e Rosalba Di Girolamo (Miluzza adulta) fanno da narratori, assumendo, in un continuo gioco di ruoli, i volti e le voci dei tanti personaggi evocati, mentre una cantante e una giovanissima danzatrice ne sono il contraltare e incarnano Miluzza in altri momenti della vita. Consulenza alla sceneggiatura di Lucia Rea.
 
“Mirare-sparare-fiorire”, studio per un innesco, è lo spettacolo di e con Martina Carpino, Simona Fredella e Francesca Morgante, in scena alla Sala Assoli l’11 luglio. Mantenere un’integrità psico-fisica ben salda. Questa è la condizione esistenziale fondamentale per tre individui adulti di sesso femminile. Il venerdì si allenano insieme in palestra con il loro personal trainer, dividendo il costo della lezione. Mentre le implacabili voci della radio scandiscono e riempiono lo spazio-tempo, il chiacchiericcio sul processo evolutivo delle loro vite diventa sempre più incalzante, fino a quando un evento non previsto le metterà faccia a faccia con il senso di vuoto. Da attraversare senza averne paura, mettendosi in discussione, rimboccandosi le maniche. Pronte a fiorire.
 
Il teatro Sannazaro ospiterà 6 spettacoli di Prosa Nazionale. Il primo, il 20 e 21 giugno, è “La Principessa di Lampedusa” di Ruggero Cappuccio, diretto e interpretato da Sonia Bergamasco. Una partitura di sentimenti e un concerto di emozioni, raccontate attraverso il vitalismo di un’anima sublime. Quella di Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò, madre di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, l’autore de “Il Gattopardo”. Una donna coraggiosa, carismatica, risoluta e complessa, che si staglia con la sua modernità tra le macerie di una Palermo ferita dai bombardamenti del maggio 1943. Trovando le parole per lasciarsi trasportare e trasportarci nell’ “impetuoso flusso onirico” dei ricordi che assediano la vita terrena, anche attraverso una linea musicale orchestrata con sapienza dal compositore Marco Betta e da Ivo Parlati. “La forza della natura siciliana, la seduzione di oscure energie elleniche, gli dèi, il sangue, le guerre e l’anelito alla bellezza -come scrive Cappuccio-sono il campo magnetico in cui la Principessa, ancora attratta dal fascino dei corpi, apre un duello per raggiungere la liberazione”. Coproduzione della Fondazione Campania dei Festival.
 
Un percorso di ricerca rivolto a un pubblico esclusivamente di donne (cis, trans e non binary). Questo, e non solo questo, è l’originale “Svelarsi”, diretto da Silvia Gallerano, spettacolo, esperimento, serata, happening, sabba, pigiama party, assemblea… qualcosa di indefinito e di indefinibile, proposto al Sannazaro il 22 giugno. Un momento di riflessione piuttosto allegro su temi come il femminismo, l’umiliazione, la rivalsa, il senso di colpa, l’autodeterminazione. Una serata per sole donne, che genera parecchie risate e una smodata sorellanza. A partire da quella nuda primavera del corpo femminile che il titolo rivela. Un’esperienza immersiva, necessaria, contagiosa, da far vedere a più donne e ragazze possibili. Risponde chi se la sente ed è interessata a rispecchiarsi. Di e con Giulia Aleandri, Elvira Berarducci, Smeralda Capizzi, Benedetta Cassio, Livia De Luca, Chantal Gori, Giulia Pietrozzini, Silvia Gallerano, con il contributo di Serena Dibiase e la voce di Greta Marzano.
 
Sempre al Sannazaro il 23 giugno è atteso e spicca “Il volo”, spettacolo multisensoriale per bambine e bambini neurodivergenti creato e diretto da Francesco Campanile, che ne è anche interprete con Elena Francesca Tarallo. La storia di Kim, un uccellino che desidera volare, ma ha le ali troppo piccole per farlo, diventa quella dell’incontro da cui nascerà una tenera amicizia e l’aiuto per librarsi finalmente in cielo. Un viaggio di scoperta che prevede l’animazione di un colorato pupazzo e l’utilizzo di oggetti dai materiali diversi, di suoni, odori e atmosfere, per favorire le risposte adattive agli stimoli esterni e lo scambio affettivo con i performers. Un progetto di Teatri di Carta, in collaborazione con il teatro Sannazaro.
 
Il teatro Franco Parenti di Milano, in coproduzione con il Centro Teatrale Bresciano e con la Fondazione Campania dei Festival, propone il 26 e il 27 giugno al teatro Sannazaro “La Storia”, liberamente ispirato all’omonimo capolavoro di Elsa Morante. Lo spettacolo, ideato e diretto da Franco Cabra, è un viaggio appassionato nelle vicende di Iduzza, dei suoi due figli Nino e Useppe e dei numerosi personaggi del romanzo. Un corale e commovente intreccio di destini in lotta con gli ingranaggi spesso incomprensibili della Storia. Quella con la S maiuscola, lo scandalo che dura da diecimila anni, come era scritto nel sottotitolo di copertina della prima edizione del 1974. La drammaturgia, serrata e affascinante, è dello scrittore Marco Archetti. Gli interpreti sono Franca Penone, Alberto Onofrietti e Francesco Sferrazza Papa.
 
Un interessante sequel uscito dalla penna di Livia Castiglioni, in scena il 29 giugno al Sannazaro con la regia di Alberto Oliva, è “After Kostja-il Gabbiano di Cechov vent’anni dopo”. A distanza di tanto tempo dal tragico finale del capolavoro che tutti conosciamo, ritroviamo Nina e Arkadina, interpretate da Sarah Biacchi e Alessandra Frabetti. La Russia è investita dal vento della rivoluzione, ed è in quel profondo vento invernale che Nina bussa alla porta dell’antica casa del lago per salvare Arkadina, che vive completamente sola, dagli attacchi dei contadini. Arkadina, tuttavia, le propone un gioco al massacro fra attrici, non avendole mai perdonato mai né la morte di Kostja, né la riconquista di Trigorin. Sono due donne sole, una ha 43 anni, l’altra 70, che si stringono nella neve cercando il pulviscolo della vita e dei dolori che le hanno trafitte. Tutto può accadere, è l’alba della Rivoluzione d’Ottobre. 
 
Cinque quadri scenici e altrettante declinazioni diverse della verità, in un curioso sovrapporsi di immagini e parole. Questo è il gioco teatrale di “Ipoacusia”, libero adattamento di Angela de Matteo, Massimo de Matteo e Peppe Miale del divertente e intelligente “Confusioni” del drammaturgo britannico Alan Ayckbourn atteso al Sannazaro il 1° luglio. “La vicina di casa ed il marito non rimproverano alla “Figura materna” il suo comportamento maternamente parossistico, ma anzi diventano essi stessi bambini. Harry, marito scontento in trasferta di lavoro, corteggia goffamente “Al bar”, laddove una immediata rivelazione delle sue intenzioni avrebbe avuto forse un successo immediato sulle due svagate e annoiate stagiste; due coppie di coniugi battibeccano furiosamente ad un ristorante, “Tra un boccone e l’altro”, incuranti di un imperturbabile maitre ed ancor di più dell’inutilità dell’essere altrove dalle proprie case; tutti i protagonisti della “Festa di Gosforth” continuano a dibattersi  per la  buona riuscita di un evento che sembra fondamentale per la loro vita mentre gli accadimenti farseschi lo rendono invece  progressivamente secondario, e poi insignificante, e poi ancora meno……  La verità fa capolino ed esplode poi fragorosa quando i protagonisti, scambiandosi, come da titolo del quadro finale, “Due chiacchiere al parco”, parlano con sincerità, ma nessuno, anche ora, ascolta l’altro.  Forse perché è ormai troppo tardi e sullo spettacolo (o sulla vita?) cala la tela. Peccato per la vita. Sarebbe stato sufficiente sentire e guardare per riconoscersi. Meglio per il teatro. Capire quasi mai fa rima con ridere”, scrive il regista Peppe Miale. In scena Angela de Matteo e Massimo de Matteo.
 
Sei sono gli spettacoli di Prosa Nazionale anche al teatro Trianon di Napoli. Definita da Virginia Woolf “la più perfetta artista tra le donne, la scrittrice i cui libri sono tutti immortali”, Jane Austen ha ispirato con “Orgoglio e pregiudizio”, il suo romanzo più famoso, autori di ogni epoca. Con la straordinaria interpretazione di Laura Morante e le coreografie originali Regency della Compagnia nazionale di danza Storica diretta dal Maestro Nino Graziano Luca, il capolavoro della Austen, della quale nel 2025 si celebrano i 250 anni dalla nascita, approda al Festival il 14 giugno. Fin dal primo incontro tra Elizabeth e Mr Darcy in una sala da ballo, assistiamo a un gioco di note, emozioni e silenzi che vede i due protagonisti cercarsi, detestarsi, fraintendersi, ritrovarsi, amarsi. Finché l’una abbandonerà il pregiudizio e l’altro deporrà l’orgoglio. La regia è di Nino Graziano Luca.
 
Lo scontro brillante, drammatico e feroce, ma a tratti anche comico, tra Giordano Bruno e il cardinale Roberto Bellarmino diventa drammaturgia in “Le ultime ore di Giordano Bruno”, atto unico di Stefano Reali, interpretato da Giuseppe Zeno e Massimo Wertmuller. Lo spettacolo, in scena al Trianon il 16 giugno, partendo dall’indignazione del filosofo nolano contro ogni forma di censura al libero pensiero, affronta argomenti sempre attuali. Il confronto serrato è sull’idea stessa di libertà, ma non mancano riflessioni altrettanto interessanti. Non sempre è evidente, infatti, chi è davvero libero, anche se si tratta di un Inquisitore del Vaticano, e chi invece è schiavo della propria immagine. Pronto a rimetterci la vita piuttosto che rinunciare all’immortalità di eroe del pensiero.
 
