A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Enzo Bucchioni, giornalista e scrittore. Di seguito, un estratto dell’intervista.
Direttore, l’Italia non sorride soltanto per aver staccato il pass per i play-off, ma probabilmente anche perché si è visto un cambio di registro netto rispetto alla Nazionale dell’ultimo periodo sotto la gestione di Luciano Spalletti. Che cosa ha dato Rino Gattuso a questa Nazionale?
“Ha dato il sorriso, la leggerezza del gioco del calcio, che non deve essere una scienza ma una passione, un’armonia, cuore e determinazione. Non deve essere una gabbia nella quale ti senti prigioniero, un peso che ti schiaccia. Spalletti ha pensato di andare in Nazionale come un docente universitario chiamato a insegnare la massima espressione del calcio, ed è finito con alcuni giocatori che, pur non essendo campioni, non riuscivano nemmeno a correre, schiacciati dal peso del suo calcio. Lui stesso ha poi ammesso di aver sbagliato approccio, e questo ha condizionato moltissimo i giocatori. Non è il primo: mi ricordo Sacchi e le difficoltà che ebbe nel far capire il suo calcio in Nazionale. Attilio Lombardo gli disse: ‘Mister, non mi chiami più, torno a casa rimbambito’. Ecco, quel tipo di impostazione ha fallito in Nazionale, e lo stesso è successo a Spalletti. Poi è arrivato Rino Gattuso, pragmatico, uomo del popolo e di calcio. È entrato nello spogliatoio dicendo: ‘Ragazzi, stiamo tre giorni a Coverciano, divertiamoci, alleniamoci bene ma con leggerezza. Torniamo a sorridere, perché dobbiamo conquistare un Mondiale facendo quello che sappiamo fare: giocare a calcio’. Da lì si è innescato un meccanismo virtuoso. Avete visto con quanta naturalezza giocano, con quanto sorriso. È lo stesso concetto che aveva Mancini: mi disse una volta, prima dell’Europeo, ‘Io questo Europeo lo vinco, perché i ragazzi si divertono in allenamento’. Ecco, Rino sta mettendo la stessa energia. Certo, deve fare i conti con una rosa che non è piena di campioni, ma ha cambiato le basi, il registro, lo spartito. I ragazzi ora suonano una musica che sanno interpretare. È tornato il senso di leggerezza, la simpatia, il dialogo, il cuore del popolo. Il tifoso lo percepisce. Questa è l’aria nuova. Gattuso sa come si vince, sa cosa significhi la Nazionale. Se arriveremo al Mondiale, ci divertiremo: l’Italia non ha mai vinto da favorita, ma con i suoi valori calcistici. Nel 2006 non eravamo la squadra più forte, e neppure nell’82. Ora stiamo riallacciando il filo con le nostre radici".
Archiviata la pausa per le Nazionali, però, è già tempo di pensare al campionato. Il Napoli affronterà il Torino, una squadra dai risultati altalenanti e con una piazza nuovamente in fermento contro il proprio presidente. Ci sono, insomma, tutte le caratteristiche per una gara trappola per il Napoli. È d’accordo?
“Assolutamente sì. Ci aggiungiamo anche la sosta per le Nazionali: dopo quindici giorni, non trovi mai la stessa squadra che avevi lasciato. E poi il Torino convive da anni con questa situazione: non c’è un tifoso granata che non sia andato, almeno una volta, contro la proprietà. Questo, però, a volte può diventare una spinta in più. Se c’è l’allenatore giusto, e io credo che Baroni lo sia, allora la squadra reagisce. È un ottimo tecnico, magari non ha un carattere da ‘uomo Toro’, ma è serio, preparato, un signore. Ho visto l’ultima partita: la squadra ha cominciato ad avere un’anima, un’identità, sta diventando una vera squadra di Baroni. So che cambierà modulo, aggiungendo un centrocampista per rinforzare la zona centrale, dove il Napoli è fortissimo. Sarà una partita difficile, certo, ma il Napoli ha già superato ostacoli simili: Cagliari, Genoa… partite vinte all’ultimo, che sono le più complicate. Qualcuno non è completamente soddisfatto, ma io, se fossi Conte, lo sarei eccome. Quelle vittorie dimostrano lo spirito della squadra. È facile affrontare le grandi, più difficile vincere partite così. Ecco, questa col Torino sarà un’altra gara trappola, ma il Napoli ha acquisito la mentalità di Conte. Non credo che andrà a Torino con superficialità. Prima, forse, avrebbe potuto, ma con Conte non succederà: lui cambia prima la testa e poi il fisico dei giocatori".
