Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, ha parlato a RSI, la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana, nel corso del programma Clichè: "Quando sono arrivato nel mondo del calcio, non sapevo nulla: quando mi parlavano del 4-4-2, pensavo fosse un modo di sedersi a tavola e tutti ridevano! Da bambino avevo giocato a basket. Mentre l'Italia è un popolo di "pallonari" in senso buono e positivo. Come ho unito cinema e calcio? Il cinema mi ha insegnato la disciplina e l'amore che uno deve avere per il proprio lavoro e l'essere professionale. Ma soprattutto l'essere imprenditore e non prenditore: non sono mai stato un prenditore ma un vero imprenditore. Il bello del cinema è che sei in completa libertà, in un oceano immenso di idee. Puoi usare la creatività per scegliere l'idea che ti piace di più e raccontare una storia, una sceneggiatura. Per quanto riguarda il calcio, non hai mai una visione totale di ciò che può accadere: non c'è una sceneggiatura scritta. Nel cinema, per 35 anni ho fatto i cosiddetti cinepanettoni, coniato nel dizionario italiano come termine, mi son divertito molto perchè fotografavo italiani completamente diversi gli uni dagli altri con questi film. Loro ridevano e io pensavo: non sanno che stanno ridendo di loro stessi! Io sono stato fortunato, ho toccato con mano centinaia di film e autori complessi, come Woody Allen. Ho avuto la fortuna di fare marketing e di saper convogliare l'interesse verso quei film. Nel cinema partì da aiuto segretario di bottega. Nel calcio invece? Io dissi: faccio cinema, la nostra famiglia viene da Napoli e dissi: cosa c'è di meglio da fare che prendere il Napoli? E nel 1999 mi presentai a Napoli con un assegno circolare della Banca Nazionale del Lavoro di 120 miliardi, mi presentai davanti ai giornalisti e lo spezzai in due dicendo: questo è per Ferlaino e questo me lo metto in tasca. Quando capisco che è tutto a posto e non ci sono storture bilancistiche di vecchia data, io gli avrei dato l'altra metà. Ferlaino mi fece causa, dicendo che gli avevo distratto la campagna abbonamenti. Io abbandonai l'idea del calcio e ci dedicammo al cinema. Poi capitò che stavo andando a Capri, mi dissero che il Napoli era fallito e io ero incredulo! Misi in piedi una macchina, avversato da mia moglie e i miei figli: 'Papà, ma che sei matto!' Mi comprai un pezzo di carta, il Napoli era fallito! Non c'era niente, non c'erano nè i calciatori nè le magliette. Non avevamo nulla. Pian piano ce l'abbiamo fatta e siamo arrivati ad essere un club tra i più importanti al mondo. Criticato per tanto tempo come presidente? Veda, anche qui: il calcio ahimè, lo si vive partita dopo partita. Non ho mai sentito i miei tifosi cinematografici pretendere sempre di più, mentre nel mondo del calcio non basta mai, non fai mai abbastanza. Ti chiedono acquisti e altro, tutta gente che spesso fa fantacalcio e di calcio capisce molto poco! Ci sono 85 milioni di tifosi nel Napoli, 15 milioni negli USA. Allora io sento di essere amato dai più, criticato da quelli che vanno allo stadio ma fra quelli che vanno allo stadio ci sono un 10-15% di ultras che nella maggior parte del caso, sono fuorilegge. Lei ha visto cos'è successo a Milano con Inter e Milan? Popolo napoletano, qual è il rapporto attuale? Mi han sempre abbracciato, chiesto foto e firme in continuazione. Le do una risposta al contrario: tanti anni fa, scendo dall'aereo a Torino, viene da me una persona con la maglia della Juventus: 'Presidente, mi può mettere una firma? Mi permette una foto?'. Io dissi: 'Ma tu non sei juventino?', lui rispose: 'Sì ma noi un presidente come lei non ce l'abbiamo'. Mi fa piacere, perchè vuol dire che rappresento una diversità".