La filosofia, il linguaggio e la modernità del più famoso atto unico di Pirandello. C’è tutto questo e qualcosa in più in “La patente-‘u picciu”, adattamento e regia di Fulvio Cauteruccio, in scena insieme a Flavia Pezzo e a Massimiliano Bevilacqua il 19 giugno al Trianon. La figura di Rosario Chiarchiaro, reso iconico da Totò nel film del 1954 diretto da Luigi Zampa, assume in questo caso una nuova dimensione, coniugando l’uso dell’intelligenza artificiale con quella dell’attore in carne ed ossa. Vittima di un’ingiustizia, di credenze e dicerie, non solo il Chiarchiaro di Cauteruccio si ribellerà e farà sentire la sua voce, ma chiederà al pubblico di esercitare a sua volta la professione iettatoria. Gufando contro i mali generati dal post-capitalismo e dal buonismo ipocrita, intollerante alle differenze e amante del pensiero unico. La voce recitante è di Ninni Bruschetta.
 
Sempre al teatro Trianon, il 21 giugno approda “Metadietro”, spettacolo (mai) scritto da Antonio Rezza, habitat di Flavia Mastrella. “L’ammutinamento è sempre auspicabile in un organismo sano. Un ammiraglio blu elettrico tenta di portare in salvo la sua nave spalleggiato da una frotta che lo stordisce con ossessioni di mercato: la salvezza di chi ti è vicino non è la via di fuga per chi vive delle proprie idee. In ogni caso nessuno è colpevole, c’è solo un gran divario nello stare al mondo. Tra visioni difformi si consuma l’ennesimo espatrio, che non è la migrazione di un popolo, ma l’allontanamento inesorabile dalla propria volontà. E vissero tutti relitti e portenti. Tornare alla dimensione naturale e selvaggia è impossibile. Viviamo una nuova preistoria; la mansione umana è mortificata, confusa e inadeguata, nello spazio virtuale fatto materia, un ecopentagono provoca il vuoto, personaggi invisibili fiancheggiano l’egocentrico edificio: non sono fantasmi, ma sollecitazioni induttive e, nonostante tutto, la realtà non è mai uniforme, scombina sempre i programmi prestabiliti e nutre in modo imprevedibile la funzione della fantasia. La crudeltà tecnologica è la nuova violenza. In realtà la libertà di non essere presente alle faccende quotidiane è un’illusione; telecomandati a distanza potremmo avere la sensazione di vivere. E’ la scomparsa dell’eroe”. In scena con Antonio Rezza c’è Daniele Cavaioli.
 
“Netamiau perché sei morta-ingiunzione a una bambina” di Marco Gobetti, che ne è anche interprete e co-direttore con Chiara Galliano (recitazione, violoncello e voce), è la proposta del 23 giugno al teatro Trianon. Un uomo parla a una bambina: le promette prodigi meravigliosi; ma lei non può rispondere e i prodigi si riveleranno terribili. Una fiaba cruda che si fa satira feroce e spinge a riflettere su temi attuali: la strategia della menzogna imperante, i genocidi subiti, usati come carta di credito per commetterne altri, l'industria della violenza e le guerre sistematiche che riducono interi popoli a carne da macello, mero fattore di un calcolo economico e geostrategico. Un lavoro teatrale che si fa gesto politico, a partire dal titolo chiaramente allusivo, e usa la poesia per sollecitare un “pensiero largo”, motore imprescindibile di azioni consapevoli e di un vigoroso moto vitale.
La cronaca diventa teatro in “Notte a Teheran”, l’ultimo spettacolo della sezione Prosa Nazionale in programma al teatro Trianon il 12 luglio. Protagonista la giornalista Cecilia Sala, che lo ha scritto insieme al regista Bruno Fornasari, è il racconto in presa diretta da un Paese che brucia. Cecilia Sala ci porta con sé in un viaggio tra le storie dell’Iran contemporaneo. Dalle feste clandestine nelle case alle proteste nelle piazze, dalla guerriglia nelle università alle parole soffocate dietro le sbarre del carcere di Evin, dove lei stessa è stata detenuta per 21 giorni. La narrazione dello spettacolo intreccia i viaggi di Cecilia Sala in Iran, e la sua storia, alle storie che ha raccolto sul campo, restituendo un ritratto potente di un paese in bilico e della generazione di arrabbiati che lo abita. In un dialogo tra parole e musica che è reportage, memoria e scoperta.
 
Oltre a due spettacoli della sezione Internazionale, il palcoscenico del teatro Politeama di Napoli accoglierà il 27 giugno uno show che si annuncia come garanzia assoluta di divertimento. È il “So’ Peppe Therapy”, con Peppe Iodice, che lo ha scritto insieme a Marco Critelli e Francesco Burzo. Una forma di auto-analisi con risata incorporata, condividendo, liberamente e senza filtri, segreti e piccole manie. Quelle che sono comuni a tutti, ma che ci appaiono in tutta la loro evidenza attraverso l’ironia e l’umorismo sapiente di un beniamino del pubblico come Iodice. In questa “seduta” collettiva, che solo il teatro può ancora garantire, confluiscono i pensieri, i dubbi e le esperienze di una vis comica irriverente e sincera. Per dirsi “tutto, ma proprio tutto, tanto alla fine resta tra di noi”. Come promette, in “ultima analisi”, il regista-terapista Francesco Mastandrea.
 
È l’incitamento alla vendetta il motivo dominante de “Le Coefore” di Eschilo. Lo sa bene Laura Angiulli, regista dello spettacolo atteso a Galleria Toledo di Napoli il 3 luglio. Tracciando un filo di contatto con la “Cassandra”, tragedia che porta in scena con successo già da qualche anno, la Angiulli conserva una formazione al femminile (Elettra è Alessandra D’Elia, Caterina Pontrandolfo il primo coro) e la integra con la necessaria figura del vendicatore Oreste (Gennaro Di Colandrea) e con quella di Pilade (Paolo Aguzzi). Centrale è la voce collettiva del Coro, che nelle “Coefore” non ha certo un ruolo pacificatore, ma pronuncia espressioni di ferocia assolutamente in tono con quella che stringe l’anima dei due fratelli. Un alito acre, gravido di odio e ribrezzo, flagella la prora del cuore. Il sangue che goccia chiazza la terra, delitto strepitando attira vendetta. La drammaturgia, con approccio personale alla traduzione, è di Laura Angiulli.
 
Cento anni fa Francis Scott Fitzgerald concludeva a Capri il romanzo che lo consacrerà come il più grande scrittore della sua generazione. “Il grande Gatsby” sarà pubblicato il 10 aprile del 1925. “Una notte con “Il grande Gatsby”, mise en space di Euridice Axen, in scena il 7 luglio nel Cortile della Carrozze di Palazzo Reale, è un incontro- spettacolo per raccontare la magica e misteriosa atmosfera che circonda Francis Scott Fitzgerald e sua moglie Zelda Sayre, la coppia dell’età del jazz, una vita sempre insieme fatta di amori, litigi, feste, sperperi: momenti in cui la realtà si confonde spesso con la finzione. Un racconto appassionante per capire se il romanzo è stato la loro vita oppure hanno spinto oltre ogni eccesso la loro vita per renderla un romanzo? 
 
Le relazioni umane, i desideri più cupi, la sfida intellettuale, la cecità come risposta all’incomprensibilità del mondo. Sono tra i mille elementi dell’”Edipo re” di Sofocle, il testo classico che, nell’adattamento di Gianni Carrera e Luca De Fusco, va in scena il 9 e 10 luglio nella Villa Campolieto di Ercolano. Un vero e proprio “thriller”, nella chiave registica scelta da De Fusco, dove i personaggi si muovono come al buio, nessuno conosce e comprende l’identità e la relazione con l’altro, mentre su tutti grava una sorta di maledizione e un “oracolo” che profetizza sventura. Protagonista dello spettacolo, vero e proprio percorso psicoanalitico all’interno della psiche di Edipo, è Luca Lazzareschi, che interpreta anche l’indovino Tiresia e il primo e il secondo contadino.
 
 
 
PROGETTI SPECIALI.
 
Tornano i Progetti Speciali. E si rinnova in questa Sezione la virtuosa sinergia con Pompeii Theatrum Mundi. Una collaborazione che quest’anno si sostanzia nella co-produzione di due spettacoli della rassegna. La Fondazione Campania dei Festival fornirà il suo sostegno anche al concerto “Pino è-Il viaggio del Musicante” che si terrà il 18 settembre in piazza del Plebiscito a Napoli.
 
