A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Andrea Cupi, vice allenatore del Milan Primavera ed ex difensore del Napoli. Di seguito, un estratto dell’intervista.
Mister, era il 13 gennaio 2008, quando lei era in campo con il Napoli al Meazza di San Siro contro il Milan. Fu la prima sfida a Milano in Serie A dell’era De Laurentiis, terminata 5-2 con l’esordio di Pato, la doppietta di Ronaldo il Fenomeno. Le chiedo: si percepiva già allora che il Napoli di De Laurentiis avrebbe potuto intraprendere una grande cavalcata come quella che ha portato fino ad oggi?
“Direi proprio di sì, perché venivamo dalla Serie C ed in tre stagioni tornammo in A. Era la nuova era di De Laurentiis e già allora si percepiva che la società avrebbe potuto fare bene. Merito del presidente, che è stato bravissimo a investire anno dopo anno. Oggi vediamo dove è arrivato il Napoli, e il merito è in gran parte suo".
All’epoca si riusciva a dare credibilità alla visione del presidente?
“Sì, assolutamente. Già allora era un presidente molto presente con la squadra, parlava tanto con noi e le sensazioni erano positive. Per noi calciatori vestire la maglia del Napoli era un sogno, e riportarla dalla Serie C alla Serie A era un obiettivo straordinario. Si percepiva e si sperava che il Napoli potesse arrivare dove è oggi. Il presidente era ambizioso allora ed è ambizioso adesso: gran parte del merito è suo, perché già all’epoca investiva per far rinascere il club. I risultati che vediamo oggi sono il frutto delle scelte societarie, degli allenatori e dei giocatori".
All’epoca del suo Napoli, c’era qualche compagno di squadra per il quale pensava: “Questo cosa ci fa qui? Dovrebbe giocare in palcoscenici più importanti”?
“Assolutamente sì. Sono stati diversi i calciatori. Già dalla Serie C si capiva che il presidente voleva arrivare in Serie A il prima possibile: basti pensare a giocatori come Sosa che era di ben altre categorie, o agli acquisti di Hamšík e Lavezzi appena arrivati in Serie A. Io mi sono trovato fortunato a condividere lo spogliatoio con loro. Giocatori di quel livello che scendono in Serie C per vestire la maglia del Napoli dimostrano quanto fosse grande quel progetto. Gran parte di quelle rose non c’entrava nulla con le categorie in cui giocavamo: erano giocatori di livello superiore e infatti lo hanno tutti dimostrato".
Oggi, tra Milan e Napoli, i valori sembrano essersi invertiti: chi arriva meglio alla sfida di domani?
“Teoricamente è difficile dirlo. Sicuramente verrà fuori una bella partita, perché sono due squadre ambiziose e con allenatori che vogliono vincere. Sul piano dell’organico credo che il Napoli sia leggermente avvantaggiato, mentre il Milan sta costruendo ancora. Sarà una gara equilibrata, decisa da chi riuscirà a sfruttare meglio le occasioni. Mi aspetto una partita bella, tirata, tutta da seguire.”
Lei, oggi, è un allenatore. Conte è davvero un tecnico che sposta gli equilibri come testimoniano i suoi trofei? E se sì, qual è il suo segreto?
“Secondo me sì, lo è. Si percepisce subito quanto pretenda il massimo dai suoi giocatori: fisicità, intensità, concentrazione, senza mai mollare un contrasto. Lo si vede anche dal modo in cui vive la partita dalla panchina, come se fosse ancora in campo. Rispecchia il giocatore che era: determinato e vincente. È arrivato a questi livelli perché, oltre a essere stato un grande calciatore, è un allenatore che non si accontenta mai e vuole sempre vincere. Oggi avere questa mentalità, soprattutto in piazze esigenti come Napoli, fa la differenza. Il segreto sta nel fatto che riesce ad ottenere dai suoi calciatori esattamente ciò che gli chiede, nonostante i grandi sacrifici".
di Napoli Magazine
27/09/2025 - 12:19
A “1 Football Club”, programma radiofonico in onda su 1 Station Radio, è intervenuto Andrea Cupi, vice allenatore del Milan Primavera ed ex difensore del Napoli. Di seguito, un estratto dell’intervista.