Mi ha servito un assist perfetto, perché parlava del centrocampo del Napoli: dovrà sopperire all’assenza di Lobotka e anche di Politano, che nel nuovo assetto tattico di Conte sta giocando addirittura da esterno di centrocampo. Se dovesse indicare quale delle due assenze pesa di più, quale sceglierebbe?
“In questo momento direi Politano, perché era in una forma straordinaria e rappresentava perfettamente l’idea di calcio di Conte per tecnica ed abnegazione: attaccare e difendere tutti insieme. È uno di quelli che dava sempre tutto fino al 65°, poi veniva sostituito dopo aver messo in difficoltà gli avversari. La triangolazione sulla fascia destra, con Di Lorenzo, Anguissa e Politano, è una delle manovre più efficaci del Napoli. Politano andava spesso al tiro, dava profondità, e non hai un altro con quelle caratteristiche. Neres può adattarsi, ma è più offensivo, meno efficace in fase difensiva. Spinazzola, forse, può garantire più equilibrio, ma è un ruolo da interpretare. In mezzo al campo, invece, un sostituto di Lobotka ce l’hai: Gilmour non è lo slovacco, ma conosce i meccanismi e le dinamiche della squadra. Quando è stato chiamato, ha sempre risposto bene. E poi c’è un regista aggiunto come De Bruyne che può abbassarsi e aiutare nella costruzione. Il problema principale sarà trovare equilibrio sulla fascia destra, dove agiva Politano".
Rischierebbe di schierare Alessandro Buongiorno al ritorno dall’infortunio? Anche lo scorso anno rientrò proprio contro il Torino e subì una ricaduta…
“Ti dico di no. Capisco la suggestione, ma il rischio è troppo alto. Ha avuto troppi infortuni, e credo che vada rimesso in campo solo quando è davvero a posto. Meglio aspettare che sia pienamente recuperato, per evitare altre ricadute. Il Napoli, tra l’altro, soluzioni ne ha. Mi aspetto una crescita da Beukema, per esempio: è un giocatore che conosco bene, ho seguito ogni sua partita con il Bologna, e finora non mi ha ancora convinto del tutto, ma ha margini importanti. Anche Italiano me ne parlava benissimo: deve esprimersi ai suoi livelli anche al Napoli".
di Napoli Magazine
15/10/2025 - 11:38
A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Enzo Bucchioni, giornalista e scrittore. Di seguito, un estratto dell’intervista.
Direttore, l’Italia non sorride soltanto per aver staccato il pass per i play-off, ma probabilmente anche perché si è visto un cambio di registro netto rispetto alla Nazionale dell’ultimo periodo sotto la gestione di Luciano Spalletti. Che cosa ha dato Rino Gattuso a questa Nazionale?
“Ha dato il sorriso, la leggerezza del gioco del calcio, che non deve essere una scienza ma una passione, un’armonia, cuore e determinazione. Non deve essere una gabbia nella quale ti senti prigioniero, un peso che ti schiaccia. Spalletti ha pensato di andare in Nazionale come un docente universitario chiamato a insegnare la massima espressione del calcio, ed è finito con alcuni giocatori che, pur non essendo campioni, non riuscivano nemmeno a correre, schiacciati dal peso del suo calcio. Lui stesso ha poi ammesso di aver sbagliato approccio, e questo ha condizionato moltissimo i giocatori. Non è il primo: mi ricordo Sacchi e le difficoltà che ebbe nel far capire il suo calcio in Nazionale. Attilio Lombardo gli disse: ‘Mister, non mi chiami più, torno a casa rimbambito’. Ecco, quel tipo di impostazione ha fallito in Nazionale, e lo stesso è successo a Spalletti. Poi è arrivato Rino Gattuso, pragmatico, uomo del popolo e di calcio. È entrato nello spogliatoio dicendo: ‘Ragazzi, stiamo tre giorni a Coverciano, divertiamoci, alleniamoci bene ma con leggerezza. Torniamo a sorridere, perché dobbiamo conquistare un Mondiale facendo quello che sappiamo fare: giocare a calcio’. Da lì si è innescato un meccanismo virtuoso. Avete visto con quanta naturalezza giocano, con quanto sorriso. È lo stesso concetto che aveva Mancini: mi disse una volta, prima dell’Europeo, ‘Io questo Europeo lo vinco, perché i ragazzi si divertono in allenamento’. Ecco, Rino sta mettendo la stessa energia. Certo, deve fare i conti con una rosa che non è piena di campioni, ma ha cambiato le basi, il registro, lo spartito. I ragazzi ora suonano una musica che sanno interpretare. È tornato il senso di leggerezza, la simpatia, il dialogo, il cuore del popolo. Il tifoso lo percepisce. Questa è l’aria nuova. Gattuso sa come si vince, sa cosa significhi la Nazionale. Se arriveremo al Mondiale, ci divertiremo: l’Italia non ha mai vinto da favorita, ma con i suoi valori calcistici. Nel 2006 non eravamo la squadra più forte, e neppure nell’82. Ora stiamo riallacciando il filo con le nostre radici".