Suscita grande interesse, e dal 2021 ha un pubblico di veri appassionati, “Il Sogno Reale. I Borbone di Napoli”, evento ideato da Ruggero Cappuccio e prodotto dalla Fondazione Campania dei Festival, a cura di Marco Perillo. Nel Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale, dal 3 al 13 luglio alcuni attori di rilievo nazionale, in questa edizione saranno di volta in volta Claudio Di Palma, Antonella Stefanucci, Milena Vukotic, Anna Foglietta, Anna Bonaiuto con Roberto De Francesco e Aura Ghezzi, presteranno la loro arte a cinque racconti brevi ispirati all’epoca borbonica. Narrazioni inedite, scritte per l’occasione da Valeria Parrella, Anna Marchitelli, Giuseppe Rocca, Maurizio Ponticello, Maurizio De Giovanni. Letture drammatizzate che, come scrive Cappuccio nella nota di presentazione del progetto, ha l’obiettivo di “attivare il turbamento del passato/presente e accoglierlo senza paura. La Storia, infatti, non può essere considerata una disciplina che esamina fatti conclusi, ma una conoscenza che esplora i rapporti tra memoria e divenire. Nel Gattopardo, Tomasi di Lampedusa, alludendo alla Sicilia e al Sud, dice che i monumenti del passato che ci circondano sono magnifici ma non edificati da noi; dice che questi monumenti ci stanno intorno come bellissimi fantasmi muti. Il Sogno Reale vuole indagare intorno alle emozioni e ai sentimenti che li produssero e indagare, anche, sul perché il Sud abbia tanto invocato questi fantasmi con i quali ha un rapporto di amorosa, conflittuale, irrisolta passione”. Prevista anche, come da apprezzata tradizione, la redazione e pubblicazione di una guida stampata dei siti borbonici commissionati e realizzati dai Reali e destinati alle diverse attività: residenze, riserve di caccia e pesca, attività agricole, industriali, scientifiche e innovative, collezioni d’arte e musica. Il prezioso volume sarà distribuito gratuitamente al pubblico che assisterà agli eventi del progetto.
 
Il Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale ospiterà il 22 giugno anche la cerimonia finale della quinta edizione del premio che rende omaggio alla memoria di un grande attore: Carlo Croccolo, scomparso il 12 ottobre di 6 anni fa. Un appuntamento, ma soprattutto un atto d’amore, affidato all’iniziativa appassionata di Daniela Cenciotti, fondatrice del Festival del Cinema di Castel Volturno e moglie di uno dei pochi talenti capace di tenere testa all’inventiva esplosiva di un genio della comicità come Totò. Al vincitore sarà consegnata un’opera, “Il baule dell’attore”, del giovane scultore di origine africane Agy Evans, che riproduce in scala il prezioso oggetto che ha accompagnato Croccolo durante la sua carriera e contiene un lingotto d’oro. Un riconoscimento che va a un artista che ha già lasciato un segno nel mondo dello spettacolo, ma ha ancora un lungo viaggio da fare.
 
Può la poesia, il teatro, trovare un reale contatto con il mondo esterno e cercare di rigenerarlo? A questa e a una serie di altre domande prova a dare una risposta “Via Santa Maria della Speranza/Il cielo sopra” di Maria Angela Robustelli, epilogo di una trilogia ispirata a “I giganti della montagna”, dramma incompiuto di Luigi Pirandello. Il terzo e ultimo spettacolo, in programma l’11 luglio,avrà un carattere itinerante e performativo. Si aprirà in strada, in piazza Municipio, dove il pubblico arriverà a bordo del bus “Senzatempo” e dove si svolgerà la prima parte della performance che prevede un lavoro di videomapping a cura di Martina Magri, videoartista e documentarista. Le immagini saranno quelle del documentario sulla Trilogia, missate con un fiction collage ispirato a testimonianze di Leo De Berardinis, Eduardo, Valenzi, Camilleri, e riproduzioni di altri grandi artisti del passato. Il pubblico si sarà radunato lì, e Ilse, l’attrice, una donna con un logoro abito di scena, è in mezzo a loro. Successivamente, lei condurrà gli spettatori per un breve tratto di via Toledo, passando per via Speranzella e arrivando al Teatro di Corte di Palazzo Reale. Questa immagine/metafora della condizione del Teatro e dell’Arte in genere del nostro tempo sarà per Ilse uno sturm und drang emotivo ed espressivo. Il-sé è tornata a casa, ma cosa resta della sua casa? Un’esperienza da condividere con il pubblico presente. Con Maria Angela Robustelli e Ars Nova orchestra. E con Silvia Pignataro, Alice Ricciardi, Elena Pandolfi, Salvatore Torregrossa, Genny De Rosa, Rosalba Alfano e Giulia Rizzo. Teatro di Corte di Palazzo Reale
 
Sempre a Palazzo Reale, ma nello spazio del Giardino Romantico, torna quest’anno il Dopofestival. Dal 28 giugno al 13 luglio, al termine degli spettacoli ci sarà la possibilità di continuare la serata all’insegna della buona musica e del divertimento. Il programma dei concerti verrà pubblicato successivamente sul sito della Fondazione.
 
Speciale è anche il progetto prodotto da “La Scugnizzeria”. Il 28 giugno al Trianon va in scena “Eden Teatro”, drammaturgia di Rosario Esposito La Rossa liberamente ispirata all’omonimo testo di Raffaele Viviani del 1919. Dopo oltre un secolo, nella periferia napoletana per dieci mesi 100 ragazzi dai 5 ai 25 anni dell’hinterland di Napoli nord, partendo dai versi e dalle musiche del grande commediografo stabiese, hanno dato vita a una compagnia sull’orlo del baratro, portando in scena dive, cantanti, ballerini e attori. Artisti senza talento che si vendono per un pizzico di popolarità. La mediocrità come punto di arrivo. La sopraffazione dell’altro pur di raggiungere l’obiettivo dei riflettori, il successo ad ogni costo. In un mondo governato dai social e dai follower 100 ragazzi si mettono in discussione sulle tavole di un palcoscenico. La regia è di Maddalena Stornaiuolo. 
 
Un particolare significato sociale, e dunque politico, ha anche #Foodistribution VIII ∞, un progetto di Manovalanza a cura di Davide Scognamiglio e Daniele Ciprì, con la regia di Adriana Follieri. Lo spazio scenico per il quarto anno consecutivo è quello dei Bipiani a Ponticelli, dove una storia reale che ispira il racconto simbolico si fonde con esso: il passato denso che evolve nel futuro con la costruzione e l’assegnazione delle nuove case, portando con sé la sua ambigua conflittualità. Protagonisti dello spettacolo, in programma il 6 luglio, sono artisti professionisti e gli abitanti del luogo, mediante l’azione di creazione artistica e di coesione sociale - con la consulenza scientifica del professor Rosario Sommella - attraverso cui piccole e grandi comunità urbane, perlopiù di aree periferiche, entrano in relazione diretta e continuativa con le arti della scena, partecipando attivamente alle varie fasi che precedono il conclusivo allestimento teatrale. #Foodistribution VIII ∞ parte dal desiderio, dopo 45 anni di vita nei prefabbricati, di avere una casa in muratura, una casa vera, le cui particelle aeree e sonore possano finalmente smettere di penetrare fin dentro i polmoni, fin dentro l’anima. Questo desiderio, che chiede come una preghiera di essere esaudito, è l’inizio della drammaturgia.
 
La sezione dei Progetti speciali rende quest’anno anche un omaggio ad Anna Magnani. L’associazione Arnia Tetris propone infatti “Ciò che fu, ciò che è, ciò che sarà” -il cinema di Nannarella. La location individuata per declinare il progetto artistico è la fiabesca cornice del Fiordo di Furore, alcova naturale nel cuore della Costa d’Amalfi. In questo luogo magico sarà strutturata un’arena cinematografica sui generis, capace di valorizzare il territorio e la sua conformazione naturale, preservandone l’equilibrio dell’ecosistema attraverso l’utilizzo del paesaggio come schermo per cortometraggi, film e proiezioni fisse di visual art, integrandosi armoniosamente con l’ambiente. I contenuti proposti rappresenteranno un focus sulle figure di Anna Magnani e Roberto Rossellini, con opere come “L'amore” (1948), pellicola in due episodi diretta da Rossellini, con una straordinaria interpretazione della Magnani. Appuntamento con i film ogni sabato dal 13 giugno al 13 luglio, mentre l’installazione sarà visitabile per tutto il periodo.
 
A Palazzo Coppola di Valle/Sessa Cilento (Sa) si proietta invece il 12 luglio, con replica il 13, “Il tesoro”, soggetto, sceneggiatura, regia e musiche di Renato Salvetti, actor coach e aiuto regia Franca Abategiovanni e Marina Sorrenti. In un tranquillo paesino di montagna, un gruppo di giovanissimi trova per caso una vecchia pergamena redatta da un brigante che, secondo una leggenda locale, sarebbe vissuto anni addietro nei boschi della zona. Il brigante indica il punto di partenza di due strade, che si possono percorrere solo risolvendo una serie di enigmi e che portano a due mete diverse: una cela un tesoro, l’altra una cosa di cui non rivela la natura. Gli amici, affascinati dalla possibilità di vivere un'avventura straordinaria e dalla speranza di arricchirsi e cambiare vita, decidono di provare l’impresa. Tuttavia, in disaccordo sulla strada da imboccare, si dividono in due gruppi: quello che troverà il tesoro non lo dividerà con l’altro. Una piccola grande opera per imparare l’importanza della fiducia e della collaborazione, ma anche a superare le proprie paure e ad affrontare la vita. Interpreti d’eccezione i giovani della comunità cilentana che partecipano ai laboratori dell’associazione Articolart.
 