Mister, era il 13 gennaio 2008, quando lei era in campo con il Napoli al Meazza di San Siro contro il Milan. Fu la prima sfida a Milano in Serie A dell’era De Laurentiis, terminata 5-2 con l’esordio di Pato, la doppietta di Ronaldo il Fenomeno. Le chiedo: si percepiva già allora che il Napoli di De Laurentiis avrebbe potuto intraprendere una grande cavalcata come quella che ha portato fino ad oggi?
“Direi proprio di sì, perché venivamo dalla Serie C ed in tre stagioni tornammo in A. Era la nuova era di De Laurentiis e già allora si percepiva che la società avrebbe potuto fare bene. Merito del presidente, che è stato bravissimo a investire anno dopo anno. Oggi vediamo dove è arrivato il Napoli, e il merito è in gran parte suo".
All’epoca si riusciva a dare credibilità alla visione del presidente?
“Sì, assolutamente. Già allora era un presidente molto presente con la squadra, parlava tanto con noi e le sensazioni erano positive. Per noi calciatori vestire la maglia del Napoli era un sogno, e riportarla dalla Serie C alla Serie A era un obiettivo straordinario. Si percepiva e si sperava che il Napoli potesse arrivare dove è oggi. Il presidente era ambizioso allora ed è ambizioso adesso: gran parte del merito è suo, perché già all’epoca investiva per far rinascere il club. I risultati che vediamo oggi sono il frutto delle scelte societarie, degli allenatori e dei giocatori".
All’epoca del suo Napoli, c’era qualche compagno di squadra per il quale pensava: “Questo cosa ci fa qui? Dovrebbe giocare in palcoscenici più importanti”?
“Assolutamente sì. Sono stati diversi i calciatori. Già dalla Serie C si capiva che il presidente voleva arrivare in Serie A il prima possibile: basti pensare a giocatori come Sosa che era di ben altre categorie, o agli acquisti di Hamšík e Lavezzi appena arrivati in Serie A. Io mi sono trovato fortunato a condividere lo spogliatoio con loro. Giocatori di quel livello che scendono in Serie C per vestire la maglia del Napoli dimostrano quanto fosse grande quel progetto. Gran parte di quelle rose non c’entrava nulla con le categorie in cui giocavamo: erano giocatori di livello superiore e infatti lo hanno tutti dimostrato".
Oggi, tra Milan e Napoli, i valori sembrano essersi invertiti: chi arriva meglio alla sfida di domani?
“Teoricamente è difficile dirlo. Sicuramente verrà fuori una bella partita, perché sono due squadre ambiziose e con allenatori che vogliono vincere. Sul piano dell’organico credo che il Napoli sia leggermente avvantaggiato, mentre il Milan sta costruendo ancora. Sarà una gara equilibrata, decisa da chi riuscirà a sfruttare meglio le occasioni. Mi aspetto una partita bella, tirata, tutta da seguire.”
Lei, oggi, è un allenatore. Conte è davvero un tecnico che sposta gli equilibri come testimoniano i suoi trofei? E se sì, qual è il suo segreto?
“Secondo me sì, lo è. Si percepisce subito quanto pretenda il massimo dai suoi giocatori: fisicità, intensità, concentrazione, senza mai mollare un contrasto. Lo si vede anche dal modo in cui vive la partita dalla panchina, come se fosse ancora in campo. Rispecchia il giocatore che era: determinato e vincente. È arrivato a questi livelli perché, oltre a essere stato un grande calciatore, è un allenatore che non si accontenta mai e vuole sempre vincere. Oggi avere questa mentalità, soprattutto in piazze esigenti come Napoli, fa la differenza. Il segreto sta nel fatto che riesce ad ottenere dai suoi calciatori esattamente ciò che gli chiede, nonostante i grandi sacrifici".