Archiviata la pausa per le Nazionali, però, è già tempo di pensare al campionato. Il Napoli affronterà il Torino, una squadra dai risultati altalenanti e con una piazza nuovamente in fermento contro il proprio presidente. Ci sono, insomma, tutte le caratteristiche per una gara trappola per il Napoli. È d’accordo?
“Assolutamente sì. Ci aggiungiamo anche la sosta per le Nazionali: dopo quindici giorni, non trovi mai la stessa squadra che avevi lasciato. E poi il Torino convive da anni con questa situazione: non c’è un tifoso granata che non sia andato, almeno una volta, contro la proprietà. Questo, però, a volte può diventare una spinta in più. Se c’è l’allenatore giusto, e io credo che Baroni lo sia, allora la squadra reagisce. È un ottimo tecnico, magari non ha un carattere da ‘uomo Toro’, ma è serio, preparato, un signore. Ho visto l’ultima partita: la squadra ha cominciato ad avere un’anima, un’identità, sta diventando una vera squadra di Baroni. So che cambierà modulo, aggiungendo un centrocampista per rinforzare la zona centrale, dove il Napoli è fortissimo. Sarà una partita difficile, certo, ma il Napoli ha già superato ostacoli simili: Cagliari, Genoa… partite vinte all’ultimo, che sono le più complicate. Qualcuno non è completamente soddisfatto, ma io, se fossi Conte, lo sarei eccome. Quelle vittorie dimostrano lo spirito della squadra. È facile affrontare le grandi, più difficile vincere partite così. Ecco, questa col Torino sarà un’altra gara trappola, ma il Napoli ha acquisito la mentalità di Conte. Non credo che andrà a Torino con superficialità. Prima, forse, avrebbe potuto, ma con Conte non succederà: lui cambia prima la testa e poi il fisico dei giocatori".
Mi ha servito un assist perfetto, perché parlava del centrocampo del Napoli: dovrà sopperire all’assenza di Lobotka e anche di Politano, che nel nuovo assetto tattico di Conte sta giocando addirittura da esterno di centrocampo. Se dovesse indicare quale delle due assenze pesa di più, quale sceglierebbe?
“In questo momento direi Politano, perché era in una forma straordinaria e rappresentava perfettamente l’idea di calcio di Conte per tecnica ed abnegazione: attaccare e difendere tutti insieme. È uno di quelli che dava sempre tutto fino al 65°, poi veniva sostituito dopo aver messo in difficoltà gli avversari. La triangolazione sulla fascia destra, con Di Lorenzo, Anguissa e Politano, è una delle manovre più efficaci del Napoli. Politano andava spesso al tiro, dava profondità, e non hai un altro con quelle caratteristiche. Neres può adattarsi, ma è più offensivo, meno efficace in fase difensiva. Spinazzola, forse, può garantire più equilibrio, ma è un ruolo da interpretare. In mezzo al campo, invece, un sostituto di Lobotka ce l’hai: Gilmour non è lo slovacco, ma conosce i meccanismi e le dinamiche della squadra. Quando è stato chiamato, ha sempre risposto bene. E poi c’è un regista aggiunto come De Bruyne che può abbassarsi e aiutare nella costruzione. Il problema principale sarà trovare equilibrio sulla fascia destra, dove agiva Politano".
Rischierebbe di schierare Alessandro Buongiorno al ritorno dall’infortunio? Anche lo scorso anno rientrò proprio contro il Torino e subì una ricaduta…
“Ti dico di no. Capisco la suggestione, ma il rischio è troppo alto. Ha avuto troppi infortuni, e credo che vada rimesso in campo solo quando è davvero a posto. Meglio aspettare che sia pienamente recuperato, per evitare altre ricadute. Il Napoli, tra l’altro, soluzioni ne ha. Mi aspetto una crescita da Beukema, per esempio: è un giocatore che conosco bene, ho seguito ogni sua partita con il Bologna, e finora non mi ha ancora convinto del tutto, ma ha margini importanti. Anche Italiano me ne parlava benissimo: deve esprimersi ai suoi livelli anche al Napoli".