CINEMA
 
Il Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale ospiterà anche, dal 29 giugno al 13 luglio, la sezione Cinema, articolata in una prima parte, a cura di Titta Fiore, presidente di Film Commission Campania, con 7 proiezioni e relativi ospiti tra registi e interpreti, e una seconda, affidata a Roberto D’Avascio, che concentrerà la sua attenzione sui docufilm. In questo segmento sarà proiettato anche “Si dice di me”, di Isabella Mari, protagoniste Marina Rippa e le donne del suo laboratorio teatrale. Nel cuore di Napoli, in quartieri complessi, la Rippa guida da trent’anni donne di tutte le età attraverso il teatro, trasformando un laboratorio in uno spazio vitale di libertà e di emancipazione. Mentre le loro storie intrecciano passato, presente e futuro, lo spazio scenico diventa il luogo dove riscrivono le loro vite e trovano la forza nella sorellanza, dimostrando che la condivisione è il vero strumento di riscatto. Il film racconta questo viaggio di emancipazione e autodeterminazione che trasforma lo spazio scenico in un luogo sacro, dove storie di ribellioni e riscatto prendono vita. Il programma dettagliato sarà presto comunicato sui canali social del Campania Teatro Festival. Da segnalare che tutte le proiezioni saranno fruibili anche per persone non udenti e non vedenti.
 
MUSICA
 
Sono 12 gli eventi della Sezione Musica. Otto saranno ospitati nel Cortile della Carrozze di Palazzo Reale a Napoli, uno, quello di apertura, nel Cortile d’Onore, e altri tre rispettivamente nel Teatro di Corte, in Sala Assoli e nella Villa Campolieto di Ercolano. Si parte il 13 giugno con l’atteso concerto di Elisabetta Serio e Sarah Jane Morris, inaugurazione del Campania Teatro Festival. La talentuosa pianista, compositrice e band leader italiana, che ha collaborato dal 2012 al 2015 con Pino Daniele e poi con tanti altri nomi di prestigio del panorama nazionale e internazionale, si esibirà ancora una volta insieme ad una delle più note e apprezzate interpreti della scena jazz e soul britannica. Un appuntamento all’insegna della buona musica, per riscoprire attraverso le note la poetica e complessa semplicità della vita. 
 
La nascita dell’opera lirica più conosciuta, amata e rappresentata al mondo, attraverso le lettere tra Giuseppe Verdi e Giuseppina Strepponi. E’ questo lo schema narrativo e musicale di “La Traviata sono io”, in programma il 15 giugno, voce recitante Alessio Boni, in scena con il Duo Miroirs, ovvero i pianisti Antonello D’Onofrio e Claudio Soviero. La scelta della fonte letteraria francese – “La Dame aux camélias” di Alexandre Dumas figlio – che è alla base del libretto, fu dettata da una possente spinta emotiva autobiografica: il legame sbocciato a dispetto delle convenzioni sociali tra il compositore e quella che sarebbe diventata la sua seconda moglie. Le lettere, soprattutto di Giuseppina, elegante e raffinata signora del bel mondo parigino, saranno per il “contadino” Verdi una vera e propria “educazione sentimentale”, la rivelazione di un crescendo di passione e bellezza.
 
Un raffinato concerto acustico, con la voce di Roberta Rossi e il pianoforte di Sebastian Marino, è “Lisbona-Palermo A/R”, itinerario di andata e ritorno che il 16 giugno traccia il legame profondo che ha unito la musica portoghese a quella della grande tradizione popolare italiana. Un’elaborazione artistica che trae ispirazione dal genio letterario di due grandi personaggi, il poeta Fernando Pessoa e Luigi Pirandello, a disegnare le trame di culture che hanno insospettabili orizzonti di comunicazione e condivisione.
 
Il 17 giugno torna al Festival con “Harmonie” la voce rivelazione di Erika Pagan, già apprezzata dal pubblico nel 2022 nell’emozionante concerto con Danilo Rea. Anche questa volta al suo fianco c’è un genio musicale, quello di Luciano Biondini alla fisarmonica. Il repertorio proposto per la serata sarà un vero e proprio “viaggio” attraverso le fascinose stratificazioni della forma-canzone, in cui le celebri arie della tradizione musicale classica, spaziando dal lirico al moderno, rivivranno di nuove sonorità e sperimentazioni, raccontando la bellezza dei mondi femminili e creando un dialogo tra passato e presente in un’innovativa chiave jazz. Accompagnando lo spettatore tra sensuali malinconie ed esplosioni vitalistiche, anche grazie a uno strumento capace di evocare atmosfere intime e allo stesso tempo energiche. 
 
Da un'idea di Maurizio Capone, fondatore e leader del gruppo Capone & BungtBangt, alfieri della eco music a livello internazionale, nasce “Come suona il caos”, l’evento musicale con prologo formativo, attraverso laboratori e workshop, su tematiche ambientali e sociali. Un’esibizione live, in programma il 18 giugno, per la quale vengono utilizzati strumenti generati da materiale di risulta, raccolto con un’azione urbana collettiva sul territorio che ospita il concerto. Direzione artistica e concettuale dello stesso Capone. La regia è di Raffaele Di Florio.
 
Un gruppo decisamente sui generis, una band composta da musicisti di appena 16, 14 e 10 anni, rispettivamente i fratelli Davide (batteria), Diego (voce e pianoforte) e Amanda Della Martora (basso). Sono i Sonic Rootz, protagonisti del concerto del 19 giugno al Campania Teatro Festival. Un’esplosione di talenti che con l’album di esordio, “The electric babies revolution”, ha catturato l’attenzione e ricevuto il plauso di una star della musica come David Coverdale, famoso cantante dei Deep Purple. Linfa vitale del loro percorso artistico sono il sound tipico del cosiddetto blues britannico, il rock americano e il soul della Motown. Un insieme di generi veicolati anche dalla passione del loro papà, Guido, polistrumentista e produttore musicale.
 
Può la musica superare ogni barriera, ogni muro, ogni ostacolo? Possono le parole, le emozioni, gli stati d’animo raccontare storie vicine e lontane che ci riguardano? La musica riesce, in una forma armonica e magica ad essere trasversale, audace e libera. “Portami là fuori” è un approccio, un progetto, un concerto che il 20 giugno vedrà coinvolti nel Cortile delle Carrozze artisti dentro e fuori le sbarre in una serata dedicata alla musica, alle parole e alle storie da raccontare. Questo evento è frutto del progetto nazionale “Presidio culturale permanente negli istituti penali per minorenni”, un laboratorio continuativo e settimanale di scrittura e musica rap all’interno delle carceri minorili a cura di CCO Crisi Come Opportunità. I formatori del progetto di musica rap ad Airola (Bn) e Nisida sono Luca Caiazzo in arte Lucariello, Enzo Musto in arte Oyoshe, Gianmarco Cioffi in arte Shada San, e Federico di Napoli. i formatori teatrali sono invece Pino Beato, Lello Genovese e Fabrizio Nardi.
 
Che cosa lega insieme Harry Belafonte, Bruno Mars, i Beatles, i Queen, Paolo Conte, Massimo Ranieri, le Spice Girls, le canzoni per bambini, Pino Daniele, gli Ska-P e Stevie Wonder? Assolutamente niente. Se non una generosa dose di irrazionalità, follia e divertimento che da oltre vent'anni spinge il gruppo vocale a cappella Anonima Armonisti sui palchi, gli schermi e le frequenze di tutta Italia. Il pop, l'elettronica, il rock and roll, il country e l'improvvisazione sono gli ingredienti con cui vengono smontati e rimontati i brani in arrangiamenti originali per sette voci e senza l'ausilio di alcuno strumento musicale, effetto, campionatura, basi o alterazioni da autotune. Armonia, arditi solismi, battute a raffica e un viaggio nella musica di tutto il mondo, con un irriverente coinvolgimento del pubblico, fanno di questo concerto, atteso al Festival il 21 giugno, uno spericolato spettacolo per voci e divertimento. Con Lorenzo Arduini, Daniele D’Alberti, Andrea (Dap) D’Apolito, Davide Di Paola (aka Alien Dee), Davide (Daev) Fusaro, Alessandro Gnolfo, Sergio Lo Gatto, Claudio Mirone, Davide Paciolla, Alessandro Rigotti, Fernando Tofani, Ludovico (Dodo) Versino.
 
Una produzione musicale e letteraria per molti versi eretica fu quella di Fabrizio De Andrè. Interamente a lui Neri Marcorè dedica, dopo il successo dello scorso anno al Festival con l’omaggio a Faber ma anche a Gaber, un concerto che, come è facile prevedere, incontrerà nuovamente il gradimento del pubblico. L’appuntamento, con i grandi e intramontabili classici del cantautore genovese e con un talento che frequenta con eguale bravura le varie forme dell’arte, è fissato per il 24 giugno nel Cortile delle Carrozze.
 
In programma il 4 luglio, ma alla Sala Assoli, c’è “Ghibli”, un concerto che vede unite due delle voci più importanti della world music italiana e del pop mediterraneo: l’italo-palestinese Nabil Bey (voce dei Radiodervish, collaboratore di Battiato e altri artisti) e il pugliese Fabrizio Piepoli (che ha lavorato con Raiz e Teresa De Sio). Insieme esploreranno gli universi musicali pugliese e arabo-mediorientale, in una trama che abbraccia la storia della musica mediterranea, mescolando suoni acustici ed elettronica. Lasciandosi trasportare da quel vento di scirocco che arriva da sud-est e promette una pioggia di suggestioni.
 