di Napoli Magazine
30/10/2025 - 14:28
Aurelio De Laurentiis, presidente del Napoli, ha parlato a RSI, la Radiotelevisione svizzera di lingua italiana, nel corso del programma Clichè: "Quando sono arrivato nel mondo del calcio, non sapevo nulla: quando mi parlavano del 4-4-2, pensavo fosse un modo di sedersi a tavola e tutti ridevano! Da bambino avevo giocato a basket. Mentre l'Italia è un popolo di "pallonari" in senso buono e positivo. Come ho unito cinema e calcio? Il cinema mi ha insegnato la disciplina e l'amore che uno deve avere per il proprio lavoro e l'essere professionale. Ma soprattutto l'essere imprenditore e non prenditore: non sono mai stato un prenditore ma un vero imprenditore. Il bello del cinema è che sei in completa libertà, in un oceano immenso di idee. Puoi usare la creatività per scegliere l'idea che ti piace di più e raccontare una storia, una sceneggiatura. Per quanto riguarda il calcio, non hai mai una visione totale di ciò che può accadere: non c'è una sceneggiatura scritta. Nel cinema, per 35 anni ho fatto i cosiddetti cinepanettoni, coniato nel dizionario italiano come termine, mi son divertito molto perchè fotografavo italiani completamente diversi gli uni dagli altri con questi film. Loro ridevano e io pensavo: non sanno che stanno ridendo di loro stessi! Io sono stato fortunato, ho toccato con mano centinaia di film e autori complessi, come Woody Allen. Ho avuto la fortuna di fare marketing e di saper convogliare l'interesse verso quei film. Nel cinema partì da aiuto segretario di bottega. Nel calcio invece? Io dissi: faccio cinema, la nostra famiglia viene da Napoli e dissi: cosa c'è di meglio da fare che prendere il Napoli? E nel 1999 mi presentai a Napoli con un assegno circolare della Banca Nazionale del Lavoro di 120 miliardi, mi presentai davanti ai giornalisti e lo spezzai in due dicendo: questo è per Ferlaino e questo me lo metto in tasca. Quando capisco che è tutto a posto e non ci sono storture bilancistiche di vecchia data, io gli avrei dato l'altra metà. Ferlaino mi fece causa, dicendo che gli avevo distratto la campagna abbonamenti. Io abbandonai l'idea del calcio e ci dedicammo al cinema. Poi capitò che stavo andando a Capri, mi dissero che il Napoli era fallito e io ero incredulo! Misi in piedi una macchina, avversato da mia moglie e i miei figli: 'Papà, ma che sei matto!' Mi comprai un pezzo di carta, il Napoli era fallito! Non c'era niente, non c'erano nè i calciatori nè le magliette. Non avevamo nulla. Pian piano ce l'abbiamo fatta e siamo arrivati ad essere un club tra i più importanti al mondo. Criticato per tanto tempo come presidente? Veda, anche qui: il calcio ahimè, lo si vive partita dopo partita. Non ho mai sentito i miei tifosi cinematografici pretendere sempre di più, mentre nel mondo del calcio non basta mai, non fai mai abbastanza. Ti chiedono acquisti e altro, tutta gente che spesso fa fantacalcio e di calcio capisce molto poco! Ci sono 85 milioni di tifosi nel Napoli, 15 milioni negli USA. Allora io sento di essere amato dai più, criticato da quelli che vanno allo stadio ma fra quelli che vanno allo stadio ci sono un 10-15% di ultras che nella maggior parte del caso, sono fuorilegge. Lei ha visto cos'è successo a Milano con Inter e Milan? Popolo napoletano, qual è il rapporto attuale? Mi han sempre abbracciato, chiesto foto e firme in continuazione. Le do una risposta al contrario: tanti anni fa, scendo dall'aereo a Torino, viene da me una persona con la maglia della Juventus: 'Presidente, mi può mettere una firma? Mi permette una foto?'. Io dissi: 'Ma tu non sei juventino?', lui rispose: 'Sì ma noi un presidente come lei non ce l'abbiamo'. Mi fa piacere, perchè vuol dire che rappresento una diversità".