Antonio Di Natale, ex attaccante e capitano dell'Udinese, ha rilasciato alcune dichiarazioni al Corriere dello Sport:
Hai segnato tantissimi gol in carriera.
"Duecentonove in tutto. Non sono pochi. Mi dispiace quando sento e leggo che quel tal giocatore è scarso, che quell’allenatore non è buono. Bastano due partite fatte bene e il giudizio si capovolge. Mi disturba un po’. Dietro un gol o una vittoria c’è tanto lavoro. Io sono arrivato in A che non ero più un ragazzino, a ventisei anni, so io quanto ho dovuto sacrificarmi".
Farai una carriera da allenatore o hai lasciato il calcio?
"Definitivamente, ho le mie cose da curare. E sono tante e tutte a Udine. I ritiri, la settimana impegnata con gli allenamenti... no, basta: ho bisogno di stare tranquillo. Non mi va. Diciotto anni sui campi sono più che sufficienti".
La leggenda - che tanto leggenda non è - narra che Totò non amasse giocare contro il Napoli al San Paolo. Qualche trasferta in effetti la evitò.
"Credo di averci giocato sette, otto volte. Sono tanto tifoso, e a Napoli c’erano i miei fratelli, mi dispiaceva... Ridendo e scherzando, gli ho segnato nove gol, sei in due partite. Perché non ho mai giocato nel Napoli? Perché non mi hanno voluto".
E la Juventus? Ti ha mai cercato?
"Quando c’era Delneri, a Udine era tornato Guidolin. Un anno prima avevo rinnovato per altre quattro stagioni. Non mi andava di partire. Dissi al presidente Pozzo, per me un papà, con lui ho ancora un rapporto bellissimo: «Io qui resto per sempre, se proprio volete che vada alla Juve mi dovete cacciare. Anche Conte mi voleva alla Juve.”Tu vai a mille, io vado piano, che ci vengo a fare?".
Sei ancora irrimediabilmente un malato del Napoli.
"Certe cose non si perdono per strada. Quest’anno mi diverto di più, Conte è un fenomeno, sta facendo un capolavoro. Ha cambiato la testa alla squadra, le ha dato la mentalità vincente. Lo scudetto se lo gioca con l’Inter. Le ultime cinque partite saranno decisive, vince chi ne sbaglia di meno".
di Napoli Magazine
08/02/2025 - 08:30
Antonio Di Natale, ex attaccante e capitano dell'Udinese, ha rilasciato alcune dichiarazioni al Corriere dello Sport:
Hai segnato tantissimi gol in carriera.
"Duecentonove in tutto. Non sono pochi. Mi dispiace quando sento e leggo che quel tal giocatore è scarso, che quell’allenatore non è buono. Bastano due partite fatte bene e il giudizio si capovolge. Mi disturba un po’. Dietro un gol o una vittoria c’è tanto lavoro. Io sono arrivato in A che non ero più un ragazzino, a ventisei anni, so io quanto ho dovuto sacrificarmi".
Farai una carriera da allenatore o hai lasciato il calcio?
"Definitivamente, ho le mie cose da curare. E sono tante e tutte a Udine. I ritiri, la settimana impegnata con gli allenamenti... no, basta: ho bisogno di stare tranquillo. Non mi va. Diciotto anni sui campi sono più che sufficienti".
La leggenda - che tanto leggenda non è - narra che Totò non amasse giocare contro il Napoli al San Paolo. Qualche trasferta in effetti la evitò.
"Credo di averci giocato sette, otto volte. Sono tanto tifoso, e a Napoli c’erano i miei fratelli, mi dispiaceva... Ridendo e scherzando, gli ho segnato nove gol, sei in due partite. Perché non ho mai giocato nel Napoli? Perché non mi hanno voluto".
E la Juventus? Ti ha mai cercato?
"Quando c’era Delneri, a Udine era tornato Guidolin. Un anno prima avevo rinnovato per altre quattro stagioni. Non mi andava di partire. Dissi al presidente Pozzo, per me un papà, con lui ho ancora un rapporto bellissimo: «Io qui resto per sempre, se proprio volete che vada alla Juve mi dovete cacciare. Anche Conte mi voleva alla Juve.”Tu vai a mille, io vado piano, che ci vengo a fare?".
Sei ancora irrimediabilmente un malato del Napoli.
"Certe cose non si perdono per strada. Quest’anno mi diverto di più, Conte è un fenomeno, sta facendo un capolavoro. Ha cambiato la testa alla squadra, le ha dato la mentalità vincente. Lo scudetto se lo gioca con l’Inter. Le ultime cinque partite saranno decisive, vince chi ne sbaglia di meno".