Nello stesso giorno, il 4 luglio, Villa Campolieto di Ercolano ospiterà il concerto di Mario Biondi, una delle voci più amate del panorama musicale italiano. Il soul jazz del cantautore siciliano promette emozioni sotto le stelle in uno scenario di grande fascino, incastonato nel famoso Miglio d’oro. Biondi proporrà uno spettacolo elegante ed essenziale, calandosi in un’atmosfera più intima e raccolta, accompagnato sul palco da un trio inedito: Elisabetta Serio al pianoforte, Aldo Capasso al basso e contrabbasso e Francesca Remigi alla batteria. Con questa nuova formazione, l’artista andrà ad arricchire e rinnovare ulteriormente il proprio repertorio live, proponendo nuovi brani oltre ai maggiori successi e ai progetti di più recente pubblicazione (Crooning Undercover, L’Oro) che verranno arrangiati ad hoc per questo trio ricco di talento. Una tappa al Festival prima di riprendere la tournée europea che pochi giorni dopo porterà Biondi in Portogallo e Germania e a ottobre in Svizzera.
 
Infine, si annuncia particolarmente suggestiva la “Cantata per un eretico” di Alessandro De Simone, in programma nel Teatro di Corte di Palazzo Reale il 10 luglio. Una composizione per soli, coro e gruppo strumentale su testi sacri e frammenti tratti da opere di Giordano Bruno, Carducci, Lermontov, Lorca, Pessoa e Roberto De Simone. Trentadue sono gli elementi del coro, 22 quelli del gruppo strumentale, ai quali vanno aggiunti 2 tenori, altrettanti mezzosoprani, un baritono e un soprano. Oltre naturalmente al direttore d’orchestra. 
 
SPORTOPERA
 
Sono 4, ospitati nel Cortile delle Carrozze e nella Galleria del Genovese di Palazzo Reale, gli appuntamenti di Sportopera, la sezione del Festival dedicata al teatro a tema sportivo.
 
Quando Osvaldo Soriano scrive di calcio, tutti sono autorizzati a giocare e a lasciarsi ispirare dallo scrittore argentino scomparso nel 1997. “Forte e` la tentazione di fare del calcio una metafora della vita, cosi` come quella di farne semplicemente un gioco e goderselo. È tra queste due porte che Peppe Servillo alla voce e Cristiano Califano alla chitarra tirano i loro palloni, finendo a volte senza fiato ma felici". Con questo biglietto da visita, i due artisti presentano “Fùtbol”, lo spettacolo concerto in scena il 27 giugno al Cortile delle Carrozze, ispirato alla raccolta “Fùtbol - Storie di calcio” di Osvaldo Soriano. Una lettura intervallata da canzoni che ha come filo conduttore una delle passioni più contagiose per il genere umano, in qualsiasi latitudine si trovi: il calcio, o Fùtbol, come viene chiamato in America Latina, senza la doppia “O” dell’originaria parola anglosassone. Storie di vita, d’amore, di gioie, delusioni, dissapori, lo spirito di squadra, l’assolo del fantasista, gli egoismi, la vittoria e la sconfitta.  
 
Il 28 giugno, sempre al Cortile della Carrozze, si potrà invece assistere a “Gli emerodromi”, frutto di un laboratorio, a cura di Manuel di Martino e Claudio Di Palma, che si terrà dal 15 al 25 dello stesso mese. Gli emerodromi erano messaggeri addestrati per le lunghe corse, capaci di correre per un giorno intero. Filippide tra loro il più famoso e con lui la città di Maratona. Informazioni, dispacci, notizie avevano come corrieri questi atleti fenomenali. Quarantadue eventi in un giorno, lo stesso numero dei chilometri della maratona. Atleti, musicisti, attori, scrittori, semplici amatori saranno artefici di una staffetta ludico-culturale in cui letture, interviste, concerti, cortometraggi, performance d'arte varia tracceranno quarantadue segmenti narrativi in ognuno dei quali si racconterà un passo/chilometro di esistenza fatto a ritmo di corsa, di bracciata, di remo, di salto. Quarantadue chilometri di storie come sintesi ed apoteosi della conoscenza e sconoscenza di sé. In scena 10 giovani attrici ed attori.
 
Il 29 giugno scende in campo nella Galleria del Genovese di Palazzo Reale “Il gioco sacro” di Albert Ostermaier , liberamente tratto da “Reportage sul Dio” di Pier Paolo Pasolini. Con Riccardo Festa, che cura anche la regia, e le musiche eseguite dal vivo da Francesco Forni. Pasolini amava il calcio. Suona contraddittorio. Quasi blasfemo. Addirittura implausibile. Come se la levatura intellettuale del Poeta, il portato etico della sua scrittura e quello politico di un’azione artistica mai disgiunta da quella civile, non potessero abbassarsi ad un piacere così triviale. Eppure a Pasolini il calcio piaceva proprio tanto. Giocava partite interminabili con un agonismo insospettabile, che fossero squadre di ragazzetti di borgata o sfide tra colleghi e amici. Era tifoso del Bologna. Commentava con competenza formazioni e moduli tattici. E, soprattutto, ne ragionava e ne scriveva. Immaginava storie e scenari, cercava intorno al fatto sportivo il suo episteme, la ragione di uno spazio che ne creasse i presupposti e gli esiti. Lo colpiva la dimensione collettiva e rituale, la danza tribale delle domeniche tra bar, stadio e radiocronache, l’eterna predisposizione del maschio a dividersi in tribù, a creare affiliazioni inattese e alleanze improbabili. Coglieva del calcio la dimensione sacra, inscindibile dal gioco stesso, quella partecipazione collettiva che portava ad isterismi e passioni destinate solitamente al culto, una moderna religione, con santi e miracoli annessi. Impossibile da snobbare. Impossibile per Pier Paolo non calarsi nel gioco totalmente, con quella furia di vivere che lo ha sempre segnato.
 
Cinque traiettorie di sport sono lo schema vincente di “Pentathlon”, vera e propria mostra sportiva in cinque installazioni narranti in programma il 30 giugno nella Sala del Genovese e  il 1° luglio nel Cortile delle Carrozze di Palazzo Reale. La prima è “Tennis Tornado e Trigonometria”, la riduzione, affidata all’interpretazione di Silvia Ajelli, che Luca Bargagna ha fatto del quasi omonimo libro di David Foster Wallace. “Troverete che il tennis agonistico, come il biliardo professionistico, richiede una mente geometrica, l’abilità di calcolare non soltanto le vostre angolazioni, ma anche le angolazioni di risposta alle vostre angolazioni. Poiché la crescita delle possibilità di risposta è quadratica, siete costretti a pensare in anticipo a un numero n di colpi, dove n è una funzione iperbolica limitata dal seno della bravura dell’avversario e dal coseno del numero di colpi scambiati fino a quel momento (approssimativamente). Io lo sapevo fare. (…). Riuscivo a pensare in base otto”. Insomma “è come giocare a scacchi correndo”. Questo breve passo dal libro dello scrittore statunitense morto nel 2008 già spiega di per sé la scelta di misurare le equazioni possibili tra tennis, biliardo e gioco degli scacchi. Come accade per “Bobby vs Fisher”, con Gilles Coullet, liberamente ispirato a “La mossa del matto” di Alessandro Barbaglia, riduzione e voce Claudio Di Palma, ma anche nel caso di “Bilie d’Avorio - Lo Snooker”, protagonista Nello Mascia, che trae invece ispirazione da “Steccate poetiche” di Stefano Duranti Poccetti. A tutto ciò, in “Pentathlon”, si aggiungono con “Essere o non essere” di Fabio Pisano, da Shakespeare e con Patrizio Oliva, le traiettorie interiori dello stato fisico, tra azione e non azione, di un pugile amletico, e si arriva con “Unico fiore nel deserto” alla naturale e completa chiusura del cerchio attraverso il giro di pista di una giovane atleta napoletana descritta dalle traiettorie letterarie di Antonio Ghirelli. Una performance che vede in scena una regina del teatro come Isa Danieli ed Estelle Maria Presciutti. Le coordinate del moto fisico diventano così in “Pentathlon” inevitabili direttive della mente, del pensiero, del cuore.
 
 
LETTERATURA
 
Vesuvioteatro organizza anche la sezione Letteratura, a cura dello scrittore Silvio Perrella. Cinque appuntamenti, dal 21 al 25 giugno nel Giardino Romantico di Palazzo Reale, che hanno come magico filo conduttore una parola che ha origine forse dall’aramaico, ma è comprensibile a tutti: “Abracadabra”. “Un’alchimia di sillabe colorate, sfida alla paura che è sempre più ovunque e sempre più divora le nostre cellule percettive”, come scrive Perrella nella nota di presentazione alla rassegna. Si parte sabato 21 giugno con Vivian Lamarque, Premio Strega nel 2023 con la raccolta “L’amore da vecchia” (Mondadori). Versi che vanno alla ricerca di una possibile leggerezza amorosa e della profondità di sentimenti diversi in ogni stagione della vita. La poetessa e traduttrice italiana sa bene quanto ogni età abbia il suo amore e sa che a saperlo pronunciare l’abracadabra non è solo una formula magica, ma un’inaspettata pratica della quotidianità. 
Per Erri De Luca, ospite il 22 giugno, le lingue antecedenti, quelle che sono nate ai primordi del mondo, sono fonti alle quali abbeverarsi quanto più si può. Ed è da una di queste lingue che nasce la parola abracadabra. Dunque è lui la persona più adatta non solo per intonarla ma per partire con lei in avanscoperta per ripercorrere la sua “opera sull’acqua”. In collaborazione con la Casa della Poesia di Baronissi. 
Estroso, leggero, colorato, il mondo di Silvio Raffo, atteso il 23 giugno, si muove saltellando. Traduttore d’eccezione, creatore di universi paralleli dell’immaginazione, Raffo è soprattutto un poeta che sa con esattezza millimetrica cosa sia un abracadabra. Sarà affidato al suo estro la possibilità di eseguirla attraverso il suo “specchio attento”. 
Martedì 24 giugno tocca a Tonino Taiuti, uno dei pochi che possa dare nuova linfa al mito di Totò. Il re dei giochi di parole e l’attore napoletano si affratellano a tal punto che anche “’A livella” viene reinterpretata come l’opera di un balbuziente, ovvero di chi sa quanto parlare con i morti sia il primo abracadabra da fare.
 L’ultimo appuntamento della sezione Letteratura è in programma il 25 giugno con i giochi di parole, le polifonie, le risate e le malinconie di Alessandro Bergonzoni. Un artista capace come nessun altro di legare le parole a un corpo, alla ricerca di una condivisione stramba e sghemba. Per creare subito lo spazio nel quale la poesia si fa manutenzione dell’ignoto. 
 
 
MOSTRE
 
Sono 6 le mostre che accompagneranno, dal 13 giugno al 13 luglio, l’intero percorso del Festival: L’esposizione dedicata a Toni Servillo vuole celebrare il talento di un artista che è già oggi un mito vivente, conosciuto e apprezzato anche in ambito internazionale, mentre le altre 5 rappresentano un omaggio a Roberto Herlitzka, Luisa Conte, Enzo Cannavale e Eduardo Scarpetta) e ai luoghi misteriosi dell’arte teatrale. 
 
“Toni Servillo tra cinema e teatro. Un racconto fotografico” è un progetto di Riccione Teatro, a cura di Antonio Maraldi, articolato in quattro parti, tre sul cinema e la quarta sul teatro: “In primo piano”, “Compagne e compagni di ventura”, “Tra scena e set” e “Sul palcoscenico”. Un viaggio emozionante nella straordinaria carriera artistica dell’attore campano, attraverso gli scatti, diversi dei quali inediti, di eccellenti fotografe e fotografi di scena.
 
 “La stanza di Herlitzka”, prodotta dalla Fondazione Campania dei Festival e a cura della regista Nadia Baldi, è un percorso di vita e di arte nel mondo di un attore dagli infiniti registri, capace di passare con eguale maestria dalla commedia al dramma.  La Baldi, che ha avuto il privilegio di dirigerlo sia a cinema che a teatro, ci ripropone il talento di Roberto Herlitzka in una dimensione non solo pubblica, ma anche intima e poetica, a tessere la tela di sentimenti che, a distanza di quasi otto mesi dalla sua scomparsa, restano e resteranno immortali. 
 
Le mostre su Luisa Conte e Enzo Cannavale, che sono stati anche straordinari compagni di scena, vengono curate rispettivamente da Lara Sansone, erede a buon titolo di un’arte teatrale che è nel suo dna, e da Alessandro Cannavale, figlio di Enzo e produttore cinematografico. All’interno dello spazio espositivo dedicato alla regina del Sannazaro si potranno osservare dal vivo fotografie, abiti di scena e un angolo del mitico camerino di un’attrice che ha saputo dare nuova linfa espressiva alla potenza di una comicità che ha radici nella cultura di un popolo. Nella mostra di Enzo Cannavale il visitatore troverà invece una selezione di locandine originali da collezione, il racconto attraverso le immagini esclusive dell’archivio di famiglia e una ricostruzione fedele del suo celebre studio, dove potrà toccare e sfogliare i suoi reali oggetti di lavoro. Un’esperienza sensoriale e intima, che permette di sentire la sua presenza attraverso le sue cose. 
 
A Mariano d’Amora, fondatore dell’Istituto del Dramma Napoletano, è invece affidata la cura della mostra documentaria e iconografica “Scarpetta 100”. Per la prima volta, saranno mostrati al pubblico materiali inediti di Scarpetta provenienti dall’Archivio personale dell’autore (e dei vari eredi). A ciò si aggiungerà anche quanto risulta presente nella sezione Lucchesi Palli della Biblioteca Nazionale e quanto presente nella Biblioteca teatrale della SIAE. Per celebrare i 100 anni dalla morte, avvenuta il 29 novembre 1925, saranno esposti, oltre ai manoscritti originali dei noti capolavori, i diari privati, le missive, i contratti di lavoro, le locandine d’epoca, le foto private e di scena, i componimenti poetici, le riflessioni ed altri oggetti privati quali: la scrivania, un busto in bronzo e dipinti raffiguranti Scarpetta. La mostra avrà una sua natura multimediale. Sebbene non sia possibile mostrare le pellicole interpretate dall’autore poiché lo stesso volle darle alle fiamme non essendo soddisfatto del risultato ottenuto, sarà tuttavia possibile usufruire di alcune registrazioni audio nonché della possibilità di consultare digitalmente i manoscritti esposti attraverso monitor presenti in sala. A ciò si aggiungeranno altre istallazioni video che raffigureranno il vissuto artistico e privato di Scarpetta.
 
Dopo il successo della scorsa edizione, torna a Palazzo Reale per tutta la durata del Festival “Dietro le Quinte Experience”, una mostra virtuale immersiva che punta a far conoscere la bellezza di alcuni luoghi nascosti e sconosciuti del teatro, dove prestano la loro opera le preziose maestranze che lavorano dietro le quinte. Si offre dunque, grazie alla regia di Claudio Di Palma, con la voce narrante di Francesco Pannofino e la partecipazione straordinaria di Isa Danieli, la possibilità al pubblico di “accedere” a quei luoghi ricchi di fascino e necessari per la messa in scena, fruibili solo agli addetti ai lavori, solitamente interdetti a chi gode dell’unica prospettiva dalla platea. Un atto di amore per il teatro e i suoi interpreti indispensabili e sconosciuti. Il progetto è Ideato e prodotto dalla società di servizi per lo spettacolo Dietro le Quinte s.r.l, ha come main partner il Teatro Pubblico Campano ed è in collaborazione con Fondazione Eduardo De Filippo, Teatro di Napoli, Teatro Municipale Giuseppe Verdi di Salerno, Fondazione Campania dei Festival e Campania Teatro Festival.
 
 
OSSERVATORIO 
 
Sono 23 gli spettacoli di Osservatorio, oltre ai 9 che aprono nella stessa sezione una finestra dedicata a Quartieri di Vita, la rassegna di formazione e teatro sociale organizzata dalla Fondazione Campania dei Festival. Si parte il 14 giugno al teatro Teder di Napoli, che ospiterà 22 dei 23 spettacoli, con “Memori”, di e con Nicola Lorusso e Giulio Macrì. Due vecchi amici e un possibile incidente che li accomuna, anime disperse nel silenzio, alla disperata ricerca della propria identità. Spaziando, in un viaggio che ha in sé sogno, realtà, dolcezza e nostalgia, dalla paura di un non-luogo ostile e indefinito a una possibile risposta a tutti gli interrogativi irrisolti delle loro vite. 
Nello stesso spazio, il giorno successivo andrà in scena “Meat” di Gillian Greer, con Giulio Mezza, Caterina Grosoli e Elena Orsini, per la regia di Martina Glenda.  Una blogger entra nell’esclusivo ristorante del suo ex, ora chef di prestigio. C’è una resa dei conti da affrontare e un teatro di battaglia nel quale la carne è il simbolo della morte, del perverso gusto dell’uomo di nutrirsi di essa, in un insondabile confronto tra il consumare e il consumarsi. Osservatrice esterna è la cameriera Joe, con il suo percorso culinario al confine con la mostruosità dei sensi. 
 
“Disperato eretico show”, spettacolo diretto da Beatrice Mitruccio, drammaturgia di Paolo Perrone, è la proposta del 17 giugno sempre al Teatro del Ridotto. Il soliloquio di un giovane attore, interpretato da Ludovico Cinalli, costretto a reinventarsi rider, con titolo ispirato dalla famosa canzone di Dalla e lo Stabat Mater di Tarantino come testo di riferimento. 
E’ liberamente tratto invece da “L’idiota” di Dostoevskij “Il cavaliere povero”, di e con Valerio Pietrovita, che si potrà vedere nello stesso spazio di via Flavio Gioia a Napoli il 18 giugno. Lo spettacolo segue le vicende del romanzo attraverso gli occhi del suo protagonista, il principe Myskin, un uomo arrivato dalla lontana Svizzera, convinto che “la bellezza salverà il mondo”. Un’impresa praticamente impossibile, da idiota per l’appunto, forse proprio come quella dei teatranti nell’Italia di oggi. E non a caso lo spettacolo esalta una dimensione meta-teatrale, già presente nel romanzo.
 
Interroga il pubblico sul ruolo che ognuno di noi ha in una società ossessionata dalla competizione e dall’apparenza, “Secondi-storie di chi la storia ha dimenticato”, da un’idea di Nicola Le Donne, che è in scena al Teder il 19 giugno assieme a Ciro Capano, Roberta Astuti e Alessandro Balletta. Una riflessione sulla gloria e sull’oblio, sul valore unico e irripetibile di chi opera dietro le quinte, ma anche sui secondi, intesi come tempo, più importanti della nostra vita. 
 
 Il giorno successivo al Teatro del Ridotto ci sarà “Rumore bianco”, di e con Danilo Napoli. Il rumore del titolo è quello di una vecchia tv quando i canali non sono sintonizzati. Poi, all’improvviso, una notizia dal tg: è stata ritrovata l’ennesima vittima di un serial killer di donne transgender. Lo spettacolo, un thriller psicologico mascherato da tragicommedia teatrale, focalizza l’attenzione sul tema dell’omofobia e della transfobia dilaganti in Italia, mettendo in luce i lati oscuri dell’umanità e le sfumature tra amore e odio, pazzia e normalità. La regia è di Yuri Gugliucci.
 
 La persistenza degli opposti, la paradossale coesistenza di elementi antitetici, fa da filo conduttore a “Io ti riabilito” di e con Silvia Santagata, in programma il 21 giugno. Il tema dell’abuso sessuale si fonde con il Mistero e riabilita perfino la Morte nel suo binomio inscindibile con la necessaria Rigenerazione. Il vero potere è quello di trasformare e risorgere dalle ceneri vita natural durante. 
 
Parte da una necessità e da una provocazione “Senza titolo”, lo spettacolo divertente e spensierato, scritto e diretto da Gianluca Lombardi, in scena al Teder il 22 giugno. Un gruppo di attori si ritrova in un luogo indefinito, ma proprio quando il tempo dell’esibizione sta per arrivare, si accorgono che la loro opera non ha un titolo. Attraverso un viaggio tra comicità e avventura, gli attori scopriranno la magia del “luogo” per farne teatro e impareranno che anche un luogo “indefinito” può accoglierli ed evocare la loro arte. Con Gianluca Lombardi, Tiberio Ettore Muccitelli, Caterina Canino e Leonardo Caione.
 
La scultura come strumento di rituale collettivo è il motore drammaturgico di “Veneri”, testo, regia e attoriato di Serena Francesca Catapano, Rosa Cerullo e Ludovica Franco, in programma nello stesso spazio il 24 giugno. Tre artigiane all’interno di una bottega con pochi elementi, intendono vendere alla folla copie di statuette della Venere di Willendorf. Per provare a capire se c’è la possibilità di ritrovare attraverso l’arte la via d’uscita all’interno di una società individualista. 
 
Un uomo passa i suoi giorni chiuso in casa, senza mai uscire, isolato dal resto mondo. Pochi i contatti con l’esterno, quasi sempre virtuali, quasi mai sinceri. Bloccato nello spazio della scena, si muove come un animale in gabbia, prigioniero e carceriere allo stesso tempo. È la situazione di stallo dello schema drammaturgico de “Il passo”, in scena il 25 giugno al Teder,
testo e regia di Darioush Forooghi, che ne è anche interprete con Barbara Lauletta. C’è chi tenta di aiutare il solitario protagonista, di trascinarlo fuori dalla sua condizione, ma il passo, quello decisivo, può venire solo da dentro. Spinti sempre più verso l’estraniamento e la virtualità, diventiamo isole umane, perpetuamente incastrate nell’affannosa ricerca di un senso. La tristezza, il male del secolo, ci paralizza, ci toglie ogni speranza, ci rende mostri capaci di divorare noi stessi. 
 
Nell’era della dematerializzazione, dell’iperrealtà, che partita si è aperta con la morte? Come affrontarla? Come ritrovare il senso dell’immortalità? Sono queste le impegnative domande di “Sigillo Play”, lo spettacolo del 26 giugno con la regia di Lucilla Mininno, che lo ha scritto e ne è anche interprete con Francesco Godina, Francesco Zecca, Ilaria delli Paoli e Giovanni La Fauci. Partendo da “L’epopea di Gilgameš”, la più antica opera letteraria dell’umanità, dove il protagonista compie un viaggio alla ricerca dell’immortalità, si approda a “Il settimo sigillo”, nel quale Bergman racconta i dubbi dell’uomo moderno, orfano di una narrazione collettiva che dia senso alla fine e, con essa, alla vita. Dilaniato dalla crisi delle certezze del dogma religioso, si ritrova solo, stretto nelle maglie del tempo logico della scienza che procede in un’unica direzione. La morte vince, la scienza rinuncia ad ogni spiegazione e narrazione possibile del dopo. Nella seconda parte il cerchio della performance diventa quello del dialogo, innesco di un dispositivo di riflessione non più individuale.
 
”Un flusso di coscienza irriverente, sconcertato e sconcertante, de-divinizzante e totalmente, amorevolmente scanzonato”. Così si annuncia “Generazione Pasolini” di Marta Bulgherini, che ne è anche regista e attrice, in scena con Nicolas Zappa il 27 giugno al Teder. Lo spettacolo su Pasolini che su Pasolini non è, ci conduce in un percorso teatrale di ignota destinazione, accompagnati da domande spinose che non hanno risposte, ma che è comunque giusto farsi. 
 
Nello stesso giorno, al teatro Mulino Pacifico di Benevento, andrà in scena “Frida-sulle mie rovine”, drammaturgia di Riccardo Festa, regista e interprete Noemi Francesca. Un originale lavoro teatrale, dove l’evocazione sulla scena di Frida Khalo dischiude il tema dell’autoritratto come atto di memoria e di resistenza, alternando intervalli di discussione filosofica, a partire dalle tesi di Jacques Derrida, ai momenti salienti della vita della pittrice messicana. Dal famoso incidente del 1925 fino alla scoperta della pittura, dell’amore e dell’interesse politico. La figura di Frida viene utilizzata come esempio di un movimento di trasfigurazione del dolore, (operato sulla scena grazie alla pittura dal vivo dell’artista Luisa Corcione) il tracciato di un’esperienza, la rovina che è all’origine dell’opera.
 
Daniele Ridolfi è invece il mattatore di “La vita di Vito”, in scena il giorno dopo nello stesso spazio. Una performance nella quale il corpo diventa protagonista assoluto di un viaggio irriverente e profondo attraverso le tappe dell’esistenza. Dal momento della nascita fino alla sua morte, Vito affronta ogni fase della vita, interagendo con il pubblico e servendo un cocktail delicato e ironico, in uno show che alterna momenti di spensierata ilarità a spunti di riflessione. Testo dello stesso Ridolfi e di Roberto Costantini, che cura anche la regia.
 
 “In via del tutto eccezionale”, con Claudio Fidia, è la proposta di Osservatorio del 29 giugno. Un ristorante diventa il luogo simbolo, finestra sul fuori, punto di incontro di serviti e servitori, di chi se lo può permettere e chi no. Immagine del mondo in sei portate, ordinate direttamente dagli spettatori. Come un Arlecchino contemporaneo, il cameriere-attore universalizza un’esperienza che schiaccia e mette in contatto con quello smarrimento e quella stanchezza che spesso toccano chi ancora non ha trovato il suo posto nel mondo. Regia e drammaturgia di Alessandro Paschitto. 
 
Un’invocazione all’amore come pratica rivoluzionaria contro l’ordine del mondo, all’arte come scelta di vita. Questo è “Il canto sulla polvere”, di e con Alessandra Chieli, in scena il 1° luglio. Un viaggio profondo nella parola poetica dell’austriaca Ingeborg Bachmann, che ha come elemento portante dello spettacolo il radiodramma noir e surreale “Il buon Dio di Manhattan”. Sviluppando, su diversi piani temporali, un gioco combinatorio molto vicino al linguaggio cinematografico, nel quale luce, voce, suono e corpo si fondono, danzando insieme come linee drammaturgiche di un’unica partitura. Il disegno coreografico è di Julianne Ricciardi, quello sonoro di Michele Mandrelli e Alessandra Chieli.
 
Esplora il tema dell’infanzia, ma anche quello della morte in relazione con lo spazio, “Safari” di Carlo Galiero, in programma il 2 luglio, regia di Chiarastella Sorrentino, con Giulia Chiaromonte e Loris de Luna. Il titolo fa riferimento a un gioco, quello di imitare animali fantastici e provare a riconoscerli, che un fratello e una sorella facevano da bambini, ma anche all’attività di ricerca di un dialogo interrotto. La morte della madre e la gestione dell’immobile che hanno ereditato diventa l’occasione per i due protagonisti di decidere che tipo di relazione ricostruire tra di loro e con la casa: amore o rifiuto, accettazione o negazione. 
 
Coinvolge attivamente il pubblico attraverso un contagio coreografico, “Troffea” di e con Claudia Calderano, la performance transdisciplinare site-adaptive, in scena il 3 luglio al Teder. Una conferenza danzata ispirata al fenomeno storico dell’epidemia del ballo a Strasburgo nel 1518, ma anche un modo per indagare il presente, esplorando come l’energia collettiva e il dissenso possano trasformarsi in strumenti di resistenza contro l’alienazione e il controllo. Ispirandosi ai sintomi descritti nei resoconti storici, l’artista dialoga con i corpi in sala e quelli lontani, tra cronaca, testimonianze e immaginazione, accompagnata dalla musica di Filippo Conti. 
 
Un confronto serrato con il vuoto, con l’attesa e con il silenzio è invece l’anteprima di  “Spleen records” di Carlo Galiero, l’appuntamento del 4 luglio al Tender, dove si alternano dialoghi, gag da commedia slapstick, canzoni dei Radiohead, monologhi di impegno politico, la storia di due amanti sfortunati a Berlino negli anni del muro. Gloria e Perkins sono le maschere chiamate ad intrattenere il pubblico a causa di un inqualificabile ritardo. Due i temi principali: la crisi dei riti civili e della civiltà urbana, il rapporto tra coppia e società. I protagonisti vorrebbero comunicare, ma riescono a farlo solo nella misura in cui proiettano le loro aspettative sulla massa. Con Mariasilvia Greco e Giuseppe Brunetti, regia dello stesso Galiero. 
 
Il 5 luglio la sezione Osservatorio propone “Manifesto di un morto a cavallo” di Matteo Porru e Francesco Spiedo, con Valerio Lombardi, Roberta Astuti e Simone Somma, che cura anche la regia. Il disincanto della vita di un uomo sospeso nell’attesa di un calesse che sembra non arrivare mai. L’unica certezza che ha, mentre il tempo e lo spazio non coincidono e anzi si ostacolano, è quel poco che riemerge in una mattinata dai contorni opachi: volti, aneddoti e nomi delle persone che ha amato. Luci, ma soprattutto ombre, che confondono e accudiscono.
 
 “Giuseppe”, con Orazio Condorelli, autore della drammaturgia insieme con Alessandro Miele, è l’appuntamento del 6 luglio. Tratto dal racconto “Martedina”, con alcuni passaggi dal romanzo “L’enorme tempo”, opere dello scrittore siciliano Giuseppe Bonaviri, più volte entrato nella rosa dei candidati al Nobel per la letteratura, lo spettacolo racconta la storia di un giovane medico, che, stanco della routine familiare e del contesto provinciale in cui vive, decide di unirsi a una missione spaziale verso Plutone nel tentativo di dare un senso alla propria esistenza. Scoprirà che anche nella vastità dell’universo, sarà difficile allontanarsi dall’orizzonte dei propri ricordi. 
 
Ispirato a “Il profumo del tempo” e “La scomparsa dei riti” del filosofo coreano Byung-Chul Han è “Il corpo del tempo” di e con Anna Dego e Anna Stante, in programma l’8 luglio. Due donne, attrici e amiche di lunga data, si ritrovano dopo 30 anni. Equilibriste in borghese sulla soglia incerta del tempo, frantumato e scomposto in tanti attimi presenti. Un tempo che, attraverso la relazione dinamica con il corpo, diventa visibile, ricorda ciò che è presente e ciò che è assente, custodisce la memoria, ma anche la sua perdita. Non è più un concetto astratto, ma è vita, la vita di tutti noi. Un viaggio ironico e poetico, con la prua rivolta alla sacra serietà del gioco.
 
Interrogarsi sulla fiaba come modello performativo significa riflettere sul rapporto che il mondo adulto intrattiene con la giovinezza. Lo fa con particolare lucidità, ma sarebbe più giusto dire in maniera tagliente, “Con la lingua sulla lama/secondo studio”, lo spettacolo di Tolja Djokovic, con Aura Ghezzi, in scena il 12 luglio. Prendendo spunto da alcuni film del neorealismo italiano, in particolare da Europa 51 di Rossellini, l’innesco dello spettacolo è il suicidio di una persona giovane. Una tragedia, richiamata solo da alcuni segni scenici, per affrontare temi come l’insufficienza del discorso ordinato e l’importanza di un’altra lingua, quella illogica eppure chiarissima della fiaba. 
 
OSSERVATORIO (QUARTIERI DI VITA) 
 
Sono 9 gli spettacoli che la Sezione Osservatorio coopta da Quartieri di Vita, il Festival di formazione e teatro sociale ideato e diretto da Ruggero Cappuccio. Cinque perfezionano con la nuova messa in scena il lavoro laboratoriale del 2024, altri quattro rappresentano una novità assoluta. Alla Sala Pasolini di Salerno tornerà dunque il 21 giugno “A match” (Una partita), progetto a cura di Oscar Briou (Fiandre), in collaborazione con Gina Ferri del Centro di solidarietà La Tenda di Salerno, destinato a uomini con problemi di dipendenza. L’evento è in partenariato con la Rappresentanza Generale della Comunità fiamminga e della Regione delle Fiandre in Italia. Il Parco urbano Pinetamare di Castelvolturno (Ce) ospiterà  il 12 luglio Umpteen Antigones (Le mill’Antigoni), progetto a cura di Christian Costa (Polonia), in collaborazione con Antonio Nardelli del Teatro Folli Idee, destinato ad adolescenti di varie nazionalità e ragazzi italiani di Grazzanise e Castelvolturno. In partenariato con l’Istituto Polacco di Roma. Il Teder di Napoli sarà lo spazio teatrale di altri tre eventi: il 6 luglio “The Present Body” (Il corpo presente), laboratorio di danza contemporanea a cura di Arcadie Rusu (Romania), in collaborazione con Giulia Amodio dell’Associazione N:EA (Napoli: Europa Africa) di Ponticelli (NA), destinato a giovani residenti della periferia orientale della città di Napoli, con assistenza artistica di Daniela Montella e in partenariato con l’Accademia di Romania a Roma; il 10 luglio “Chronicle of creeping feelings or everything is always already there (Cronaca di sentimenti striscianti o tutto è sempre già lì), progetto a cura di Ed. Hauswirth (Austria), in collaborazione con Nadia Carlomagno, docente del Master di “Teatro, pedagogia e didattica. Metodi, tecniche e pratiche delle arti sceniche” all’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa, e in partenariato con il Forum Austriaco di Cultura a Roma; l’11 luglio “Theatre: Collective Statement” (Affermazione collettiva), progetto a cura di Ondrej Štefanák (Repubblica Ceca), in collaborazione con Rossella Massari e Roberta Prisco dell’Associazione Vernicefresca Teatro di Avellino. In partenariato con il Centro Ceco di Roma e l’Ambasciata della Repubblica Ceca in Italia.
 
Non meno interessanti sono le proposte del “Quartieri di vita” che verrà. Il 3 luglio nella Chiesa di Donnaregina Vecchia a Napoli andrà in scena “Sibille-oracoli e profezie tra passato, presente e futuro”, ideazione e composizione della regista Marina Rippa. Uno spettacolo con le donne del progetto “La scena delle donne” - percorsi teatrali con le donne a Forcella. La storia delle Sibille, e in particolare di quella Cumana, è lo strumento per ragionare su questioni che riguardano l’attesa, il destino, il senso delle richieste di profezie, il lasciare a caso le risposte. In scena una ventina di donne, ciascuna con il proprio oggetto magico e divinatorio, legato a tradizioni o invenzioni. Attraverso questi oggetti, e la simbologia che esprimono, le protagoniste interagiranno con il pubblico, accompagnate dall’alloro, pianta consacrata ad Apollo e cibo sacro delle Sibille. Profano, sacro, antico, moderno e lingua latina in un mix che vuole dare voce (e corpo) alla leggenda raccontata da Ovidio e Virgilio.
 
Di grande impatto sociale è anche il 24 giugno nello spazio dell’Istituto Colosimo di Napoli “Fareteatro… oltre lo sguardo”, un progetto di Muricena Teatro che coinvolge persone non vedenti e ipovedenti. Una scrittura teatrale che nasce principalmente dai racconti degli interpreti, attraverso un percorso di ricerca e creazione di natura simbolica, sensoriale, emotiva, testuale, musicale e sonora, iconografica e poetica. Storie, ricordi, sogni infranti e mai realizzati, capaci di toccare il cuore delle persone, creando quell’illusione magica che le condurrà nel mondo dell’invisibile. Uno spettacolo politico, con la conduzione del laboratorio, la drammaturgia e la regia di Raffaele Parisi, per riflettere su quanto il processo di inclusione di soggetti affetti da disabilità visiva abbia bisogno di una maggiore attenzione e partecipazione sociale. 
 
Il Centro Colonna di Ponticelli, a Napoli Est, ospiterà invece l’11 luglio “Frammenti di un discorso amoroso”, un progetto di Teatro Ricerca Educazione-Trerrote e Maestri di Strada, a cura del regista Nicola Laieta. L’omaggio al titolo del libro di Roland Barthes viene naturale per questa raccolta di parole, gesti ed esperienze sull’amore, innescata dal confronto con i personaggi de “Gli innamorati” di Goldoni. Un testo dove la conversazione trionfa nettamente sull’azione, capace come pochi altri di stimolare i giovanissimi del tempo presente. Ragazzi alle prese con i loro primi amori: infelici, non corrisposti, deliranti, tossici, interrotti, impossibili, intermittenti, che ti consumano, ti isolano, ti sconvolgono, ti inchiodano, ma che ti fanno sentire vivo. Una tragedia tutta interiore, rimuginata, parlata, che, grazie allo spazio traslato e protetto del teatro, può diventare commedia, farsa, operetta buffa, rappresentazione catartica per i giovani attori e per il loro pubblico.. 
 
Quelle stesse fragilità che il regista Enzo Mirone mette in relazione con l’opera e la poetica di Samuel Beckett in “Non Io …”, lo spettacolo che si potrà vedere il 3 luglio al teatro Comunale di Benevento. Un gruppo di lavoro, all’interno del quale convivono e vengono condivise forme differenti di disagio e di disabilità, racconta volta per volta il suo Beckett, portando in scena quel punto o quel momento preciso in cui il proprio vissuto coincideva o entrava in contatto/collisione con l’autore. Consapevoli tutti, e sempre di più, che le lacrime del mondo sono immutabili.
 
La data di apertura della biglietteria sarà comunicata nei prossimi giorni sui canali social della Fondazione Campania dei Festival. Un botteghino sarà allestito ogni sera nei luoghi che ospiteranno gli eventi. Confermata ancora una volta la politica dei prezzi popolari voluta dal direttore artistico Ruggero Cappuccio. Il costo del biglietto per assistere agli spettacoli del Campania Teatro Festival 2025 resta quello di sempre: da 8 a 5 euro, con ingresso gratuito per le fasce sociali più deboli. Nel segno della continuità sarà anche l’anima green della rassegna e la virtuosa e sempre proficua sinergia con le Università e con Eunic, la rete degli istituti di cultura nazionali dell’Unione Europea.